ARISTOTELE
ETICA A NICOMACO

LIBRO VIII

 

 

1. [Necessità dell’amicizia. Dottrine sull’amicizia].

[1155a] Dopo queste cose, dovrà far seguito una trattazione dell’amicizia, poiché essa è una virtù o è accompagnata da virtù, ed è, inoltre, radicalmente necessaria alla [5] vita. Infatti, senza amici, nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni; anzi si ritiene comunemente che siano proprio i ricchi e i detentori di cariche e di poteri ad avere il più grande bisogno di amici: infatti, quale utilità avrebbe una simile prosperità, se fosse tolta quella possibilità di beneficare che si esercita soprattutto, e con molta lode, nei riguardi degli amici? Ovvero, come potrebbe essere salvaguardata [10] e conservata senza amici? Quanto più è grande, infatti, tanto più è esposta al rischio. E nella povertà e nelle altre disgrazie gli uomini pensano che l’unico rifugio siano gli amici. Essa poi aiuta242 i giovani a non commettere errori, i vecchi a trovare assistenza e ciò che alla loro capacità d’azione viene a mancare a causa della debolezza, ed infine, coloro che sono nel fiore dell’età [15] a compiere le azioni moralmente belle: "Due che marciano insieme..."243, infatti, hanno una capacità maggiore sia di pensare sia di agire. E sembra che tale atteggiamento sia insito per natura nel genitore verso la prole e nella prole verso il genitore, non solo negli uomini, ma anche negli uccelli e nella maggior parte degli animali, negli individui appartenenti alla stessa specie fra di loro, [20] e soprattutto negli uomini, ragion per cui noi lodiamo coloro che amano gli altri esseri umani. E si può osservare anche nei viaggi come ogni uomo senta affinità ed amicizia per l’uomo. Sembra, poi, che sia l’amicizia a tenere insieme le città, ed i legislatori si preoccupano più di lei che della giustizia: infatti, la concordia sembra essere qualcosa di simile [25] all’amicizia; ed è questa che essi hanno soprattutto di mira, ed è la discordia, in quanto è una specie di inimicizia, che essi cercano soprattutto di scacciare. Quando si è amici, non c’è alcun bisogno di giustizia, mentre, quando si è giusti, c’è ancora bisogno di amicizia ed il più alto livello della giustizia si ritiene che consista in un atteggiamento di amicizia. E non solo è una cosa necessaria, ma è anche una cosa bella: infatti, [30] noi lodiamo coloro che amano gli amici, anzi si ritiene che l’avere molti amici sia qualcosa di bello; ed inoltre, si pensa che sono gli stessi uomini che sono buoni ed amici.

Non pochi, poi, sono gli argomenti di discussione in materia di amicizia244. Alcuni, infatti, la definiscono come una specie di somiglianza e affermano che gli uomini simili sono amici, dal che deriva il detto che "il simile va col simile"245 e "la cornacchia [35] va con la cornacchia", e simili; altri, al contrario, [1155b] affermano che tutti gli uomini che si assomigliano sono come dei vasai rispetto a vasai246. E su questi stessi argomenti conducono una ricerca più profonda, e fondata piuttosto su considerazioni naturalistiche, Euripide quando dice "la terra inaridita ama la pioggia, e il venerando cielo, pregno di pioggia, ama cadere sulla terra"247, ed Eraclito [5] quando dice che "l’opposto è utile", "dai suoni differenti nasce la più bella armonia" e "tutte le cose si generano dalla discordia"248. In senso contrario a costoro, altri, e specialmente Empedocle249, dicono: "è il simile che tende al simile". Orbene, questi problemi di carattere naturalistico lasciamoli a parte (giacché non sono appropriati alla presente ricerca). Occupiamoci, invece, dei problemi riguardanti l’uomo [10] e che concernono i caratteri e le passioni: ad esempio, se l’amicizia nasce in tutti gli uomini, ovvero non è possibile che gli uomini malvagi siano amici, e se c’è una sola specie di amicizia o più. Infatti, coloro che pensano che ce ne sia una sola, perché ammette il più ed il meno, danno credito ad un indizio insufficiente, giacché ammettono [15] il più ed il meno anche cose che sono differenti per specie. Ma di queste cose si è trattato precedentemente250.

 

2. [I tre motivi dell’amicizia: bene, piacere, utilità].

A questo proposito ci sarà chiarezza una volta conosciuto ciò che è degno di essere amato. Si ritiene, infatti, che non ogni cosa è amata, ma solo ciò che è degno di essere amato, e che questo è buono o piacevole o utile: si ammetterà che utile [20] è ciò da cui deriva un bene o un piacere, cosicché degni di essere amati saranno il bene ed il piacere intesi come fini. Orbene, gli uomini amano il bene in sé o ciò che è bene per loro? Talora, infatti, si tratta di cose discordanti. Lo stesso vale anche per il piacevole. Si riconosce che [25] ciascuno ama ciò che è bene per lui, e che in senso assoluto è il bene che è degno di essere amato, ma in senso relativo a ciascun uomo lo è ciò che è bene per lui: ma ciascuno ama non ciò che è bene per lui, ma ciò che gli appare tale. Ma non ha importanza: infatti, degno di essere amato sarà ciò che tale appare251. Essendo, dunque, questi tre i motivi per cui si ama, per l’affezione alle cose inanimate non si usa il termine "amicizia": esse, infatti, non possono ricambiarci l’affezione, né noi possiamo volere un bene per loro252 (giacché sarebbe certamente ridicolo volere il bene per il vino; [30] ma se pur così è, ciò che si vuole è che esso si conservi, per averlo per noi); si dice, invece, che bisogna volere il bene per l’amico per lui stesso. Ma quelli che così vogliono il bene degli altri si chiamano benevoli253, anche se non vengono da quegli altri ricambiati: la benevolenza, infatti, è amicizia solo quando è reciproca. O non bisogna aggiungere anche "quando non rimane nascosta"? Molti, infatti, [35] sono benevoli verso uomini che non hanno visto mai, ma che giudicano virtuosi, [1156a] o utili: questo medesimo sentimento potrebbe provare per loro uno di quelli. Costoro, dunque, sono manifestamente benevoli gli uni verso gli altri: ma come si potrebbe chiamarli amici, se tengono nascosto l’uno all’altro il proprio sentimento? Bisogna dunque, per essere amici, essere benevoli gli uni verso gli altri e non nascondere di volere il bene l’uno dell’altro, [5] per uno dei motivi che abbiamo detto254.

 

3. [Le tre specie dell’amicizia].

