FRIEDRICH SCHLEGEL
La poesia e il romantico
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La nuova mitologia deve essere creata, tratta dalle profondità più remote dello spirito, e ciò deve essere la più artificiale delle opere d’arte, perché deve comprendere in sé tutte le altre.



A cura di Claudia Bianco


 

 

Nei diversi frammenti critici e nel Dialogo sulla poesia pubblicati da F. Schlegel (1772-1829) sulla rivista Athenaeum, da lui fondata nel 1798 insieme al fratello August Wilhelm Schlegel (1767-1845) , troviamo un’esposizione emblematica dell’estetica del primo romanticismo tedesco, in tutto il suo sperimentalismo e la sua frammentarietà.  La rivista, pubblicata per soli due anni dal 1798 al 1800, raccoglieva i contributi di una ristretta cerchia di intellettuali che si era riunita a Jena intorno ai fratelli Schlegel .  Di tale cerchia facevano parte, tra gli altri, il teologo e filosofo Friedrich Schleiermacher  (1768-1834) , lo scrittore Johann Ludwig Tieck (1773-1853) , il poeta Friedrich von Hardenberg, più noto con lo pseudonimo di Novalis (1772-1801) , e il filosofo Friedrich Schelling (1775-1854) , che a partire dal 1798 cominciò a insegnare proprio a Jena.  Il gruppo, i cui membri pubblicavano in forma anonima i propri contributi su  Athenaeum , era unito dal progetto di intervenire sulla scena letteraria e filosofica al fine di operare una trasformazione radicale del modo di pensare e giudicare la poesia e la letteratura.  La dimensione collettiva della riflessione elaborata dal circolo di Jena fu esplicitamente teorizzata da Schlegel con i termini di “sinfilosofia” e “simpoesia” indicanti lo spirito di partecipazione intellettuale ed emotiva che animava i membri del gruppo, i quali intendevano presentarsi come una sorta di Autore multiplo , capace di sintetizzare in sé “diverse nature complementari” volte a “creare opere comuni”, e al tempo stesso di veicolare all’esterno, attraverso un linguaggio spesso volutamente esoterico e frammentario, il messaggio di una rivoluzione da attuarsi nel campo della critica letteraria e della poesia.  In questo senso il gruppo di Jena può essere considerato il primo movimento estetico letterario in senso moderno, consapevole della propria natura di élite intellettuale e intenzionato a far leva sulla dimensione collettiva della propria riflessione per aumentare la forza delle proprie idee.

Parlando di estetica romantica in riferimento agli scritti comparsi su Athenaeum e, in particolare, alla produzione teorica di F. Schlegel , sorge subito la necessità di chiarire il senso del termine “romantico” che, a differenza di altri termini appartenenti al vocabolario e alla storia dell’estetica, è diventato d’uso comune nel linguaggio correnti e sta a indicare determinati stati d’animo legati al sentimento, all’amore, alla passione,  Da questa accezione di “romantico” come categoria psicologia è però ne3cessario prescindere, se si vuole comprendere il significato dei termini “romantico” e “romanticismo” nell’estetica e nella storia della letteratura, dove si sono gradualmente imposti come categorie stilistiche e storiografiche.  Innanzitutto, è importante sottolineare che il circolo di Jena, pur avendo una netta consapevolezza della propria specificità e della propria collocazione storica, non si è mai autodenominato “romantico”.  Negli scritti comparsi su Athenaeum , il termine è impiegato non per autodefinirsi come scuola, bensì per caratterizzare una forma di poesia che da un lato affonda le sue origini nel passato, nella poesia cristiana medioevale e rinascimentale, e dall’altro è l’autentica poesia ancora a venire, l’ideale di letteratura verso cui si orientano le aspirazioni estetiche utopiche del gruppo senese.  Nel frammento 116 di Athenaeum leggiamo infatti che, a differenza di altri generi poetici che hanno esaurito la propria vitalità e possono essere analizzati nella loro totalità compiuta, “ il genere poetico romantico è ancora in divenire; anzi, questa è la sua essenza peculiare, che può soltanto eternamente divenire e mai essere compiuto.   Esso non può esser esaurito da alcuna teoria, e solo una critica divinatoria potrà osare di voler caratterizzare il suo ideale..  Esso è solo infinito, così come esso è libero e riconosce come sua prima legge che l’arbitrio del poeta non tollera alcuna legge. Il genere poetico romantico è l’unico essere più di un genere e, per così dire, a essere la poesia stessa: poiché in un certo senso tutta la poesia è o deve essere romantica”.

