UGO GROZIO
IL
GIUSNATURALISMO
Con il termine
“giusnaturalismo” - che deriva dal latino
ius , diritto e
natura
- ci si riferisce alla dottrina secondo cui il diritto ha un fondamento
naturale indipendente dall' autorità politica che emana la singola legge e le
conferisce una determinata configurazione storica o positiva. Nell'antichità e
nel Medioevo, periodi nei quali il giusnaturalismo trovò espressione
soprattutto nello stoicismo, nella Patristica
agostiniana e nella Scolastica tomista, la
"natura" in cui si trova inscritto il diritto è lo stesso ordine
ontologico e teologico del mondo. Nel Sei-Settecento il giusnaturalismo assume
una forma moderna - cui corrisponde la più esatta denominazione di "scuola
del diritto naturale" - nella quale il diritto viene fondato non più sulla
natura in generale, ma su quella umana in particolare, e quindi sulla ragione.
Il diritto naturale perde il carattere metafisico-teologico (e quindi
oggettivo, inscritto nelle stesse cose), per diventare diritto razionale (e
quindi soggettivo, non nel senso di variare da individuo a individuo, poichè la
ragione è unica, ma di essere proprio soltanto del soggetto umano) .
L'università della ragione permetteva così di di individuare diritti naturali
fondamentali e inalienabili per tutti gli uomini; mentre l' autorità della
ragione come fonte di conoscenza vera conferiva al giusnaturalismo una incisiva
funzione critica nei confronti delle legislazioni storicamente realizzate. Il
diritto positivo che nasce dalla costituzione dello Stato e dall'esercizio
della sovranità potrà infatti essere una specificazione di quello naturale,
oppure una sua integrazione nelle questioni per esso indifferenti, ma in nessun
caso potrà entrare in contraddizione con esso, negando i diritti fondamentali
dell' uomo. Al giusnaturalismo moderno sono strettamente connesse le teorie
dello stato di natura e del contratto sociale. In primo luogo, se il diritto ha
un fondamento naturale, esso deve fare riferimento a uno stato di natura (reale
o ideale) che preceda la costituzione della società civile. In secondo luogo,
in quanto opposta allo stato naturale, la società civile (o Stato) esprime una
condizione artificiale e convenzionale, nascendo da un patto o contratto.
Quest'ultimo contiene in sè due momenti (che possono essere intesi in senso
logico o cronologico): un patto di unione (pactum unionis) con cui gli
individui stabiliscono di entrare in una società politica e un patto di
sudditanza (pactum subjectionis) con cui essi si sottomettono a un'
autorità sovrana, definendo contemporaneamente la forma di governo in cui si
dovrà esprimere (monarchia, aristocrazia, democrazia). Al cuore della tradizione
giuridico/politica dell’Occidente, troviamo la contrapposizione tra il
“positivismo giuridico” e il “giusnaturalismo”. Il primo è quella concezione
secondo cui le norme che organizzano la convivenza sono il frutto della volontà
di chi è superiore, ossia di chi ha il potere di fatto; in questo senso, non vi
sono mala in se, ma vi sono soltanto mala quia prohibita. Per il
giusnaturalismo, oltre alle leggi prodotte dalla volontà di chi comanda, vi
sono anche leggi naturali, che sono superiori alle prime e da cui anzi queste
ultime dovrebbero discendere (nel caso in cui si oppongano ad esse, diventa
legittima la ribellione, secondo certe correnti di pensiero) tali leggi per
natura sono designate dai Greci con l’espressione agrafoi nomoi, ovvero “leggi non scritte”. Per meglio
intendere questa distinzione che sta al cuore della tradizione giuridica
dell’Occidente, possiamo guardare all’Antigone di Sofocle: lo scontro
tra Antigone e il sovrano Creonte per la sepoltura del caduto in battaglia
simboleggia appunto uno scontro tra leggi naturali e leggi positive (oltrechè,
nella lettura hegeliana, uno scontro tra famiglia e Stato), nella misura in cui
Creonte proibisce la sepoltura sulla base delle leggi da lui fatte valere,
mentre Antigone ad esse si oppone in nome di una legge non scritta anteriore e
più alta di quella di Creonte.
