L’estetica come disciplina
filosofica specifica nasce alla fine del Settecento e si configura pertanto
come un fenomeno essenzialmente moderno; essa nasce come tentativo di fornire
una legittimazione universale ad un ambito che, malgrado la molteplicità di
tesi e precetti, non era ancora divenuto oggetto di riflessione sistematica.
Questo ambito è caratterizzato dall’emergere in primo piano della soggettività
con le sue manifestazioni, in particolare il sentimento individuale:
questo particolare stato affettivo, che inizia ad essere concepito sul piano
filosofico come la fonte delle emozioni, era sconosciuto nell’antichità, dove
invece prevaleva la nozione di passione, ancora ampiamente utilizzata fino a
tutto il Seicento. A partire dal Settecento, il sentimento va invece ad
indicare il riflesso soggettivo che accompagna ogni nostra esperienza e si
configura come terzo ambito fondamentale della nostra vita spirituale, accanto
ad intelletto e volontà; tale nozione non appare caratterizzata da connotazioni
di ordine psicologico e trova il suo terreno di applicazione unicamente in
ambito estetico e morale.
L’estetica
come disciplina filosofica nasce quindi come tentativo di fondare in modo
critico un settore che appare, per le tematiche affrontate, votato fin
dall’inizio all’accidente e all’irrazionalità e mira a dettare le condizioni di
universalità e di necessità per un tipo di esperienza che, ad una prima
analisi, ne è priva. L’estetica, come fenomeno moderno, si sviluppa in un’area
culturale, quella di lingua tedesca, che alla fine del Settecento offre alla
cultura contributi decisivi nel campo della letteratura (Goethe, Novalis,
Schiller, Hölderlin, ecc..) e della musica (Mozart, Beethoven, Schubert) e si
radica in un tessuto sociale in cui si qualifica in modo molto chiaro e preciso
l’esperienza sociale dell’arte. Il momento in cui infatti nasce l’estetica
filosofica è anche quello in cui si delinea in modo definitivo e stabile la figura
dell’artista come soggetto in grado di produrre le opere d’arte, quel
particolare tipo di oggetti cioè che vengono concepiti sotto la comune
categoria della qualità estetica. Tale processo ha inizio a partire dal
Rinascimento, mentre precedentemente, nel mondo greco, romano e medievale,
l’attività artistica è sempre rimasta, sul piano teorico e sul piano pratico,
al di sotto di quel livello di unificazione e specificazione oltre il quale
poteva divenire oggetto di una specifica teoria estetica. Ciò tuttavia non significa
che le epoche e le civiltà precedenti il Rinascimento non siano state in grado
di produrre opere d’arte valide come quelle realizzate negli ultimi quattro
secoli; tuttavia la categoria di arte come noi la conosciamo e la pratichiamo
oggi era sconosciuta ai greci, ai romani e alla civiltà medievale. Ciò peraltro
non rappresenta necessariamente un limite negativo di queste culture:
l’estetica più recente si è chiesta infatti se l’arte come attività distinta
dalle altre attività dell’uomo non sia il frutto di una specifica forma di “alienazione”,
una conseguenza cioè di quel processo di divisione del lavoro che viene visto
come motivo di lacerazione dell’integrità dell’esperienza, sia sul piano
individuale che su quello sociale.
Accanto
al delinearsi in modo chiaro della figura dell’artista, un altro filo
conduttore che consente di comprendere le condizioni che rendono possibile
l’origine dell’estetica moderna è la nascita del museo: ciò che
distingue questa istituzione da tutte quelle create precedentemente per
raccogliere le opere d’arte (si vedano, ad esempio, le raccolte principesche) è
il fatto che esso opera in base a criteri di scelta che non riflettono più il
gusto di un singolo individuo o di un singolo gruppo, ma pretende di operare
sulla base di qualità estetiche generalmente riconosciute.
Temi
e dualismi dell’estetica
Lo studio dell’estetica,
secondo l’analisi compiuta da W. Tatarkiewicz nella sua Storia dell’estetica,
si sviluppa lungo molteplici direttrici e delinea diverse forme di contrapposizione
e di dualismo che sono così schematizzabili:
a)
Studio del bello e studio dell’arte
L’estetica
è stata tradizionalmente definita come lo studio del bello, ma alcuni
estetologi, poiché la nozione di bello appare troppo vaga e indeterminata per poter
essere adeguatamente studiata, si sono rivolti all’analisi delle arti,
giungendo alla definizione dell’estetica come studio dell’arte. Ognuno di
questi due concetti, bello e arte, appartiene ad una sfera diversa. Il bello
infatti non è limitato all’arte e l’arte non è in linea assoluta la ricerca del
bello; in alcuni momenti storici, come ad esempio nell’antichità, il rapporto
fra arte e bello apparve infatti tenue o addirittura inesistente e, sebbene
venisse ugualmente approfondito lo studio sia dell’uno che dell’altro aspetto,
questi furono trattati separatamente in quanto non appariva alcuna motivazione
logica valida per associarli. Lo studioso moderno invece fatica a dissociare il
bello dall’arte e ciò perché troppe idee intorno al bello si sono sviluppate
dallo studio dell’arte e numerose idee intorno all’arte derivano dallo studio
del bello.
