ARISTOTELE
ETICA A NICOMACO
LIBRO VII
1. [Vizio, incontinenza, bestialità].
[15] A seguito di ciò, dobbiamo assumere un altro punto di partenza e dire che, per quel che concerne i comportamenti, tre sono le specie di comportamento da evitare: vizio, incontinenza, bestialità. I contrari di due di esse sono evidenti, e li chiamiamo uno virtù e l’altro continenza. In contrapposizione alla bestialità il termine più adatto da usare sarebbe quello di "virtù sovrumana", [20] una specie di virtù eroica e divina: così Omero rappresenta Priamo mentre dice che Ettore è stato eccezionalmente virtuoso:
"...e non pareva
figlio d’un uomo mortale, ma figlio d’un dio"182.
Cosicché, se, come dicono, un eccezionale grado di virtù trasforma gli uomini in dèi, è chiaro che una disposizione di tale natura sarà quella [25] che si contrappone alla bestialità. Infatti, come il vizio e la virtù non sono di una bestia, così non sono neppure di un dio, ma, da una parte, lo stato di un dio è più venerabile della virtù, e, dall’altra, quello della bestia è di un genere diverso da quello del vizio. E poiché è raro anche l’essere un uomo divino, come gli Spartani sono soliti dire quando hanno una eccezionale ammirazione per qualcuno (essi dicono: "uomo divino!183"), così anche [30] il tipo bestiale è raro tra gli uomini. Si trova soprattutto tra i barbari, ma certi caratteri bestiali sono prodotti anche da malattie e difetti di crescita: e questo nome infamante diamo agli uomini che eccedono nel vizio. Ma di siffatta disposizione dovremo fare menzione più avanti, mentre del vizio [35] si è già parlato prima. Ora dobbiamo parlare dell’incontinenza e della mollezza, cioè della sensualità, e della continenza e della fortezza: infatti, [1145b] nel caso di quelle disposizioni non bisogna considerare ciascun gruppo di esse come identico alla virtù o alla perversità, né come costituenti un genere diverso. Bisogna, invece, come negli altri casi, tener fermo quello che si manifesta e porre innanzi tutto i problemi, e così mostrare il più esaurientemente possibile tutte [5] le opinioni correnti su queste passioni, o, se no, almeno le più diffuse e le più importanti: infatti, se si risolvono le difficoltà e si accettano le opinioni comuni, si otterrà una sufficiente dimostrazione.
Comunemente si ritiene che la continenza e la fortezza appartengano al campo delle cose virtuose e lodevoli, l’incontinenza e la mollezza, invece, [10] a quello delle cose cattive e biasimevoli, e che il continente si identifichi con colui che persevera nella conclusione del suo ragionamento, e l’incontinente con chi non vi si attiene. Mentre l’incontinente compie, a causa della passione, azioni che pur sa che sono malvagie, l’uomo continente, che sa che i suoi desideri sono malvagi, non li segue, in forza del ragionamento. Tutti dicono che l’uomo temperante è continente e [15] forte, ma alcuni dicono che l’uomo continente e forte è temperante in tutto, altri no; e gli uni affermano che l’intemperante è incontinente e l’incontinente è intemperante, senza differenze, e gli altri, invece, che sono diversi. Quanto all’uomo saggio, talora dicono che non può essere incontinente, talora affermano che alcuni, che pur sono saggi e abili, sono incontinenti. Inoltre si parla di uomini incontinenti [20] in fatto di impulsività, di onore, di guadagno. Questo è, dunque, quello che si dice.
2. [Analisi e discussione delle opinioni correnti].
(1) Ci si potrebbe porre ora la questione: come può compiere atti di incontinenza uno che giudichi rettamente? Ora, alcuni dicono che ciò non è possibile quando si possiede la scienza: sarebbe strano (così pensava Socrate) che, quando in un uomo ci fosse la scienza, ci fosse poi qualche altra cosa che la padroneggia e la trascina qua e là come una schiava. [25] Socrate si opponeva totalmente a questa concezione, nella persuasione che non esiste incontinenza: secondo lui, infatti, nessuno agisce in contrasto con ciò che è il meglio in base ad un giudizio consapevole, ma solo per ignoranza. Questa teoria contraddice i dati d’esperienza in modo lampante, e si deve indagare, nell’ipotesi che questo stato passionale derivi dall’ignoranza, quale sia il tipo dell’ignoranza che sopravviene. [30] In effetti, colui che compie atti di incontinenza non pensa di dover agire in quel modo prima di trovarsi in questo stato passionale. Ma ci sono alcuni che in parte accettano e in parte no questa teoria: sono d’accordo sul fatto che niente è più forte della scienza ma non sul fatto che nessuno agisca in modo contrastante con l’opinione migliore, e per questo affermano che l’incontinente [35] non possiede scienza quando si lascia dominare dai piaceri, ma solo opinione. Ma se si tratta di opinione e non di scienza, se non è una convinzione [1146a] forte che si oppone ai piaceri, ma una debole, come succede a coloro che sono incerti, c’è indulgenza per il non riuscire a rimanere saldi in quelle opinioni di fronte all’attacco dei desideri intensi: non c’è indulgenza, invece, per la perversità, né per alcun altro atteggiamento biasimevole. Allora è forse la saggezza che si oppone ai piaceri? [5] Questa, infatti, è molto forte. Ma è assurdo: lo stesso uomo, infatti, sarà insieme saggio e incontinente, ma nessuno dirà che è proprio del saggio commettere volontariamente le azioni più basse. Ed oltre a ciò abbiamo mostrato prima che il saggio sa agire bene in pratica (è un uomo impegnato nei fatti particolari) e che possiede tutte le altre virtù.
(2) Inoltre, se [10] l'uomo continente è tale in presenza di desideri violenti e bassi, l’uomo temperante non sarà continente, né l’uomo continente sarà temperante: infatti, è proprio dell’uomo temperante l’avere desideri non eccessivi né bassi. Ma, certo, l’uomo continente deve averli: se, infatti, i desideri sono buoni, cattiva è la disposizione che impedisce di seguirli, cosicché la continenza non sarà sempre [15] virtuosa: se i desideri sono deboli e non bassi, non c’è niente di glorioso <nel dominarli>, e se sono bassi e deboli, non c’è niente di grande.
(3) Inoltre, se la continenza rende capaci di rimanere saldi in qualche opinione, sarà cattiva nel caso, per esempio, in cui ci faccia rimaner saldi in una opinione falsa. E se l’incontinenza rende facili ad abbandonare qualsiasi opinione, ci sarà una specie virtuosa di incontinenza, come nel caso del Neottolemo di Sofocle nel Filottete184: egli è da lodare, infatti, perché non persiste, [20] poiché gli dispiace mentire, in ciò di cui Ulisse l’ha persuaso.
(4) Inoltre, il ragionamento sofistico contiene una aporia: infatti, per il voler confutare con dei paradossi, per essere considerati abili, quando ci riescono, il ragionamento che ne risulta diventa un’aporia: [25] il pensiero rimane legato, infatti, quando da una parte non vuole restar fermo perché non gli piace la conclusione, e dall’altra non può procedere perché non ha strumenti per sciogliere le difficoltà dell’argomento. Dunque, succede che c’è un argomento in base al quale la stoltezza congiunta con l’incontinenza è virtù: infatti, l’uomo, a causa dell’incontinenza, compie le azioni contrarie a quelle che giudica di dover compiere, ma d’altra parte giudica che le buone [30] siano cattive e che non si debbano compiere, cosicché compirà le buone e non le cattive.
