Breve introduzione alle problematiche concettuali della
logica hegeliana in se stesse considerate ed in riferimento al sistema
a cura di Jonathan Fanesi
Il vero
è l’ intero. Ma l’ intero è soltanto l’ essenza che si completa mediante il suo
sviluppo. Dell’ Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente Risultato, che
solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura,
nell’ essere effettualità, soggetto a divenir - se – stesso. Hegel,
Fenomenologia dello spirito.
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Nota
introduttiva.
[ Questo breve saggio non è finalizzato ad un’
esposizione globale della strutturazione della logica hegeliana, che a causa
della sua complessità teorico – concettuale rappresenta per gli studiosi,
oggetto di ricerca e svariate interpretazioni; è una sorta di propedeutico
incentrato sul rapporto logica - sistema, alla luce di un’ analisi “
chiarificatrice “ delle caratteristiche e degli approcci innovativi che rendono
l’ opera hegeliana altamente originale all’ interno del patrimonio della
filosofia occidentale. In queste poche pagine, cercherò – per quanto mi è possibile
– di analizzare le principali problematiche della logica in se stesse
considerate ed in riferimento al
sistema. ]
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Il
sistema dialettico - filosofico hegeliano è incentrato sulla triade Idea –
Natura – Spirito, si tratta di un processo grandioso che porta l’ idea assoluta
ad alienarsi ed oggettivarsi nella natura per ritrovarsi ad un livello
superiore nello spirito: quest’ ultimo è il superamento dialettico della tesi e
dell’ antitesi, della logica e della filosofia della natura.
Hegel
espone in maniera globale e sintetica l’intero sistema nell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche in
compendio, la grande opera di Heidelberg; negli altri scritti il pensatore
tedesco analizzerà in maniera esaustiva ogni singola branca, l’ Idea pura sarà
oggetto di studio della Wissenschaft der
Logik, lo spirito nelle sue varie forme ed espressioni troverà spazio nelle
lezioni berlinesi.
Al
fine di comprendere la filosofia hegeliana così complessa concettualmente,
oggetto di amore e critica spietata dai pensatori del passato e del presente, è
necessario analizzare – in maniera generale – le problematiche relative alla
logica in se stesse considerate ed in riferimento al sistema.
Quando
si parla di logica in Hegel è utile e doveroso fare una distinzione di
fondamentale importanza tra la logica precedente alla Fenomenologia dello spirito ( 1807 ) e quella posteriore. La prima
è un processo di auto - dissoluzione
delle forme finite del pensiero, una sorta di propedeutico ed introduzione alla
metafisica vera e propria; la seconda coincide con una rivisitazione
criticamente concepita della metafisica. Alla luce di tale premessa, possiamo
addentraci nel regno della verità, come
essa in sé senza velo.
La
logica nella maturità del pensiero hegeliano, diviene oggetto di studio
privilegiato della Scienza della logica
e della prima parte dell’ Enciclopedia
delle scienze filosofiche in compendio.
Hegel
nella grande opera del periodo jenese, mostrava il passaggio dalla storia
romanzata della coscienza, mediante le varie fasi antagonistiche conflittuali,
al mondo del concetto puro; tale passaggio si poteva compiere mediante un’
importate distinzione tra la fenomenologia dello
spirito ( l’ itinerario dello sviluppo mediante fasi individuali – sociali,
storico – culturali ), e la scienza dello
spirito o sapere assoluto: quest’ ultimo << è lo spirito che si sa in
figura concettuale ovvero il sapere concettivo. Non solo in sé la verità è
perfettamente eguale alla certezza di se stesso, ossia nel suo puro esserci,
vale a dire è, per lo spirito giunto al sapere, nella forma si sapere di se
stesso >>.
La Fenomenologia dello spirito
mediante le fasi gnoseologiche dove sussisteva un’ opposizione tra l’ in sé e l’ Io
risolta nella presa di coscienza che l’ in sé è in primis in sé per altro;
attraverso i processi relazionali dell’ autocoscienza, le tappe culturali e
storiche, porta l’ individuo al sapere assoluto dove si realizza la perfetta
fusione dell’ in sé con il per sé, l’ insenearsi di certezza e verità; in
questo modo si ottiene nella fine dell’ opera del 1807 il propedeutico alla
scienza dello spirito.
Il sapere assoluto, non
poteva apparire prima che la
fenomenologia descrivesse e sistemasse razionalmente quelle esperienze ( Restaino ).
Il sapere assoluto appare nel tempo, cioè alla fine della fenomenologia, ma una
volta apparso, può fare a meno del tempo: << Appare nel tempo fin
tanto che non coglie il suo concetto puro, vale a dire finché non elimina il
tempo >>.
Dal mondo spazio temporale
delle esperienze fenomenologiche e della natura, con il sapere assoluto si
passa al mondo dei concetti della logica; in questo mondo non c’è mai stato né
tempo né spazio.
Hegel
concluderà, in un difficile passo, dicendo che questo sapere assoluto dello
spirito << è il suo insenearsi [
attuazione di sé, come identità atemporale di certezza e verità ] , nel quale
lo spirito abbandona il suo esserci [ le esperienze fenomenologiche ] e ne
consegna la figura alla memoria >>, giacché << la meta di quella successione è la
rivelazione del profondo, e questa rivelazione è il concetto assoluto
>>. Si concludeva il compito della filosofia ed incominciava quello della
logica.
A
testimonianza del forte legame – continuativo che unisce la Fenomenologia dello spirito alla
Scienza
della logica, la triade “ essere – essenza – concetto “ è
contenuta idealmente nella religione naturale ( essere ), nella religione
artistica ( essenza ), ed infine nella religione rivelata cristiana ( concetto
); bisogna però sempre tener presente che solo con il sapere assoluto si
giungerà al concetto nella sua dimensione autentica.
La
filosofia con Hegel non è più amore per il sapere ( filos + sofia
) , ma diviene scienza ( epistemh ) e per essere tale si deve configurare come
sistema, in quanto sia resa capace di una dimensione totale della comprensione.
Si
può comprendere la scelta hegeliana in relazione al contesto cultural filosofico
in cui essa nasce e si sviluppa: l’ idealismo avendo abbattuto il noumeno,
l’ultimo baluardo che permise a Kant di costruire – seppur problematicamente –
il criticismo; sviluppa una Weltanschauung
originale dove il soggetto è l’ assoluta egoità che nel suo porsi si antepone
un ostacolo necessario per la sua realizzazione etica ( Fichte ), un
processo circolare dove Io (spirito) e non – Io ( Natura ) coincidono nell’
Assoluto come loro unità - identità suprema ed indifferenziata ( Schelling
), un percorso dialettico dove l’ idea assoluta alienatasi ed oggettivatasi
nella natura si ritrova ad un livello superiore nello spirito ( Hegel ).
Hegel
nell’ introduzione alla Wissenschaft der
Logik, sintetizza attraverso l’ uso di frequenti metafore il piano e il fine
generale dell’ opera; la logica è: << l’
esposizione di Dio come è nella sua eterna essenza prima della creazione della
natura e di uno spirito finito >>.
È
interessante notare come lo stesso Hegel, della Metafisica aristotelica apprezzasse il libro XII, dove lo Stagirita analizzava l’ essere nella sua
accezione più elevata, oggetto di studio privilegiato della teologia; nello
stesso tempo è doveroso sottolineare come l’opera aristotelica fosse un’
indagine sull’ essere in quanto tale, Aristotele distingueva all’interno della filosofia prima, la protologia, l’ ontologia, l’ usiologia e
la teologia, Hegel al di là della
metafora religiosa concepisce la logica come la strutturazione formale ( ma non
astratta ) e pura della realtà al di là del realizzarsi nel tempo e nello
spazio.