Ma questi motivi differiscono tra loro per specie: quindi, anche le affezioni e le amicizie. Per conseguenza, le specie dell’amicizia sono tre, di numero uguale agli oggetti degni di essere amati: per ciascuna classe di essi, infatti, c’è una reciproca palese affezione, e quelli che si amano reciprocamente vogliono l’uno il bene dell’altro, [10] bene specificato dal motivo per cui si amano. Orbene, quelli che si amano reciprocamente a causa dell’utilità, non si amano per se stessi, ma in quanto ne deriva loro, reciprocamente, un qualche bene. Parimenti nel caso in cui si amino a causa del piacere: infatti, essi non amano gli uomini spiritosi per il fatto che posseggono quella determinata qualità, ma perché a loro risultano piacevoli. Dunque, coloro che amano a causa dell’utile, [15] amano a causa di ciò che è bene per loro, e quelli che amano per il piacere lo fanno per ciò che è piacevole per loro, e non in quanto l’amato è quello che è, ma in quanto è utile o piacevole. Per conseguenza, queste amicizie sono accidentali: infatti, non è in quanto è quello che è che l’amato è amato, ma in quanto procura un bene o un piacere. Per conseguenza, le amicizie di tale natura si dissolvono facilmente, [20] perché gli amici non rimangono uguali a se stessi: se, infatti, uno non è più utile o piacevole, l’altro cessa di amarlo. E l’utile non è costante, ma è diverso di volta in volta. Quindi, svanito il motivo per cui erano amici, si dissolve anche l’amicizia, dal momento che l’amicizia sussiste in relazione a quei fini. Si riconosce che [25] l’amicizia di questo tipo sorge soprattutto tra i vecchi (giacché gli uomini di tale età non perseguono più il piacevole ma l’utile), e negli uomini maturi e nei giovani sorge solo tra quelli che perseguono l’utile. Ma non è che costoro vivano molto in compagnia gli uni degli altri. Talora, infatti, non riescono piacevoli gli uni agli altri: perciò non sentono neppure il bisogno di tale compagnia, a meno che questi amici non siano utili. Infatti, in tanto [30] risultano piacevoli gli uni agli altri, in quanto hanno la speranza di un bene. Tra queste amicizie viene posta anche quella verso gli ospiti. Invece, si ritiene che l’amicizia dei giovani sia causata dal piacere: questi, infatti, vivono sotto l’influsso della passione, e perseguono soprattutto ciò che è per loro un piacere immediato. Ma col procedere dell’età anche le cose che fanno piacere diventano diverse. È per questo che i giovani rapidamente diventano [35] amici e rapidamente cessano di esserlo: infatti, l’amicizia muta insieme col mutare di ciò che fa piacere, [1156b] e il mutamento di un tale tipo di piacere è rapido. Inoltre, i giovani sono inclini alla passione amorosa, giacché gran parte del sentimento amoroso segue la passione e deriva dal piacere: perciò essi s’innamorano e cessano d’amare rapidamente, mutando sentimento più volte nello stesso giorno. Essi, però, [5] vogliono passare insieme i loro giorni e la vita intera: è in questo modo, infatti, che si procurano ciò che si ripromettono dall’amicizia.

L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene [10] degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finché essi sono buoni, e, d’altra parte, la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacché i buoni sono sia buoni in senso assoluto sia utili gli uni agli altri. E come sono buoni, sono anche [15] piacevoli, giacché i buoni sono piacevoli sia in senso assoluto sia gli uni in relazione agli altri: infatti, per ciascuno sono fonte di piacere le azioni conformi alla sua natura e quelle dello stesso tipo, e le azioni dei buoni sono appunto identiche o simili. E una tale amicizia, naturalmente, è permanente, giacché congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere. Infatti, ogni amicizia è causata da un bene [20] o da un piacere, o in senso assoluto o in relazione a colui che ama, e si fonda su una certa somiglianza. Ma in questa amicizia si trovano tutte le cose suddette in virtù di ciò che gli amici sono per se stessi: in questa, infatti, gli amici sono simili, e c’è pure il resto (il buono e il piacevole in senso assoluto), e sono soprattutto questi gli oggetti degni di essere amati; per conseguenza, in questi uomini anche l’amore e l’amicizia sono del massimo livello e della migliore qualità. Ma è [25] naturale che simili amicizie siano rare, giacché pochi sono gli uomini di tale natura. Inoltre, richiede tempo e consuetudine di vita comune: secondo il proverbio, infatti, non è possibile conoscersi reciprocamente finché non si è consumata insieme la quantità di sale di cui parla appunto il proverbio. Per conseguenza, non è possibile accogliersi come amici, né essere amici, prima che ciascuno si sia manifestato all’altro degno di essere amato e prima che ciascuno abbia ottenuto la confidenza dell’altro. E coloro che [30] si scambiano rapidamente l’un l’altro i segni dell’amicizia, vogliono, sì, essere amici, ma non lo sono, se non sono anche degni di essere amati e se non lo sanno: infatti, la volontà di amicizia sorge rapidamente, ma non l’amicizia.

 

4. [Confronto fra le tre specie di amicizia. Loro durata].

Questa amicizia, dunque, è perfetta sia per la durata sia per il resto, e sorge dal fatto che ciascuno riceve [35] dall’altro cose identiche da tutti i punti di vista o simili; il che è ciò che deve accadere tra amici. [1157a] L’amicizia, poi, che deriva dal piacere ha somiglianza con questo, giacché anche i buoni risultano piacevoli gli uni agli altri. Lo stesso vale anche per l’amicizia che nasce dall’utilità, giacché i buoni sono anche utili gli uni agli altri. Ma anche in questi due ultimi casi le amicizie hanno la massima durata quando gli uni ricevono dagli altri la stessa cosa, per esempio [5] il piacere, e non soltanto la stessa cosa, ma anche derivata da una stessa causa, come, per esempio, accade tra gli uomini spiritosi, e non come accade tra amante ed amato. Infatti, questi non godono delle stesse cose, ma l’uno prova piacere a guardare l’amato, l’altro ad essere corteggiato dall’amante. Ma quando il fiore dell’età appassisce, talora viene meno anche l’amicizia (giacché per l’uno non è più piacevole [10] la vista dell’amato, e per l’altro vien meno il corteggiamento dell’amante). Ma molti, d’altra parte, persistono nell’amicizia, se in base alla consuetudine finiscono con l’amare i rispettivi caratteri, essendo divenuti simili fra di loro. Coloro, poi, che nei loro rapporti amorosi non si scambiano piacere, ma utilità, sono meno amici e meno costanti. Infine, l’amicizia di quelli che sono amici a causa dell’utilità [15] si dissolve insieme con l’interesse che la suscita, giacché essi non sono amici l’uno dell’altro, ma del profitto. A causa del piacere e dell’utilità, quindi, è possibile che siano amici sia uomini cattivi tra di loro, sia uomini virtuosi con uomini cattivi, sia chi non è né l’uno né l’altro con qualunque tipo d’uomo, ma è chiaro che solo i buoni possono essere amici per quello che sono in se stessi: i viziosi, infatti, non ricevono alcuna gioia gli uni dagli altri, [20] a meno che non ne derivi un qualche vantaggio. E soltanto l’amicizia tra gli uomini buoni non può essere incrinata dalla calunnia, giacché non è facile prestar fede ad alcuno a proposito di un uomo che si è da se stessi per lungo tempo messo alla prova; è in questi uomini che si trova la fiducia, la disposizione a non farsi mai reciprocamente ingiustizia, e tutto quello che è considerato un valore nell’amicizia autentica. Nelle altre amicizie, invece, [25] non c’è nulla che impedisce che tali cose avvengano. Poiché, infatti, gli uomini chiamano amici sia quelli che lo sono per l’utile, come fanno le città (giacché si sa che le alleanze militari le città le fanno in vista del vantaggio che ne deriva), sia coloro che si amano tra di loro per il piacere, come i bambini, forse anche noi dobbiamo parlare di amicizia in simili casi. [30] Ma dobbiamo anche dire che ci sono molte specie di amicizia, e prima di tutto e in senso proprio quella dei buoni in quanto buoni, e poi, per somiglianza, tutte le altre, giacché in tanto si è amici, in quanto c’è un qualcosa di buono e di simile; anche il piacevole, infatti, è un bene per chi ama il piacere. Ma queste due specie di amicizia non sono affatto convergenti, e non sono gli stessi uomini quelli che sono amici per l’utilità [35] e quelli che lo sono per il piacere, perché non capita spesso che si trovino accoppiate le qualità accidentali. [1157b] Ma una volta divisa l’amicizia in queste specie, diremo che gli uomini malvagi sono amici per il piacere o per l’utilità, essendo in questo simili, mentre i buoni sono amici per se stessi, cioè in quanto buoni. Questi ultimi, dunque, saranno amici in senso assoluto; quelli, invece, per accidente e [5] per il fatto che assomigliano ai buoni.

