Indubbiamente tra le figure di spicco dell'età classica tedesca va annoverata quella di Johann Gottfried Herder (1744-1803); nato a Mohrungen, nella Prussia orientale, Herder fu diretto allievo di Kant (nella fase precritica del suo pensiero), a Königsberg. Herder, da grande viaggiatore che fu, ebbe modo di conoscere a Parigi i maggiori Enciclopedisti, ad Amburgo Lessing e Reimarus, a Strasburgo Goethe, con cui diede l'avvio allo "Sturm und Drang". Fu amico, oltre che di Goethe e di Schiller, dai quali però si allontanò dopo la loro svolta classica, anche del romantico Jean Paul Richter. Nel 1778-1779 arrivò anche in Italia, in uno dei suoi numerosi viaggi. Tra le sue opere filosofiche più di rilievo vanno senz'altro ricordati il Trattato sull'origine del linguaggio (1772), Ancora una filosofia della storia per l'educazione dell'umanità (1774) e, il suo grande capolavoro, le Idee per la filosofia della storia dell'umanità (1784-1791). Con Herder ci troviamo dinanzi a una figura che non può certo essere collocata nella galassia dei pensatori illuministi: è vero che egli fu allievo di Kant, di cui seguì le lezioni a Königsberg e col quale intrattenne sempre un vivace dibattito, spesso alimentato dalla divergenza di prospettive; ed è anche vero che a Parigi ebbe modo di conoscere i maggiori philosophes. E tuttavia è anche vero che la riflessione del nostro autore è animata da problematiche e da soluzioni che rinviano ad un panorama filosofico che non è più quello illuministico, trovandosi egli a condividere – almeno per un primo periodo della sua attività – la nuova prospettiva filosofica di Schiller e di Goethe, col quale diede l’abbrivio allo «Sturm und Drang», e criticando ferocemente gli «Enciclopedisti» francesi. Il mutamento di paradigma rispetto ai canoni illuministici risulta lampante se si volge lo sguardo alla concezione che Herder ha della storia, intesa come un tutto organico che si sviluppa nel tempo, e ancor di più se si considera l’animosa polemica che il nostro autore conduce contro la maniera illuministica di intendere la storia come incessante progresso dall’arretratezza delle epoche passate – irrazionali e viziate da pregiudizi – alla superiorità dei tempi presenti. Del resto, la stessa polemica che impegnerà i Romantici e Hegel contro gli Illuministi sembra già tutta in nuce nella critica che Herder muove a Montesquieu, del quale rigetta senza remore il concetto stesso di «legge» intesa come fredda e astratta norma formale, contrapponendo ad essa il «costume» in virtù della sua maggiore vitalità, concretezza e organicità. I disparati aspetti del pensiero di Herder trovano espressione unitaria nella sua concezione della storia , destinata ad influenzare direttamente il romanticismo e indirettamente lo storicismo tedesco di fine secolo. La storia appare agli occhi di Herder come un grandioso processo unitario, in cui l'umanità realizza progressivamente se stessa, con i propri valori, le proprie manifestazioni ed istituzioni. Ma l'unità del corso storico non é più fornita, come avveniva nella storia della filosofia illuministica, dal criterio univoco del progresso della ragione, che fa delle età più arretrate semplici strumenti di preparazione delle più illuminate epoche finali. Essa consiste, piuttosto, nel fatto che la storia costituisce un tutto organico , al cui interno le singole epoche e le singole manifestazioni storiche rappresentano momenti della totalità. In Ancora una filosofia della storia per l'educazione dell'umanità Herder istituisce una stretta correlazione tra le epoche dello sviluppo dell'umanità in generale e le età della vita umana individuale : il mondo orientale antico corrisponde all'infanzia dell'umanità, la civiltà egizia e fenicia alla fanciullezza, la grecità alla giovinezza, il mondo romano alla virilità, il tardo impero alla vecchiaia, fino a che le invasioni dei popoli barbarici non infondono nuova vitalità al decrepito corpo del genere umano. Nelle Idee per la filosofia della storia dell'umanità , invece, l'unità del processo storico é garantita dal fatto che ciascun singolo corpo, che via via si affaccia alla ribalta della storia, costituisce una particolare determinazione del concetto poliedrico di umanità : la storia é dunque il processo attraverso cui il genere umano realizza se stesso, arricchendosi progressivamente dei caratteri (tutti ugualmente importanti perchè tutti essenziali) che vengono incarnati