Inoltre
è necessario ricordare come l’ Idea hegeliana, non abbia una dote creativa come
il Dio delle teologie tradizionali, bensì sia il motore di un’
immanentizzazione dialettica passante per l’ esperienza di caduta e di
oggettivazione, solo alla fine di tal travaglio raggiungerà la dimensione dello
spirito.
È
possibile trovare un’ altra analogia, tra lo scritto hegeliano e il Paradiso di Dante, entrambe le opere trattano la dimensione
metafisica per eccellenza; la “ Wissenschaft
der Logik “ è la prima fase della costituzione triadica del sistema
hegeliano, il “ Paradiso “,
all’interno della “ Divina commedia “
rappresenta l’ apice del percorso esistenziale – umano religioso del “ pellegrino Dante “ che dopo esser
passato per l’ Inferno e per il Purgatorio riesce a purificare la sua
interiorità ormai libera dal peccato e capace di librarsi nell’ ammirazione del
divino regno celeste.
Nonostante
tra i due scritti sussista una differenza d’ intenti, quello dantesco è il
simbolo critico della religiosità e della cultura medievale, il viatico di
sofferenza e redenzione dell’ uomo, quello hegeliano è la trattazione della
verità nella sua purezza in sé senza velo; è possibile ravvisare alcune
similitudini davvero interessanti.
Sia
Hegel che Dante, fanno uso dell’ impostazione triadica, Hegel con un intento
dialettico – sistematico, l’ autore del “ Convivio
“ utilizza tale impostazione perché incarna al positivo ( Paradiso ) o al negativo ( Inferno
) la trinità cristiana.
Inoltre
entrambi gli autori avvertono chi si
accingerà alla lettura, della difficoltà delle opere in questione; Hegel
insiste sul fatto che per comprendere la W.d.L.
sia necessario saper “ tenere “ la
propria mente immersa nel mondo del pensiero puro, in quanto tale dimensione è
notevolmente più complessa della filosofia della natura e dello spirito.
Dante, nel II canto del Paradiso, interrompe la narrazione e si rivolge ai lettori, avviene
una sorta di proemio personale, dove il poeta fiorentino avverte il lettore
sulla difficoltà delle tematiche trattate: << O voi che siete in piccioletta barca , / desiderosi d’ ascoltar,
seguiti / dietro il mio legno che cantando varca, / tornate a riveder li vostri liti: /non vi mettete in pelago, ché forse,
/ perdendo me, rimarreste smarriti. / L’ acqua ch’io prendo già mai non si
corse; / Minerva spira, e conducemi
Apollo, /e nove Muse mi dimostran l’ Orse. / Voialtri pochi che
drizzaste il collo / per tempo al pan degli angeli, del quale / vivesi qui ma
non sen vien satollo, / metter potete ben per l’ alto sale / vostro navigio,
servando mio solco / dinanzi a l’ acqua che ritorna equale. >>.
Per
comprendere questi versi, possiamo avvalerci dell’ analisi critica del Buti, il grande
studioso dantesco compie un’ indagine sulle metafore delle prime terzine: il mare è la materia da trattare, la verità
rivelata divina, le imbarcazioni corrispondono
ai diversi livelli culturali e spirituali degli uomini, per intraprendere il
viatico del Paradiso è necessario possedere una cultura, sintesi dell’ umana
filosofia e del binomio fede – teologia.
Comprendiamo
quindi come la Scienza della logica e
il Paradiso - secondo il parere dei
loro autori – siano due opere notevolmente complesse, la prima per la
strutturazione concettuale e il carattere speculativo e teoretico, la seconda a
causa del linguaggio inerente la dimensione del sublime e del divino e le
problematiche relative alla teologia, alla grazie e alla fede.
Naturalmente
sussiste una differenza culturale di fondo, Dante ed Hegel non sono solamente
separati da un divario cronologico, il primo è la più alta espressione del
tramontar della visione medievale ( italiana ) e dell’esigenza di rinascita e rinnovamento, il secondo è il
massimo esponente dell’ idealismo romantico; il pensatore tedesco concepisce la
filosofia come la dimensione superiore attraverso la quale l’ Assoluto prende
coscienza di sé, il poeta fiorentino vede
“ nell’ uman lume “ ( la filosofia ) un’ ancilla della teologia.
Ritornando
alla filosofia hegeliana, il linguaggio religioso è usato dal pensatore di
Stoccarda per introdurre “ chiaramente “ la tematica dell’ opera in questione;
in fondo Hegel era pienamente convinto che religione e filosofia avessero in
comune l’ auto – conoscersi dell’ Assoluto, nella religione il viatico era la
rappresentazione, nella filosofia qualitativamente superiore alla prima, il
concetto era la dimensione del dischiudersi ( Gadamer ) della verità.
La
logica studia la strutturazione formale ( non astratta ) della realtà prima
della sua incarnazione in essa, l’ Idea in sé al di là del tempo e dello
spazio, il regno del puro pensiero; in
questo Hegel si avvicina a Platone concependo l’idea come modello di ciò che si
estrinsecherà in seguito, nello stesso tempo si differenzia dal filosofo
dell’Accademia in quanto l’idea non è al vertice della reale, bensì è destinata
ad alienarsi nella natura per realizzarsi a pieno nello spirito.
Oltre
a differenziarsi dal platonismo, l’ Idea pura della logica nella sua accezione
teologica è analizzata come la fondazione del sistema, la verità allo stato
aurorale indipendentemente dalla sua realizzazione dialettica; Dio nella
teologia tradizionale si è manifestato creativamente nel mondo come natura e
uomo, e nello stesso tempo trascende l’universo per la sua infinità.
Per
Hegel, la realizzazione dell’ Idea deve seguire un viatico di caduta, di
sofferenza, di oggettivazione, di estrinsecazione; solo dopo aver superato la
natura ( antitesi ) si ritrova nello spirito, prima soggettiva, poi oggettiva
ed infine assoluta.
L’
interpretazione del rapporto tra la religione e la filosofia nel sistema
hegeliano da parte degli studiosi, divenne l’ origine della frattura tra Destra e Sinistra hegeliana; la prima avendo una visione conservatrice vide
una piena identità qualitativa, la seconda considerava la religione come una
sorta di narrazione mitologica irrimediabilmente inferiore alla filosofia. Tra
la Destra e la Sinistra, sussisteva un’ evidente linea di demarcazione riguardo l’interpretazione
politica del pensiero hegeliano; la fazione conservatrice si auto rappresentò
concettualmente nell’ espressione “ tutto
ciò che è reale, è razionale “, la Sinistra,
decisamente più progressista trovò il suo manifesto in “ tutto ciò che è razionale, è reale “. È necessario sottolineare
come l’ identità – tanto discussa e contestata – tra reale e razionale, si
compia sul piano dell’ idealità: la razionalità nel suo moto processuale
incontra l’ accidentale, ergo la coincidenza deve essere analizzata sul piano
dell’ idealità, per far ciò bisogna sapere cogliere la rosa nella croce,
rileggere il finito come manifestazione dell’ infinito. L’ intento del
pensatore tedesco era quello di mostrare come la razionalità non fosse qualcosa
al di fuori della natura e della storia, bensì fosse reale perché concretamente
realizzatasi. Nello stesso tempo, è interessante notare come due grandi
pensatori politici del 900’, Bobbio e Popper, videro
nella visione politica hegeliana una forma di conservatorismo; Bobbio fu assai
critico nei confronti della Weltanschauung di Hegel, Popper in un suo famoso
scritto, tacciò Hegel assieme a Platone di totalitarismo.