 

5. [L’amicizia come disposizione e come attività. L’intimità].

Come per quanto riguarda le virtù alcuni sono chiamati buoni in base ad una disposizione del loro carattere, altri in base ad una effettiva attività, così avviene anche nel caso dell’amicizia: infatti, alcuni vivono insieme procurandosi gioia a vicenda e facendo il bene l’uno dell’altro, altri, invece, in quanto dormono o sono separati dalla distanza, non esercitano in atto l’amicizia, [10] ma hanno la disposizione a farlo: la distanza, infatti, non fa cessare l’amicizia in senso assoluto, ma soltanto il suo effettivo esercizio. Ma se l’assenza dura nel tempo, essa, si ammette, fa dimenticare anche l’amicizia. Di qui il detto: "Molte amicizie, dunque, ha fatto cessare l’impossibilità di parlarsi". I vecchi, poi, e gli uomini di carattere acido, manifestamente, non sono inclini all’amicizia: infatti, c’è poco [15] di piacevole in loro, e nessuno può passare la sua giornata in compagnia di chi è affligente e di chi non è piacevole, perché è manifesto che la natura soprattutto rifugge da ciò che è penoso, e tende, invece, a ciò che è piacevole. Quelli, poi, che sono disposti ad accettarsi reciprocamente, ma non vivono insieme, sono simili più a uomini benevoli che ad amici. Niente, infatti, è così tipico degli amici come il vivere insieme [20] (l’aiuto, infatti, lo desiderano quelli che ne hanno bisogno, ma trascorrere insieme il tempo lo desiderano anche gli uomini felici, giacché ad essi non si addice affatto rimanere solitari). Ma non è possibile passare la vita insieme, gli uni in compagnia degli altri, se non si è piacevoli e se non si gode delle medesime cose: è in questo, si ritiene, che consiste il cameratismo.

[25] L’amicizia, dunque, è soprattutto quella dei buoni, come s’è detto più volte. Si ritiene comunemente, infatti, che degno di essere amato e scelto è il bene o il piacere, in generale, ma per ciascuno ciò che è buono e piacevole per lui: e l’uomo buono è amato e scelto dall’uomo buono per entrambi questi motivi. L’affezione assomiglia ad una passione, l’amicizia ad una disposizione, giacché l’affezione è rivolta anche [30] agli esseri inanimati, ma ricambiare l’amore implica una scelta, e la scelta dipende da una disposizione del carattere. E gli uomini vogliono il bene delle persone amate proprio per amor loro, non seguendo una passione ma per intima disposizione. Ed amando l’amico amano ciò che è bene per loro stessi, giacché l’uomo buono, divenuto amico, diventa un bene per colui di cui è diventato amico. Ciascuno dei due, [35] dunque, ama ciò che è bene per lui, e ricambia l’altro in ugual misura, col volere il suo bene e col procurargli piacere: si dice, infatti, "amicizia è uguaglianza", e questa c’è soprattutto nell’amicizia tra uomini buoni.

 

6. [L’amicizia perfetta e le altre forme di amicizia].

[1158a] Negli uomini di carattere acido ed in quelli che sono vecchi per temperamento l’amicizia nasce tanto meno quanto più sono scorbutici e quanto meno hanno il gusto delle relazioni sociali: si ritiene, infatti, che siano queste le cose che più di tutte dimostrano e producono amicizia. È per questo [5] che i giovani diventano presto amici, ed i vecchi, invece, no: non si diventa amici, infatti, di coloro dai quali non si riceve alcuna gioia. Lo stesso vale per gli uomini di carattere acido. Tutt’al più, simili uomini sono benevoli gli uni verso gli altri, giacché vogliono il bene reciproco e si aiutano nei bisogni; ma non sono affatto amici, in quanto non passano insieme le loro giornate e non trovano la loro gioia gli uni negli altri: [10] e questi sono ritenuti i segni più tipici dell’amicizia. Non è, poi, possibile essere amici di molti di un’amicizia perfetta, come non è possibile amare molte persone nello stesso tempo (giacché l’amore è simile ad un eccesso, e un sentimento di questo genere si rivolge, per sua natura, ad un sola persona); non è facile, d’altra parte, che molte persone siano fortemente gradite al medesimo uomo nel medesimo tempo, e certo non è facile che siano buone. Bisogna, poi, anche [15] fare l’esperienza di una consuetudine di vita in comune, il che è difficilissimo. D’altra parte, è possibile piacere a molti per via dell’utile e del piacevole, giacché molti sono gli uomini di tale natura, e questi servigi si rendono in poco tempo. Di queste due specie d’amicizia, quella che assomiglia di più alla vera amicizia è quella che ha per motivo il piacere, quando ciascuno riceve dall’altro le stesse cose ed entrambi godono l’uno dell’altro o delle [20] medesime cose: di tale natura sono le amicizie dei giovani, giacché maggiore è in queste l’elemento della liberalità. L’amicizia che ha per motivo l’utile è da mercanti. E, poi, gli uomini felici non hanno per niente bisogno di amici utili, bensì di amici piacevoli: essi, infatti, vogliono vivere in compagnia di qualcuno, ma sopportano ciò che è penoso per poco tempo, mentre nessuno vi resisterebbe in continuazione, neppure se si trattasse [25] del bene in sé, qualora esso risultasse penoso per lui: è per questo che ricercano amici piacevoli. Bisogna, poi, certo, che tali uomini siano anche buoni, e buoni per loro, per giunta, perché così essi avranno tutte le caratteristiche che devono avere gli amici. Gli uomini altolocati hanno, manifestamente, amici di specie diverse: alcuni, infatti, sono loro utili ed altri piacevoli, ma non capita spesso che siano gli stessi uomini ad avere entrambe le qualità. [30] Infatti, essi non cercano amici piacevoli e insieme virtuosi, né utili a compiere belle azioni, ma alcuni li cercano spiritosi, quando mirano al piacere, altri, invece, abili ad eseguire gli ordini; e queste qualità non capita spesso che si incontrino insieme nella medesima persona. Ma abbiamo detto255 che piacevole ed utile nello stesso tempo è l’uomo di valore; ma un tale uomo non diventa amico di chi gli è superiore, a meno che non [35] gli sia superiore anche in virtù: se no, essendo superato, non realizza un’uguaglianza proporzionale. Ma uomini di tal fatta non sogliono trovarsi spesso. [1158b] Le amicizie suddette si fondano sull’uguaglianza: infatti, da entrambe le parti derivano gli stessi vantaggi che gli uni vogliono per gli altri, oppure essi si scambiano un tipo di vantaggio con un altro, per esempio, piacere in cambio di utilità; ma che queste due ultime amicizie sono amicizie in misura minore e che durano di meno l’abbiamo già detto256. [5] A seconda, poi, che assomiglino o non assomiglino alla stessa cosa, si pensa che esse siano e che non siano amicizie: si manifestano come amicizie in quanto assomigliano all’amicizia fondata sulla virtù (l’una comporta il piacere e l’altra l’utilità, cose queste che competono anche all’amicizia fondata sulla virtù); ma per il fatto che quella non può essere incrinata dalla calunnia ed è permanente, mentre queste [10] mutano rapidamente e ne differiscono in molti rispetti, si manifestano come non amicizie, poiché non sono somiglianti a quella fondata sulla virtù.