Il termine “romantico” non era stato inventato né da Schlegel  né dagli altri collaboratori della rivista: presente verso la metà del XVII secolo in Inghilterra - dove romantick significa “ al modo dei vecchi  romanzi”, ossia di quelle forme di letteratura fantastica e l’argomenti per lo più cavalleresco delle romance - , ricompare nel Settecento in riferimento a paesaggi o edifici (castelli, rovine, foreste) con il significato di “pittoresco”.  Nella Germania della seconda metà del Settecento assume un’altra accezione, che risulterà decisiva per comprendere l’uso fattone da Schlegel : “romantico” indica ora tutto ciò che si riferisce alle lingue e alle letterature neolatine, che anche noi oggi chiamiamo  “romanze”. “Romantiche” sono quindi sia le forme tipiche di quelle letterature, come il poema cavalleresco o il romanzo vero e proprio, sia il contenuto di tali opere, spesso meraviglioso, fantastico, “romanzesco” .  I termini “romantico” e “romanticismo” si sono poi imposti come categorie storiografiche indicanti sia il gruppo dei “romantici” jenesi, sia alcuni gruppi di intellettuali e scrittori attivi negli anni successivi, come per esempio quello della città di Heidelberg- caratterizzato da un profondo interesse per la mitologia e la storia delle lingue e delle tradizioni popolari -, che comprendeva il filologo Friedrich Creuzer (1771-1858) e gli scrittori Joseph Gorres (1776-1848) , i fratelli Jacob (1785-1863)  e Wilhem Grimm (1786-1859) , Clemens Brentano (1778-1842) e Achim von Arnim (1781-1831) – o quello attivo a Berlino che ruota, a partire dal 1808, attorno alle figure di Adam Muller (1779-1829) e Heinrich von Kleist (1777-1811).

Dopo che per lungo tempo, seguendo il giudizio formulato da Hegel, la produzione critica e letteraria dei romantici è stata accusata di essere concettualmente fragile e filosoficamente inconsistente, a causa della propria frammentarietà e rapsodicità , negli ultimi decenni si è affermata la tendenza a riconoscere la statura propriamente filosofica degli scritti di autori come F. Schlegel , Novalis o Friedrich Holderlin (1770-1843), che pure rimase autonomo rispetto al gruppo di Jena, rinvenendo comuni radici “romantiche”nel pensiero dei tre grandi rappresentanti dell’idealismo: Johann Gottlieb Fiche (1762-1814)., Schelling e lo stesso Hegel (1770-.1831).

Il carattere propriamente filosofico dell’estetica  romantica può essere colto in modo emblematico nella consapevolezza, ampiamente teorizzata da Schlegel dell’indiscindibilità di poesia e critica, arte e discorso sull’arte, letteratura e teoria (e, come vedremo, storia) della letteratura,  La poesia romantica, secondo Schlegel , deve contenere sempre un momento di riflessione su se stessa.  Nel frammento 238, pubblicato su Athenaeun, Schlegel , riferendosi alla poesia, romantica, parla di “poesia trascendentale” , ossia di una poesia intrinsecamente accompagnata dalla consapevolezza teorica del proprio significato e del proprio farsi, così come una filosofia è trascendentale se non si occupa tanto degli oggetti della conoscenza ma del modo in cui essi sono conosciuti.

Questa inscindibilità di poesia e critica ha un duplice significato, in quanto implica al tempo stesso che la poesia deve avere in sé una dimensione riflessiva, di autorispecchiamento, e che la critica deve farsi essa stessa poetica: nel Discorso sulla poesia Schlegel afferma  che “ solo in poesia si può propriamente parlare di poesia”, e ciò spiega la forma stessa di questo scritto, che si presenta come un dialogo contenente al suo interno quattro brevi trattati, intitolati rispettivamente “Epoche della poesia”, “Discorso sulla mitologia”, “Lettere sul romanzo”, “Saggio sulla diversità dello stile nelle opere giovanili e nelle opere tarde di Goethe”.