(5) Inoltre, chi agisce con convinzione e persegue e sceglie ciò che è piacevole, potrebbe essere ritenuto migliore di chi agisce così non per calcolo, ma per incontinenza: infatti, il primo risulterebbe più facile da guarire, perché si lascia indurre a cambiare persuasione. Invece, all’incontinente, si può applicare il proverbio [35] che dice: "Quando è l’acqua che soffoca, che cosa bisogna berci su?". Se egli, infatti, [1146b] era persuaso di dover fare quello che fa, dovrebbe smettere di farlo, una volta che abbia mutato la sua persuasione; ora, invece, pur essendo persuaso di dover fare una cosa, non di meno ne fa un’altra185.
(6) Inoltre, se incontinenza e continenza riguardano ogni tipo di oggetto, chi è incontinente in senso, assoluto? Nessuno, infatti, possiede tutte le forme di incontinenza, ma diciamo che alcuni sono incontinenti [5] in senso assoluto. Tali, dunque, sono, pressappoco, le aporie che sorgono in questo campo, ma di queste alcune sono da scartare, altre da conservare, giacché risolvere un’aporia significa trovare la verità.
3. [Soluzione delle aporie riguardanti l’incontinenza].
Innanzi tutto dobbiamo vedere se gli incontinenti agiscono consapevolmente o no, e, nel primo caso, in che senso "consapevolmente"; poi di qual natura sono gli oggetti [10] che dobbiamo attribuire all’incontinente e al continente, cioè se ogni tipo di piacere e di dolore oppure certe specie determinate; e se l’uomo continente è identico a quello forte o diverso, e così di seguito per tutte le altre questioni che sono imparentate con la presente indagine.
(1) Punto di partenza della nostra ricerca è la questione [15] se il continente e l’incontinente si differenziano per i loro oggetti o per la loro disposizione186, cioè, voglio dire, se l’incontinente è incontinente solo in relazione a questi o quegli oggetti, oppure no, ma per il modo di comportarsi, o neanche per questo, bensì per tutte e due le cose insieme. In seguito vedremo se incontinenza e continenza riguardano ogni tipo di oggetto, oppure no. Infatti, chi è incontinente in senso assoluto non lo è in relazione ad ogni tipo di oggetto, [20] ma in relazione a quelli che sono oggetto dell’uomo intemperante, né per il fatto puro e semplice di essere in relazione a questi oggetti (giacché in tal caso l’incontinenza sarebbe identica all’intemperanza), bensì per il fatto di essere in relazione con essi in un certo modo. L’uno, infatti, sceglie di lasciarsi trascinare, ritenendo di dover sempre perseguire il piacere presente; l’altro, invece, non pensa di doversi lasciar trascinare, ma persegue ugualmente il piacere presente. Per quanto riguarda il fatto che è opinione vera e non scienza [25] quella contraddetta da chi commette atti di incontinenza, non fa alcuna differenza per il nostro ragionamento; infatti, alcuni di quelli che possiedono semplici opinioni non si sentono affatto incerti, ma credono di possedere conoscenze esatte. Se è, dunque, per la debolezza delle loro convinzioni che coloro che hanno semplici opinioni agiscono contro il loro giudizio più di quelli che possiedono scienza, non ci sarà alcuna differenza tra scienza e opinione: alcuni uomini, infatti, [30] di ciò di cui hanno opinione hanno una convinzione non inferiore a quella che altri hanno di ciò di cui hanno scienza: ce lo mostra Eraclito187. Ma poiché usiamo il termine "sapere" in due sensi (infatti, si dice che sa sia chi possiede la scienza ma non se ne serve, sia chi se ne serve), ci sarà differenza se fa ciò che non deve uno che possiede scienza e non la mette in atto o uno che la mette in atto: [35] questo secondo caso viene ritenuto strano, ma non il primo.
(2) Inoltre, poiché ci sono due tipi [1147a] di premesse, niente impedisce che chi pur le possiede entrambe agisca in contrasto con la scienza, se utilizza la premessa universale ma non quella particolare: infatti, oggetti dell’azione sono i particolari. Ma anche dell’universale ci sono due tipi differenti: uno si predica dell’agente e [5] l’altro dell’oggetto. Per esempio: "i cibi secchi giovano ad ogni uomo" e "io sono un uomo", oppure "tale cibo è secco": ma se "questa cosa qui è un tale cibo", l’incontinente o non ne ha scienza o non la mette in atto; dunque, secondo questi tipi di premesse ci sarà una differenza tanto grande che, cosi si pensa, conoscere in un modo non è affatto strano, ma conoscere nell’altro è straordinario.
[10] (3) Inoltre, avere la scienza in un modo diverso da quelli ora menzionati è cosa che può accadere agli uomini: infatti, nell’avere e non usare la scienza vediamo che la disposizione può essere differente, così da avere la scienza in certo qual modo e non averla, come nel caso di chi dorme, del folle e dell’ubriaco. Ma è proprio in questa condizione che si trovano coloro che [15] sono immersi nelle passioni: infatti, scoppi di impulsività e desideri sessuali e alcune altre passioni simili, in maniera molto evidente, modificano anche il corpo, e ad alcuni uomini producono anche accessi di follia. È chiaro, dunque, che bisogna dire che gli incontinenti si trovano nella medesima disposizione di questi uomini. Il fatto che gli incontinenti facciano discorsi fondati sulla scienza non prova niente, giacché anche coloro che sono immersi in [20] queste passioni enunciano dimostrazioni e recitano versi di Empedocle, e quelli che hanno appena incominciato ad apprendere una scienza ne intrecciano le frasi, ma ancora non "sanno": bisogna, infatti, compenetrarsi negli argomenti, e questo richiede tempo: per conseguenza, bisogna supporre che gli incontinenti parlino come gli attori di teatro.
(4) Inoltre, si potrà studiare l’incontinenza anche analizzandone [25] la struttura che la genera. Infatti, la premessa universale è un’opinione, mentre l’altra premessa riguarda i fatti particolari, i quali stanno immediatamente sotto il dominio della sensazione: quando da queste due premesse scaturisce una sola affermazione, l’anima deve necessariamente affermare la conclusione, e nel caso di premesse pratiche, deve passare immediatamente all’azione. Per esempio: se "bisogna gustare ogni cosa dolce" e "questa cosa qui è dolce" (come singolo oggetto particolare), allora, necessariamente, chi può, [30] cioè chi non ne è impedito, deve anche, simultaneamente, compiere l’atto di gustare. Quando, dunque, siano presenti in noi, da una parte, l’opinione universale che vieta di gustare e, dall’altra, l’opinione che "ogni cosa dolce è piacevole", e che "questa cosa qui è dolce" (ed è questa l’opinione che produce l’atto), e ci sia in noi anche il desiderio, l’opinione universale dice di fuggire questo oggetto, ma il desiderio ci conduce ad esso, [35] giacché il desiderio può mettere in moto ciascuna delle parti del corpo. Per conseguenza, ne deriva [1147b] che si commettono atti di incontinenza sotto l’influsso in certo qual modo di una ragione, cioè di un’opinione, non contraria per sé, ma per accidente (infatti, contrario è il desiderio, non l’opinione) alla retta ragione. Ne consegue anche che è per questo che le bestie non possono essere incontinenti, perché esse non hanno un giudizio di carattere universale, [5] ma soltanto la rappresentazione e la memoria dei particolari. Com’è che si dissipa l’ignoranza e l’incontinente ritorna ad essere uno che possiede scienza? La spiegazione è la stessa che per il caso dell’ubriaco e del dormiente e non è peculiare di questa passione, e dobbiamo ascoltarla dagli studiosi della natura. Poiché l’ultima premessa è un’opinione [10] che riguarda un oggetto sensibile e che determina le azioni, un uomo o non ce l’ha quando è sotto l’influsso della passione, o ce l’ha in modo tale che, come abbiamo detto, non è un possedere la scienza ma soltanto un recitare, come l’ubriaco recita i versi di Empedocle. E poiché il termine ultimo non è un universale né viene considerato come un oggetto di scienza parificabile ad un universale, sembra appunto che ne consegua quello che [15] Socrate cercava di stabilire: infatti, non è in presenza di quella che viene ritenuta essere la scienza in senso proprio che sorge la passione dell’incontinenza, né è questa scienza che è trascinata qua e là dalla passione, ma è in presenza della conoscenza sensibile. Posto questo, si consideri concluso il discorso sulla questione se è con o senza conoscenza, e con che tipo di conoscenza, che si è incontinenti.