 

7. [Amicizia tra superiore e inferiore, e viceversa].

Esiste, poi, un’altra specie di amicizia, quella che implica una superiorità: per esempio, quella del padre verso il figlio ed in genere dell’uomo più anziano verso il più giovane, del marito verso la moglie e di chiunque eserciti un’autorità verso chi vi è soggetto. Ed anche queste amicizie differiscono l’una dall’altra: [15] infatti, non è la stessa l’amicizia dei genitori verso i figli e quella di coloro che esercitano il potere politico verso coloro che vi sono soggetti, né quella del padre verso il figlio e quella del figlio verso il padre, né quella del marito verso la moglie e della moglie verso il marito. Diversa, infatti, è la virtù di ciascuna di queste persone, diversa la funzione, diversi i motivi per cui amano: diversi, quindi, anche gli affetti e le amicizie. [20] Per conseguenza, non è la stessa cosa quella che uno riceve dall’altro, né quella che deve essere ricercata: ma quando i figli rendono ai genitori ciò che si deve a chi ha generato, e quando i genitori rendono ai figli ciò che si deve a chi è stato generato, l’amicizia tra persone di questo tipo sarà permanente e virtuosa. Ma in tutte le amicizie che implicano una superiorità ci deve essere anche un affetto proporzionale: per esempio, [25] il più virtuoso deve essere amato più di quanto ami, come pure chi è più utile, e parimenti in ciascuno degli altri casi. Quando, infatti, l’affezione è proporzionata al merito, allora si produce, incerto qual modo, un’uguaglianza, il che, per conseguenza, è considerato proprio dell’amicizia. Ma è manifesto che il termine "uguale" [30] non ha lo stesso senso nelle azioni giuste e nell’amicizia: infatti, nel caso delle azioni giuste "uguale" significa innanzi tutto "ciò che è proporzionato al merito", e in secondo luogo "ciò che è uguale quantitativamente", mentre nel caso dell’amicizia significa innanzi tutto "ciò che è uguale quantitativamente", e in secondo luogo "ciò che è proporzionato al merito". Il che è evidente quando c’è una grande distanza dal punto di vista della virtù o del vizio o della ricchezza o di qualche altra cosa: infatti, in tal caso, non solo non sono più amici, [35] ma non pretendono neanche di esserlo. E questo è evidentissimo nel caso degli dèi: essi, infatti, in ogni specie di bene, hanno una superiorità assoluta. Ma è chiaro [1159a] anche nel caso dei re: coloro che sono molto inferiori non pretendono neppure di essere degli amici per loro, né quelli che non hanno alcun merito pretendono di essere amici per gli uomini più virtuosi o più saggi. In situazioni di questo genere non è possibile determinare con precisione fino a che punto gli amici restano amici: infatti, anche tolti molti motivi dell’amicizia, [5] questa permane ancora: ma se una delle parti è separata da una grande distanza, come avviene nel caso di Dio, l’amicizia non è più possibile. Di qui nasce anche la questione se veramente gli amici vogliono i più grandi beni per gli amici, come, per esempio, che siano dèi: in tal caso, infatti, non saranno più degli amici per loro, né per conseguenza dei beni (giacché gli amici sono dei beni). Se, dunque, abbiamo avuto ragione di dire257 che l’amico vuole il bene per l’amico, [10] proprio per lui, quell’amico dovrebbe continuare ad essere quello che è, comunque sia: finché, dunque, quello rimane un uomo, l’amico vorrà per lui i beni più grandi. Ma, forse, non tutti i beni, giacché ciascuno vuole il bene soprattutto per sé.

 

8. [Uguaglianza e disuguaglianza nell’amicizia].

La maggior parte degli uomini, lo si ammette, preferisce, per desiderio di onore, essere amata piuttosto che amare: per questo i più amano gli adulatori, perché [15] l’adulatore è un amico in posizione inferiore, o simula di essere tale e di amare di più di quanto sia amato. Ora, essere amato è considerato qualcosa di molto vicino all’essere onorato, ed è a questo che aspira la maggior parte degli uomini. Ma non sembra che scelgano l’onore per se stesso, bensì per accidente. Infatti, i più godono nell’essere onorati da persone altolocate, [20] per via della speranza (perché pensano che, qualora avessero bisogno di qualcosa, l’otterrebbero da quelle persone: essi, dunque, godono dell’onore come di un segno che riceveranno dei favori); quelli, d’altra parte, che desiderano ricevere onore da parte di uomini virtuosi e che li conoscono, aspirano a rafforzare l’opinione che hanno di se stessi: essi, quindi, godono dell’onore ricevuto in quanto si convincono di essere buoni sulla base del giudizio di coloro che lo affermano. [25] Ma godono di essere amati per il fatto in sé: perciò si riconoscerà che l’essere amati vale di più che essere onorati, e che l’amicizia è desiderabile per se stessa.