Al
di là di ogni interpretazione, il filosofo di Stoccarda, è pienamente convito
che l’ individuo non esista e non abbia senso all’ infuori dello Stato, che si
configura come fa notare Vattimo alla pari di un substratum.
Dopo
aver fatto alcune doverose premesse, passiamo ora ad analizzare la problematica
della logica relativa al sistema.
Come
asserisce A. Nuzzo, è utile al fine della comprensione distinguere la
logica dal logico, il “ die Logik “ dal “ das Logische “: la logica
è la prima branca del sistema ( oggetto di studio della prima parte dell’ Enciclopedia ) che si occupa nella
dimensione della purezza delle forme del pensiero; il logico appartiene alla struttura del sistema stesso, ha quindi una
funzione coestensiva.
La
logica assumendo il logico come oggetto primario diviene conseguentemente auto
– fondazione del sistema e ne segna la conclusione, si tratta di vedere che
tipo di fondazione Hegel assegni alla logica.
La
logica che di fatto coincide con la metafisica, - secondo l’ insegnamento kantiano -, assume
un valore metodologico, non tipo gnoseologico né ontologico.
Per
comprendere quest’ importante aspetto soffermiamoci brevemente sull’ innovazione
portata da Kant nella filosofia occidentale, il criticismo nell’ assumere le
categorie dell’ intelletto come conditio
sin qua non della struttura dell’ essere quoad nos ( fenomeno ) ha compiuto una decisiva svolta nella
cultura filosofica della fine 700’. Il concetto stesso di rivoluzione
copernicana è il punto nodale della Weltanschauung di Kant, il soggetto è il piano
di partenza verso l’ oggetto, non si parte più dall’ essere per giungere al
pensiero, ma il pensiero è divenuto il plasmatore del conoscere fenomenico.
Tra
le categorie di Aristotele e Kant, non vi è solo una differenza quantitativa,
10 per lo Stagirita e 12 per il padre del critisicmo; sussiste un rovesciamento
di termini capace di porre la base per l’ idealismo della triade Fichte – Schelling
– Hegel, tanto criticata da Schopenhauer.
Aristotele
nella Metafisica poneva l’ accento
sul problema dell’ essere in quanto tale, le soluzioni dello Stagirita erano
quattro di cui solo le ultime due seguibili: a) l’ essere come il vero e il falso [ to on os alethès ] , b) l’ essere
come accidente [ katà symbebekòs ] , c) l’ essere
come categorie, d) l’essere come
potenza – atto. La filosofia prima dello Stagirita assume quattro funzioni
fondamentali, protologia [ analisi sui principi e le cause prime ], ontologia
[ analisi sull’ essere mediante le categorie e il binomio potenza atto ] , usiologia [ analitica dell’ essere nella sua accezione
categoriale privilegiata, la sostanza ], teologia [ trattazione dell’ essere divino, XII libro della
Metafisica ].
L’
intuizione di Aristotele fu quella di porre una stretta relazione tra essere e
pensiero, il pensiero poteva conoscere la strutturazione categoriale dell’
essere e nello stesso tempo l’ essere era il punto di partenza.
L’
equilibrio posto dallo Stagirita cominciò a vacillare, già nel 600’ con
Cartesio, il quale affermando “ cogito
ergo sum “ mediante l’ uscita dal dubbio metodico – iperbolico, mostrò come
la realtà dell’ essere ( in accezione generale ) fosse basata sull’ auto -
evidenza del pensiero: si trattava quindi di un primo ed importante tentativo
di cambiare il problema del rapporto tra l’ essere e il pensiero.
La
svolta decisiva avvenne con Kant, il quale attraverso la rivoluzione
copernicana in filosofia, sostituì la
metafisica con la Logica trascendentale intesa come analisi del pensiero
nella dimensione della verità ( analitica trascendentale ) e dell’ apparenza (
dialettica trascendentale ): il pensiero non era più il riflettersi della
struttura categoriale dell’ essere, quest’ ultimo diveniva in accezione
fenomenica la proiezione dell’ apparato categoriale del soggetto
trascendentale. Per compiere questa colossale inversione, Kant dovette
distinguere la realtà in noumenica e fenomenica, la prima era l’ ultimo
baluardo che seppur problematicamente permise al padre del criticismo di
mantenersi nella dimensione del realismo gnoseologico; il fenomeno, l’ emblema
della sintesi tra a - priori ed a – posteriori, tra soggetto ed oggetto.
Se
la realtà – in relazione al soggetto – è fenomenica, il noumeno è al di là del
conoscere umano; l’ ontologia tradizionale è un ‘ ontologia del fenomeno ( in
accezione kantiana ), in questi termini si può comprendere come Kant
sostituisca l’ ontologia con la logica trascendentale. Siamo di fronte ad un
processo di de – sostanzializzazione dell’ ente, che divenuto esistente in
termini conoscitivi in relazione alla nostra attività categoriale, permette a
Kant di costruire il criticismo. Da un lato l’ uomo può conoscere
fenomenicamente, dall’ altro può vivere noumenicamente secondo il comando della
legge morale insita in lui stesso. Capiamo quindi che la gnoseologia è la
conditio sine qua non dell’ ontologia, il pensiero in accezione fenomenica è l’
origine dell’ essere. Per attuare completamente l’ inversione “ pensiero –
essere “; Kant dovette risolvere il problema più importante della “ Critica
della ragion pura “, quello di dare una giustificazione critica adeguata
alla conoscenza sintetico – fenomenica: la soluzione fu trovata nell’ Io – penso,
il centro categoriale del soggetto trascendentale, l’ attività unificatrice e
sintetica.
Sempre
nella prima opera critica Kant, lancia dardi velenosi contro il filosofare
cartesiano e quello berkeleyano, il primo è visto come una forma di idealismo
problematico, il secondo è di tipo dogmatico; tale premessa è importante in
quanto ci mostra come Kant conoscesse bene la difficoltà dell’ equilibrio
concettuale della sua costruzione criticista, trait d’ union tra il puro
realismo ed il puro idealismo.
A
testimonianza del fatto che la posizione kantiana fosse instabile, già prima
della morte del pensatore tedesco, in Germania si aprì un grande dibattito
riguardo il rapporto tra noumeno e fenomeno, il post – criticismo negando in
toto una realtà indipendente al soggetto aprì la strada all’ idealismo.
È
importante sottolineare che la Dialettica
trascendentale, come nota G. Reale non sia una critica a tutta la metafisica
occidentale, nelle sue varie forme ed espressioni; si tratta di un’ analisi
critica nei confronti del razionalismo dogmatico di Wolff; nello stesso tempo la filosofia kantiana –
considerata nella sua interezza – è altamente innovativa all’ interno della
filosofia occidentale, il suo innovativo modo di porsi nei confronti dell’
esperienza può essere sintetizzato dalla celebre frase introduttiva alla “ Kritik der reinen Vernunft “ : << che tutta la nostra conoscenza incominci con
l’ esperienza, non significhi che derivi interamente dall’ esperienza
>>.
La
“ Critica della ragion pura speculativa
“ ha un duplice funzione critica, da un lato demolisce l’ ontologia dogmatico
wolffiana e l’ impostazione del rapporto “ essere – pensiero “ occidentale pre
– cartesiano attraverso la “ de – sostanzializzazione “ dell’ ente che nella
dimensione del fenomeno “ quoad nos “
trova la sua esplicazione; dall’ altro con la seconda branca della “ Logica trascendentale “ elimina la
pretesa di costruire la “ metaphysica
specialis “ articolata in psicologia ( paralogismo
) – cosmologia ( antinomie ) e
teologia ( ideale) su basi scientifiche.