IL PENSIERO DI
GROZIO
Il punto nodale
nel passaggio dal giusnaturalismo classico a quello moderno è dato dalla
riflessione filosofica dell’olandese Ugo Grozio (Huig Van Groot), nato a Deft
nel 1583 e morto a Rostock nel 1645. Nel suo
De jure belli ac pacis (
Il
diritto della guerra e della pace), del 1625, che rappresenta il vertice
del suo pensiero, egli fonda il diritto esclusivamente sulla ragione umana. Il
punto di partenza del suo discorso sta nell’identificazione di ciò che è
naturale con ciò che è razionale, identificazione fondata sull’assunto che la
natura dell’uomo è la ragione. Su di essa, è fondato il diritto naturale, che è
appunto il comando della ragione che indica il valore o il disvalore morale di
un’azione mostrando l’accordo o il disaccordo di essa con la natura razionale
dell’uomo. Le azioni prescritte dalla ragione sono obbligatorie di per se
stesse, e dunque sarebbero buone anche nel caso in cui Dio non vi fosse o –
come credevano gli Epicurei – non si curasse delle vicende umane. In realtà,
esse sono comandate o vietate da Dio appunto perché sono razionali o
irrazionali di per se stesse, mentre le azioni che sono oggetto del diritto
positivo umano e divino diventano lecite o illecite solo in virtù delle leggi
che gli uomini o Dio stabiliscono. Ciò che è conforme alla natura razionale
dell’uomo, è giusto e moralmente necessario; ciò che invece se ne discosta è
necessariamente ingiusto e riprovevole. La morale e il diritto trovano quindi
una giustificazione razionale autonoma, la quale non dipende più da alcuna fondazione
di tipo metafisico o teologico: con un’affermazione divenuta celebre, Grozio
asserisce che il diritto naturale conserverebbe la sua validità anche se, per
assurdo, Dio non esistesse. Ma in realtà non può esservi alcuna divergenza tra
le indicazioni della ragione e la volontà divina: ciò che è prscitto dal
diritto naturale presenta lo stesso grado di necessità delle proposizioni
matematiche e deve pertanto essere voluto anche da Dio Grozio ammette la teoria
contrattualistica secondo la quale ogni comunità umana è fondata su un
patto originario. Tuttavia egli rigetta la tesi di Althusius secondo
cui la sovranità spetterebbe soltanto al popolo: Grozio ritiene infatti
possibile che il contratto abbia potuto trasferire la sovranità dal popolo al
principe, ma non esclude che tale trasferimento sia stato fatto a determinate
condizioni, che il principe è tenuto a rispettare. Se non le rispetta, il
contratto si dissolve e il popolo acquista il diritto di resistenza ai voleri del principe. Come vi è un diritto naturale, così
esiste una religione naturale, fondata anch’essa sulla sola ragione.
Questa religione è interamente vera, comune a tutte le età e si riduce a
quattro princìpi: a) Dio esiste ed è uno; b) Dio non si identifica con le cose
visibili, ma è superiore ad esse; c) Dio governa e giudica tutte le cose umane;
d) Dio è l’artefice di tutte le cose naturali. A questi princìpi fondamentali,
le singole religioni positive aggiungono altre nozioni che non hanno lo stesso
fondamento razionale. Anche la religione cristiana, pertanto, non può essere
creduta in base ad argomenti naturali, ma solo sul fondamento storico della
resurrezione e dei miracoli. Ne deriva che non si può punire come delitto
l’eresia religiosa. Bisogna tenere a mente che Grozio stesso era stato
condannato al carcere a vita, nell’Olanda calvinista, per essersi professato
arminiano, ossia seguace di Giacomo Arminio, un aspro critico della dottrina
della predestinazione. Solo la fortunosa evasione dal carcere e la fuga in
Francia rese possibile a Grozio di scrivere le sue opere e di farsi alfiere in
Europa dei princìpi di libertà e tolleranza che ispireranno più tardi il
tedesco Samuel Pufendorf (1632-1694) ed altri numerosi sostenitori del
giusnaturalismo.
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