Mosheh Ibn Ezra
A cura di Giada Coppola
Su Mosheh ben Ya'aqov Ibn Ezra abbiamo numerose informazioni bibliografiche, nasce a Granada nel 1055, dopo la venuta degli Almoravidi, a causa delle violente persecuzioni, è costretto a spostarsi in Castiglia dove muore nel 1135-1138.
Sappiamo che oltre ad essere un filosofo e un letterato era anche un poeta e le sue frequentazioni non escludevano infatti i circoli culturali musulmani spagnoli, infatti per le tematiche e le modalità di scrittura la sua opera può a buon avviso essere ascritta ad un genere letterario tipicamente arabo dell'adab, ovvero una sorta di dialogo tra “umanisti” su temi di carattere molto generale (cfr. Mauro Zonta La Filosofia ebraica medievale. Storia e testi, Laterza, Bari 2002, p. 79).
Fu un grande esegeta e conoscitore delle Scritture, infatti nella sua produzione letteraria sono numerosi i trattati e i commentari alla Bibbia (purtroppo molti di questi sono andati perduti) come il Trattato esegetico.
Probabilmente la sua opera più importante e che ebbe ampia diffusione nel mondo ebraico è il Libro del giardino sul significato metaforico e su quello vero. Questo scritto si compone di due parti la prima a carattere filologico e lessicografico, la seconda invece tratta tematiche filosofico-teologiche. Questo suo componimento pur non essendo sistematico e non avendo una struttura omogenea indubbiamente ha influenzato la struttura dell'opera maimonidea. Gli undici capitoli che compongono questo testo illustrano la natura di Dio e della creazione sfruttando lo schema seguito dalle opere del kalam dei mutaziliti, i primi capitoli sono infatti dedicati a Dio, quelli centrali ai precetti e alle norme razionali, Mosheh Ibn Ezra introdurrà poi le questioni che ineriscono all'uomo e alla natura ed infine gli ultimi due capitoli sono interamente dedicati all'intelletto e alle tre anime (vegetativa, animale e razionale).