Si
tratta quindi di due sfere che tendono a convergere e tale tendenza, che
rappresenta il primo dualismo evidente nella storia dell’estetica, è
caratteristica della storia di questa disciplina: lo studioso potrà pertanto
attribuire maggior rilievo al bello o all’arte, ma l’estetica, in quanto
disciplina, evidenzia un duplice campo di ricerca in quanto comprende sia lo
studio del bello sia quello dell’arte.
b)
Estetica oggettivistica e soggettivistica
L’estetica
può essere definita come lo studio degli oggetti estetici, ma include anche lo
studio delle esperienze estetiche soggettive. Questi due aspetti sono fra loro
profondamente interconnessi in quanto l’indagine sul bello oggettivo e sulle
opere d’arte conduce inevitabilmente ad affrontare questioni che hanno a che
fare con la soggettività: non esiste nulla che non sia stato ritenuto bello da
qualcuno e tutto, a seconda dell’atteggiamento estetico che si assume nei
confronti delle cose, può essere bello; quindi molti studiosi sono giunti alla
conclusione che l’oggetto specifico dell’estetica come disciplina filosofica
non sia da individuare nel bello o nell’arte, ma nell’esperienza estetica e
nell’atteggiamento estetico assunto nei confronti delle cose.
Appare
evidente quindi che lo studio dell’estetica si muove lungo due diverse
direttrici e propone quindi un nuovo dualismo: l’uomo ha a che fare con
l’estetica in modi diversi, in quanto crea, partecipando come artista, la
bellezza e l’opera d’arte, e vive, valuta e critica l’arte stessa, partecipando
come fruitore.
c)
Estetica psicologica e sociologica
Poiché
la partecipazione dell’uomo all’arte avviene sia a livello individuale sia a
livello collettivo, l’estetica sarà necessariamente analisi delle reazioni del
soggetto di fronte al bello e all’arte, quindi estetica psicologica, e analisi
dell’atteggiamento che gruppi più o meno ampi di persone assumono di fronte
all’arte, quindi estetica sociologica.
d)
Estetica descrittiva e normativa
In
molte opere di estetica si trovano descritte le proprietà degli oggetti che
consideriamo belli e le reazioni che essi suscitano nel fruitore, in altre
invece vengono riportati suggerimenti e indicazioni finalizzati a creare opere
d’arte valide e di autentica bellezza. L’estetica quindi può essere descrittiva
o normativa: l’estetica francese del Seicento, ad esempio, era prevalentemente
normativa, quella inglese del Settecento invece era principalmente descrittiva;
le norme e i precetti possono inoltre derivare da analisi descrittive e quindi
avere un’origine empirica, ma possono anche derivare da presupposti
aprioristici e modelli astratti di gusto prevalenti in un determinato periodo
storico.
e)
Teoria estetica e prassi estetica
Questo dualismo, che trova il
suo corrispondente nella contrapposizione fra teoria e prassi, vede
contrapposti da un lato l’enunciazione di principi, funzionali e parte
integrante di ogni teoria dell’arte, e dall’altro la definizione di precetti,
che servono invece alla prassi concreta dell’arte stessa. La teoria dell’arte
si propone quindi di fornire una visione universale dell’arte e del bello,
mentre nella prassi artistica concreta l’artista propone o persegue una delle
tante possibili concezioni dell’arte.
f)
Fatti estetici e spiegazione estetica
L’estetica,
come tutte le discipline, cerca di definire le proprietà degli oggetti che
studia e si configura quindi come ricerca delle proprietà del bello e
dell’arte. Essa cerca inoltre di spiegare queste proprietà, di chiarire cioè le
ragioni per cui il bello agisce in un determinato modo e per cui l’arte ha
adottato alcune forme invece di altre, e le spiegazioni cui perviene possono
essere molto diverse: l’estetica può infatti spiegare l’azione del bello su un
piano psicologico o fisiologico oppure spiegare le varie forme artistiche da un
punto di vista storico o sociologico.
g)
Estetica filosofica ed estetica delle singole arti
Le più
famose ed importanti teorie estetiche sono state create da filosofi, come Platone
e Aristotele, Hume e Burke, Kant e Hegel, Croce e Dewey, ma numerose sono anche
le teorie elaborate da artisti, come Leonardo, o da studiosi di architettura,
come Vitruvio. Come si è già visto in precedenza, l’estetica, sia che derivi
dalla riflessione di un filosofo sia che nasca dalle considerazioni di un
artista, può essere aprioristica o empirica; secondo Tatarkiewicz,
nell’estetica filosofica appare una tendenza più netta verso l’apriorismo e, a
tale proposito, riporta le considerazioni di Fechner, che contrapponeva
l’estetica filosofica, come processo che si sviluppa “dall’alto”, a quella
empirica, che procede invece “dal basso”.
h)
Estetica delle arti ed estetica della letteratura
L’estetica
analizza e studia materiali che provengono da diverse arti, ciascuna delle
quali possiede una propria specificità; esiste, a giudizio di Tatarkiewicz, una
contrapposizione fra belle arti, che si rivolgono direttamente ai sensi
del fruitore, e la poesia, che opera invece mediante segni linguistici;
è naturale quindi, che queste pervengano a concezioni estetiche diverse e per
certi versi contrapposte, visto che e prime mettono in evidenza le immagini
sensibili e le seconde propongono invece simboli intelligibili.