Il primo breve trattato, “Epoche della poesia”,contiene una sorta di storia della letteratura in nuce che espone in modo molto sintetico alcune tesi fondamentali del primo romanticismo.  Il percorso delineato va dalla letteratura della Grecia antica (i poemi omerici, le varie forme di poesia giambica, elegiaca, melica, ditirambica, la tragedia e la commedia) a Goethe – attraversando, in poche dense pagine, la letteratura della Roma antica, il Medioevo cavalleresco, Dante, Petrarca e Boccaccia, definiti “i tre capostipiti dello stile antico dell’arte moderna”, il poema cavalleresco rinascimentale del Boiardo e di Ariosto, e poi Cervantes e Shakespeare- e si conclude con un appello rivolto al futuro: “i tedeschi non hanno che da continuare a usare questi mezzi, seguire l’esempio dato da Goethe, esplorare le forme dell’arte fino alla sorgente, per dar loro nuova vita e nuove combinazioni tornare alle origini della propria lingua e letteratura, liberare l’’antica forza, il nobile spirito che ancora riposa, ignorato da tutti , nei documenti del passato e della nazione”.  L’idea che l’individuazione dei tratti salienti della poesia del futuro debba prendere le mosse dalla considerazione del passato, esplorando “fino alla sorgente” la lingua, la letteratura e la civiltà del passato di una nazione, mostra bene uno degli aspetti insieme più importanti e influenti dell’intera estetica romantica: la radicale storicizzazione della riflessione sull’arte.  Comprendere l’arte significa infatti, secondo i romantici, comprenderne la storia, l’evoluzione delle forme e degli stili da essa assunti.  Compito dell’estetica, dunque,  non è più fissare canoni, regole e modelli per la produzione artistica, né trattare temi quali il nello e il sublime in un’ottica gnoseologica o psicologica che prescinde dalla loro variabilità storica (cosa che avviene, per esempio, in autori settecenteschi come Baumgarten o Burke).   L’estetica si propone ora come una filosofia dell’arte che prende le mosse proprio dall’intrinseca storicità delle opere e delle forme artistiche, ossia dalla loro irriducibile individualità e determinatezza, e questa esigenza di comprensione storica viene fatta valere dai romantici non solo in relazione all’arte ma anche al linguaggio, al diritto, alla religione.

La consapevolezza della determinatezza storica di ogni forma artistica agisce sul modo stesso di comprendersi e di presentarsi da parte dell’estetica romantica, là dove ricorrono frequentemente coppie di termini opposti come “antico” e “moderno” o “classico” e “romantico” .  Si tratta di opposizioni che possono facilmente essere fraintese se non ricondotte al  complesso della riflessione teorica da cui emergono in autori come Schlegel , Friedrich Schiller (1759-1805) , Hegel o Schelling.  Nello Studio della poesia greca (1797) , Schlegelelabora un ampio paragone tra letteratura antica e letteratura moderna, nel quale la letteratura antica è presentata come il dominio dell’armonia , della perfezione, dell’equilibrio, mentre quella moderna appare caratterizzata dai valori opposti dell’anarchia, del caos, del disordine, dell’eccesso e del dissidio.  Il senso complessivo del discorso schlegeliano mira a contrapporre il carattere naturale della cultura antica a quello artificiale della poesia moderna: da un lato la religione e la mitologia naturali della Grecia antica, dall’altro il carattere riflesso, artificiale, frammentario, ibrido della letteratura moderna, che affonda le proprie radici in una religione, il cristianesimo, con cui si spezza quell’unità armonica tra uomo e natura che caratterizzava le religioni antiche,  A differenza del noto dibattito con cui,nella querelle degli Antichi e dei Moderni di fine Seicento, si confrontavano i sostenitori del primato della poesia natica e i fautori del primato dei moderni, in Schlegel  la venerazione nei confronti dell’arte classica è accompagnata dalla consapevolezza che essa non può più porsi come modello da imitare.  Tra arte antica e arte moderna ci sono differenze incolmabili, e l’universo di valori del moderno non può accogliere al suo interno un ordine ideale ormai perduto, se non vuole ricadere nella fredda precettistica del classicismo.  L’equilibrio e la perfezione dell’arte, che riposavano sulla consonanza dello spirito creatore con il suo mondo e il suo destino, sono andati per sempre perduti, ma questa perdita e questa decadenza devono essere il punto di partenza per il raggiungimento di una nuova perfezione, attraverso una rigenerazione dell’arte a cui si rivolgono gli sforzi del circolo jenese.

