PIETRO GIANNONE

 

A cura di Gigliana Maestri


 

 

GIANNONENato  ad  Ischitella, vicino  a Foggia, nel  1676, Pietro Giannone  studia  giurisprudenza  a  Napoli, manifestando  anche  interessi  filosofici: conosce  infatti  le  teorie  di  Cartesio, soprattutto  attraverso  la  lettura  di  Malebranche, e  quelle  dei  libertini, di  Gassendi  e  di  Locke. Costretto  all'esilio  a  causa  delle  sue  idee  in  materia religiosa, si  reca  prima  a  Vienna  e  in  seguito  a  Ginevra, dove  si  converte  al  calvinismo. Attirato  con  un  inganno  in  territorio  piemontese, viene  arrestato,  e  muore  in  carcere  a  Torino  nel  1748.
Giannone  deve  la  sua  fama  all'Istoria  civile  del  Regno  di  Napoli, tradotta  in  inglese, francese  e  tedesco, e  ammirata  da intellettuali  come  Voltaire, Gibbon  e  Montesquieu. Sul  piano  filosofico, la  sua  opera  più  importante  è  invece  il  Triregno. Si  possono  ancora  ricordare: I  discorsi  storici  sopra  gli  Annali  di  Tito  Livio, l' Apologia  dei  teologi  scolastici, l' Istoria  del  pontificato  di  Gregorio  Magno  e  l' Ape  ingegnosa.
Il  tema  fondamentale dell' Istoria  civile  è  costituito  dalla  lotta  fra  lo  Stato  e  la  Chiesa, ossia  fra  il  Regno  di  Napoli  e  la  Curia  romana. L'opinione  di  Giannone  a  riguardo  è  drastica: l'unico  a  promuovere  la  civiltà  ed  il  progresso  è  lo  Stato, mentre  la  Chiesa  coincide  con  il  Male  assoluto, ed  è  sempre  causa  di  involuzione  ed  oscurantismo. Il  cattolicesimo, nonostante  finga  di  disprezzare  la  dimensione  mondana, e  si  presenti  come  una  religione  portatrice  di  profondi  valori  etici, in  realtà  ha  costruito  e  legittimato  la  propria  esistenza  soltanto  su  abusi, leggende  ed  inganni, mirando  esclusivamente  all'accumulo  di  ricchezze  e  potere; non  a  caso, tutte  le  istituzioni  giuridiche  dello  Stato  pontificio  sono  volte  alla  distruzione  dell'ordine  civile. Occorre  quindi  liberare  l'autorità  laica  da  ogni  indebita  ingerenza  da  parte  della  Chiesa.
Nel  Triregno, Giannone  espone  una  filosofia  della  storia, interpretando  la  religione  come  un  fenomeno  soggetto  ad  evoluzione. A  suo  parere, gli  Ebrei  conobbero  soltanto  un  "regno  terreno", il  cristianesimo  propose  l'ideale  di  un  "regno  celeste", da  raggiungere  però  dopo  la  resurrezione  dei  morti, mentre  la  Chiesa, a  causa  della  sua  avidità, ha  fondato  un  "regno  papale". A  tale  proposito, Giannone  scrive:

 

"...non  solo  i  corpi, ma, quel  che  è  più, anche  le  anime, i  cuori  e  gli  spiriti  de'  sudditi  si  sottopose  a'  suoi  piedi  e  strinse  fra  ceppi  e  catene". 

 

Egli  pensa  che  sia  quindi  necessario  superare  il  male  prodotto  dallo  Stato  pontificio. Per  fare  ciò, e  per  attuare  un  concreto  cambiamento, occorre  esaminare  la  condizione  umana  attraverso  lo  studio  della  storia; grazie  a  quest'ultima, infatti, possiamo  acquistare  la  piena  consapevolezza  di  tutti  i  soprusi  che  gli  uomini  hanno  subito  da  parte  di  altri  uomini. Giannone  auspica  che  lo  Stato  laico  possa  finalmente  esprimere  in  pieno  il  suo  potere,  sottomettendo  il  Papato  alla  sua  autorità, dopo  aver  tolto  al  clero  tutti  i  beni. Occorre  poi  rilevare  l'importanza  che  il  filosofo  attribuisce  alla  libertà: egli  la  intende  come  fondamento  costitutivo  di  ogni  etica  giuridica  e  sociale, e  ritiene  che  essa  sia  completamente  negata  dall'autoritarismo  della  Chiesa.
Particolare  avversione  contro  le  intromissioni  delle  autorità  ecclesiastiche  nelle  questioni  dello  Stato  è  manifestata  anche  da  tre  giuristi  come  Francesco  D'Andrea (1625-1698), Giuseppe  Valletta (1636-1714)  e  Costantino  Grimaldi (1667-1750), tutti  seguaci  di  Cartesio. 

 

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