4. [L’incontinenza: il suo ambito e le sue forme].
[20] Proseguendo, dobbiamo dire se c’è chi è incontinente in senso assoluto o tutti lo sono in un campo particolare, e nel primo caso di che natura sono gli oggetti dell’incontinenza. Che gli uomini continenti e forti, e gli incontinenti e molli, lo siano riguardo a piaceri e dolori, è manifesto. Ora, delle cose che producono piacere alcune sono necessarie, altre sono meritevoli di scelta [25] per se stesse, pur essendo suscettibili di eccesso. Necessarie sono quelle connesse col corpo (e come tali intendo quelle che riguardano il nutrimento e l’attività sessuale, cioè quelle funzioni corporee che abbiamo detto essere oggetto dell’intemperanza e della temperanza). Le altre, invece, non sono necessarie, ma meritevoli per se stesse di scelta (e intendo, [30] per esempio, vittoria, onore, ricchezza e le cose buone e piacevoli di questo tipo). Posto questo, coloro che rispetto a questi oggetti eccedono, in contrasto con la retta ragione che è in loro, non li chiamiamo semplicemente incontinenti, ma incontinenti con l’aggiunta di "in fatto di denaro, di guadagno, di onore, di impulsività"; e non li chiamiamo incontinenti in senso assoluto, perché da questi sono diversi e [35] sono chiamati così per analogia, come si chiama Ánthropos188 colui che ha vinto189 ai giochi di Olimpia: nel suo caso, come [1148a] dicevamo, la definizione generale differisce di poco da quella individuale a lui propria, ma è tuttavia diversa. Prova: l’incontinenza del primo tipo, sia in senso assoluto sia in qualche senso particolare, è biasimata non solo come errore, ma anche come una specie di vizio; ma non è biasimato così nessuno degli incontinenti del secondo tipo. Di quelli che sono incontinenti [5] in relazione ai godimenti corporali (in relazione ai quali chiamiamo tali il temperante e l’intemperante), colui che, senza avere operato una scelta, ricerca l’eccesso delle cose piacevoli, e fugge quello delle cose spiacevoli (fame, sete, caldo, freddo, e tutto ciò che riguarda il tatto e il gusto), ma che anzi lo fa in contrasto con la sua scelta ed il suo pensiero, è detto incontinente, senza l’aggiunta [10] di "in relazione a queste determinate cose", come incontinente "in relazione all’ira", ma solo puramente e semplicemente incontinente. Prova: si parla di uomini molli in relazione a questi piaceri, ma non per alcuno degli altri. Ed è per questo che mettiamo insieme nella stessa categoria l’incontinente e l’intemperante, ed il continente e il temperante (ma non lo facciamo per nessuno di quegli altri), [15] per il fatto che sono in qualche modo in relazione con gli stessi piaceri e gli stessi dolori: essi, però, sono in relazione, sì, agli stessi oggetti, ma non nella stessa maniera, bensì gli uni compiono una scelta e gli altri no. Perciò diremo intemperante piuttosto colui che, non avendo desideri o avendone di deboli, persegue i piaceri eccessivi e fugge i dolori moderati, che non colui che fa questo [20] per l’intensità del suo desiderio. Infatti, che cosa farebbe quel primo se gli sopravvenisse un desiderio giovanile o una sofferenza intensa dovuta alla mancanza del necessario? Dei desideri e dei piaceri, alcuni sono cose nel loro genere belle e virtuose (giacché alcune delle cose piacevoli sono per natura meritevoli di scelta190, mentre altre sono loro contrarie [25] ed altre intermedie) secondo la nostra precedente suddivisione191, come, per esempio, denaro, guadagno, vittoria, onore. Nei confronti di tutte queste cose, di quelle dello stesso genere e di quelle intermedie, non si è biasimati per il fatto di esserne attratti, di desiderarle e di amarle, ma per il modo con cui lo si fa, cioè per il fatto di eccedere (perciò <non sono biasimati>192 tutti quelli che, contro la ragione, o si lasciano dominare o perseguono qualcuna delle cose che sono belle [30] e buone per natura, come, per esempio, coloro che si preoccupano più di quanto si debba per l’onore, o per i figli e per i genitori: infatti, anche queste cose sono buone, e vengono lodati coloro che se ne preoccupano; ma tuttavia è possibile eccedere anche in questo, se uno, come Niobe193, si mette in contrasto persino con gli dèi, o come Satiro194, [1148b] soprannominato Filopatore per l’amore verso suo padre: si riteneva, infatti, che si comportasse da pazzo). Infatti, non c’è alcuna perversità a questo riguardo, per il motivo che abbiamo detto, cioè perché ciascuna di queste cose è degna per se stessa di scelta, ma sono cattivi e devono essere evitati i loro eccessi. Parimenti, in questo caso, [5] non c’è neppure incontinenza: l’incontinenza, infatti, non solo è da evitare, ma è anche degna di biasimo. Ma per una somiglianza dello stato d’animo corrispondente si parla di incontinenza con l’aggiunta di una determinazione, caso per caso: per esempio, si chiama cattivo medico e cattivo attore chi non sarebbe chiamato cattivo puramente e semplicemente. Orbene, come avviene in questo esempio, poiché [10] ciascuna di queste situazioni non è vizio, ma solo gli assomiglia per analogia, così è evidente che anche nell’altro caso bisogna giudicare che l’incontinenza e la continenza sono solo quelle che hanno i medesimi oggetti della temperanza e dell’intemperanza, e che, invece, è per similitudine che usiamo il termine in relazione all’impulsività. Perciò diciamo "incontinente" aggiungendo "anche in fatto di impulsività", come incontinente "in fatto di onore e di guadagno".
5. [Incontinenza, bestialità e morbosità].