D’altra parte, si ritiene che l’amicizia stia più nel l’amare che nell’essere amati. Prova ne sono le madri, che godono di amare: alcune, infatti, danno i propri figli a balia, e li amano, ben sapendo che sono figli loro, [30] ma non cercano di farsi ricambiare l’amore, se non siano possibili entrambe le cose, ma sembra che sia sufficiente per loro vederli star bene, ed esse li amano anche se quelli, non conoscendo la propria madre, non le rendono nulla di ciò che ad una madre si conviene rendere. Poiché, poi, l’amicizia consiste soprattutto nell’amare, e poiché quelli che amano gli amici vengono lodati, [35] la virtù degli amici sembra essere l’amare, cosicché quelli in cui ciò avviene secondo il merito, [1159b] sono amici costanti e costante è la loro amicizia. È soprattutto così che anche i disuguali potranno essere amici, perché in tal modo saranno resi uguali.

Ora, l’uguaglianza e la somiglianza costituiscono l’amicizia, e soprattutto la somiglianza tra coloro che sono simili dal punto di vista della virtù. Infatti, essendo costanti per se stessi, [5] lo rimangono anche nei rapporti reciproci, e non richiedono né rendono bassi servigi, ma anzi, per così dire, cercano di impedirli: è proprio degli uomini buoni, infatti, non commettere essi stessi degli errori e non permettere agli amici di commetterne. I malvagi, invece, non hanno stabilità, perché non rimangono simili nemmeno a se stessi: sono amici per poco tempo, [10] fin quando godono della malvagità gli uni degli altri. Gli amici utili, invece, e quelli piacevoli, permangono più a lungo nell’amicizia, fin quando, cioè, si procurano reciprocamente piaceri e vantaggi. Soprattutto tra contrari, poi, si ritiene che sorga l’amicizia fondata sull’utilità: per esempio, il povero diventa amico del ricco, l’ignorante amico del sapiente: infatti, quando uno si trova ad avere bisogno di qualche cosa, mirando a questa ne dà in cambio [15] un’altra. Ma a questa categoria si potrebbero ricondurre anche l’amante e l’amato, e il bello e il brutto. Per questo, anche gli amanti sono talora manifestamente ridicoli, quando pretendono di essere amati come amano: se essi sono amabili allo stesso modo, certamente la pretesa è giustificata, ma se non hanno affatto una simile qualità, è ridicolo.

D’altra parte, forse, il contrario non tende al suo contrario [20] per se stesso, bensì accidentalmente, mentre il suo desiderio si riferisce in realtà a ciò che è intermedio: questo, infatti, è il bene; per esempio, per il secco è bene non diventare umido, ma il giungere allo stadio intermedio, e cosi per il caldo, e ugualmente per gli altri contrari. Orbene, queste questioni lasciamole da parte, perché sono troppo estranee alla presente ricerca258.

 

9. [Amicizia, giustizia e comunità politica].

[25] Sembra, poi, come s’è detto all’inizio259, che l’amicizia e la giustizia abbiano i medesimi oggetti e risiedano nelle medesime persone. Infatti, si ritiene comunemente che in ogni comunità ci sia una forma di giustizia, ma anche amicizia; certo è che si attribuisce il nome di amici ai compagni di navigazione e ai compagni d’arme, e parimenti anche a quelli che si trovano in tutti gli altri tipi di comunità. [30] Quanto si estende il rapporto comunitario, altrettanto si estende l’amicizia, giacché tanto si estende anche la giustizia. E il proverbio "le cose degli amici sono comuni" ha ragione, perché l’amicizia consiste in una comunanza. Tra fratelli e tra amici tutto è comune, tra gli altri uomini, invece, soltanto cose determinate, e per alcuni di più e per altri di meno, giacché anche le amicizie sono amicizie in misura maggiore [35] o minore. Ma anche i rapporti di giustizia sono differenti; infatti, non sono [1160a] gli stessi quelli dei genitori verso i figli, e quelli dei fratelli fra di loro, né i rapporti tra compagni né quelli tra cittadini, e così, allo stesso modo, anche nel caso degli altri tipi di amicizia. Per conseguenza, anche gli atti di ingiustizia nei riguardi di ciascuno di questi gruppi sono diversi, e diventano più gravi per il fatto di riguardare, per di più, degli amici. [5] Per esempio, è più grave spogliare dei suoi beni un compagno che non un concittadino, e non prestare aiuto ad un fratello che non ad uno straniero, e più grave percuotere il padre che non chiunque altro. Per natura, poi, la giustizia cresce insieme con l’amicizia, perché esse si trovano nelle medesime persone ed hanno uguale estensione.

Tutte le comunità, poi, sono simili a parti della comunità politica: [10] infatti, gli uomini viaggiano insieme in vista di qualche vantaggio, cioè per procurarsi qualcosa che serve alla loro vita; anche la comunità politica si ritiene che si sia costituita fin da principio e perduri in vista dell’utilità: è a questa, infatti, che mirano anche i legislatori, e dicono che è giusto ciò che è di utilità generale. Le altre comunità [15] hanno di mira l’interesse particolare: per esempio, i naviganti mirano all’utile che traggono dalla navigazione diretta ad un acquisto di ricchezza o qualcosa di simile, i camerati mirano all’utile che traggono dalla guerra, desiderando ricchezza e vittoria, oppure una città, e lo stesso fanno i membri di una stessa tribù o di uno stesso demo [Alcune comunità si ritiene che sorgano per un piacere, come260 quelle degli appartenenti ad un tiaso261 [20] o ad una associazione conviviale262: queste, infatti, hanno come scopo quello di offrire un sacrificio e quello di stare insieme. Tutte queste comunità sembrano essere subordinate alla comunità politica, giacché la comunità politica non mira soltanto al vantaggio presente, ma a ciò che è utile alla vita intera263.], quando fanno sacrifici e riunioni ad essi relative, rendendo i dovuti onori agli dèi, [25] e procurando a se stessi piacevoli periodi di riposo. Infatti, i sacrifici e le riunioni di origine antica hanno luogo, manifestamente, dopo la raccolta dei frutti, come offerta di primizia, giacché è soprattutto in quei periodi dell’anno che gli uomini hanno tempo per lo svago. Dunque, tutte le comunità sono manifestamente parti di quella politica, e le specie particolari di amicizia corrisponderanno [30] alle specie particolari di comunità.

 

10. [Analogia tra costituzioni politiche e strutture familiari].

