SAMUEL HUNTINGTON
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Samuel Phillips Huntington (18 aprile
1927 – Marthàs Vineyard, 24 dicembre 2008) è stato un politologo statunitense
noto per la sua analisi della relazioni tra governo civile e potere militare, i
suoi studi sui colpi di Stato e le sue tesi sugli attori politici principali
del ventunesimo secolo: le civiltà che tendono a sostituire gli Stati-nazione. Negli
ultimi anni si era occupato delle minacce poste agli Stati Uniti
dall'immigrazione. È stato docente all'Università di Harvard e membro del
Consiglio per le Relazioni Estere. Dopo la Seconda guerra mondiale, svolse un ruolo importante nel lancio del movimento neo-conservatore insieme a Irving
Kristol, Norman Podhoretz, Seymour Martin Lipset, Daniel Bell, Jeane
Kirkpatrick e James Q. Wilson. Si tratta di allievi di Leo Strauss, il filosofo
politico di origine ebraica, che ammirava la lettura di Nietzsche, Heidegger e
Carl Schmitt. Huntington divenne famoso negli anni '60 con la pubblicazione del
saggio Political Order in Changing Societies, un lavoro che sfidava le
teorie convenzionali sulla modernizzazione, le quali sostenevano che il
progresso economico e sociale porterebbe alla nascita di democrazie stabili nei
Paesi di recente Decolonizzazione. È morto il 24 dicembre 2008 nell'isola di
Marthàs Vineyard, in Massachusetts. Celebre soprattutto per aver scritto il
saggio Scontro di civiltà, più volte invocato dopo l'evento epocale dell'11
settembre del 2000, Huntington era nato ideologicamente nel gruppo degli
allievi di Leo Strauss che lanciarono il movimento neo-con. Autore di 17 libri
e un centinaio di articoli scientifici, nel 1993, con otto anni di anticipo
sugli attentati di al Qaeda, la guerra in Afghanistan e l'Iraq, aveva scritto
su Foreign Affairs che "la prossima guerra, se ci sarà, sarà una guerra
tra civiltà". Nel saggio Scontro di Civiltà, rielaborato nel 1996
in un libro tradotto in 39 lingue, lo studioso americano aveva sostenuto che,
sotto la spinta della modernizzazione, la politica si sta ristrutturando lungo
"faglie culturali". E tra le grandi civiltà contrapposte in un
prossimo conflitto aveva indicato anche l'Occidente e l'Islam. Bollata come
semplificata e semplicistica, la tesi di Huntington ipotizzava che nel mondo
post guerra fredda le alleanze determinate da motivi ideologici o da rapporti
con le superpotenze avessero lasciato il campo libero a nuovi confini
ridisegnati perchè coincidano con quelli culturali. Huntington aveva elencato
nel suo saggio sei diverse civiltà: islamica, slavo-ortodossa, confuciana,
indù, giapponese e occidentale. "La Guerra fredda è finita con il crollo della cortina di ferro. Con la scomparsa delle divisioni ideologiche in
Europa, la faglia tra cristianità occidentale e cristianità ortodossa e Islam è
riemersa", aveva scritto Huntington, osservando che "nel momento in
cui la gente comincia a definire la propria identità in termini di etnia e
religione, è sempre più comune il vedere un 'noi' contrapposto a un 'loro'
nelle relazioni tra popoli di razza e fedi diverse". Nel 1993, Huntington
diede il via a un dibattito tra i teorici delle relazioni internazionali con la
pubblicazione in Foreign Affairs di un articolo estremamente influente e
citato, intitolato "The Clash of Civilizations?" (Lo scontro di
civiltà?). L'articolo si opponeva a un'altra tesi politica relativa alle
dinamiche principali della geopolitica post-Guerra Fredda teorizzata da Francis
Fukuyama in La fine della Storia. Huntington in seguito ampliò l'articolo,
facendolo diventare un libro, pubblicato nel 1996 da Simon and Schuster,
intitolato The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order - (Lo
scontro delle civiltà e la nuova costruzione dell'ordine mondiale). Secondo
l'articolo e il libro, i conflitti successivi alla Guerra Fredda si
verificherebbero con maggiore frequenza e violenza lungo le linee di divisione
culturali ( o di civiltà, come quella islamica, occidentale, sinica, ecc.) e
non più politico-ideologiche, come accadeva nel XX secolo, durante la Guerra Fredda. Huntington crede che la divisione del mondo in civiltà descriva il mondo
meglio della suddivisione classica in Stati sovrani. Suppone infatti che, per
capire i conflitti presenti e futuri, siano da comprendere innanzitutto le
divergenze culturali, e che la cultura (piuttosto che lo Stato) debba essere accettata
come luogo di scontro. Per questo motivo sottolinea che le nazioni occidentali
potrebbero perdere il loro predominio sul mondo se non saranno in grado di
riconoscere la natura inconciliabile di questa tensione. L'articolo del 1993 The
Clash of Civilizations?si opponeva a un'altra tesi politica relativa alle
dinamiche principali della geopolitica post-Guerra Fredda teorizzata da Francis
Fukuyama in La fine della Storia (The End of History). Huntington
in seguito ampliò l'articolo, facendolo diventare un libro, pubblicato nel 1996
da Simon and Schuster, intitolato The Clash of Civilizations and the
Remaking of World Order (Lo scontro delle civiltà e la nuova costruzione
dell'ordine mondiale). Secondo Huntington, i conflitti successivi alla
Guerra Fredda si verificherebbero con maggiore frequenza e violenza lungo le
linee di divisione culturali ( o di civiltà, come quella islamica, occidentale,
sinica, ecc.) e non più politico-ideologiche, come accadeva nel XX secolo,
durante la Guerra Fredda. Huntington crede che la divisione del mondo in
civiltà descriva il mondo meglio della suddivisione classica in Stati sovrani. Suppone
infatti che, per capire i conflitti presenti e futuri, siano da comprendere
innanzitutto le divergenze culturali, e che la cultura (piuttosto che lo Stato)
debba essere accettata come luogo di scontro. Per questo motivo sottolinea che
le nazioni occidentali potrebbero perdere il loro predominio sul mondo se non
saranno in grado di riconoscere la natura inconciliabile di questa tensione. La
visione dello studioso anche all'epoca dell'uscita del saggio aveva tuttavia
provocato polemiche. Respingendo la tesi del professore di Harvard, il suo
collega libanese trapiantato negli Usa Fouad Adjani aveva obiettato che il
mondo islamico non è così monolitico come è descritto su 'Foreign Affairs'. In
Iran – aveva scritto Adjani – molti giovani si ribellano agli imam
fondamentalisti. In Iraq Saddam Hussein è salito al potere come leader
secolare. E sia Egitto che Giordania hanno leadership capaci di dialogare con
Israele. In altre parole, secondo Adjani, quello dell'Islam era "un mondo
che si divide e suddivide".