[15] Ora, poiché alcune cose sono piacevoli per natura, e di queste alcune lo sono in senso assoluto, altre a seconda dei tipi sia degli animali sia degli uomini, mentre altre cose non lo sono, ma lo diventano o per difetti di crescita o per abitudini acquisite, altre ancora per depravazione della natura, è possibile vedere anche di ciascun tipo di queste le disposizioni corrispondenti. Intendo per disposizioni bestiali, [20] per esempio, quella della donna che, dicono, sventrava le donne incinte e ne divorava i feti, o quelle di cui provano piacere, dicono, certi selvaggi delle coste del Ponto195, alcuni dei quali mangiano carni crude, altri carni umane, altri ancora si scambiano reciprocamente i figli per farne lauto pasto, o quello che si racconta di Falaride196. Questi sono comportamenti bestiali; [25] ma certi sono provocati da malattia (anche da follia per alcuni, come quel tale che offrì sua madre in sacrificio e la divorò, o quello schiavo che si mangiò il fegato del suo compagno), altri sono stati morbosi derivati da un’abitudine, come, per esempio, lo strapparsi i capelli e il mangiare le unghie, e anche carbone e terra; ed inoltre, fare all’amore tra maschi: ad alcuni questo succede per natura, [30] ad altri in forza di un’abitudine, come a quelli che sono stati violentati da bambini. Nessuno, dunque, può dire incontinenti tutti coloro la cui depravazione è causata dalla natura, come non si possono chiamare incontinenti le donne, dal momento che nella copulazione non sono attive ma passive. Altrettanto si deve dire di coloro che hanno disposizioni morbose a causa di un’abitudine. Quindi, il possesso di ciascuno di questi tipi di disposizione [1149a] è al di fuori dei confini del vizio, come lo è la bestialità; per l’uomo che le possiede, dominarle o esserne dominato non costituisce la continenza o l’incontinenza pure e semplici, ma solo per analogia, come chi è in questa situazione per i suoi scoppi di impulsività non si deve chiamare semplicemente incontinente, ma incontinente in questa passione. Infatti, ogni volta che [5] arrivano all’eccesso, la stoltezza, la viltà, l’intemperanza, il cattivo carattere sono o bestiali o morbosi. L’uomo, infatti, che per natura è di indole tale da avere paura di tutto, anche dello strepito di un topo, è vile di una viltà bestiale, mentre chi ha paura di una donnola è determinato da una malattia. E degli stolti, alcuni sono privi di ragione per natura [10] e, poiché vivono soltanto col senso, sono bestiali, come certe razze di barbari lontani; altri invece, che sono privi di ragione a causa di malattia come l’epilessia o la follia, sono morbosi. Ora, di queste disposizioni morbose uno può possederne qualcuna soltanto qualche volta, senza esserne dominato: intendo, per esempio, il caso in cui Falaride197 si fosse contentato quando desiderava divorare un fanciullo o quando desiderava [15] procurarsi un piacere sessuale contro natura. Ma è possibile anche essere completamente dominati da queste passioni, e non soltanto possederle. Orbene, come anche nel caso della perversità, quella a livello umano è chiamata perversità semplicemente, mentre quella con una determinazione aggiuntiva si chiama perversità bestiale o morbosa, e non semplicemente perversità, nello stesso modo è chiaro che anche l’incontinenza è ora bestiale ora morbosa, [20] mentre è puramente e semplicemente incontinenza solo quella corrispondente all’intemperanza umana. È dunque chiaro che incontinenza e continenza hanno per oggetti solo quelli dell’intemperanza e della temperanza, e che riguardo agli altri oggetti c’è un’altra specie di incontinenza, chiamata così per metafora e non in senso assoluto.
6. [Incontinenza dell’impulsività e incontinenza dei desideri].
Ora vedremo che l’incontinenza [25] dell’impulsività è meno vergognosa di quella dei desideri. (1) Sembra, infatti, che l’impulsività dia ascolto in qualcosa alla ragione, ma la fraintenda, come i servi frettolosi che escono di corsa prima di aver sentito tutto quello che viene loro detto, e poi sbagliano l’esecuzione dell’ordine, e come i cani che, prima di aver visto se si tratta di un amico, si mettono ad abbaiare appena si batte ad una porta. Così [30] l’impulsività, per il calore e la vivacità della sua natura, sente, sì, ma non ascolta l’ordine e si precipita alla vendetta. Infatti, la riflessione o l’immaginazione si limitano a mostrare che c’è stata insolenza o disprezzo, l’impulsività, invece, come se giungesse con un ragionamento alla conclusione che bisogna combattere contro un simile trattamento, si eccita, per conseguenza, subito: il desiderio, poi, se [35] solo la riflessione o la sensazione dicono che questa cosa è dolce, si precipita a trarne godimento. [1149b] Cosicché l’impulsività segue in qualche modo la ragione, mentre il desiderio no. Dunque, l’incontinenza dei desideri è più vergognosa: l’incontinente nell’impulsività, infatti, soggiace in qualche modo alla ragione, mentre l’altro soggiace al desiderio e non alla ragione. (2) Inoltre, si perdona di più il fatto di seguire i desideri naturali, [5] poiché anche quando si tratta di desideri si perdona di più a quelli comuni a tutti gli uomini, e nella misura in cui sono comuni. Ora, l’impulsività e il cattivo carattere sono più naturali che non i desideri di ciò che è eccessivo e non necessario. Come quel tale che, accusato di picchiare il proprio padre, si difese dicendo: "Ma anche lui picchiava il suo", [10] e, additando il figlioletto, disse: "Anche lui picchierà me, quando sarà un uomo: è un’abitudine di famiglia, per noi!". E quell’altro che, mentre era trascinato fuori dal figlio, gli ordinò di fermarsi alla porta, perché lui stesso aveva trascinato suo padre solo fin là. (3) Inoltre, sono più ingiusti quelli che sono più subdoli. Orbene, l’impulsivo non è subdolo, e neppure l’impulsività, [15] ma è limpido; il desiderio, invece, è quello che si dice di Afrodite "tessitrice d’inganni, nata a Cipro"198, e, come dice Omero a proposito del suo cinto trapunto:
"la seduzione che ruba il senno anche ai saggi "199.
Per conseguenza, se è vero che quella incontinenza è più ingiusta di questa relativa all’impulsività, e anche più vergognosa, anzi essa è incontinenza in senso assoluto e [20] vizio, in qualche modo. (4) Inoltre, nessuno commette oltraggio soffrendo; ora, chiunque agisce in preda all’ira agisce soffrendo, mentre colui che oltraggia lo fa con piacere. Se, dunque, le cose più ingiuste sono quelle contro cui si ha perfettamente diritto di adirarsi, anche l’incontinenza causata dal desiderio sarà più ingiusta di quella causata dall’impulsività, giacché nell’impulsività non c’è intenzione oltraggiosa. Che, dunque, l’incontinenza relativa al desiderio è più vergognosa di quella relativa all’impulsività, [25] e che la continenza e l’incontinenza si riferiscono ai desideri ed ai piaceri del corpo, è chiaro.
Ma tra questi stessi piaceri si devono cogliere delle differenze. Come infatti si è detto all’inizio200, alcuni sono umani e naturali, sia per genere sia per intensità, altri bestiali, altri, infine, sono dovuti a difetti di crescita e stati morbosi. [30] Ora, solo con i primi di questi hanno relazione la temperanza e l’intemperanza: perciò non diciamo temperanti né intemperanti anche le bestie, se non per metafora, cioè nel caso in cui qualche specie di animali, comparata nel suo insieme alle altre, si distingue per lascivia, istinto distruttivo e voracità: le bestie, infatti, non hanno né possibilità di scelta [35] né capacità di ragionamento, ma sono fuori dai confini della loro natura, come, [1150a] tra gli uomini, i dementi. La bestialità è un male minore del vizio, ma più temibile; infatti, nel caso delle bestie non è che ci sia stata corruzione della parte migliore, come nell’uomo, ma è che esse non ce l’hanno. Dunque, è lo stesso che mettere a confronto un essere privo di anima con uno che ne è fornito, e chiedersi quale è più cattivo: infatti, [5] la malvagità di un essere che non ha in sé il principio dell’azione è, sempre, più inoffensiva, e, d’altra parte, principio è l’intelletto. Quindi, è proprio come confrontare l’ingiustizia con un uomo ingiusto. Ciascuno dei due, infatti, è peggiore dell’altro, a suo modo, giacché un uomo cattivo farà infinitamente più male che una bestia.
7. [Intemperanza, incontinenza, mollezza].
