CENNI PRELIMINARI



Baumgarten e Shaftesbury

 

Remo Bodei in “ La filosofia della storia “, sostiene che lo sviluppo del problema storico si fondi su due premesse: da un lato un processo continuo di mondializzazione e dall’ altro la presa di coscienza da parte dell’ uomo di essere figlio del proprio tempo, in questo modo l’ orizzonte delle attese si abbassa e l’ avvenire si mostra principalmente con le vesti della minaccia, più che della speranza.

Nel pensiero politico greco, c’è un particolarismo tale da rigettare ogni pretesa universale e dispotica dell’ Oriente, Eschilo nei “ Persiani “ e Erodoto nelle “ Storie “, si fanno vessiliferi di questa prospettiva; Polibio nella sua opera riconduce tutti gli avvenimenti particolari in una storia universale da un punto di vista spaziale, il suo modello inaugurato è quello di una storia eliodromica, che scorge lo sviluppo da Oriente ad Occidente, seppur conscio della possibile e futura caduta del dominio romano, Polibio concepì la struttura fondante dell’ Impero di Roma, nella piena coordinazione tra monarchia, aristocrazia e democrazia.

Se in Polibio sussiste una storia universale costituitasi sulla sfera politico – giuridica, in Agostino compare una filosofia della storia che trova il suo fulcro nell’ intera umanità, nel totus genus humanum, la storia si delinea come il teatro dove si scontrano tra loro, la civitas Dei e la civitas terrena.

 

 

 

Lo stato per Agostino sorge dalla violenza e dall’ assassinio, da Caino a Romolo, cardine del fluire temporale – storico degli accadimenti è la civitas peregrinans, il vescovo d’ Ippona, può quindi affermare che proprio in quanto c’è una peregrinatio si manifesta la storia, intesa come percorso nel mondo che porta all’ eterno; ciò che Agostino critica, sono le concezioni cicliche del tempo, che finiscono per negare ogni forma di umana libertà, Bodei dice che l’ originalità della posizione agostiniana, consiste nel porre in rilievo il “ nuovo “ come fonte di cambiamento ed innovazione, quasi alla pari di un’ anticamera del progresso.

 

 

“ Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: "La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta. “ Agostino, “ De civitate Dei IV “.

 

 

S. Gioacchino da Fiore nel “ Liber Concordiae Novi ac Veteri Testamenti “, articola la storia in tre epoche: la prima è quella del Padre, il cui simbolo è l’ Antico Testamento, si tratta di un’ età – scrive Bodei – dominata da una rigida servitù, in secundis, l’ epoca del Figlio, caratterizzata dalla fede e dalla sottomissione, infine con lo Spirito Santo, si perviene alla libertà, all’ amore ed alla gioia.

Gioacchino mostra come il regno dello Spirito Santo avrà luogo parzialmente anche nel nostro mondo, in questo modo le due città di cui parla Agostino verrebbero ad intrecciarsi, non possiamo non notare come con il “ Liber Concordiae Novi ac Veteri Testamenti “ abbia il pregio enorme di tentare un superamento [ problematico ] del dualismo tra una trascendenza divina e la valle delle lacrime umana.

Le moderne filosofie della storia, nascono in risposta ad una profonda crisi di senso, ad un disorientamento generale, Bodei riscontra le radici di questa crisi, nello shock causato dalle scoperte geografiche, nella svalutazione della razionalità della storia e per concludere nell’ abbandono del modello biblico – teologico.

Cartesio ha contrapposto nella sua opera, la veritas della scienza all’ auctoritas della storia e della politica, in tal guisa, la storia non è più magistra vitae, bensì diviene priva di una razionalità intrinseca; Mandeville ne “ La favola delle api “ asserisce che i vizi privati possono essere trasformati in pubblici benefici [ questa tesi è sorprendentemente presente in Tommaso d’ Aquino parecchi secoli addietro ], mediante l’ eterogenesi dei fini, secondo cui le azioni dei singoli sortiscono effetti che travalicano le loro intenzioni, e si vengono a realizzare in un piano globale.

