ANTONIO GENOVESI
A cura di Gigliana Maestri
Nato nel
1713 a Castiglione, nel salernitano, Antonio
Genovesi prende gli ordini religiosi nel
1737. Allievo di Giambattista Vico, insegna
metafisica all'Università di Napoli a
partire dal 1741; tredici anni più tardi
diventa il primo titolare, in Europa, di
una cattedra di "commercio e
meccanica". Muore a Napoli nel 1769.
A causa della pubblicazione degli Elementa
metaphysicae mathematicum in modum adornata (1743-45),
Genovesi è accusato di razionalismo e
ateismo, perché l'opera risente dell'influenza di
pensatori come Cartesio, Locke, Newton, Helvétius. Scrive
anche il Discorso sopra il vero
fine delle lettere e delle scienze, e
affida le sue teorie di economia
politica ai due volumi di Lezioni
di commercio ossia di economia civile
(1765-67), tradotti in spagnolo e tedesco.
Compone anche una Logica (1766), che
ottiene un notevole successo, ed un trattato
di etica dal titolo Diceosina ossia
filosofia del giusto e dell'onesto, uscito
postumo nel 1776.
Genovesi rifiuta, in generale, l'atteggiamento
antireligioso tipico degli illuministi, anche se
difende ed auspica la distinzione tra
potere civile e potere ecclesiastico. A suo
parere, la Chiesa è infallibile soltanto in
materia di fede; tuttavia, egli afferma che
non si può "sbandire la divinità e
la religione" perché, in un certo senso,
"tutta la natura la vuole".
Dopo aver dedicato i suoi studi a
problemi metafisici e retorici, Genovesi
inizia ad interessarsi di economia e di etica,
soprattutto perché giunge alla convinzione
dell'inutilità di tante ricerche accademiche, completamente
avulse dai problemi concreti della realtà.
La riflessione di Genovesi sull'economia è
infatti orientata ad affrontare e superare
la piaga dell'arretratezza. Egli ritiene che, per
favorire il benessere e l'aumento dei
consumi, sia necessario promuovere in ogni
modo la cultura e la civiltà, ed
è convinto che tutti i progressi
vadano di pari passo con l'autonomia
della ragione e con l'affermazione della
libertà.
Genovesi
pensa che anche i contadini e le
donne abbiano diritto a un po' di
cultura, perché questa costituisce un mezzo
indispensabile per realizzare l'ordine e
l'economia nelle famiglie, e per lo
sviluppo della civiltà in generale. Egli si
preoccupa poi di esortare gli intellettuali
ad approfondire "la cultura delle
cose", magari interessandosi di meccanica e
di agraria, ed evitando di perdersi in
vuote parole oppure in vane speculazioni
metafisiche, che non possono condurre a
risolvere i problemi concreti della società.
Genovesi attribuisce una notevole rilevanza al
ruolo svolto dall'educazione nella formazione
degli uomini; proprio per questo, ritiene
fondamentale lo sviluppo delle scienze e
delle arti, in aperta polemica con Rousseau,
per il quale il cosiddetto
"progresso" costituisce la fonte di
tutti i mali che affliggono gli uomini.
Genovesi esalta anche l'importanza del
lavoro per il bene dei singoli e della
società, denunciando la presenza di un
numero eccessivo di proprietari assenteisti, di
persone che vivono esclusivamente di rendita,
di ecclesiastici, di medici e di avvocati;
a suo parere, occorre invece aiutare concretamente
coloro che lavorano e producono. Affronta
poi molte altre questioni importanti, fra
cui, ad esempio, i problemi del credito pubblico,
dell'inflazione e della circolazione monetaria.
Per quanto riguarda la sua riflessione
in materia morale, egli, ispirandosi alle
dottrine utilitaristiche, tenta di conciliare
l'etica con gli inevitabili mutamenti
sociali prodotti dal progresso economico, tenendo
anche conto delle conseguenze che comporta
la diffusione del lusso.