dai diversi popoli e dalle loro differenti culture. In ogni caso, l'unità del processo storico é anche garantita, metafisicamente, dalla presenza nella storia di un'unica provvidenza divina che sta alla base dell'armonico sviluppo della totalità: tale provvidenza però non é da intendersi come un'azione diretta di un Dio trascendente il mondo, ma va bensì concepita come intelligenza immanente alle forze stesse che promuovono lo sviluppo storico. Nelle Idee per la filosofia della storia dell'umanità é inoltre affermata la continuità tra storia naturale e storia umana . Un unico processo storico, retto dalle stesse leggi e sostenuto dalle stesse forze, va dalla formazione dell'universo alla storia degli uomini. Per quel che riguarda la storia naturale esiste un prototipo , una forma originaria fondamentale, che si ripresenta in tutte le tappe dello sviluppo dei corpi: i diversi fenomeni naturali (inorganici, organici, animali) non sono che complicazioni sempre maggiori di quell'unico prototipo, in modo che le diverse specie vegetali e animali possano essere collocate su un'unica scala evolutiva che culmina nel corpo umano. La concezione evolutiva proposta da Herder non prevede un passaggio diretto da una specie all'altra, come invece sosterrà l'evoluzionismo darwiniano; Herder non vede dunque l'uomo come evoluzione dei primati, al contrario, egli rimane fedele ai portati biblici e sostiene la fissità delle specie , ognuna delle quali é sorretta da una forza naturale che sviluppa (e complica) la forma originaria, fino all'esaurimento della propria intensità: una forza naturale più potente potrà ulteriormente arricchire il prototipo non partendo dal punto in cui la precedente si era arrestata, ma ripercorrendo autonomamente la scala evolutiva. L'uomo si trova pertanto al termine della storia naturale e al principio di quella spirituale. Infatti, la sua struttura fisica (la sola tra le specie animali caratterizzata dalla stazione eretta) é tale da fornire la base naturale allo sviluppo delle facoltà spirituali dell'uomo: la ragione e il linguaggio. Herde insiste sulla stretta connessione tra ragione e linguaggio , che sono entrambi risultato di uno sviluppo storico. A partire dal Trattato sull'origine del linguaggio , Herder aveva sostenuto che "senza il linguaggio l'uomo non ha ragione, e senza ragione non ha il linguaggio". La lingua non serve solo per comunicare, ma produce le stesse immagini mentali con cui l'uomo pensa, e consente quindi all'uomo di formarsi un mondo spirituale in cui, a differenza degli animali, si possono sviluppare arte e libertà ; l'origine del linguaggio non é nè convenzionale (come sostenevano i razionalisti) , nè divina, bensì naturale e storica. Il linguaggio é una conseguenza spirituale della stazione eretta degli uomini, la quale permette una particolare struttura del capo e del cervello. L'uomo, dunque, "impara" a parlare tramite un processo naturale di sviluppo; ma, dal momento che imparando a parlare impara anche a ragionare, la ragione stessa é il risultato graduale di un lento processo naturale e non una facoltà posseduta integralmente sin dall' origine. Ora, per Herder "l'uomo é una creatura centrale e intermedia tra gli animali della terra , cioè é la forma elaborata, in cui si raccolgono i tratti di tutte le specie nella composizione più raffinata". Grande importanza viene da Herder attribuita al concetto di umanità : nelle Lettere per il promuovimento dell'umanità , egli scrive: "Tutti quanti siamo uomini, e come tali rechiamo in noi il genere umano, ovvero al genere umano noi apparteniamo. [...] Umanità é il carattere della nostra specie; ma esso ci é innato solamente come predisposizione, e propriamente richiede di venir educato. Eppure é necessario ch'esso sia, nel mondo, la meta delle nostre aspirazioni, la somma delle nostre azioni, il nostro valore: non conosciamo infatti nessuna angelicità insita nell'uomo, e se il demone che ci governa non é un demone umano, allora noi diventiamo tormentatori degli uomini. L'elemento divino che c'é nel nostro genere é dunque l'educazione all'umanità. [...] Umanità é il patrimonio e il risultato di tutti gli sforzi umani, é per così dire l'arte della nostra specie. L'educazione all'umanità é un'opera che deve essere continuata incessantemente; altrimenti tutti noi, che si appartenga ai ceti superiori o a quelli inferiori, ripiombiamo nella rozza animalità, nella brutalità."