La contrapposizione di antichi e moderni e quella, non equivalente, di classici e romantici, erano presenti in diversi scritti dell’epoca, anche di autori che non appartenevano al movimento romantico, col quale spesso entrarono in polemica . Poco prima che uscisse il testo di Schlegel Sullo studio della poesia greca, Friedrich Schiller, nel dicembre del 1795, aveva pubblicato sulla rivista Die Horen un saggio intitolato Sulla poesia ingenua e sentimentale, dove contrapponeva la poesia ingenua degli antichi – fatta di equilibrio, armonia e immediata comunione con la natura – alla poesia sentimentale dei moderni, nella quale dominano la scissione, la distanza della riflessione, la ricerca dell’infinito e la tendenza alla rappresentazione di un ideale che contrappone l’arte alla realtà. La diede classico-romantico ritorna poi nell’Estetica di Hegel , dove l’arte classica (preceduta da quella simbolica) è l’arte in cui l’idea si manifesta in modo perfetto ed equilibrato nel sensibile, mentre nell’arte romantica, che è poi l’arte cristiana, si annuncia già quel prevalere dell’interiorità spirituale che porterà al superamento dialettico dell’arte stessa da parte della religione della filosofia,  Tra Schlegel , Schiller e Hegel vi sono tuttavia importanti differenze: in Schlegel la distinzione tra “antico” e “moderno” è una distinzione storica, a cui si aggiunge poi quella tra “classico” e “romantico” ; in Schiller, “ingenuo” e “sentimentale” sono categorie tipologiche , che individuano non due epoche della poesia, ma due ,modi o generi poetici; in Hegel,infine, l’arte “classica” e l’arte “romantica” sono due delle tre figure con cui si compie il cammino teleologico dell’arte come forma di autorealizzazione dello Spirito in direzione del suo superamento da parte della religione della filosofia.

Come abbiamo visto, l’approccio storico alla natura dell’arte esemplificato dal breve trattato “Epoche della poesia” è parte integrante del modo in cui i romantici definiscono e presentano la propria collocazione storica e la propria missione estetica.  Una volta stabilita l’irrimediabile separazione tra antico e moderno, l’arte romantica si presenta come quell’arte che non si orienta verso una passiva riproduzione del modello classico bensì cerca nella tradizione della letteratura cristiana i cicli della letteratura cavalleresca medioevale, Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Cervantes, Shakespeare) le radici di una rinascita della poesia.  In Schlegel “moderno” non coincide quindi necessariamente con “romantico”: è infatti moderna ma non romantica tutta l’arte che si rivolge all’antico come a un ideale da imitare con regole e precetti, per esempio il classicismo francese, costante bersaglio polemico dei romantici.  In questo senso , il romanticismo appare segnato da un netto discrimine rispetto alle teorie estetiche precedenti, ossia dall’abbandono definitivo del principio di imitazione inteso come statica riproduzione di un modello esterno, individuabile di volta in volta nell’antico, o nella natura, o in entrambi.  Secondo i romantici, nella sua produttività e creatività l’arte non deve essere imitazione passiva della natura bensì continuazione della sua forza attiva e generatrice: un’idea comune ai fratelli Schlegel e allo Schelling del saggio Sul rapporto tra le arti figurative e la natura (1807) che era stata ripresa dagli scritti di Karl Philipp Moritz (1756-1793) , il quale per primo aveva avanzato l’idea di un’imitazione che non partisse dagli oggetti naturali ma si sforzasse di emulare la capacità creatrice della natura stessa.  Nel Dialogo sulla poesia l’appartenenza della creazione poetica al flusso organico e metamorfico della natura è presentata con accenti che mostrano bene il carattere al tempo stesso critico e letterario di questo testo : “Smisurato ed inesauribile è il mondo della poesia, come smisurata ed inesauribile è la ricchezza,m profusa dalla natura vivificatrice, di piante, animali ed organismi di ogni specie, forma e colore,  Neppure lo spirito più grande potrà facilmente abbracciare tutte quelle opere dell’arte o quei prodotti della natura che hanno forma e nome di poesia,  E  che cosa sono essi di fronte a quella poesia priva di forma e di coscienza che si muove nella pianta , risplende nella luce, sorride nel bambino, balena nel fiorire della giovinezza, arte nel petto innamorato delle donne?

Questa è la poesia prima e originaria, senza la quale certamente non esisterebbe poesia delle parole,  E noi uomini non abbiamo, da sempre e per l’eternità, altro oggetto ed altro materiale di attività e gioia se non l’unico poema della divinità, di cui anche noi siano parte e fioritura: la terra.  Se siamo in grado di percepire la musica del meccanismo infinito e di comprendere la bellezza di quel poema, è perché una parte del poeta, una scintilla del suo spirito creatore vive in noi e mai cessa di ardere con segreta violenza sotto la cenere dell’irragione da noi stessi prodotta”.

