JAMES MILL
Discepolo di Jeremy Bentham, James Mill (1773-1836) - che fu padre del celebre John Stuart Mill - rimase saldamente fedele al maestro sia per quel che concerne le tesi politiche sia per quel che riguarda l'utilitarismo. Nella voce "Governo", redatta nel 1820 per l'Enciclopedia Britannica, teorizzò la necessità e l'opportunità del «governo rappresentativo» espressione della volontà popolare. Nell'opera maggiore, Analisi dei fenomeni dello spirito umano (1829), riprese i temi dell'empirismo humiano, dando però al suo discorso un metodo positivistico; soprattutto da Hume riprese il principio dell'associazione con il quale spiegò, oltre che il procedimento logico del pensiero, anche la stessa vita morale. Il fatto fondamentale su cui si articola tutta la vita dello spirito è la sensazione; da essa derivano tutti i contenuti del pensiero; pertanto le idee non sono altro che copie delle sensazioni. E poiché le sensazioni vengono connesse secondo la legge dell'associazione, questa è anche la legge del pensiero razionale, cioè della connessione delle idee. Sicché come le sensazioni sono connesse per contiguità, cioè secondo lo spazio, e per continuità, cioè secondo la loro successione nel tempo, cosí, sul piano razionale, noi associamo le idee o per contemporaneità, in quanto le pensiamo legate insieme in uno stesso contenuto mentale, o per successione temporale, come nel caso di idee connesse nel rapporto causa-effetto. Come sul piano delle sensazioni, cosí anche su quello delle idee quando una determinata associazione si ripete con regolarità essa si stabilizza, al punto che, per abitudine, pensando la prima vi pensiamo collegata anche la seconda. Tuttavia per James Mill l'associazione tra le idee è pur sempre un fatto assolutamente mentale, che non implica di necessità la sua corrispondenza ad un'associazione reale tra le cose o tra le proprietà delle cose, cosicchè l'intera vita mentale dell'uomo è data dall'associazione delle idee, le quali altro non sono se non immagini delle sensazioni, secondo la legge della continuità nel tempo e della contiguità nello spazio. In questo senso, l'associazionismo - avviato da Hume e radicalizzato da David Hartley - giunge con Mill all'apice.
Sul principio dell'associazione è fondata anche la vita morale. Il desiderio di un piacere non è altro che l'idea di un determinato piacere; questa idea si accompagna a quella dell'azione adatta a procurarlo, secondo un'associazione che si è venuta stabilizzando sulla base dell'esperienza; sicché l'azione concreta non è che la traduzione sul piano del comportamento di questa seconda idea. Pertanto, dice Mill, non esiste il libero volere; ogni azione ha il suo movente necessario nell'idea del piacere ch'essa può procurare. Ciò, tuttavia, non significa che l'uomo si muove esclusivamente nella dimensione dell'egoismo. Infatti anche l'altruismo ha una sua spiegazione sulla base del principio d'associazione. Certo esso nasce pur sempre dall'egoismo; ma spesso constatiamo che il nostro piacere individuale è vincolato a quello di altre persone, e quindi che la ricerca del primo implica di fatto la ricerca del secondo; l'associazione costante tra i due piaceri a può indurre a ricercare quello degli altri come se fosse il nostro: ecco allora il comportamento altruista. E quando poi il nostro piacere perde valore in relazione a quello di altri, cioè quando si verifica l'assoluta prevalenza del fine secondario (piacere altrui) rispetto a quello primario e originario (piacere proprio), allora si è giunti al sacrificio. Gli esiti morali a cui perviene Mill sono affini a quelli cui era pervenuto Bentham: se correttamente intesa, la soddisfazione di impulsi egoistici si traduce in un'azione a carattere altruistico. In questo senso, ben si capisce come Mill potesse affermare che l'azione educatrice dell'uomo consista nel promuovere quelle associazioni di idee che mettano capo a un'azione utile e, viceversa, reprimere quelle determinanti azioni dannose. In quest'accezione, l'utilitarismo di Bentham e l'associazionismo di Mill vanno a nozze: occorre soprattutto diffondere l'associazione che spontaneamente s'instaura nella mente umana tra il piacere proprio e quello degli altri (in primis quello delle persone a noi più care).
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