Ci sono tre specie di costituzione, ma anche altrettante deviazioni264, intese come degenerazioni delle prime. Le costituzioni sono il regno e l’aristocrazia da una parte, e, dall’altra, in terzo luogo, quella che si basa sul censo, che è manifestamente appropriato chiamare "costituzione timocratica", [35] mentre i più sono soliti denominarla semplicemente "costituzione". Di queste, la migliore è il regno, la peggiore è la timocrazia265. Deviazione del regno è [1160b] la tirannide: tutt’e due, infatti, sono monarchie, ma c’è tra loro una grandissima differenza, perché il tiranno mira al proprio interesse, il re a quello dei sudditi. Non è, infatti, un vero re colui che non è autosufficiente e che non è superiore per ogni tipo di bene: [5] ma chi è tale non ha bisogno di nulla; avrà, dunque, di mira non il suo interesse personale, ma quello dei sudditi; chi, infatti, non ha tali qualità, sarà re solo di nome266. La tirannide, invece, è il contrario di questa costituzione, giacché il tiranno persegue ciò che è bene per lui. E per quanto la riguarda è anche più evidente che è la costituzione peggiore perché il peggiore è il contrario del migliore. [10] D’altra parte, dal regno si trapassa nella tirannide, giacché la tirannide è la perversione della monarchia, ed il cattivo re diviene un tiranno. Dalla aristocrazia, poi, si passa nell’oligarchia per il fatto che sono viziosi i governanti, i quali distribuiscono ciò che appartiene alla città senza tener conto del merito, e attribuiscono tutti o la maggior parte dei beni a se stessi, e le cariche pubbliche [15] sempre alle stesse persone, tenendo nel massimo conto il fatto che siano ricche: per conseguenza, sono pochi e perversi quelli che comandano, al posto dei più degni. Dalla timocrazia si passa alla democrazia, giacché queste due costituzioni hanno gli stessi confini: la timocrazia, infatti, vuol essere governo della maggioranza, e uguali sono tutti quelli che hanno un determinato censo. Delle costituzioni corrotte, poi, la meno cattiva è [20] la democrazia, giacché la forma di questa costituzione è deviante di poco. Orbene, è per lo più in questo modo che le costituzioni si trasformano: queste, infatti, sono le trasformazioni più piccole e più facili.

Somiglianze con le costituzioni, che, anzi, fungono quasi da modelli, si potranno trovare anche nelle comunità familiari. Infatti, la comunità che c’è tra padre e figli [25] ha la struttura di un regno, giacché il padre ha cura dei figli. È per questo che anche Omero chiama Zeus "padre": il regno vuol essere un’autorità paterna. Tra i Persiani, invece, l’autorità del padre è tirannica: trattano i figli come schiavi. Tirannica, poi, è anche l’autorità del padrone nei riguardi degli schiavi: [30] in essa, infatti, si fa solo l’interesse del padrone. Ma mentre quest’ultima autorità è manifestamente corretta, quella dei Persiani, invece, è errata, giacché differenti devono essere i modi di governare uomini <socialmente> differenti. La comunità di marito e moglie è manifestamente di tipo aristocratico: il marito, infatti, esercita l’autorità conformemente al suo merito, e nell’ambito in cui è il marito che deve comandare; quanto invece si addice alla moglie, [35] lo lascia a lei. Il marito, invece, che comanda su tutto trasforma la comunità matrimoniale in oligarchia, perché fa questo al di là del suo merito, cioè [1161a] non per quanto è superiore alla moglie. Talvolta, poi, comandano le mogli, quando sono delle ereditiere: quindi, la loro autorità non deriva dal valore personale, ma si fonda sulla ricchezza e sul potere, proprio come nelle oligarchie. La comunità dei fratelli assomiglia a quella timocratica: essi, infatti, sono uguali, tranne che nella misura in cui [5] differiscono per età; perciò, se la differenza d’età è grande, non sorge più l’amicizia fraterna. La democrazia, infine, si trova soprattutto nelle case dove non c’è un padrone (giacché qui sono tutti su un piano di uguaglianza) e in quelle in cui chi comanda è debole e ciascuno può fare quello che vuole.

 

11. [Costituzioni politiche, strutture familiari, e corrispondenti forme di amicizia].

[10] È manifesto che in ciascun tipo di costituzione c’è amicizia nella misura in cui c’è anche giustizia. L’amicizia tra un re ed i suoi sudditi sta nel fatto che il re fa loro più benefici di quanti non ne riceva: egli, infatti, fa del bene ai sudditi, se, essendo buono, si prende cura di loro, per farli star bene, come un pastore si prende cura delle sue pecore; perciò anche Omero267 chiamò [15] Agamennone "pastore di popoli". Di tal natura è anche l’amicizia di un padre: differisce, però, per la grandezza dei benefici, giacché egli dona ai figli l’esistenza, che è ritenuta il più grande dei beni, e nutrimento ed educazione. E questi benefici si attribuiscono anche ai progenitori. Inoltre, è per natura che il padre ha autorità sui figli, i progenitori sui discendenti, il re sui sudditi. [20] Ma queste amicizie si fondano su una superiorità, ed è perciò che i genitori vengono anche onorati268. Per conseguenza, anche la giustizia, in esse, non è la stessa cosa, ma varia col merito: così, infatti, varia anche l’amicizia. L’amicizia tra marito e moglie è la stessa che c’è anche nel regime aristocratico, giacché è corrispondente al valore personale, e al migliore ne va di più, e a ciascuno quanto ne conviene: [25] ma è così anche per la giustizia. L’amicizia tra fratelli, poi, assomiglia a quella tra compagni d’arme, perché sono uguali e vicini d’età, e quelli che hanno queste qualità hanno per lo più passioni e caratteri simili. Ma assomiglia a questa anche l’amicizia corrispondente alla costituzione timocratica, giacché in essa i cittadini vogliono essere uguali e virtuosi: per conseguenza, il potere è esercitato a turno, e su una base d’uguaglianza; così, quindi, [30] si caratterizza anche l’amicizia corrispondente. E nelle deviazioni, come la giustizia si riduce a poco, così anche l’amicizia, e la più piccola si trova nella costituzione peggiore: nella tirannide, infatti, non c’è affatto amicizia o ce n’è poca. Quando non c’è nulla di comune tra chi governa e chi è governato, non c’è neppure amicizia tra loro, giacché non c’è giustizia: per esempio, tra artigiano e strumento, [35] tra anima e corpo269, tra padrone e schiavo: [1161b] infatti, tutte queste cose ricevono delle cure da parte di chi le usa, ma verso esseri inanimati non è possibile né amicizia né giustizia. Ma neppure verso un cavallo o un bue, né verso uno schiavo in quanto schiavo. Non c’è niente di comune, infatti, in quanto lo schiavo è uno strumento animato, e lo strumento è uno schiavo inanimato. [5] Quindi, non è possibile amicizia verso di lui in quanto è schiavo, ma è possibile in quanto è uomo: si ritiene, infatti, che ogni uomo può avere un rapporto di giustizia con chiunque abbia la possibilità di avere in comune con lui una legge o un patto; e, per conseguenza, si potrà avere anche un rapporto d’amicizia con uno schiavo nella misura in cui questi è un uomo. Quindi, è in piccola misura che anche nelle tirannidi sono possibili le amicizie e la giustizia, mentre nelle democrazie [10] sono possibili in misura maggiore, perché tra coloro che sono uguali sono molte le cose in comune.

 

12. [I rapporti di amicizia tra parenti].

Ogni amicizia, dunque, si realizza in una comunità, come s’è detto270. Ma si potrebbero escludere l’amicizia tra parenti e quella tra compagni d’arme. Ma le amicizie tra concittadini, tra membri di una stessa tribù, tra compagni di navigazione e simili, sono le più somiglianti ad amicizie fondate su una comunanza di interessi, [15] giacché è manifesto che nascono da una specie d’accordo. Tra queste si potrebbe classificare anche l’amicizia tra ospiti.