Hegel
nella suo idealismo dialettico riprende l’ insegnamento kantiano, facendo
coincidere la logica con la metafisica ( nella logica oggettiva analizza l’
ontologia e la metafisica classica, nella logica soggettiva, passa all’ esame
dell’ impostazione del padre del critisicmo ), nello stesso tempo, critica
attraverso una spietata analisi il rapporto del pensiero di fronte all’
oggettività, compresa la posizione kantiana.
Nella
prefazione alla Wissenschaft der Logik;
Hegel sottolinea inequivocabilmente come la metafisica sia un’ esigenza
insopprimibile nonostante “ la scienza e
l’ ordinario intelletto si davano così la mano per lavorare alla distruzione
della metafisica “; per evidenziare l’ importanza di questa disciplina egli
continuerà dicendo che un popolo senza metafisica è come un bel tempio ornato
ma privo dell’ altare.
È
possibile comprendere nell’ espressioni poc’ anzi citate, come nella filosofia
hegeliana vi sia una distinzione di vitale importanza per l’ economia del
sistema; l’ intelletto è la fase aurorale della dialettica che ponendo i finiti
gli uni indipendenti dagli altri deve essere superata dalla ragione dialettica
prima e speculativa poi.
Questo
dualismo intelletto – ragione era già presente nel criticismo; Kant da un lato
mostrava come l’ intelletto fosse il centro della gnoseologia fenomenica umana
in quanto mediante l’ io - penso e l’ immaginazione produttiva riusciva a
conciliare ed unire l’ intuizioni e i concetti; dall’ altro lato sussisteva la
ragione, come tensione dell’ individuo verso il metafisico, la totalità.
Sviluppare la tensione metafisica della ragione pura speculativa voleva dire
cadere in una serie di ragionamenti capziosi, prospettive contraddittorie ed
insolubili; la ragione nonostante fosse impossibilita a realizzarsi nella
dimensione conoscitiva dovendo assumere un uso euristico – regolativo, aveva la
possibilità di riscoprirsi come legge morale: la sfera della noumenicità
trovava la sua radice profonda nell’ essenza “ pura “ morale e pratica dell’
uomo.
Si
comprende quindi la differenziazione kantiana tra intelletto e ragione, il
primo aspira al finito, la seconda è in continua tensione verso l’ infinito.
Hegel
riprendendo la distinzione del padre del criticismo concepirà l ‘ intelletto
come una capacità astratta, proprio perché nella prima fase della dialettica, i
finiti non vengono inseriti in un ‘intelaiatura di relazioni ( l’ intelletto determina e tiene ferme le
determinazioni ), la ragione dialettica basandosi sul richiamo degli
opposti riesce a fondare una prospettiva concreta.
La
logica non offre una fondazione ontologica tradizionale né una fondazione
puramente gnoseologica alla maniera criticista, è una fondazione metodologica,
offre il metodo assoluto al sistema.
Sempre
nell’ introduzione all’ opera di Norimberga; Hegel analizza la funzione della
logica all’ interno della cultura del suo tempo; egli dirà espressamente che la
logica dopo Aristotele non ha avuto nessuna modifica sostanziale: << alla logica non andò in tutto così male come
alla metafisica >>.
Nonostante
avesse un uso strumentale – nota il filosofo di Stoccarda – è stata mantenuta
tra le scienze e le materie d ‘ insegnamento. Dall’ analisi critica della
logica e della metafisica, Hegel intuisce l’ importanza e la necessità di una “ trasformazione
del materiale “ al fine di costruire una nuova prospettiva adatta ai tempi
capace di comprendere le forme dello spirito.
La
logica è scienza del cominciamento e chiusura del sistema, come scienza prima è
una sorta di teologia (l’ esposizione di
Dio come è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno
spirito finito ) priva di presupposti, come scienza ultima ( metafisica ) trova il suo presupposto
nello svolgimento processuale del sistema stesso.
La
logica è la fondazione stessa del sistema, ma
in cosa trovare il cominciamento? Il cominciamento deve trovarsi nella
sfera dell’ immediato, dell’ indeterminato privo di presupposizioni: l’ essere
puro che nella sua vuota ed immediata indeterminatezza coincide con il nulla.
Hegel dirà infatti che: << Il puro
essere forma il cominciamento, perché esso è così pensiero puro come è,
insieme, l'elemento immediato semplice indeterminato; e il primo cominciamento
non può essere niente di mediato e di più particolarmente determinato ( …)
>>.
Dal
gioco dialettico ( contestato dal “ neo –
aristotelico “ Trendelenburg “ ) tra essere e nulla, sorge il divenire come
supermento dell’ immediatezza nell’ immediatezza della prima sfera dell’
essere.
Hegel,
mostrerà come vi sia una sorta di “ coincidentia “ ( Entsprechung ) tra le
categorie del pensiero puro e la successione storica dei sistemi di filosofia: Parmenide si
portavoce della filosofia dell’ essere, Buddha della filosofia del nulla ed Eraclito
della filosofia del divenire.
Riguardo
all’ essere parmenideo, Hegel muove alcune critiche di fondamentale importanza:
<< Parmenide teneva per fermo l'essere, ed era perfettamente
conseguente, per ciò ch'egli diceva insieme al nulla, ch'esso non è affatto;
soltanto l'essere è. L'essere, preso così assolutamente per sé,
l'indeterminato, e però non ha alcuna relazione ad altro. Sembra quindi che da
un cominciamento come questo non si possa andare innanzi, partendo cioè dal
cominciamento stesso, che un progresso si possa avere solo in quanto all'essere
si annodi dal di fuori qualcosa di estraneo. [...] L'essere non sarebbe affatto
il cominciamento assoluto, quando avesse una determinatezza; in cotesto caso
dipenderebbe da un altro, e non sarebbe immediato, non sarebbe il
cominciamento. Se invece è indeterminato, e quindi vero cominciamento, non ha
nulla, per cui possa trapassare ad un altro: è in pari tempo la fine. Nulla può
scaturirne, come nulla può penetrarvi. Presso Parmenide, come presso Spinoza,
non si dovrebbe avanzare dall'essere, o dalla sostanza assoluta, al negativo,
al finito >>.
In
questa prospettiva intuiamo l’amore di Hegel per Eraclito, il filosofo di Efeso asseriva che << la strada che sale è quella che scende >>,
un ente è compreso solo facendo riferimento al suo contrario.
Hegel
guarda la storia della filosofia sotto
la sfera della logica, le sequenze logiche devono corrispondere idealmente a
quella reali.
In
questo tentativo, il filosofo di Stoccarda cade in forzature o addirittura in
errore, per dare una storicità alla prima triade della logica, pone Parmenide
prima di Eraclito, commettendo un grave errore, poiché il pensatore di Efeso
visse prima di quello di Elea.
Prima
di analizzare per linee generali la strutturazione della logica hegeliana
dobbiamo soffermarci sull’ uso innovativo che Hegel fa della logica stessa e
della sua analisi riguardante il porsi del pensiero – all’ interno della storia
della filosofia – nei confronti dell’ oggettività.
Il
pensatore di Stoccarda analizza le due concezioni tradizionali della logica,
nella prima il pensiero fa uso della logica senza coscienza, si tratta di una
logica che Hegel definisce naturale; la seconda concezione superiore alla prima
ma ancora inadatta vede nella logica uno strumento del pensiero.