Per quanto, poi, riguarda i piaceri e i dolori, [10] i desideri e le repulsioni derivati dal tatto e dal gusto, che abbiamo precedentemente201 definiti come oggetti dell’intemperanza e della temperanza, è possibile, da una parte, trovarsi nella situazione di essere sconfitti anche da quelli che i più dominano, e, dall’altra, riuscire a dominare anche quelli a cui i più soggiacciono: di questi due tipi di uomini, se si tratta di piaceri, il primo è incontinente e il secondo continente; se si tratta di dolori, il primo è molle e il secondo è forte. [15] Nel mezzo sta la disposizione della maggior parte degli uomini, anche se essi inclinano di più verso quelle peggiori. Poiché alcuni dei piaceri sono necessari e altri no, e poiché i primi sono necessari fino ad un certo punto, mentre non lo sono i loro eccessi, né i loro difetti (e lo stesso vale anche dei desideri e dei dolori), chi persegue gli eccessi nelle cose piacevoli o le cose necessarie in misura eccessiva, [20] e202 lo fa per sua scelta, e le persegue per se stesse e per nient’altro che possa derivarne, è intemperante: necessariamente, infatti, questo tipo di uomo non è capace di pentimento, cosicché è incorreggibile, poiché chi è incapace di pentimento è incorreggibile. Chi è in difetto nella ricerca del piacere è il contrario del precedente, mentre chi sta nel mezzo è temperante. Lo stesso si dica anche di chi fugge i dolori corporei non perché ne è sconfitto, ma per una scelta. [25] Di coloro, invece, che non agiscono in base ad una scelta, alcuni si lasciano trascinare dal piacere, altri dall’inclinazione ad evitare la sofferenza che deriva dal desiderio: perciò sono diversi gli uni dagli altri. Ognuno, però, riterrà che, se uno compie un’azione vergognosa senza alcun desiderio oppure con un desiderio debole, è peggiore di chi compia la stessa azione spinto da un desiderio violento, e che, se uno colpisce senza essere in preda all’ira, è peggiore di chi colpisca [30] in preda all’ira: che cosa farebbe, infatti, se fosse in balia della passione? È per questo che l’uomo intemperante è peggiore dell’incontinente. Delle disposizioni descritte, dunque, una è piuttosto una specie di mollezza; l’altro tipo di uomo, invece, è l’intemperante. Ora, all’incontinente si contrappone l’uomo continente, all’uomo molle il forte: l’esser forte, infatti, sta nel saper resistere, mentre la continenza consiste [35] nel dominare, e "resistere" e "dominare" sono cose diverse, come anche "non lasciarsi sconfiggere" e "vincere": per questo la continenza è preferibile [1150b] alla semplice forza d’animo. Chi manca di resistenza in quelle situazioni di fronte alle quali la maggior parte degli uomini resiste e ha la forza di resistere, è un uomo molle e sensuale (in effetti, la sensualità è una specie di mollezza): come chi trascina il mantello per non far la fatica e darsi la pena di sollevarlo, e come chi, quando fa [5] l’ammalato, non capisce di essere davvero un disgraziato, se si fa simile ad un disgraziato. Lo stesso vale anche nel caso della continenza e dell’incontinenza. Infatti, se uno rimane sconfitto da piaceri o dolori violenti ed eccessivi, non c’è da meravigliarsi, ma ciò è perdonabile se uno cerca di resistere, come il Filottete di Teodette203 morso dalla vipera, [10] o il Cercione nell’Alope di Carcino204, e come quelli che, mentre si sforzano di trattenere il riso, scoppiano a ridere d’un tratto, come capitò a Senofanto205; ma è da meravigliarsi se uno, in situazioni di fronte alle quali la maggior parte degli uomini è capace di resistere, si lascia vincere e non riesce ad opporre resistenza, e ciò non per cause di natura ereditaria o per malattia: per esempio, tra i re degli Sciti [15] la mollezza è ereditaria, e come la femmina è per natura differente dal maschio. Comunemente si ritiene che anche il tipo giocherellone sia un intemperante: in realtà è un uomo molle. Infatti, il gioco è un rilassamento, se è vero che è uno stato di riposo206. Il giocherellone appartiene alla classe di coloro che eccedono nel concedersi riposo. Dell’incontinenza, poi, ci sono due forme: la precipitazione e la debolezza. [20] Gli uni, dopo aver preso una deliberazione non perseverano in ciò che hanno deliberato, a causa della passione; gli altri si lasciano trascinare dalla passione per il fatto di non aver preso una deliberazione. Alcuni, infatti (come quelli che, avendo sofferto il solletico in precedenza, non lo soffrono più, se hanno presentito e previsto e se hanno risvegliato se stessi e la propria capacità di ragionare), non si lasciano vincere dalla passione, né [25] nel caso che sia piacevole né nel caso che sia dolorosa. Soprattutto gli uomini vivaci ed eccitabili sono incontinenti per precipitazione: e gli uni per la fretta, gli altri per la violenza della passione non stanno ad aspettare la conclusione del ragionamento, per il fatto che sono inclini a seguire l’immaginazione.
8. [L’intemperanza è peggiore dell’incontinenza].
L’intemperante, come s’è detto207, non è capace di pentimento, [30] giacché persiste nella sua scelta; ogni tipo di incontinente, invece, è capace di pentimento. Perciò le cose non stanno come le abbiamo formulate nel problema208, ma l’intemperante è incorreggibile, mentre l’incontinente è correggibile. Infatti, la perversità è simile a malattie come l’idropisia e la tisi, mentre l’incontinenza assomiglia ad attacchi di epilessia, giacché la prima è un male continuo, la seconda è intermittente. [35] E incontinenza e vizio appartengono a generi completamente differenti: infatti, il vizio rimane nascosto al soggetto, l’incontinenza, invece, no. [1151a] Degli incontinenti stessi, poi, quelli che sono come fuori di sé sono migliori di quelli che la ragione ce l’hanno, ma non rimangono nei limiti di essa: questi ultimi, infatti, si lasciano sconfiggere da una passione più debole, e non senza aver prima preso una deliberazione, come, invece, fanno gli altri209. Infatti, l’incontinente è simile a quelli che si ubriacano rapidamente e con poco [5] vino, anzi con una quantità minore che la maggior parte degli uomini. Orbene, che l’incontinenza non è un vizio è manifesto (ma forse per qualche aspetto lo è): l’incontinenza, infatti, è al di là della scelta, mentre il vizio deriva dalla scelta; ma, tuttavia, una somiglianza c’è dal punto di vista delle azioni, come diceva Demodoco210 ai Milesi: "I Milesi non sono stupidi, ma si comportano come [10] stupidi"; anche gli incontinenti non sono ingiusti, ma commettono ingiustizie. Ora, l’incontinente persegue i piaceri corporali eccessivi e contrari alla retta ragione, perché lui è fatto così e non perché sia convinto che sia bene, mentre l’intemperante ha la convinzione che sia bene proprio perché lui è fatto in modo tale da perseguire quei piaceri: perciò, il primo può facilmente essere persuaso a cambiare, il secondo no. [15] Infatti, la virtù salva il principio, il vizio, invece, lo distrugge, e nelle azioni il principio è il fine, come le ipotesi in matematica. Orbene, né lì né qui è il ragionamento che ci insegna i principi, ma qui è la virtù, sia naturale sia acquisita con l’abitudine, che ci insegna ad avere opinioni corrette sul principio. Dunque, [20] chi è fatto così è temperante, e l’intemperante è il suo contrario. Ma c’è chi, a causa della passione, esce fuori di sé, in contrasto con la retta ragione, uomo che la passione domina in modo da non permettergli di agire secondo la retta ragione, ma non fino al punto da renderlo capace di lasciarsi persuadere di dover perseguire tali piaceri senza ritegno. Questo è l’incontinente, migliore dell’intemperante, [25] e non puramente e semplicemente malvagio: qui, infatti, si salva la cosa migliore, il principio. Ma contrario a questo c’è un altro tipo di uomo, quello che resta in sé e non esce fuori di sé, per lo meno non a causa della passione. Da queste considerazioni, dunque, risulta manifesto che l’ultima è una disposizione virtuosa, l’altra è cattiva.