 

 

“ Abbandonate dunque le vostre lamentele, o mortali insensati! Invano cercate di accoppiare la grandezza di una nazione con la probità. Non vi sono che dei folli, che possono illudersi di gioire dei piaceri e delle comodità della terra, di esser famosi in guerra, di vivere bene a loro agio, e nello stesso tempo di essere virtuosi. Abbandonate queste vane chimere! Occorre che esistano la frode, il lusso e la vanità, se noi vogliamo fruirne i frutti. La fame è senza dubbio un terribile inconveniente. Ma come si potrebbe senza di essa fare la digestione, da cui dipendono la nostra nutrizione e la nostra crescita? Non dobbiamo forse il vino, questo liquore eccellente, a una pianta il cui legno è magro, brutto e tortuoso? Finché i suoi pampini sono lasciati abbandonati sulla pianta, si soffocano l’uno con l’altro, e diventano dei tralci inutili. Ma se invece i suoi rami sono tagliati, tosto essi, divenuti fecondi, fanno parte dei frutti piú eccellenti. È cosí che si scopre vantaggioso il vizio, quando la giustizia lo epura, eliminandone l’eccesso e la feccia. Anzi, il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa. Per far rivivere la felice età dell’oro, bisogna assolutamente, oltre all’onestà riprendere la ghianda che serviva di nutrimento ai nostri progenitori. ” Mandeville, “ La favola delle api “.

 

G. Vico ne “ La scienza nuova “ scrive che i facta della storia ricevono una loro intelligibilità nella relazione di sviluppo della nostra mente e del nostro linguaggio, la natura umana è quindi mutevole e creativa: la filosofia deve legarsi alla filologia, in una dialettica di verità e certezza, in cui gli universali fantastici danno senso ad un mondo che ne è totalmente privo.

 

“ Di qui è dato supporre che gli antichi sapienti d'Italia convenissero, circa il vero, in queste opinioni: il vero è il fatto stesso; perciò in Dio c'è il primo vero perché Dio è il primo fattore: infinito, perché fattore di tutte le cose, perfettissimo, perché rappresenta, a sé, in quanto li contiene, sia gli elementi esterni sia quelli interni delle cose. Sapere è allora comporre gli elementi delle cose: sicché il pensiero è proprio della mente umana, l'intelligenza propria di quella divina. Infatti Dio legge tutti gli elementi delle cose, sia esterni che interni, perché li contiene e li dispone; ma la mente umana, che è finita, e ha fuori di sé tutte le altre cose che non sono essa stessa, è costretta a muoversi tra gli elementi esterni delle cose e non li raccoglie mai tutti: sicché può certo pensare le cose ma non può intenderle, in quanto è partecipe della ragione ma non è padrona di essa. Per chiarire tutto ciò con un paragone: il vero divino è l'immagine solida delle cose, come una scultura; il vero umano è un monogramma o un'immagine piana, come una pittura; e come il vero divino è ciò che Dio, mentre conosce, dispone ordina e genera, cosí il vero umano è ciò che l'uomo, mentre conosce, compone e fa. E cosí la scienza è la conoscenza della genesi, cioè del modo con cui la cosa è fatta, e per la quale, mentre la mente ne conosce il modo, perché compone gli elementi, fa la cosa: Dio, che comprende tutto, fa l'immagine solida; l'uomo, che comprende gli elementi esterni, fa l'immagine piana. ” G. Vico, “ De antiquissima Italorum sapientia. “

 

Gli uomini regrediscono nel momento in cui cercano solo l’ utile ed eccedono in una forma estrema di ratio che dissolve le istituzioni universali; i corsi ed ricorsi storici sono la presa di coscienza – da parte di Vico – della fragilità di ogni conquista e dell’ imprevedibilità di un processo meramente cumulativo.

M. Mori afferma che se i philosophes francesi avevano interpretato il processo storico come una progressiva vittoria della ragione umana mediante le scoperte scientifiche e le innovazioni sociali, contro il dogmatismo e l’ oscurantismo della tradizione religioso – politica, per i pensatori tedeschi, da Herder ad Hegel, l’ idea del progresso storico acquista una veste metafisica, divenendo manifestazione di un principio unitario – henologico, l’ umanità in Herder ed Humboldt, l’ infinità unità dell’ Assoluto in Schelling e negli esponenti del Romanticismo, l’ Io trascendentale di Fichte e lo spirito del mondo di Hegel.

