La filosofia ebraica in Provenza
A cura di Giada Coppola
Nei secoli XIII e XIV i filosofi e i pensatori ebrei della Provenza e della Catalogna hanno contribuito notevolmente alla trasmissione dei testi, delle traduzioni e dei commenti delle opere filosofiche e dei trattati scientifici in ambiente ebraico e arabo: infatti molte delle opere che nel medioevo sono giunte nel mondo latino-cristiano hanno essenzialmente subito la mediazione delle traduzioni dei filosofi ebrei, in particolare dei traduttori di origine spagnola – ma che sono vissuti in Provenza- i Tibbonidi.
Il primo di questi autori fu Yehudah ben Saul Ibn Tibbon (1120-1190 ca) che fu con molta probabilità il primo “traduttore professionale” del mondo ebraico medievale ( cfr. Mauro Zonta La filosofia antica nel Medioevo ebraico, Paideia Brescia 1996). La sua prima traduzione fu di un testo di Bahya Ibn Paquda L'introduzione ai doveri del cuore, 1161; a questa seguì una traduzione del Kuzari di Yehudah ha-Lewi, del Libro delle credenze e delle convinzioni di Saadia Gaon, del Miglioramento delle qualità dell'anima di Ibn Gabirol, e di due scritti di grammatica.
Samuel ben Yehudah Ibn Tibbon (1150-1232 ca.) seguendo la stessa linea del padre, tradurrà le opere più importanti di Maimonide e aprirà la strada alle traduzione degli scritti di filosofia classica greca. Tutte le opere di Samuel Ibn Tibbon sono redatte in arabo, probabilmente la sua prima traduzione fu l'Ars Parvia di Galeno a cui seguì la Meteorologia di Aristotele. Come avevo prima accennato tradusse molte opere di Maimonide, prima di tutto la Guida dei Perplessi (1204), il Trattato sulla Resurrezione dei Morti, i due Commenti alla Mishnà, inoltre scrisse anche un Glossario dei termini rari della Guida. Oltre all'opera di traduzione Samuel Ibn Tibbon fu anche un arguto esegeta, infatti tradusse e commentò i tre libri di Salomone: Ecclesiaste, Proverbi e il Cantico dei Cantici.
Moshè ben Samuel Ibn Tibbon ( lavorò tra il 1240-1283 ca) fu il continuatore di questa tradizione familiare. Moshè Ibn Tibbon tradusse numerosi trattati aristotelici e commenti di Averroè. Possiamo ricordare la traduzione del Compendio di Averroè della Fisica e del De caelo del 1246 circa; il Compendio di Averroè del De generatione et corruptione, del 1250; il Compendio del De anima di Averroè, del 1244; il Compendio dei Parva Naturalia [De sensu et sensatu] di Averroè del 1254; la Parafrasi del Libro XII della Metafisica di Temistio. Inoltre Moshè Ibn Tibbon scrisse e tradusse, secondo la tradizione, una divisione delle scienze ispirata ad Avicenna, un estratto del Libro I del Commento grande alla Fisica di Aristotele e un Compendio della Metafisica.
Un altro personaggio che ruota attorno a questa scuola di traduzione fu sicuramente Ya'acob Anatoli (1194-1256 ca), medico alla corte di Federico II di Svevia, ed è proprio alla corte dell'Imperatore che conobbe sicuramente un'altra personalità importantissima del panorama culturale latino Michele Scoto. Ya'acob Anatoli si dedicò alla traduzione dei Commenti medi di Averroè ovvero le Isagoge, le Categorie, il De interpretatione, gli Analitici priori e posteriori, la Sofistica, la Retorica e la Poetica. Scrisse anche una raccolta sul Pentateuco intitolata Malmad ha-talmidim (Il pungolo dei discepoli).