9. [Continenza, perseveranza, ostinazione].
È continente, dunque, colui che persiste in una ragione qualsiasi ed in una qualsiasi [30] scelta oppure colui che persiste nella retta scelta? E, viceversa, è incontinente colui che non persiste in una scelta qualsiasi e in una ragione qualsiasi, oppure colui che non persiste nella ragione non falsa e nella retta scelta? Questo è il problema come l’abbiamo posto prima211. Non dobbiamo forse dire che [35] l’uno persiste, l’altro non persiste in una scelta qualsiasi per accidente, di per sé, invece, nella ragione vera e nella scelta retta? Se, infatti, uno [1151b] sceglie o persegue questa cosa in vista di quest’altra, per sé persegue e sceglie quest’ultima, per accidente, invece, la prima. Ma con "per sé" intendiamo dire "in senso assoluto". Per conseguenza, è un’opinione qualsiasi quella in cui l’uno persiste e da cui l’altro si distacca, ma in senso assoluto è l’opinione vera. Ci sono, poi, di quelli che [5] sono perseveranti nella loro opinione, e li chiamiamo ostinati, i quali sono difficili da persuadere, cioè non è facile persuaderli a cambiare. Essi hanno qualcosa di simile all’uomo incontinente, come il prodigo al liberale e il temerario al coraggioso, ma sono diversi per molti aspetti. L’uno, infatti, il continente, non cambia opinione solo per una passione o per un desiderio, [10] ché anzi, all’occasione, l’uomo continente si lascerà facilmente persuadere; gli altri, invece, gli ostinati, non si lasciano guidare dalla ragione, perché, se non altro, accolgono in sé desideri, e molti di loro si lasciano trascinare dai piaceri. Ed ostinati sono i testardi, gli ignoranti e i rustici; i testardi lo sono a causa del piacere e del dolore: essi, infatti, sono contenti della loro vittoria quando non [15] si sono lasciati indurre a mutare opinione, e soffrono quando le loro decisioni restano come decreti senza autorità. Per conseguenza, assomigliano di più all’incontinente che al continente. Ci sono alcuni, poi, che non persistono nelle loro opinioni, ma non per incontinenza, come, per esempio, Neottolemo212 nel Filottete di Sofocle. Certo, fu a causa di un piacere che egli non persistette, ma di un piacere bello; infatti, [20] dire la verità per lui era una cosa bella, ma fu persuaso a mentire da Ulisse. Infatti, non è che chiunque faccia qualcosa per piacere sia intemperante o perverso o incontinente, ma chi lo fa per un piacere vergognoso. C’è, poi, anche chi è tale da godere dei piaceri corporali meno di quanto si deve, e che perciò non persiste nella ragione: [25] è tra questo e l’incontinente che sta in mezzo l’uomo continente; infatti, l’incontinente non persiste nella ragione per eccesso, quest’ultimo, invece, per difetto; l’uomo continente, al contrario, persiste e non cambia per nessuno dei due motivi. Se è vero che la continenza è virtuosa, bisogna che entrambe le disposizioni contrarie siano cattive, come pure risulta manifesto: [30] ma poiché una di esse si manifesta in pochi uomini e poche volte, come si ritiene comunemente che la temperanza è contraria soltanto all’intemperanza, così si deve ritenere anche che la continenza è contraria soltanto all’incontinenza. Poiché molte espressioni si usano per analogia, ne è derivato, per conseguenza, che si parla per analogia anche della continenza dell’uomo temperante: infatti, il continente [35] è uomo che non fa nulla contro la ragione a causa dei piaceri del corpo, [1152a] come pure il temperante, ma uno possiede cattivi desideri, l’altro, invece, no, e l’uno è tale da non godere in contrasto con la ragione, mentre l’altro è tale da godere, ma non da lasciarsi trascinare. E, pur essendo diversi, l’incontinente e l’intemperante sono d’altra parte simili: [5] entrambi perseguono i piaceri del corpo, ma l’uno pensa di doverlo fare, l’altro, invece, non lo pensa.
10. [Conclusioni su continenza e incontinenza].
La stessa persona non può essere insieme saggia e incontinente, giacché si è dimostrato che il saggio è insieme uomo di valore anche nel comportamento. Inoltre, uno è saggio non solo per il fatto di possedere un sapere teorico, ma anche per l’essere capace di metterlo in pratica: ma l’incontinente non è capace di metterlo in pratica. [10] Nulla, invece, impedisce che l’uomo abile sia incontinente, ed è per questo che talora alcuni sono ritenuti saggi ma incontinenti, perché l’abilità differisce dalla saggezza nel modo esposto nei nostri primi ragionamenti213, nel senso che sono vicini secondo la definizione, ma differiscono per via della scelta. L’incontinente, quindi, non è come quello che conosce e contempla, [15] ma come colui che dorme o è ubriaco. E agisce volontariamente (infatti, sa in qualche modo che cosa sta facendo ed in vista di che cosa lo fa), ma non è cattivo: la scelta, infatti, è buona; per conseguenza, è cattivo a metà. E non è ingiusto, giacché non è subdolo. Infatti, dei due tipi di incontinenti, l’uno non persiste in ciò che ha deliberato, mentre l’altro, il tipo eccitabile, non delibera affatto. E così [20] l’uomo incontinente assomiglia ad una città che decreta tutto ciò che si deve ed ha buone leggi, ma non le applica per niente, come diceva, scherzando, Anassandride214:
"Lo voleva la città, cui non importa nulla delle leggi".
L’uomo cattivo, invece, assomiglia ad una città che applica le leggi, ma ne applica di cattive. [25] L’incontinenza e la continenza riguardano ciò che costituisce un eccesso rispetto alla disposizione di carattere della massa: il continente, infatti, persevera di più, l’incontinente di meno di quanto sia nella possibilità della maggioranza degli uomini. Dei due tipi di incontinenza, quello da cui sono affetti gli uomini eccitabili è più facilmente correggibile che non quello di coloro che, sì, deliberano, ma non perseverano, e gli incontinenti per abitudine sono più facilmente correggibili di quelli che lo sono per natura. Infatti, è più facile [30] cambiare un’abitudine che non la natura: è proprio per questo che anche l’abitudine è difficile da cambiare, perché assomiglia alla natura, come dice anche Eveno215:
"Affermo che l’abitudine è un lungo esercizio, o amico, e che, dunque,
questo finisce con l’essere per gli uomini come una natura"216.
S’è detto, dunque, che cosa siano continenza e incontinenza, forza di carattere [35] e mollezza, ed in che rapporto stiano fra di loro queste disposizioni.
11. [Il piacere: teorie correnti].