L’ ottimismo dei romantici, situato nell’ alveo del pensiero forte, si contrappone costitutivamente al pessimismo dei filosofi francesi, l’ ottimismo radicale di cui si fa vessilifero Condorcet, è fondato su un approccio pragmatico e ha in sé una dimensione problematica. Lo sguardo d’ oltralpe successivo alla Révolution del 1789, fa rientrare gli eventi negativi in un quadro olistico, in cui assumono una particolare funzione alla luce della totalità, Nietzsche in un suo famoso aforisma, dice che il sistema hegeliano è il tentativo panteistico di giustificare il male ed il dolore: “ Significato della filosofia tedesca ( Hegel ): escogitare un panteismo in cui il male, l'errore e la sofferenza non potessero venire avvertiti come argomenti contro la divinità. Di questa grandiosa iniziativa abusarono le potenze esistenti (Stato, ecc.), come se sancisse la razionalità del dominio di quelli che appunto dominavano.

I pensatori del Romanticismo tedesco criticano ferocemente l’ eudemonismo storico ed il problema della felicità pubblica trattato dagli illuministi francesi, il progresso scientifico – sociale è quindi de – assolutizzato; inizialmente entusiasti della Rivoluzione, saranno destinati a subire una cocente delusione, vedendo la triade “ libertà – uguaglianza – fraternità “ trasformatasi nella manovra espansionista di Napoleone, a tal proposito si può far riferimento a Fichte che con “ I discorsi alla nazione tedesca “, volle spronare la gioventù tedesca a lottare in nome della libertà contro l’ invasore, ed a Hegel, che in una lettera dell’ ottobre 1806, disse di aver visto “ lo spirito del mondo, seduto a cavallo che lo domina e lo sormonta “.

W. Dilthey, mostra acutamente come vi sia una profonda differenza tra la storiografi illuminista e la filosofia della storia tedesca, se i francesi videro in Spinoza e nella sua teoresi il più diretto passaggio al materialismo [ in Francia uno dei massimi rappresentanti del materialismo, fu La Mettrie, con il suo celebre scritto “ L’ uomo macchina “ ], i tedeschi alla luce del Geist,  affermarono l’ importanza di uno Spinoza promotore di un panteismo dove il finito trova la risoluzione nell’ Infinito – sostanza, Hegel era solito affermare, che per incominciare a filosofare bisognasse esser spinoziani.

Un pensatore sui generis, è Lessing, si intreccia un’ ispirazione romantica con una prettamente illuminista, quest’ ultima per il problema dell’ educazione che anticipa i contenuti ed risultati della ragione per il singolo individuo, così come la rivelazione [ elemento romantico ] dipinge scorci a cui un’ umanità ancora immatura non potrebbe pervenire, sussiste quindi un parallelismo tra il microcosmo dell’ Erziehung ed il macrocosmo della rivelazione, lo sviluppo storico coincide quindi con la coincidenza tra la ragione e la coppia educazione – rivelazione.

Kant, in “ Idee per una storia universale da un punto di vista cosmopolitico “, assicura la possibilità di ricondurre tutta la storia sotto un unico principio razionale, nella recensione ad Herder, il padre del criticismo, polemizza con chi trasforma la storia in un mero processo necessario, la pace perpetua è un ideale euristico – regolativo.

Herder in “ Auch eine Philosophie “ del 1774, sviluppa una visione organicista della storia fondata sul parallelismo tra la vita del singolo uomo e quella dell’ umanità, l’ evento particolare va riletto nel quadro della totalità, nelle “ Idee per la filosofia della storia dell’ umanità “ [ 1784 – 1791 ] abbandona la tesi del parallelismo per vedere nell’ histoire le molteplici manifestazioni dell’ umanità.

In entrambe le opere herderiane, si intreccia un piano provvidenzialistico con una tesi relativa all’ eterogenesi dei fini, ciò in relazione alla fusione compenetrante di storia e natura [ dovuta anche ad un linguaggio naturalistico ], l’ uomo è “ una creatura centrale e intermedia tra gli animali e la terra “, tramite la fantasia, la ragione e la libertà l’ individuo si differenzia dal mondo animale.

Il richiamo alla natura in Herder, si comprende in relazione alla sua giovanile adesione allo Sturm und Drang, un ritorno entusiastico alla natura contrapposta alle convenzioni sociali, nello stesso tempo la dimensione naturale delle Ideen non ha un ruolo irrazionale connesso all’ impeto ed alla violenza, da questo punto di vista si avvicina alla natura di Goethe.