La
soluzione proposta da Hegel consiste nell’ abbandonare la prospettiva
strumentale della logica: non è più il pensiero che fa uso della logica, ma è
la logica che usa il pensiero al fine di
“ portare a coscienza la logicità che costituisce l’ essenze del
pensiero stesso nella sua verità “ ( A.
Nuzzo ).
La
logica tradizionale – formale ( l’ analisi sul sillogismo e sul giudizio ),
confluisce nello studio delle determinazioni finite dell’ intelletto.
In
questa accezione la logica hegeliana diviene una logica speculativa, il pensiero che nella forma del pura verità
pensa se stesso, si tratta di un superamento dialettico della metafisica
tradizionale e del criticismo kantiano: la logica non è una disciplina astratta
e formale, è la trattazione della forma assoluta della realtà, il pensiero puro
ed oggettivo, che penetra nelle cose.
Dopo
questa precisazione Hegel, analizza il pensiero di fronte all’ oggettività: a)
la posizione della ( metafisica
tradizionale ), b) il dualismo moderno ( empirismo – criticismo ), c) il sapere immediato ( filosofia dell’intuizione ).
La
posizione della metafisica
tradizionale, è incentrata sulla coincidenza
( seppur imperfetta ) di pensiero ed essere, il primo può cogliere l’ essere
essendo in unità con esso. Hegel dirà che essa aveva: << un concetto più alto del pensiero, che non
nei nostri tempi >>, mettendo in fatti << per base che ciò che per mezzo
del pensiero si conosceva delle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudevano >>,
<< riteneva perciò che il pensiero
e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti,
ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose
coincidessero in sé e per sé >>.
I
limiti della metafisica tradizionale sono ravvisati nel credere che le
determinazioni dell’ essere siano qualcosa di oggettivo e di dato, e che nella
loro finitezza siano basate sul principio di non – contraddizione: tale
prospettiva – come nota Hegel – cade nel baratro del dogmatismo.
Sia
empirismo e critisicmo, presentano la separazione dell’ essere e del pensiero;
il primo si segnala per un bisogno di concretezza e una feroce critica alle
categorie della metafisica tradizionale viste come entità astratte; il
criticismo ritiene che l’ unico terreno base per la conoscenza sia l’
esperienza, un’ esperienza dove il soggetto ha un ruolo attivo.
Hegel
criticherà l’ empirismo tradizionale per una visione ingenua del reale, il
criticismo – secondo il filosofo di Stoccarda – ha avuto il merito di porre le
categorie del pensiero come categorie dell’ oggettività, ma ha ridotto la
realtà ad una x impenetrabile ed inconoscibile ( la cosa in sé ), non riuscendo
a risolvere le contraddizioni interne alla realtà stessa.
La
filosofia dell’intuizione ( o del
sapere immediato ) ha il merito di superare il finito e di concepire una
perfetta armonia tra l’ essere ed il pensiero; il suo limite consiste nell’ uso
dell’ intuizione.
E’
interessante notare, come sia la metafisica tradizionale che l’empirismo nelle
sue varie forme ed espressioni, cadano nel dogmatismo; la filosofia dell’
intuizione è quella di stampo tipicamente romantico.
Dopo
aver esplicato la funzione speculativo – metafisica della logica hegeliana e l’
analisi critica che il filosofo di Stoccarda compie nei confronti delle
impostazioni precedenti del pensiero di fronte l’ oggettività, passiamo ora ad
introdurre la suddivisone vera e propria della Wissenschaft der Logik.
La
logica speculativa, segue l’ impostazione triadica della dialettica, è impostata e costituita
dall’ essere
( tesi ), dall’ essenza ( antitesi ) e dal concetto ( sintesi ).
È
importante sottolineare come il trinomio “ tesi – antitesi – sintesi “ sia
utilizzato raramente da Hegel nelle sue opere, egli parla di un momento
intellettivo, di un secondo dialettico e di un terzo speculativo; nell’ introduzione
alla “ Fenomenologia dello spirito “
il pensatore tedesco tratta la problematica dell’ antitesi come negazione
determinata, momento più dinamico del moto processuale della dialettica.
L’
essere e l’ essenza costituiscono – all’ interno della opera hegeliana – la
logica oggettiva, il concetto quella soggettiva, questa divisione porta in sé
un’ altra distinzione, tra la ragione che opera come intelletto nella sfera
dell’ oggettività e la ragione che opera da un punto di vista speculativo nella
soggettività.
In
precedenza si era sottolineato come la logica fornisse un metodo assoluto al
sistema, perdendo la sua funzione strumentale e tecnica; il metodo assoluto è
l’ autocoscienza della scienza, l’ animo dell’ intero sistema; in questo modo
possiamo rileggere la divisione triadica sotto una prospettiva metodologica: l’
essere corrisponde alla fase iniziale del processo dialettico ( l’ Anfang ), l’
essenza ponendosi tra la tesi e la sintesi diviene il nucleo stesso dell’
avanzamento ( il Fortang ) dall’ immediato primo all’ immediato secondo, il
concetto è la fine del metodo ( Ende ).
Nell’
introduzione all’ opera di Norimberga, Hegel mostra, come in ogni scienza l’
oggetto il metodo stesso necessitano di una trattazione distinta, questa sorte
non appartiene alla scienza della logica, dove il metodo di fatto coincide con
l’ oggetto d’ analisi.
La
logica speculativa hegeliana è un
processo immanente di autodeterminazione del pensiero puro che nel suo agire
raggiunge il suo essere; non si tratta della logica aristotelica che
studiava scientificamente le leggi formali del pensiero, il sillogismo, il
concetto e il giudizio, né della prospettiva del “ determinare “ kantiano di un
soggetto trascendentale, né il processo di determinazione di substrati della
metafisica tradizionale.
L’
autodeterminazione immanente del pensiero puro per il raggiungimento del suo
essere, necessita di un cominciamento nella sfera dell’ immediato e dell’
indeterminato; l’essere – nota Hegel – è la dimensione ideale in quanto non
presentando alcuna determinazione si sottrae alla determinabilità e si
costituisce come principio di ogni determinazione.
L’
essere in questa accezione corrisponde al nulla, la differenza tra i due
termini risulta sul piano formale non su quello sostanziale; Hegel dirà
infatti: “ l’ essere che nella sua vuota
ed immediata indeterminatezza coincide con il nulla “.
Nella
logica, è possibile scorgere il cammino del concetto che una volta passato per
le tre sfere si realizza come idea assoluta; questo processo è il moto di
autodeterminazione immanente.
Hegel
deve attuare - come del resto fece Kant con le categorie dell’ intelletto – la
deduzione del concetto; le due prospettive sono differenti; la deduzione
trascendentale kantiana è la giustificazione della possibilità applicativa (
valore oggettivo ) delle categorie sulle intuizioni, in quanto la conoscenza
fenomenica è sintetica, fusione di a – priori e a – posteriori, di intuizioni e
concetti.
Hegel
dal canto suo, risolve la problematica della deduzione del concetto, nella
realizzazione di se medesimo, nel suo dispiegarsi è insita la suddivisione
della logica speculativa.
Il
concetto quindi non è altro “ che la
verità al singolare “ ( A. Nuzzo ), l’origine dello sviluppo della logica stessa.
Nella dimensione dell’ essere il concetto si manifesta nell’ immediatezza,
nell’ essenza il concetto ha un ripiegamento riflessivo, una mediazione
negativo – dialettica; nell’ ultima fase il concetto si realizza ad Idea
assoluta.