[1152b] Studiare piacere e dolore è di competenza del filosofo politico: è lui, infatti, l’architetto che determina il fine, guardando al quale noi chiamiamo ciascuna cosa buona o cattiva in senso assoluto217. Inoltre, l’indagine su questi oggetti è necessaria, [5] giacché abbiamo posto218 che la virtù ed il vizio morale hanno per oggetto dolore e piacere, e la stragrande maggioranza degli uomini afferma che la felicità implica il piacere: per questo hanno dato all’uomo "beato" una denominazione che deriva da "bearsi"219. (1) Alcuni220, dunque, ritengono che nessun piacere sia un bene, né per sé né per accidente, giacché, dicono, bene [10] e piacere non sono la stessa cosa. (2) Altri221 ritengono, sì, che alcuni piaceri sono buoni, ma che per la maggior parte sono cattivi. (3) Infine, una terza categoria di persone222 ritiene che, anche ammesso che tutti i piaceri siano un bene, non è possibile che il sommo bene sia un piacere. (1) Dunque, il piacere, nel complesso, non è un bene, a) perché ogni piacere è un divenire, percepito dal soggetto, che conduce ad uno stato naturale, e, d’altra parte, nessun divenire appartiene allo stesso genere del suo fine: per esempio, il processo di costruzione di una casa non appartiene allo stesso genere [15] della casa. b) Inoltre, l’uomo temperante fugge i piaceri. c) Inoltre, il saggio persegue ciò che non provoca dolore, non ciò che è piacevole. d) Inoltre, i piaceri sono un ostacolo alla riflessione morale, e tanto più quanto più intenso è il godimento, come nel piacere sessuale: nessuno infatti potrebbe pensare alcunché mentre lo prova. e) Inoltre, non c’è alcuna arte del piacere: eppure ogni bene è opera di un’arte. f) Inoltre, bambini [20] e bestie perseguono i piaceri. (2) Dall’affermazione che non tutti i piaceri sono buoni il motivo addotto è a) che ce ne sono di vergognosi e biasimevoli, e b) che ce ne sono di dannosi, giacché alcune delle cose piacevoli producono malattie. (3) Infine, il motivo per cui il piacere non è il sommo bene è che non è un fine ma un divenire. Questo è, pressappoco, quello che si dice.
12. [Confutazione della teoria secondo cui il piacere non è un bene].
[25] Che poi da queste considerazioni non risulti che il piacere non è un bene223 né il sommo bene224, è chiaro da quanto segue.
A) Innanzi tutto225, poiché il termine "bene" ha due sensi (l’uno assoluto, l’altro relativo), anche le nature e le disposizioni avranno per conseguenza due sensi, e così anche i movimenti e le generazioni: e di quelli che sono ritenuti cattivi alcuni lo sono, sì, in generale, ma per qualche individuo [30] no, anzi per costui sono desiderabili; alcuni, poi, non sono desiderabili neppure per una persona determinata, se non qualche volta e per poco tempo, ma non sempre; altri, poi, non sono neppure piaceri, ma ne hanno solo l’apparenza: sono quelli accompagnati da dolore e che hanno come scopo, per esempio nel caso degli ammalati, la guarigione.
B) Inoltre226, poiché una specie del bene è attività, mentre l’altra è disposizione, i processi che ci riportano nella disposizione naturale sono piacevoli solo per accidente; [35] ma l’attività che si realizza nei desideri è quella della disposizione naturale residua, poiché ci sono piaceri anche senza dolore e desiderio (come, per esempio, [1153a] quelli della contemplazione), quando la natura non manca di nulla. Ne è prova il fatto che gli uomini non godono del medesimo oggetto quando la loro natura si va ricostituendo e quando è ricostituita, ma, quando la natura è ricostituita, essi godono degli oggetti piacevoli in senso assoluto; quando, invece, si sta ricostituendo, godono anche dei loro contrari; [5] infatti, in questo caso, godono anche di sostanze aspre ed amare, nessuna delle quali è piacevole per natura o in senso assoluto. Per conseguenza, non lo sono neppure i piaceri, giacché la stessa differenza che c’è tra gli oggetti piacevoli, c’è pure tra i piaceri che ne derivano.
C) Inoltre227, non è necessario che ci sia qualcosa di diverso, migliore del piacere, come alcuni dicono che il fine sia rispetto al processo generativo: i piaceri, infatti, non sono dei processi né sono tutti accompagnati da un processo, [10] ma sono attività, cioè un fine: noi li proviamo non perché diventiamo qualcosa ma perché esercitiamo qualche facoltà; e non di tutte le attività il fine è qualcosa di diverso da loro stesse, ma solo di quelle che conducono alla perfezione della natura. Perciò non va neanche bene dire che il piacere è un divenire percepito dal soggetto, ma bisogna piuttosto dire che esso è attività della disposizione secondo natura, [15] e al posto di "percepito" bisogna dire "non impedito". Alcuni228 ritengono che il piacere sia un divenire, perché per loro è un bene in senso proprio; infatti, pensano che l’attività sia un divenire, mentre essa è un’altra cosa.
Dire229 che ci sono piaceri cattivi perché alcune cose piacevoli sono causa di malattia, è lo stesso che dire che alcune cose che sono utili alla salute sono cattive dal punto di vista economico. Dunque, entrambe le cose sono cattive in questo senso, ma non lo sono per questo solo, [20] poiché anche il contemplare qualche volta danneggia la salute.
Il piacere230 che deriva da ciascuna facoltà non ostacola né l’esercizio della saggezza né alcuna disposizione, ma sono i piaceri estranei che sono d’ostacolo, perché quelli che derivano dalla contemplazione e dall’apprendimento faranno sì che noi contempliamo e apprendiamo sempre di più.
Che nessun piacere231 sia opera di un’arte è una cosa che accade logicamente: [25] l’arte, infatti, non ha per oggetto alcun’altra attività, ma solo la potenza: eppure l’arte del profumiere e quella del cuoco si ritiene che abbiano per oggetto il piacere.
Il fatto232 che l’uomo temperante fugga i piaceri ed il saggio persegua la vita priva di dolore, e che i bambini e le bestie perseguano il piacere, tutte queste difficoltà sono risolte dal medesimo ragionamento. Poiché, infatti, si è detto233 in che senso [30] i piaceri sono buoni in senso assoluto ed in che senso non sono tutti buoni: le bestie ed i bambini perseguono quelli che non sono buoni in senso assoluto, e il saggio persegue la mancanza di dolore derivante dall’assenza di questi, dei piaceri accompagnati da desiderio e da dolore, cioè quelli del corpo (ché questi sono di quel tipo) ed i loro eccessi, secondo cui l’intemperante è intemperante. È per questo che l’uomo temperante fugge questi piaceri, [35] giacché ci sono dei piaceri anche dell’uomo temperante.
13. [Piacere, bene, felicità].
[1153b] Ma anche che il dolore è un male e che deve essere fuggito è ammesso concordemente: infatti, da una parte c’è il dolore che è un male in senso assoluto, e dall’altra il dolore che è male per il fatto che in qualche modo è per noi un ostacolo. Ma il contrario di una cosa che si deve fuggire proprio in quanto è qualcosa da fuggire, cioè un male, è un bene. Dunque è necessario che il piacere sia un bene. [5] Speusippo234, infatti, cercava di risolvere il problema dicendo che il più è contrario sia al meno sia all’uguale, ma la sua soluzione non regge: non si potrà dire che il piacere è per essenza un male. Niente impedisce235 che il sommo bene sia un piacere determinato, anche ammettendo che alcuni piaceri siano cattivi, come pure una scienza determinata, anche nell’ipotesi che alcune scienze siano cattive.
A) Certo, poi, se è vero236 che di ciascuna [10] disposizione ci sono attività il cui esercizio non ha ostacoli, è anche necessario che la felicità sia l’attività di tutte quante le disposizioni o di una sola di esse, purché sia senza ostacoli, e che questa attività sia la più degna di essere scelta: ma questo è un piacere. Per conseguenza, il sommo bene potrebbe essere un determinato piacere, anche ammettendo che la maggior parte dei piaceri sia cattiva, magari in senso assoluto. E per questo tutti pensano che la vita felice sia una vita piacevole, [15] e contessono il piacere con la felicità, a buon diritto. Infatti, nessuna attività è perfetta quando è ostacolata, e, d’altra parte, la felicità appartiene al genere delle cose perfette. È per questo che l’uomo felice ha bisogno anche dei beni del corpo, dei beni esteriori e di quelli della fortuna, per non essere ostacolato dalla loro mancanza. Coloro, poi, che affermano che anche l’uomo messo al supplizio della ruota o [20] precipitato in grandi disgrazie è felice, purché sia buono, dicono, volontariamente o non, una cosa priva di senso. Per il fatto, poi, che si ha bisogno anche della fortuna, alcuni ritengono che la buona fortuna sia la stessa cosa che la felicità, mentre non lo è, perché anch’essa, quando è eccessiva, è d’ostacolo, e forse allora non è più giusto chiamarla buona fortuna: infatti, [25] la sua definizione è relativa alla felicità.