Jacobi, denunciando l’ ateismo di Spinoza lo rese celebre in tutta Germania, tanto che Herder non perse tempo, definendosi spinoziano, e sostituendo la necessità geometrica dell’ ” Etica ordine geometrico demonstrata “ con la forma leibniziana, per salvaguardare la sfera vitale.

Inoltre, il filosofo tedesco volle salvare le singole individualità, sia le nazioni che le epoche, che si manifestano nel grande accadere storico; il piano teleologico – finalistico pone in rilievo il valore di ciascuna epoca, mostrando come ogni singola età formuli un determinato giudizio storico, che non può avere una valenza universale. Herder sostiene l’ inutilità di giudicare il passato alla maniera dei philosophes, cioè alla luce di valori del presente; Burckhardt in “ Sullo studio della storia “, etichetterà l’ approccio alla storia dell’ Illuminismo come una forma di “ impazienza retrospettiva “, pronta a sacrificare una dinastia dei faraoni d’ Egitto, per giungere al governo liberale del re Amasi, più consono con il nostro modo di sentire. E’ possibile, scorgere al di là delle notevoli differenze che separano i due autori, una possibile connessione, sulla maniera di guardare al passato, non abbattendo quella diversità che separa noi uomini venuti solo dopo, da eventi che godono di una loro irriducibilità ed alterità, e non possono essere comparati con quella facilità di cui si fecero vessiliferi i pensatori francesi.

Come in Herder, anche in Humboldt si pone il problema di salvaguardare il singolo evento ed il suo intrinseco valore non alienabile in una totalità che nonostante ciò, non può venir trascurata; la formazione di Humboldt non è come quella di Herder tout court umanistica, bensì di tipo antropologico – politico, da un lato egli si fa portavoce di un liberalismo filo – Locke, concependo lo Stato come struttura minima finalizzata a custodire la libertà individuale, e dall’ altro l’ antropologia comparata mette in rilievo le differenze interindividuali.

Nelle “ Considerazioni sulla storia del mondo “, Humboldt asserisce la non omogeneità del processo storico, così come compaiono una serie di leggi necessarie che permettono di fare delle previsioni, vi sono anche elementi contingenti connessi all’ imprevedibilità della libertà umana, non esauribile in uno sviluppo deterministicamente inteso.

Nell’ ottica humboldtiana esiste un piano provvidenzialistico – divino, un “ governo del mondo “, ma tale ordine globale c’è nella misura in cui sussistono le singole individualità, a testimonianza di ciò, noi possiamo pervenire a tale quadro unitario sempre e solo a – posteriori: ponendo una frattura tra ragione e realtà, Humboldt è critico verso la storiografia illuminista e nei confronti dello stesso Herder.

Humboldt in questo senso elabora un individualismo su base metafisica, in cui l’ individualità non concerne soltanto l’ individuo, ma valori, nazioni e lingue diverse, il mondo della storia è l’ intrecciarsi di una poliedricità di lingue differenti, è la rivoluzione dell’ idea di umanità percepita come cerniera tra l’ individuo e la totalità: l’ umanità è un ideale giustapposto al singolo e mai perfetto.

Nonostante non sia possibile parlare di un’ unica filosofia della storia nella cultura tedesca, si possono rintracciare una serie di caratteristiche comuni: l’ unità originaria fondante del reale stesso, il dispiegarsi e scindersi di tale unità, infine la restaurazione della totalità concretatasi ed organicamente intesa.

La riconciliazione di cui parlano i romantici, si compie nella dimensione artistica, sintesi di universale e particolare, di a – priori e a – posteriori, la figura dello storico è quindi similare a quello dell’ artista, ciò si può notare soprattutto in Novalis e Schiller.

