GUGLIELMO DI SHERWOOD
A cura di Eleonora Buonocore
Della vita di Guglielmo di Sherwood (o Shyreswood), logico inglese del tredicesimo secolo, poco è noto: fra il 1235 e il 1250 lo troviamo attivo come magister artium a Parigi, dove insegnò logica, successivamente, dal 1252, ricoprì il ruolo di insegnante ad Oxford, e da allora rimase in Inghilterra dove detenne l’incarico di cancelliere di Lincoln fino al momento della sua morte che avvenne fra il 1266 e il 1272. Guglielmo è noto principalmente come autore di alcuni importanti trattati di logica: le Introductiones in logicam, i Syncategoremata, il De insolubilibus e le Obligationes (sulla cui autenticità sono stati recentemente sollevati alcuni dubbi). Le Introductiones, scritte probabilmente intorno al 1250, costituiscono uno dei manuali di logica terministica più usati nel medioevo, insieme alle Summulae logicales di Pietro Ispano: questi trattati sono pervasi da una forte preoccupazione verso l’insegnamento della logica nelle Scuole che si riflette in una sistematizzazione precisa del materiale presentato e nella tendenza ad analizzare approfonditamente le regole formali del discorso che presiedono alla formulazione di propositiones e di argumentationes. Le Introductiones si strutturano infatti come un trattato introduttivo alla logica distinto in sette parti che si occupano rispettivamente della proposizione e delle sue parti, della dottrina dei predicabili, del sillogismo, della topica, cioè dei luoghi logici su cui basare un’argomentazione, dei termini e delle loro proprietà, dei sofismi e dei syncategoremata, ovvero di quei termini, come le costanti logiche, che assumono senso solo in rapporto ad altri termini. Mentre le prime quattro parti riprendono le idee alla base dell’Organon aristotelico che formavano la Logica Vetus, la quinta introduce la dottrina delle proprietà dei termini, intesi come soggetto o predicato di un enunciato: la significatio, cioè la rappresentazione concettuale di un termine (connotazione), i vari tipi di supposititio (denotazione), materialis, simplex, naturalis, che spiegano le modalità con cui un termine può “stare per” un suppositum, ed infine l’appellatio e la copulatio, che rappresentano le altre funzioni semantiche della significatio di un termine; proprio per l’importanza di queste problematiche legate alle proprietà dei termini all’interno dell’opera questo tipo di logica verrà chiamata terministica. Il sesto capitolo si occupa invece delle fallacie, ovvero dei sillogismi falsi, seguendo la trattazione aristotelica del De Sophisticis Elenchis, mentre il settimo analizza l’uso dei termini sincategorematici. I Syncategoremata rappresentano invece un’opera intesa per un pubblico già progredito negli studi di logica: in essa si indaga il significato logico e semantico di quelle parole, ad esempio le costanti logiche, che da sole non forniscono alcuna determinazione di contenuto ma sono funtori logici che prendono significato solo in unione con un nome od un verbo, determinando così un intero enunciato. Guglielmo distingue dunque fra termini descrittivi (categorematici) e logici (sincategorematici), ponendo l’attenzione sulla possibilità di un uso categorematico di alcuni termini in certi contesti e sincategorematico in altri. Il De Insolubilibus si occupa infine dei paradossi logici, come quelli legati ai problemi di autoreferenzialità, ad esempio il paradosso del mentitore, e dei modi possibili di risolverli. Per concludere la logica di Guglielmo di Sherwood esercitò una grande influenza non soltanto sugli altri trattati di logica terministica immediatamente successivi al suo, come quelli di Lamberto di Auxerre e Pietro Ispano, ma anche su tutta la Logica modernorum, fino ad arrivare a Guglielmo di Ockham.