B) Il fatto237, poi, che tutti, bestie e uomini, perseguano il piacere è segno che esso è in qualche modo il sommo bene:
"La fama non si spegne mai del tutto,
quando molta gente <la diffonde intorno>…"238.
Ma poiché non è la stessa natura né la stessa disposizione che è [30] o si ritiene che sia la migliore, non è neppure lo stesso il piacere che tutti perseguono; eppure tutti perseguono un piacere. Forse anche non perseguono il piacere che credono o quello che direbbero di perseguire, ma pur sempre un piacere. Tutti gli esseri, infatti, hanno in sé qualcosa di divino. Ma i piaceri corporali si sono appropriati di tutta l’eredità del nome, per il fatto che il più delle volte è ad essi che ci accostiamo e [35] che tutti ne partecipano: poiché, dunque, sono i soli ad essere noti, si pensa che siano i soli ad esistere.
[1154a] C) È poi chiaro anche che239, se il piacere non è un bene né un’attività, l’uomo felice non potrà vivere piacevolmente: infatti, a che scopo avrebbe bisogno del piacere, se esso non è un bene, ma è anzi possibile vivere anche soffrendo? Allora, il dolore non è né un male né un bene, [5] se neppure il piacere lo è: ma, allora, perché fuggire il dolore? In conclusione, neppure la vita dell’uomo virtuoso sarà più piacevole, se non lo sono anche le sue attività.
14. [Considerazioni conclusive sul piacere].
Per quanto riguarda, poi, in conclusione, i piaceri del corpo, coloro240 che dicono che almeno alcuni piaceri sono molto desiderabili, per esempio quelli moralmente belli, [10] ma non i piaceri del corpo, cioè quelli che sono oggetto dell’intemperante, devono cercar di vedere perché, allora, i dolori contrari sono cattivi: infatti, il contrario di un male è un bene. Non bisognerà forse dire che sono buoni i piaceri necessari, nel senso che anche il non male è bene? O forse va detto che sono buoni fino ad un certo punto? Infatti, delle disposizioni e dei conseguenti movimenti di cui non è possibile un eccesso che superi il meglio, non è possibile neppure un eccesso del piacere; di quelli, [15] invece, di cui è possibile un eccesso, è possibile anche l’eccesso del piacere. Ma dei beni corporali è possibile un eccesso, e l’uomo vizioso è tale perché persegue l’eccesso, non perché persegue i piaceri necessari: tutti, infatti, godono in qualche modo dei cibi, dei vini, degli atti sessuali, ma non tutti come si deve. Il contrario succede nel caso del dolore: infatti, il vizioso non ne fugge solo l’eccesso, ma fugge il dolore in generale, [20] giacché non c’è un dolore contrario all’eccesso di piacere se non per colui che questo eccesso persegue.
Ora, poiché bisogna dire non solo la verità ma anche la causa dell’errore (giacché questo contribuisce a rafforzare la convinzione: quando, infatti, viene reso evidente e plausibile il motivo per cui qualcosa appare come vero, pur non essendo [25] vero, ciò fa aumentare la convinzione della verità), bisogna, per conseguenza, dire perché i piaceri del corpo appaiono più desiderabili. Innanzi tutto, dunque, perché il piacere del corpo caccia il dolore: e a causa degli eccessi del dolore, pensando che ne sia rimedio, gli uomini perseguono il piacere eccessivo, cioè, in generale, il piacere del corpo. [30] Questi rimedi, d’altra parte, sono molto efficaci, ed è per questo che sono ricercati, perché si manifestano in contrasto con il loro contrario. Per conseguenza, il piacere non è ritenuto buono per queste due ragioni, come s’è detto: da una parte, alcuni piaceri sono azioni di una cattiva natura (sia per nascita, come quelle di una bestia, sia per abitudine, come quelle degli uomini viziosi), altri sono, invece, dei rimedi di una natura difettosa, ed è meglio essere sani che essere sulla via di diventarlo: [1154b] ma questi ultimi sono caratteristici di coloro il cui stato perfetto è in corso di ricostituzione; dunque, sono buoni solo accidentalmente. Inoltre, i piaceri del corpo sono perseguiti, per il fatto di essere intensi, da parte di coloro che non sono capaci di godere di altri piaceri: ci sono addirittura di quelli che si provocano da sé la sete. Quando questi piaceri non sono nocivi, non c’è da biasimarli; [5] ma quando sono dannosi, è male. Questi uomini, infatti, non hanno altre cose di cui godere, e lo stato neutro per molti è doloroso, a causa della loro natura. Infatti, la natura animale è sempre sotto sforzo, come testimoniano anche i naturalisti, quando dicono che vedere e udire implicano pena: ma ormai siamo abituati, come dicono loro. Parimenti, poi, durante la [10] giovinezza, per il fatto che si sta crescendo, ci si comporta come uomini pieni di vino, e la giovinezza è piacevole; d’altra parte, gli uomini di natura eccitabile hanno sempre bisogno di cura. Il loro corpo, infatti, a causa della loro composizione biologica, vive continuamente come in una morsa dolorosa, ed essi si trovano perennemente in uno stato di violento desiderio: ora, il piacere caccia il dolore, sia il piacere specificamente contrario, sia un piacere qualsiasi, purché sia molto intenso: e per [15] queste ragioni essi diventano intemperanti e perversi.
Ma i piaceri non accompagnati da dolore non comportano eccesso: e questi piaceri derivano dalle cose piacevoli per natura e non per accidente. Intendo, poi, con "piacevoli per accidente" le cose che piacciono in quanto curano: perché, infatti, accade di essere curati grazie al fatto che ciò che in noi rimane sano compie una determinata attività, ed è per questo che il rimedio è ritenuto piacevole. [20] Chiamo invece "piacevoli per natura" le cose che producono l’azione di una natura sana. Nessuna cosa, poi, rimane per noi sempre piacevole, per il fatto che la nostra natura non è semplice, ma c’è in noi anche un altro elemento (per il quale siamo corruttibili), cosicché se uno dei due elementi fa qualcosa, questo è, per l’altra natura, contro natura, ma quando i due elementi si uguagliano, ciò che essi fanno non è né doloroso né piacevole: poiché, [25] se la natura di un essere fosse semplice, sarebbe sempre la stessa azione ad essere la più piacevole per lui. È per questo che Dio gode sempre di un piacere unico e semplice Infatti, non c’è solo un’attività del movimento, ma c’è anche un’attività dell’immobilità, e il piacere sta più nella quiete che nel movimento. Ma "il cambiamento, in tutte le cose, è dolce", come dice il poeta241, a causa di una cattiva indole: infatti, come [30] l’uomo cattivo è un uomo che cambia facilmente, così è cattiva anche la natura che ha bisogno di cambiamento: non è, infatti, né semplice né buona. Dunque, abbiamo detto della continenza e della incontinenza del piacere e del dolore, e qual è la natura di ciascuno di essi e in che senso si tratta in un caso di cose buone e nell’altro di cattive. Dobbiamo anche trattare dell’amicizia.