E l’amicizia tra parenti ha, manifestamente, più forme, ma è tutta connessa con quella paterna: i genitori, infatti, amano i figli perché li considerano come una parte di se stessi, e i figli amano i genitori perché sono un qualcosa che da essi deriva. [20] I genitori, però, sanno che i figli sono stati generati da loro più che i figli non sappiano che è da quelli che sono stati generati, e il generante sente di più il legame di appartenenza col generato di quanto il generato lo senta col generante: infatti, ciò che deriva da qualcuno appartiene a colui da cui deriva (per esempio, un dente, un capello, qualunque cosa, appartengono a chi l’ha); ma il generante non appartiene affatto al generato, o gli appartiene in misura minore. E c’è differenza anche per la durata temporale: [25] i genitori, infatti, amano i figli appena nati, mentre questi amano i genitori solo quando è passato del tempo, e quando hanno acquistato giudizio o sensibilità. Da queste considerazioni risulta chiaro anche per quali ragioni le madri amano di più. I genitori, dunque, amano i figli come se stessi (giacché i figli nati da loro sono come degli altri se stessi, altri per il fatto di essere separati), e i figli amano i genitori perché hanno avuto origine da loro, [30] e i fratelli si amano l’un l’altro perché hanno avuto origine dagli stessi genitori, giacché l’identità del loro rapporto con quelli stabilisce un’identità tra di loro; perciò si dice "di uno stesso sangue", "di una stessa radice", e simili. Pertanto, essi sono in certo qual modo una stessa cosa, benché in individui distinti. Molto, poi, contribuiscono all’amicizia sia il fatto di essere allevati insieme, sia la vicinanza d’età, giacché il coetaneo ama il coetaneo, [35] e quelli che vivono insieme diventano camerati; perciò, anche l’amicizia tra fratelli è simile a quella tra camerati. [1162a] I cugini, infine, e gli altri parenti si trovano uniti da vincoli che derivano da fratelli, e ciò per il fatto che derivano dai medesimi progenitori. E sono più o meno intimi a seconda che siano vicini o lontani rispetto al capostipite.

L’amicizia dei figli verso i genitori [5] e degli uomini verso gli dèi è come un’amicizia verso un essere buono e superiore: essi, infatti, hanno loro dato i benefici più grandi, giacché sono gli autori della loro esistenza, del loro allevamento, e, mentre crescono, della loro educazione. L’amicizia tra padri e figli, poi, è più piacevole e più vantaggiosa che quella tra estranei, nella misura in cui tra i primi c’è maggiore comunanza di vita. [10] Nell’amicizia fraterna, poi, ci sono gli stessi elementi che nell’amicizia tra camerati, soprattutto quando questi sono virtuosi, e quando in generale si assomigliano, in quanto sono più intimi e si trovano ad amarsi reciprocamente fin dalla nascita, ed in quanto sono più simili le abitudini di vita di quelli che derivano dai medesimi genitori, e che sono stati allevati insieme ed educati allo stesso modo; e la prova del tempo è in questo caso la più decisiva [15] e la più sicura. Tra gli altri parenti, infine, i rapporti di amicizia sono proporzionati al grado di parentela.

L’amicizia tra marito e moglie, si riconosce, è naturale: l’uomo, infatti, è per sua natura più incline a vivere in coppia che ad associarsi politicamente, in quanto la famiglia è qualcosa di anteriore e di più necessario dello Stato, e l’istinto della procreazione è più comune tra gli animali. [20] Ma mentre per gli altri animali la comunità giunge solo fino alla procreazione, gli uomini si mettono a vivere insieme non solo per generare dei figli, ma anche per provvedere alle necessità della vita. Fin dall’inizio, infatti, si dividono le funzioni: quelle del marito sono diverse da quelle della moglie, quindi si aiutano l’un l’altro, ponendo in comune le specifiche qualità personali. Per questi motivi si ritiene che [25] in questa amicizia ci siano sia l’utilità sia il piacere. Ed essa può fondarsi sulla virtù, quando gli sposi sono persone per bene: c’è infatti una virtù propria di ciascuno di loro, ed essi ne proveranno gioia. Infine, i figli sono ritenuti un legame: è per questo che i coniugi senza figli si separano più rapidamente; i figli, infatti, sono un bene comune ad entrambi, e ciò che è comune tiene uniti. Cercare come si deve comportare il marito [30] verso la moglie ed in generale l’amico verso l’amico, non significa nient’altro, manifestamente, che cercare qual è il comportamento giusto; è manifesto, infatti, che il comportamento giusto per l’amico verso un altro amico, verso un estraneo, un compagno d’arme o un compagno di scuola non è lo stesso.

 

13. [L’amicizia fondata sull’utilità].

Ci sono, dunque, tre specie d’amicizia, come s’è detto in principio271, [35] e di ciascuna di esse ci sono amici in rapporto d’uguaglianza o in rapporto di superiorità (infatti, divengono amici sia uomini ugualmente buoni, sia [1162b] uno migliore con uno peggiore, e allo stesso modo uomini piacevoli ed utili, sia uguagliandosi con lo scambio di vantaggi anche quando sono diversi).

Gli amici uguali devono amare in modo uguale ed uguagliarsi anche nel resto; quelli disuguali devono rendere ogni cosa in proporzione alla superiorità dell’altro. [5]

Accuse e rimproveri nascono solamente, o soprattutto, nell’amicizia fondata sull’utilità, ed è ovvio. Infatti, quelli che sono amici sul fondamento della virtù desiderano fare del bene l’uno all’altro (giacché questo è proprio della virtù e dell’amicizia), ma, pur gareggiando in questo, non ci sono tra loro né accuse né contese, perché [10] nessuno si adira con chi lo ama e gli fa del bene, ma, se è di fine sentimento, lo ricambia facendogli a sua volta del bene. E chi fa più bene, ottenendo ciò cui aspira, non può lamentarsi dell’amico, giacché ciascuno desidera il bene. E neppure tra amici a causa del piacere ci sono contese: infatti, ottengono entrambi insieme quello che desiderano, se il loro godimento sta nel vivere insieme: sarebbe manifestamente ridicolo [15] chi rimproverasse all’altro di non essere piacevole, dal momento che ha la possibilità di non passare le sue giornate con quello.

Invece l’amicizia fondata sull’utilità può dar luogo ad accuse, perché qui gli amici sono in reciproca relazione in vista di un vantaggio e chiedono sempre di più, e credono sempre di ricevere meno del dovuto, e rinfacciano all’altro di non ottenere da lui tanto quanto chiedono, pur essendone meritevoli. [20] E, d’altra parte, coloro che fanno i benefici non possono soddisfare tutte le richieste di quelli che i benefici li ricevono. E sembra che, come la giustizia è di due specie, quella non scritta e quella secondo la legge positiva272, anche dell’amicizia fondata sull’utile ci siano due specie, una morale e una legale. Orbene, le accuse nascono soprattutto quando le amicizie non sono strette col medesimo tipo di rapporto secondo cui, poi, [25] sono messe in esecuzione273. L’amicizia legale si fonda su patti espliciti ed è di due specie: quella strettamente commerciale si realizza come scambio immediato da mano a mano, l’altra, più liberale, concede del tempo, dopo aver stabilito la proporzione tra il prezzo e la merce. In quest’ultimo tipo di rapporto il debito è chiaro e non equivoco, anzi c’è qualcosa di amichevole nella proroga del pagamento: è per questo che presso certi popoli non c’è la possibilità di adire in giudizio per queste cose, [30] ma si pensa che coloro che stringono patti sulla fiducia debbano rassegnarsi al rischio.

