ILDEGARDA DI BINGEN
Hildegard von Bingen (1098 - 17 settembre 1179), conosciuta come Santa Ildegarda di Bingen, fu una monaca benedettina e mistica tedesca del XII secolo. Nacque, ultima di dieci fratelli, a Bermersheim, vicino ad Alzey, nell'Assia renana, nell'estate del 1098, un anno prima che i crociati conquistassero Gerusalemme. Fondatrice del monastero di Bingen, Ildegarda fu spesso in contrasto con il clero della Chiesa cattolica; tuttavia, riuscì a ribaltare il concetto monastico che fino ad allora era, e per molto tempo ancora sarebbe stato, inamovibile, preferendo una vita di predicazione aperta verso l'esterno a quella più tradizionalmente claustrale. Quando ormai era ritenuta un’autorità all'interno della Chiesa, Papa Eugenio III - nel 1147 - lesse alcuni dei suoi scritti durante il sinodo di Treviri. Per l'epoca in cui è vissuta, Ildegarda di Bingen è stata una monaca controcorrente e anticonformista; ha studiato a lungo occupandosi di teologia, musica e medicina. Ha lasciato alcuni libri profetici - lo Scivias (Conosci le vie), il Liber Vitae Meritorum (il Libro dei meriti della vita) e il Liber Divinorum Operum (il Libro delle opere divine) - e una pletora di lavori musicali, raccolti sotto il nome di Symphonia harmoniae celestium revelationum, diviso in due parti: i "Carmina" (canti) e l' "Ordo Virtutum" (La schiera delle virtù, opera drammatica musicata). Un notevole contributo diede pure alle scienze naturali, scrivendo due libri che raccoglievano tutto il sapere medico e botanico del suo tempo e che vanno sotto il titolo di Physica (Storia naturale o Libro delle medicine semplici) e Causae et curae (Libro delle cause e dei rimedi o Libro delle medicine composte). Ebbero anche grande fama le sue lettere a vari destinatari e che trattano di diversi argomenti, nelle quali Ildegarda risponde soprattutto a richieste di consigli di ordine spirituale. Una posizione centrale nel pensiero di Ildegarda - di carattere assai forte ma cagionevole di salute - la occupa la Viriditas, l'energia vitale intesa come rapporto filosofico tra l'uomo - con le sue riflessioni e le sue emozioni - e la natura, preziosa alleata anche per guarire dalle malattie. Le visioni di Ildegarda erano iniziate in tenera età e avrebbero contrassegnato un po' tutta la sua esistenza. All'età di otto anni, proprio per queste visioni, era stata messa nel convento di Disibodenberg dai nobili genitori, Ildeberto e Matilda di Vernescheim, dove sarebbe stata educata da Jutta di Spanheim, a sua volta una giovane aristocratica ritiratasi in monastero. Prenderà il velo tra il 1112 e il 1115 dalle mani del vescovo Ottone di Bamberg. Ildegarda studiò sui testi dell'enciclopedismo medievale di Dionigi l’Aeropagita e Agostino. Iniziò a parlare - e a scrivere - delle sue visioni (che definiva visioni non del cuore o della mente, ma dell'anima - solo intorno al 1136 quando aveva ormai quasi quarant'anni. Trasferitasi al convento di Rupertsberg, da lei stessa fondato, si dice facesse vestire sfarzosamente le consorelle, adornandole con gioielli, per salutare con canti le festività domenicale. Nella sua visione religiosa della creazione, l'uomo rappresentava la divinità di Dio, mentre la donna idealmente impersonificava l'umanità di Cristo. Nel 1147-48 il sinodo di Magonza riconobbe che nelle sue visioni c’era “la mano di Dio” e, da quel momento, il nome di Ildegarda divenne sempre più famoso nella cristianità. Nell'arco di una dozzina di anni, tra la fine del 1159 e il 1170, compì quattro viaggi pastorali predicando nelle cattedrali di Colonia, Treviri, Liegi, Magonza, Metz e Werden. Papa Giovanni Paolo II in una lettera per l'ottocentesimo anniversario della sua morte, salutò in Ildegarda la “profetessa della Germania”, la donna “che non esitò a uscire dal convento per incontrare, intrepida interlocutrice, vescovi, autorità civili, e lo stesso imperatore (Federico Barbarossa)”. E al genio di Ildegarda farà ancora cenno nell'enciclica sulla dignità femminile Mulieris Dignitatem. Monaca aristocratica Ildegarda ha più volte definito se stessa come “una piuma abbandonata al vento della fiducia di Dio”. Fedele peraltro al significato del suo nome, protettrice delle battaglie, fece della sua religiosità un'arma per una battaglia da condurre per tutta la vita: scuotere gli animi e le coscienze del suo tempo. Non ebbe timore ad uscire dal convento per conferire con vescovi e abati, nobili e prìncipi. Lei, che era in contatto epistolare con il monaco cistercense Bernardo di Chiaravalle, non ebbe timore a sfidare con durissime parole l'imperatore Federico Barbarossa, fino ad allora suo protettore, quando questi oppose due antipapi al papa legittimo Alessandro II. L'imperatore non si vendicò dell' affronto, ma lasciò cadere il rapporto di amicizia che fino ad allora li aveva legati. Nel 1169 pare riuscisse in un esorcismo su una tale Sigewize, che aveva fatto ricoverare nel suo convento, dopo che altri monaci non erano approdati a nulla: nel rito da lei personalmente condotto - cosa del tutto inusuale per una donna- volle tuttavia la presenza di sette sacerdoti maschi. A fondamento dell’esperienza mistica di Ildegarda v’è il presupposto che le immagini ricorrenti nelle visioni abbiano un valore simbolico e che dunque sia necessario ricercarne il significato: influenzata dalle tesi della scuola di Chartres, Ildegarda è convinta della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo; nei suoi scritti, ella introduce parecchie personificazioni: la Sapienza che crea il mondo pervadendolo; la Caritas, che rivela come tutta la creazione sia teofania. Quella di Ildegarda è pertanto una mentalità fortemente simbolica, che riconduce ogni realtà a un significato recondito che va ben oltre il suo contenuto immediato: ogni cosa è figura di altro, dai numeri ai colori, dagli animali ai metalli.