Il progetto di ricondurre la poesia alla vastità di quel “poema della divinità” che è la natura stessa, sta poi alla base del “Discorso sulla mitologia”, il secondo dei quattro saggi contenuti nel Dialogo sulla poesia. Schlegel vi sostiene la necessità di dar vita a una “nuova mitologia” , attraverso la quale conferire forza e vita alla nuova poesia romantica.  L’idea di un ritorno alla mitologia era presente anche in un celebre manoscritto del 1796 intitolato Più antico programma sistematico dell’idealismo tedesco, che è stato attribuito, in modo non definitivo, ad Holderlin, Schelling o Hegel.  Il breve testo costituisce un programma non solo dell’idealismo, ma anche del nascente romanticismo, e molte delle idee in esso contenuto riecheggiano temi affini in Schlegel o Schelling.  La parte finale del Programma afferma la necessità di produrre una “nuova mitologia” che si ponga “ al servizio delle idee” , una mitologia della ragione capace di dare veste sensibile e forza immaginativo-poetica a contenuti razionali, in modo da renderli accessibili anche al di fuori di una ristretta cerchia di intellettuali: “Esporrò ora un’idea che, a quanto mi risulta, non è ancora divenuta cosciente in nessun uomo- è necessario possedere una nuova mitologia, ma essa deve porsi al servizio delle idee, deve divenire una mitologia della ragione.  Se non daremo alle idee una forma estetica , cioè mitologica, esse non avranno interesse per il popolo, e viceversa: se la mitologia non è razionale , il filosofo ne deve provare vergogna,  E così alla fine coloro che sono illuminati e coloro che non lo sono, si uniranno: la mitologia deve divenire filosofica, così da rendere il popolo razionale, e la filosofia deve divenire mitologica, così da rendere sensibili i filosofi.  Allora regnerà tra gli uomini un’eterna unità!”.

Nel Dialogo sulla poesia Schlegel riprende il tema della “nuova mitologia” esposta nel Programma, sottolineando non tanto la necessità di un’estetizzazione della ragione o la possibile funzione sociale del mito in relazione alle attese utopiche del movimento romantico (temi, peraltro, che egli tratta in altri scritti), ma bensì concentrando la propria attenzione sul ruolo della mitologia in relazione alla poesia.  Secondo Schlegel , la differenza fondamentale tra poesia antica e poesia moderna risiede proprio nel fatto che mentre quella antica aveva nella mitologia un centro e un terreno comune, quella moderna manca di questo fondamento:” Alla nostra poesia (…) manca un centro, quale è stata la mitologia per gli Antichi.  La sostanza di tutto ciò  per cui la letteratura moderna è inferiore all’antica si può racchiudere nelle parole; noi non abbiamo mitologia.  Però, aggiungo, siamo prossimi ad averne una o almeno è giunto il momento di contribuire seriamente a produrla.  Perchè essa verrà a noi per una via opposta rispetto alla mitologia di un tempo. Quella aderiva con semplicità e immediatezza a tutto ciò che di più naturale e vivo le offriva il mondo sensibile, e ad esso si formava.  Al contrario, la nuova mitologia deve essere creata, tratta dalle profondità più remote dello spirito, e ciò deve essere la più artificiale delle opere d’arte, perché deve comprendere in sé tutte le altre; deve essere il nuovo letto e il nuovo vaso in cui scorra l’antica, immortale fonte primigenia della poesia; deve essere il poema infinito che racchiuda in sé i germi di ogni altro poema”.  La nuova mitologia ricercata dai romantici, dunque, come è inevitabile nel quadro dell’artificialità della cultura moderna, deve essere creata, prodotta, rivolgendosi alle mitologie antiche e orientali, al cui studio Schlegel si dedicherà negli anni successivi al periodo senese.  Se la poesia moderna vuole uscire dalla decadenza che la minaccia e ritrovare il centro vitale che le manca, deve riavvicinarsi a quell’intimo legame con il caos metaforico della natura così ben espresso dalla mitologia antica, utilizzando, per accostarsi all’incredibile, gli strumenti dell’ironia, dell’arguzia (Witz) , dell’allegoria: come scrive Schlegel nel Dialogo sulla poesia, ogni bellezza “è allegoria, e le cose supreme, proprio perché inesprimibili, possono essere espresse solo allegoricamente”.






La filosofia e i suoi eroi