L’amicizia morale, invece, non si fonda su un patto esplicito, ma, sia che si faccia un dono, sia che si renda un qualsiasi altro servigio a qualcuno, glielo si fa in quanto amico: tuttavia, si pensa di meritare di ricevere altrettanto o di più, come se non si fosse fatto un dono ma un prestito; e chi avrà stretto amicizia in modo diverso da come questa sarà messa in esecuzione solleverà delle accuse. Questo succede [35] per il fatto che tutti, o i più, vogliono il bello, ma scelgono invece l’utile; e, d’altra parte, bello è fare il bene [1163a] senza avere di mira un contraccambio, mentre è utile ricevere dei benefici. Chi può, dunque, deve contraccambiare il valore di ciò che ha ricevuto (non dobbiamo, infatti, farci uno amico contro la sua volontà; quindi, bisogna comportarsi come se ci si fosse sbagliati all’inizio e si fosse ricevuto del bene da chi non si sarebbe dovuto riceverlo, perché non era nostro amico né [5] uno che lo facesse per il solo gusto di donare; bisognerà, quindi, ripagare colui che ci ha beneficati, come se ci fosse stato un patto esplicito). E l’accordo dovrebbe consistere nell’impegno di contraccambiare se si può: d’altra parte, neppure il benefattore lo esigerebbe, se l’altro non può. Cosicché, se è possibile, bisogna contraccambiare. Fin dal principio, però, bisogna badar bene alla persona da cui si riceve un beneficio ed a quali condizioni, per sottostarvi o rifiutarle.

C’è poi la questione [10] se si deve misurare il beneficio con il vantaggio di chi lo riceve e proporzionare ad esso il contraccambio, oppure se si deve commisurarlo alla benevolenza di chi lo fa. I beneficati, in effetti, dicono di aver ricevuto dai benefattori cose che erano per questi ultimi di poco valore e che sarebbe stato possibile ricevere da altri, minimizzandole; d’altra parte, [15] i benefattori affermano, al contrario, di aver donato i loro beni più grandi, e che non sarebbe stato possibile ricevere da altri che da loro, sia nel momento del pericolo sia in simili situazioni di bisogno. Dunque, se l’amicizia ha per fondamento l’utile, non si dovrà dire che la misura è il vantaggio di chi riceve? Questi è, infatti, colui che ha bisogno, e il benefattore lo soccorre con l’intenzione di riceverne un vantaggio uguale. Quindi, l’aiuto è stato tanto grande quanto il vantaggio di chi l’ha ricevuto, [20] e, per conseguenza, si dovrà restituire al benefattore tanto quanto se ne è ricevuto, o anche di più: è più bello. Al contrario, nelle amicizie fondate sulla virtù non c’è luogo per accuse, ma ciò che funge da misura è la scelta del benefattore, perché l’elemento principale della virtù e del carattere sta nella scelta274.

 

14. [L’amicizia fra disuguali].

Ci sono, poi, differenze anche nelle amicizie basate sulla superiorità: [25] ciascuno dei due, infatti, pretende di ottenere di più, ma quando questo succede, l’amicizia si scioglie. Chi è più buono, infatti, pensa che gli si addica avere di più (giacché al buono si attribuisce di più); ma allo stesso modo pensa anche chi è più utile, giacché si dice che chi è inutile non dovrebbe avere una parte uguale; ne deriverà, infatti, un servizio gratuito e non un’amicizia, [30] se i vantaggi tratti dall’amicizia non saranno rispondenti al valore dei benefici fatti. Si pensa, infatti, che, come in una società finanziaria ricevono di più quelli che hanno contribuito di più, così debba avvenire anche nell’amicizia. Ma chi è in condizioni di bisogno e di inferiorità pensa il contrario, giacché è proprio dell’amico buono soccorrere nel bisogno: che vantaggio c’è, dicono infatti, [35] ad essere amico di un uomo di valore o di un potente, se non ci si può aspettare di ricavarne qualcosa? [1163b] Sembra, dunque, che ciascuno dei due abbia una giusta pretesa, e che ciascuno debba ricavare dall’amicizia qualcosa più dell’altro, ma non della stessa cosa, bensì quello superiore più onore e quello bisognoso più guadagno: infatti, premio della virtù e della beneficenza è l’onore, mentre soccorso all’indigenza è il guadagno. [5] Che le cose stiano così anche nelle costituzioni politiche è manifesto: infatti, non si onora colui che non procura alcun bene alla comunità, giacché a chi benefica la comunità si dà ciò che è comune, e l’onore è appunto bene comune. Infatti, non è possibile contemporaneamente arricchirsi a spese della comunità e riceverne onori. Nessuno, infatti, sopporta di avere di meno in tutti i casi: [10] per conseguenza, a chi perde in ricchezza si attribuisce onore, e a chi ama ricevere si attribuisce ricchezza, giacché l’attribuzione secondo il merito ristabilisce l’uguaglianza e salva l’amicizia, come s’è detto275. È, dunque, in questo modo che devono regolare i loro rapporti gli amici disuguali, e bisogna che chi ha ricevuto vantaggi in denaro o in virtù renda, in cambio, onore, restituendo quello che può. [15] Infatti, ciò che l’amicizia richiede è il contraccambio possibile, non quello che sarebbe adeguato al merito, giacché ciò non sarebbe neppure possibile in tutti i casi, come nel caso degli onori da tributarsi agli dèi ed ai genitori: nessuno, infatti, potrebbe mai rendere loro il contraccambio adeguato, ma chi li venera secondo le sue possibilità è ritenuto uomo virtuoso. Per questo si riterrà che ad un figlio non è lecito ripudiare il padre, mentre al padre è lecito ripudiare il figlio: [20] questi, infatti, essendo in debito, deve contraccambiare, ma, qualunque cosa un figlio faccia, non può fare nulla che uguagli il valore di ciò che ha ricevuto, cosicché rimane sempre debitore. Ai creditori, invece, e quindi al padre, è lecito rimettere un debito. Nello stesso tempo, però, si ritiene che nessuno ripudia un figlio se questi non è di una perversità eccessiva, giacché, anche a prescindere dall’amicizia naturale, è umano non rifiutare l’assistenza a un figlio. [25] Sarà, invece, il figlio, se è malvagio, che potrà evitare o non preoccuparsi molto di aiutare il padre: infatti, i più vogliono ricevere del bene, ma evitano di farlo, perché non lo considerano vantaggioso. Quanto detto sull’argomento sia sufficiente.


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