Soffermiamoci
brevemente sulla prima parte della logica oggettiva; dalla coincidenza
oppositiva formale di essere e nulla, sorge il divenire che supera nell’
immediatezza l’immediatezza della tesi e dell’ antitesi, generando l’ essere
determinato ( finito ).
Giunti
all’ essere determinato, Hegel analizza secondo lo schema dialettico il
rapporto finito – infinito che culturalmente si traduce nello scontro
Illuminismo – Romanticismo, intelletto – ragione.
Nel
superamento dell’ antitesi finito – infinito, sorge la loro unione sintetica;
l’ infinito hegeliano è costituito dagli infiniti rapporti dei finiti; il
finito deve abbondare l’ incompleta chiusura nell’ indipendenza sorta dal
principio di non – contraddizione per divenire momento ideale della totalità: è
un moto di auto - dissoluzione del finito che rinasce come manifestazione dell’
infinito.
Hegel
criticherà la visione illuminista dove finito e finito sono separati da un muro
invalicabile, assieme alla prospettiva fichtiana dove l’infinito è assunto a
titolo di dover – essere, di viatico “ etico di perfezionamento e non di
perfezione “ ( Restaino ).
Ritornando
all’ essere determinato, esso è tale in virtù della sua qualità,
della quantità e della misura come quantità della qualità.
Dopo
la dimensione dell’ essere costituito della triade analizzata poc’ anzi, si
passa all’ essenza come ripiegamento riflessivo dell’ essere; Hegel aprirà il
secondo tomo della Wissenschaft der Logik
dicendo che: “ l’ essenza è la verità
dell’ essere “.
Prima
di passare alla seconda triade dell’ opera, è necessario soffermarci brevemente
sul alcune interessanti questioni della logica
hegeliana.
Lo
sviluppo processuale del moto della logica speculativa non ha una
strutturazione teleologica ( secondo l’ interpretazione schellinghiana nelle “ Lettere monachesi “ ): ha una fine ma
non un fine.
Il
concetto giunto nell’ultima fase ritorna al punto d ‘inizio ( essere ), ma è un
ritornare in un’ immediatezza seconda, in quanto è passato per la mediazione
dialettica che lo ha arricchito.
Dobbiamo
porci una domanda di fondamentale importanza, l’ avanzamento in questione è analitico o sintetico?
Siamo
di fronte ad un avanzamento sintetico analitico o analitico sintetico, in
quanto il concetto si sviluppa nell’immanenza ( analitico ) producendo
differenze che non comparivano all’ inizio ( sintetico ).
Dopo
l’ immediatezza iniziale dell’ essere si passa all’ essenza come ripiegamento
riflessivo della prima sfera; l’essenza è una sorta di Ge – wesen,
il passato dell’ essere stesso.
In
questo modo avviene una transizione dialettica di fondamentale importanza: il
superare la dimensione del “ Sein “
si traduce nell’ attuare la mediazione necessaria al fine di permettere il
passaggio verso il Concetto.
Si
è detto in precedenza come, la seconda sfera della logica hegeliana sia
caratterizzata da una mediazione dialettica, una sorta di differenziazione, nello
stesso tempo è opportuno sottolineare come già all’ interno dell’ essere fosse
presente un processo di differenziazione, desinato a dileguarsi a causa dell’
instabilità della dimensione che ospitava tale atto “ mediativo “.
Solo
nel “ concetto “ la differenziazione
s’instaura come processo dell’ autodeterminazione raggiungendo così la sua
esplicazione funzionale.
L’
immediato attraverso la mediazione ( negativa ) si fa differente il “ semplice diviene altro da sé “.
Tra
la logica dell’ essere e la logica dell’ essenza non sussiste solo il dualismo oppositivo “ immediato – mediazione “ , compare una differenza di fondo: le
categorie dell’ essenza non “ passano le
une nelle altre “ come accadeva
nella dimensione dell’ essere, ma si manifestano nella relazione, nel rapporto.
Questo
aspetto ha una duplice importanza, all’ interno della sfera dell’ essenza è l’
espressione di come tali categorie siano concettualmente più elevate e
quindi più profonde ( s’ intende il
ripiegamento riflessivo ), rispetto a
quelle dell’ essere, in secundis Hegel sta mostrando come il singolo in sé non
abbia valore ma si realizzi nel rapporto oppositivo, nell’ in sé e per sé, in
un negativo che per l’economia del tutto è necessario e positivo.
L’
essenza ha una strutturazione triadica, è costituita dall’ apparenza
a sua volta divisa in apparenza - essenzialità e fondamento, dal fenomeno diviso in esistenza
- fenomeno e rapporto essenziale, ed infine compare la realtà effettiva
articolata nello studio dell’ assoluto, della realtà effettiva e del rapporto
assoluto.
Nella
sfera dell’ essenza il filosofo tedesco analizza quelle leggi che fino ad
allora erano state “ erette indebitamente
“ a leggi universali del pensiero: il principio
d’ identità, il principio di non
contraddizione ed infine il principio
del terzo escluso. Nell’ analisi critica hegeliana è insito il supermento
di tali leggi in virtù di una nuova formulazione concettuale, base per l’
elaborazione del sistema dialettico e dall’ autocostituirsi dell’ Assoluto: la logica della contraddizione.
La
logica tradizionale poneva il principio d’ identità come principio supremo del
pensiero, nell’ antichità avevano fatto uso di tale principio - con intenti
diversi - sia Parmenide nel suo scritto “ Sulla natura “ sia Aristotele nella “ Metafisica
“ e nell’ “ Organon “.
Il
principio d’ identità asseriva che ogni ente è uguale a se stesso, attraverso
un linguaggio formale poteva essere espresso in questi termini: A = A. La Scolastica, lo individuò e lo rese esplicito, Wolff filosofo
tedesco del Settecento, seguace di Leibniz lo eresse a legge universale del
pensiero.
Hegel,
intuisce che se la realtà è dialettica, il principio d’ identità è solo la
prima fase dell’ autocostituirsi della realtà ed è nello stesso tempo una fase
destinata a esser superata.
Il
filosofo di Stoccarda è altamente critico nei confronti del principio di non
contraddizione, egli che: << (…) è uno dei pregiudizi
fondamentali della vecchia logica e dell'ordinaria rappresentazione, che la
contraddizione non sia una determinazione altrettanto essenziale ed immanente
quanto l'identità.[...]La contraddizione viene ordinariamente allontanata, in
primo luogo, dalle cose, da ciò che è e dal vero in generale; si afferma, che
non v'è nulla di contraddittorio. Essa vien poi anzi rigettata sulla
riflessione soggettiva, che sola la porrebbe col suo riferire comparare. Ma
propriamente non si troverebbe nemmeno in questa riflessione, perché il
contraddittorio si dice non si può né rappresentare né pensare. La
contraddizione vale in generale, sia nella realtà, sia nella riflessione
pensante, come un'accidentalità, quasi un anomalia e un transitorio parossismo
morboso. >>.