 

Herder – scrive R. Bodei - sostiene, che i mutamenti storici avvengono mediante scatti e rivoluzioni , con l’ avanzare della razionalità si perde la forza delle passioni e degli istinti, il filosofo vuole promuovere il valore dell’ umanità, rivendicando l’ importanza del dispotismo primitivo dei patriarchi e il fatto che la storia si dotata di un senso. L’ educazione del genere umano si compie attraverso la specificità degli spiriti dei popoli che non devono più alla maniera di Polibio, confluire nell’ Impero, nazione ed umanità possono quindi coesistere. Nella prospettiva kantiana – che si differenzia da questo punto di vista da Herder - il metro per valutare la storia è la dignità dell’ esistenza umana, la civiltà umana si fonda su una forma di antagonismo, di socievole insocievolezza. Condorcet, alfiere di un radicale ottimismo, scorge nella storia un moto continuo di progresso, il pensatore francese divide l’ accadere storico, in dieci epoche venutesi a costituire sul continuo miglioramento, l’ ottimismo di Condorcet è dovuto a dati oggettivi a quali si era appigliato, in primis l’ aumento della vita media dell’ uomo connessa all’ interrompersi delle epidemie cicliche mediante la vittoria sul vaiolo ed in secundis la razionalizzazione dell’ agricoltura e lo sviluppo culturale.

 

“ Tutto ci dice che stiamo arrivando all’epoca di una delle grandi rivoluzioni della specie umana. Chi può meglio rischiararci su ciò che dobbiamo attenderci da essa? chi ci può offrire una guida piú sicura per condurci nell’intimo del suo sviluppo se non il quadro delle rivoluzioni che l’hanno preceduta e preparata? Lo stato attuale dei lumi ci dice che essa sarà felice; ma non è forse anche vero che ciò sarà possibile soltanto a condizione che noi sapremo servirci di tutte le nostre forze? E, affinché la felicità che essa promette sia acquistata ad un prezzo meno caro, affinché essa si espanda con piú rapidità in un piú ampio spazio, affinché essa sia piú completa nei suoi effetti, non abbiamo bisogno di studiare nella storia umana quali ostacoli dobbiamo ancora temere, quali mezzi abbiamo per superarli? “M.-J.-A. Caritat de Condorcet, “ Schizzo di un quadro storico del progresso dello spirito umano “

 

Kant, Condorcet ed Herder sono vessilliferi di una posizione ottimistica, la storia non ha niente ha a che fare con la staticità delle utopie, siamo dinnanzi – dice Bodei – a ucronie,  che spostano la perfezione al piano temporale. Loewith, in “ The meaning of history “, vede nel pensiero occidentale un lento passaggio dalla teologia agostiniana alla filosofia della storia hegeliana, si tratta di un sentiero che porta la trascendenza a naufragare in una dimensione prettamente immanente, Hegel ne “ La fenomenologia dello spirito “, sostiene che la modernità è un’ epocale transizione dai cieli della metafisica ad un orizzonte terrestre. Nel corso del 600’ e per buona parte del XVIII secolo, la filosofia tende a diffidare di ogni concezione teleologico – finalista, avvertita come una prospettiva dogmatica che inserisce negli eventi una meta intrinseca, la scienza moderna – sentenziano i philosophes e primo far tutti Voltaire – ha compiuto i suoi più grandi passi, proprio liberandosi del fardello finalistico; Kant ne “ La critica del giudizio “, precisamente nella sezione dedicata alla “ teleologia “, afferma che la scienza moderna non può spiegare la nascita di un solo filo d’ erba. Spetta però ad Hegel, riprendere l’ impianto teleologico in un orizzonte immanente dominato dalla Ragione universale, la storia in questo modo, diviene la manifestazione della razionalità dello Weltegeist che si rende evidente di volta in volta in un rispettivo Volkgeist. Hegel ne “ La scienza della logica “ [ sezione della logica soggettiva, dimensione oggettiva ], ritiene che l’ attività teleologia non abbia un valore esclusivamente riflettente [ come in Kant ], bensì determinante – concettuale in quanto si pone pur sempre come continuazione del meccanismo e del chimismo. Con la teleologia il concetto dopo il suo completamento si realizza nell’ oggettività mediante la soggettività; la finalità esterna si traduce in una finalità interna dove le parti sono interscambiabili con il tutto e viceversa, Hegel riprenderà criticamente il concetto di finalità interna aristotelico. Nel processo di realizzazione è insito il passaggio potenza – atto, il completamento costitutivo passante per la soggettività e l’ oggettività della seconda partizione della W.d.L. , si esplica nel fine attuato, nel “ télos “, nell’ organismo. Siamo di fronte ad un compimento che nel suo raggiungersi segna il moto del suo oltrepassarsi; il compimento totale lo si trova nell’ Idea intesa come unificazione dialettica di concetto ed oggettività. Se la filosofia della storia non può avere in sé un prospettiva verso il futuro, Tocqueville in “ La democrazia in America “ del 1840 afferma invece che il territorio dello storico è il futuro. Fichte, attribuisce allo spirito umano la possibilità di forgiare il proprio destino, quando tale spirito è ostacolato, scoppiano violente rivoluzioni, il pensatore idealista, distingue cinque epoche dell’ umanità, nella cui ultima si compie l’ avvento della ragione. K. Marx non vuole esercitare una posizione di violenza gratuita sulla storia, né praticare l’ attendismo ripetendo con Hegel, che “ lo spirito ha tempo “, il filosofo di Treviri sostiene l’ importanza e la necessità di “ accelerare le doglie del parto “ per far nascere la società nuova e senza classi, egli era ben conscio del fatto che la trasformazione rivoluzionaria potesse essere accompagnata dall’ alternativa della comune rovina di tutte le classi. Dopo la morte di Hegel, che avviene nel 1831, si assiste ad un forte pessimismo nei confronti della filosofia della storia in generale, Droysen insiste sulla necessità di riconoscere nel passato un presupposto in - trascendibile, Ranke difende la pari dignità di ogni epoca, pregna di valore storico. Dilthey, vede nella storia  la possibilità di inverare la vita stessa, il fine diltheyano consiste nell’ evitare l’ inaridimento dell’ esistenza e l’ incomprensibilità dello spirito oggettivo.