Anche
nei confronti del principio del terzo
escluso - secondo il quale tra due
asserzioni contraddittorie, non ne sussiste una intermedia -, non risparmia
critiche: << Dimenticando che identità e opposizione sono opposte tra
loro, il principio di opposizione viene preso anche per quello di identità
nella forma del principio di contraddizione; così un concetto a cui non spetti
nessuno dei due caratteri tra loro contraddittori, oppure spettino entrambi,
viene dichiarato logicamente falso, come per es. il concetto di circolo
quadrato.[…] Invece di parlare secondo il principio del terzo escluso
(principio dell'intelletto astratto), si dovrebbe dire piuttosto: tutto è
opposto. In effetti né in cielo, né in terra, né nel mondo naturale, né in
quello spirituale, c'è un'alternativa così astratta come l'afferma l'intelletto
con il suo o - o. Tutto ciò che è, in qualche modo è un concreto, e quindi
qualcosa in sé distinto ed apposto.[...] La contraddizione superata non è per
l'identità astratta, perché questa è soltanto un lato dell'opposizione. Il
risultato prossimo dell'opposizione posta come contraddizione è il fondamento
che contiene in sé tanto l'identità quanto la distinzione come superate e
deposte a puri momenti ideali >>
L’
intelletto astratto pone A = A, la
ragione dialettica dopo la tesi per usare un ‘ espressione
fichtiana, formula l’ antitesi A = non –
A; l’ antitesi non è una
negazione assoluta, si tratta di una negazione determinata, che permette il
passaggio alla sintesi: A = A e non
– A ( l’ identità dell’ identità e della non identità ).
L’
identità dell’ intelletto deve essere superata da una contraddizione, tesi ed
antitesi troveranno la loro esplicazione nella sintesi. Hegel – seguendo l’
insegnamento eracliteo – intuisce che un ente può essere compreso solo facendo
riferimento al suo contrario, il principio di non – contraddizione come
espressione dell’ intelletto, pone l’ ente logico ( e reale ) in una chiusa
indipendenza che non permette nessuna relazione oppositiva e costitutiva.
La
logica della contraddizione, ha una duplice funzione, da un lato è un processo
di auto – dissoluzione del finito che non è riducibile al mero in – sé, ma nel per – sé oppositivo –
negativo trova la sua esplicazione, dall’ altro è il nucleo concettuale più
elevato della concezione dialettico – sistematica hegeliana.
I
limiti della logica della non – contraddizione stanno nell’ assolutizzare il
finito, la cui limitatezza è potenziata all’ infinito, e nel rendere l’ ente (
finito ) astratto, chiuso nella sua indipendenza. Al fine di comprendere il
ragionamento hegeliano che ad un primo impatto può apparire complesso, è
possibile esporlo in una duplice maniera comparativa: l’ A = A corrisponde all’ in sé
posto dall’ intelletto, l’ A = non – A
è la massima espressione della ragione dialettica e può essere espresso attraverso la stessa
terminologia hegeliana del per - sé,
l’ A = A e non – A è la sintesi
realizzata dalla ragione speculativa nell’ in
– sé e per sé.
L’
Assoluto nella duplice espressione d’
intero
e risultato, passa per la contraddizione risolta nell’ unità dall’ operare della
sintesi.
Riguardo
alla logica della contraddizione vi furono molti contestatori tra i quali Eduard Von Hartmann che riteneva impossibile discutere con gli
hegeliani proprio perché negavano il principio di non – contraddizione; lo
stesso Popper nel 900’ terrà una posizione molto critica nei
confronti della prospettiva del grande idealista.
Al
fine di comprendere al meglio l’ analisi hegeliana sul principio di non – contraddizione, dobbiamo tener presente che il
filosofo di Stoccarda non vuol negare in
toto la logica aristotelica come pensava invece Trendelenburg, egli critica una visione della logica e della
realtà ( in quanto per Hegel la logica è il pensiero puro oggettivo )
imperniata unidimensionalmente sul principio di non – contraddizione.
Nell’
Enciclopedia della scienze filosofiche in
compendio, il pensatore tedesco
utilizza tale principio per confutare i suoi avversari, precisamente alcuni
aristotelici che vedevano opposti il principio di non – contraddizione e quello
del terzo escluso, cadendo inesorabilmente in contraddizioni di fondo.
Si
è detto in precedenza come la seconda sfera della logica speculativa hegeliana
sia una mediazione – negativa che supera l’ immediatezza dell’ essere per porsi
come base per la sintesi operata dal concetto; si tratta ora di analizzare più
specificatamente il ruolo e la funzione della negazione all’ interno della
logica e del sistema del filosofo di Stoccarda.
Hegel,
costruisce la sua “ Weltanschauung “
sulla famosa asserzione spinoziana: “
Omnis determinatio est negatio “,
nella determinazione è insita la negazione.
Tale
asserzione ha un’ importanza capitale per la logica hegeliana, in quanto
processo di autodeterminazione immanente del concetto è un processo negativo –
auto -costitutivo, inoltre la sfera
dell’ essenza è una fase negativa nel senso che supera nella determinazione l’
immediatezza e l’ indeterminazione dell’ essere del cominciamento.
La
negazione non è mai assoluta – come dice Hegel nell’ introduzione alla Fenomenologia,
il nulla è il nulla da ciò da cui risulta
– siamo di fronte ad una negazione determinata. Tale negazione da un lato si
pone come antitesi determinata della tesi, dall’ altro in lei stessa è insita l’ auto – negazione che s’ instaura
come propedeutico alla sintesi.
La
triade logica “ essere – essenza –
concetto “ corrisponde ad un percorso di negazione ed autodeterminazione,
si parte da una negatività immediata
( estrinseca ) passante per una negatività
intrinseca e basata sul rapporto per giungere all’ unità intesa come unione “ del
sé con l’ altro da sé “.
Assieme
alla negazione determinata, sussiste
un’ altra espressione di massima importanza per il sistema hegeliano: l’ Aufhebung.
Dell’
Aufhebung, Hegel ne parla nella prima
sezione della logica, quella dell’ essere, precisamente a pagina cento. Dato
però che il movimento dell’ Aufhebung è interconnesso a quello della negazione
determinata, è più utile alla nostra esposizione analizzarlo all’ interno della
dimensione della mediazione.
Il
termine Aufhebung, ha poliedrici
significati nella lingua tedesca, l’ unica traduzione adeguata la offre il
latino con il verbo tollere nella sua
duplice accezione di togliere e sollevare.
Prima
di addentrarci nella ricchezza concettuale di tale termine, è necessario fare
una riflessione di fondamentale importanza in quanto sussiste una distinzione
d’ uso tra la logica del periodo jenese e quella posteriore all’ opera del
1807. Precedentemente alla pubblicazione della Fenomenologia dello spirito, l’ Aufhebung
era il termine che designava il processo di auto – dissoluzione delle forme
finite del pensare e si poneva quindi come introduzione alla metafisica, la
logica non aveva una funzione costitutiva ma nichilistico – propedeutica alla
dimensione speculativa della filosofia prima, secondo la terminologia dello
Stagirita.
Dopo
il 1807, l’ Aufhebung acquista un
significato innovativo e polifunzionale rappresentato dal tollere, nella sua duplice esplicazione di ( a ) togliere e ( b ) sollevare.
È
un togliere negativo – mediativo, in
quanto si produce una nuova struttura che mantiene e conserva al proprio
interno il processo che l’ ha costituita; il sollevare, implica che le determinazioni iniziali siano portate ad
un livello superiore e nello steso tempo tali determinazioni divengono fasi “ ideali “ del processo.
Hegel
per esemplificare tale procedura logico – dialettica utilizza un esempio
chiarificatore: << Il boccio
dispare nella fioritura, e si potrebbe dire che quello vien confutato da
questa; similmente, all'apparire del frutto, il fiore vien dichiarato una falsa
esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua
verità. Tali forme non solo si distinguono, ma ciascuna di esse dilegua anche
sotto la spinta dell'altra, perché esse sono reciprocamente incompatibili. Ma
in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell'unità organica, nella
quale esse non solo non si respingono, ma sono anzi necessarie l'una non meno
dell'altra; e questa eguale necessità costituisce ora la vita dell'intero.
>>. Fenomenologia dello spirito.
Possiamo
rileggere il processo dell’ Aufhebung
nella triade portante della logica; il concetto da un lato è un superamento
dell’ immediatezza dell’ essere mediatasi attraverso la negazione dell’
essenza, dall’ altro conserva tale immediatezza iniziale nella sfera dell’
idealità come fase del processo.
Hegel
nella Wissenschaft der Logik dice
espressamente che l’ andare avanti è un ritornare indietro fondante in quanto capace
di potenziamento.
Sia
il movimento della negazione determinata
che quello dell’ Aufhebung, fanno
parte della dialettica triadica hegeliana suddivisa in un momento intellettivo,
dialettico e speculativo; essa è il cuore della filosofia del grande idealista,
in quanto legge di sviluppo e di comprensione del reale, egli dirà infatti
nell’ Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio, che: <<
La dialettica viene usualmente considerata come un'arte
estrinseca che arbitrariamente porta confusione in concetti determinati e
produce una semplice apparenza di contraddizioni in essi, in modo che non
queste determinazioni, ma quest'apparenza sarebbe un nulla e l'intellettivo
invece sarebbe il vero. [...] La dialettica invece è questo immanente oltrepassare,
in cui l'unilateralità e la limitatezza delle determinazioni dell'intelletto si
espone per quello che è, cioè come la loro negazione. Ogni finito è il superare
se stesso. La dialettica è quindi l'anima motrice del procedere scientifico ed
è il principio mediante il quale soltanto il contenuto della scienza acquista
un nesso immanente o una necessità, così come in esso in generale si trova la
vera elevazione, non estrinseca, al di là del finito.
>>
In
questa accezione la dialettica hegeliana si differenzia dalle precedenti, sia
da un punto di vista processuale che costitutivo, vediamo il perché.
Nella
storia della filosofia, Zenone di Elea fu l’ iniziatore della dialettica intesa come arte
della confutazione delle tesi dell’ avversario, i Sofisti adoperarono tale tecnica con un intento
relativistico e nichilistico.
Con
Socrate,
la dialettica acquisisce una funzione positivo - maieutica all’ interno del
dialogo, capace di demolire i falsi saperi; in Platone, la dialettica trova un posto d’ onore.
Se l’Essere e il mondo delle idee costituiscono un tessuto di rapporti
possibili, la suprema scienza delle idee, che Platone chiama dialettica
consisterà nello stabilire la mappa di queste relazioni cioè determinare quali idee si connettono e
quali no. La dialettica platonica è la
scienza delle idee; ovvero la filosofia stessa, concepita come processo mentis che si sviluppa
attraverso il procedimento stesso del domandare e rispondere. La dialettica si
compone in due momenti: a) ricondurre a
un’unica idea cose disperse e nel definire l’idea in modo da renderla
comunicabile a tutti ( synagoghè );
b) divisione dell’idea nelle sue
articolazioni interne, secondo il metodo dicotomico ( diairesis ). Ma e
solo nel Sofista e nel Politico che abbiamo l’organica messa a punto del
procedimento dialettico nelle sue caratteristiche salienti.
L’arte dialettica presuppone una possibile comunicazione fra le idee.
Infatti se tutte le idee comunicassero tra di loro come volevano gli eristi,
ogni discorso sarebbe vero e non avrebbe più senso la fatica dialettica; invece
se nessuna idea comunicasse con le altre come sostenevano i cinici non sarebbe
possibile formulare nessun tipo di discorso se non quello del tipo: << l’uomo è uomo >>. Platone sceglie
una via intermediaria rispetto alle due tesi precedentemente formulate da
cinici ed eristi: << alcune idee
sono combinabili altre no >>. L’arte
dialettica consisterà nel definire un’idea mediante successive identificazioni
e diversificazione, attraverso un processo di tipo << dicotomico >>
che avanza dividendo per due un’ idea, sino a giungere a un’idea indivisibile.
Nella dialettica platonica si è vista talvolta un’anticipazione grezza della
tecnica definitoria proposta da Aristotele nella sua logica. In realtà la
dialettica di Platone presenta caratteri specifici che la distinguono
nettamente dal procedimento dimostrativo di Aristotele perché: a) si
costituisce su base ipotetica in quanto sceglie una definizione di partenza e
poi la mette alla prova vedendo se essa è realmente capace di stringere ciò di
cui si parla; b) perché tende a strutturarsi come ricerca inesauribile e sempre
aperta a nuove acquisizioni.
Nella filosofia aristotelica la dialettica ha un funzione minore rispetto
alla posizione del maestro, ha un ruolo “ deuteragonistico ( Sacchetto ), non scientifico – sillogistico, ma si fonda sul
probabile.
Il filosofare degli Stoici, tende a eliminare la distinzione presente
nello Stagirita tra apodittica e dialettica, grazie allo sviluppo dei
sillogismi ipotetici.
Plotino, per dialettica
intende il percorso ascensivo verso l’ Uno; Proclo, detto anche lo
Hegel del V secolo d. C. divide il processo di emanazione e ritorno dialettico
in tre fasi: ( a ) causa in sé, ( b ) processo
emanativo dell’ essere, ( g ) ritorno dell’ essere alla causa
prima.
Nel Medioevo la dialettica è
considerata nel bene o nel male come una branca della logica, si tratta di
vedere che ispirazione concettuale prevalga; nell’ età rinascimentale è una
tecnica è intesa come tecnica argomentativa.
Kant – come afferma lo
stesso filosofo di Stoccarda – è colui che ha rivoluzionato il significato
della dialettica e le problematiche ad essa legate.
La “ Dialettica trascendentale “ è lo studio critico
della tensione metafisica della ragione e dei nodi concettuali nati dalla
pretesa di sviluppare scientificamente tale tensione.
In questa sezione, Kant analizzerà la triade “ psicologia – cosmologia –
teologia “ costruita razionalmente, dimostrandone l’ erroneità di fondo, le
contraddizioni insolubili ed irrisolvibili delle speculazioni cosmologiche
razionali, sono la dimostrazione più chiara di come la conoscenza sia e debba
essere fenomenica, il noumeno sarà riscoperto da una ragione pura – pratica
come legge morale.
In Fichte, primo idealista della triade, la dialettica
incentrata sulla “ tesi – antitesi – sintesi “ è il percorso di perfezionamento
etico di un soggetto assoluto che nel suo porsi si contrappone un ostacolo da
superare con uno slancio di libertà.
Dopo aver tracciato un breve itinerario del significato della dialettica
all’ interno della storia della filosofia prima di Hegel, è possibile
comprendere l’ originalità della concezione di quest’ ultimo: la realtà intesa
come fusione di pensiero ed essere, non è statica, bensì dinamica, formatasi
attraverso un moto processuale di negazione e superamento, la contraddizione
nell’ accezione più alta del termine diviene – in Hegel – il motore del reale.
Nella W. d. L. , le sfere
logiche sono poste in successione in modo tale che la sfera successiva presenti
quella precedente in maniera superiore e più ricca, e nello stesso tempo la
riduca ad idealità.
Ogni sfera logica presenta la Verità
in un suo momento, quando la Verità sarà immanente alla determinazione si avrà
la fine del processo, il concludersi nella dimensione “ della circolarità “.
Nella
dimensione dell’ essere e dell’ essenza, la Verità si traduce nelle
forme qualitative – quantitative della finitezza e nelle forme riflessive e
relazionali che trovano la loro Verità
in altro.
Dobbiamo porci una domanda d’ importanza vitale al fine di comprendere il nucleo essenziale della logica speculativa hegeliana. Che cos’è la Verità? La Verità è il processo immanente di autodeterminazione logico del pensiero