 

Il mondo umano dev'essere inteso come una connessione dinamica, la quale è centrata in se stessa, in quanto ogni connessione dinamica particolare in esso contenuta ha in sé, in virtù della posizione e della realizzazione di valori, il proprio centro, ma tutte sono strutturalmente legate in una totalità nella quale il senso della connessione del mondo storico - sociale deriva dalla significatività delle singole parti; cosicché ogni giudizio di valore e ogni posizione di scopi, diretta verso il futuro, devono essere fondati esclusivamente su questa connessione strutturale. Questa connessione dinamica si distingue dalla connessione causale della natura in quanto, conformemente alla struttura della vita psichica, essa produce valori e realizza scopi. E invero non è un fatto occasionale che si verifichi qui e non là, ma dipende dalla struttura stessa dello spirito che questo produca valori e realizzi scopi nella propria connessione dinamica, sulla base dell'apprendimento: tale carattere può essere definito il carattere teleologico immanente delle connessioni dinamiche dello spirito. Con ciò intendo una connessione di operazioni, che è fondata sulla struttura di una connessione dinamica. La vita storica crea; essa è continuamente attiva nella produzione di beni e di valori, e tutti i concetti relativi sono soltanto riflessi di questa sua attività. “ W. Dilthey, “ La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito “.

 

B. Croce, prospetta la necessità di concepire tutta la storia, come storia contemporanea facendo rientrare il passato dal punto di vista dell’ attualità.

 

“ Non basta dire che la storia è giudizio storico, ma bisogna soggiungere che ogni giudizio è giudizio storico, o storia senz'altro. Se il giudizio è rapporto di soggetto e predicato, il soggetto, ossia il fatto, quale che esso sia, che si giudica, è sempre un fatto storico, un diveniente, un processo in corso, perché fatti immobili non si ritrovano né si concepiscono nel mondo della realtà.
E' giudizio storico anche la più ovvia percezione giudicante (se non giudicasse, non sarebbe neppure percezione, ma cieca e muta sensazione): per esempio, che l'oggetto che mi vedo innanzi al piede è un sasso, e che esso non volerà via sé come un uccellino al rumore dei miei passi, onde converrà che io lo discosti con il piede e con il bastone; perché il sasso è veramente un processo in corso, che resiste alle forze di disgregazione o cede solo a poco a poco, e il mio giudizio si riferisce a un aspetto della sua storia. ( ... ) “. B. Croce, “ La storia come pensiero e come azione “.

 

Infine con Barthes, Hayden White e Lyotard, la storia assume le vesti della letteratura, trasformandosi in un particolare genere letterario.

 

Realizzato con l’ ausilio del saggio di R. Bodei “ La filosofia della storia “ e il testo di M. Mori “ La filosofia della storia da Herder a Hegel. “

 

 

 


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