Risposta alla domanda: Che cos’è la filosofia e chi sono i filosofi

Di Jonathan Fanesi

 

Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l'origine della filosofia. (Aristotele, "Protrettico")

Come avrete già letto nel titolo, questo breve saggio è finalizzato a rispondere alla domanda: Che cos’è la filosofia e chi sono i filosofi.

Attraverso questa sorta di " manifesto" , cercherò di mostrare l’importanza esistenziale della filosofia, non più intesa come un sapere rivolto a pochi ma come prerogativa di ogni essere raziocinante: estendere la riflessione alla globalità dell’uomo vuol dire esigere l’umanizzazione alla luce della ragione.

La filosofia, dice Bertrand Russell noto pensatore e matematico del XX secolo, non interessa soltanto le scuole o le dispute di pochi individui colti, ma fa parte integrante della vita degli uomini.

Dare una definizione alla parola filosofia è alquanto difficile, in greco essa significa letteralmente " amore per il sapere " ( filos + sofia ), ma in cosa consiste?

La filosofia nacque in Grecia, come ricerca dell’arché, un principio che spiegasse le strutture del reale, alcuni lo ravvisarono nell’acqua, altri nell’aria, altri ancora nel numero.

Gli uomini cominciarono a filosofare per meraviglia diceva Aristotele nella Metafisica, la meraviglia dinnanzi al mondo è un sentimento che ci riporta all’infanzia, chi se non i bambini nutrono stupore e curiosità verso ciò li circonda?

La meraviglia non è l’unica causa del filosofare essa è anche inquietudine ed orrore, l’uomo " gettato nel mondo " dapprima si interroga con spirito innocente e puro, poi il domandarsi acquista una radicalizzazione esistenziale, la portata della questione trascende l’ambito stesso del conoscere.

Riecheggia nella sua mente quella terribile parola che si ripete da millenni: Perché, emblema del mistero della vita, del mondo e dell’uomo.

Nel suo io più profondo e segreto la goccia sta scavando la pietra, sulle sue spalle pesano come macigni gli interrogativi che si pone, è una sua esigenza di cui non ne può fare a meno; l’eco del perché diviene inquietudine, affanno, desiderio represso: insopprimibile necessità l’interrogarsi.

Proprio così nasce la filosofia: come tentativo umano e come attività teoretica indissolubile dalla sfera pratica.

Essa è consapevole del fatto che la ricerca non ha fine e che la ragione umana ha dei limiti ben precisi, ogni conquista, infatti, non si cristallizza in se stessa ma porta verso nuovi orizzonti: rispondere, senza assolutizzare o dogmatizzare nessuna doxa, ai perché dell’uomo.

La Verità è paradossale, noi non la possediamo, è Lei che ci possiede; nel " disvelamento dialettico " l’uomo si colora di dinamicità; è pura follia circoscriverla in strutture assolute per renderla pensabile, l’individuo può solo contemplarla.

Nel pensare l’uomo è attivo e passivo allo stesso tempo, passivo perché riceve molteplici condizionamenti dall’educazione, dalla società e dalla cultura, attivo perché le sue riflessioni sono creazioni che possono influenzare la vita pratica.

Ed è proprio grazie a questa capacità che l’uomo si eleva rispetto al mondo circostante; tutta la nostra dignità risiede nei nostri pensieri: << l’uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma è una canna pensante. Non c’è bisogno che tutto l’universo s’armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d’acqua basta per ucciderlo. Ma anche se l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancora più nobile di chi lo uccide, perché sa morire e conosce la superiorità dell’universo su di lui,; l’universo, invece non ne sa niente (… ) >> Pascal, Pensieri.

Una vita senza domande non è degna di essere vissuta, è una caratteristica del nostro essere la filosofia, essa si configura come esigenza, mai appagata del tutto, di fornire nuove interpretazioni.

Essa è dunque una sorta di filologia delle strutture del reale che ci pone su un piano superiore; è la massima espressione della volontà umana di indagare.

Filosofando, infatti, distruggiamo la meccanicità dell’agire.

L’uomo vive all’interno di strutture e sistemi , come il mondo o la società; egli è uno dei tasselli del mosaico; cominciando a pensare rivendica la sua posizione in nome della libertà.

È uno straordinario gesto non accettare niente per scontato, ma ricercare sempre con spirito critico, camminare tra le strade della vita come un pellegrino armato della sola volontà e dell’esigenza di sapere.

C’è qualcosa di grandioso che ci distingue da tutti gli esseri viventi: il pensiero.

Ed è proprio nel dialogo, inteso come incontro e scontro dialettico, dove nessuno si erige a portavoce della verità, che la ricerca trova il suo più grande sviluppo: << L’esperienza di verità si dà solo nel dialogo, in quella dialettica di domanda e risposta che alimenta il movimento circolare della comprensione >> Gadamer.

La filosofia, infatti, è la massima manifestazione di tale capacità, essa cerca di spiegare l’uomo in sé ponendolo in rapporto con il mondo.

Il filosofo è come un equilibrista; cammina tra due abissi che lo attirano in continuazione, il dogmatismo e lo scetticismo, deve guardare entrambe le realtà, poiché se si sofferma troppo a lungo verso una direzione è la fine : il dogmatismo annulla la ricerca assolutizzando e staticizzando la verità; lo scetticismo totale non permette neanche la filosofia, fa come la volpe con l’uva non potendola mangiare finisce col dire che è acerba.

Nonostante queste differenze, entrambe le posizioni hanno una caratteristica in comune: rendono l’uomo passivo…

È importante porsi in una posizione mediana, la par destruens può operare solo assieme alla par construens, sono due processi inseparabili ed indissolubili che costituiscono un unico circolo ermeneutico.

L’individuo è nato dinamico, la composizione biologica in continuo rinnovamento con miliardi di cellule in fermento ci grida di non cristallizzarci in posizioni assolute rifiutando l’elasticità mentale: rechercher toujours.

Ecco che la filosofia è proprio questo: porsi come soggetti attivi dinnanzi alla realtà, non più automi o macchine, riascoltare se stessi rivendicando la posizione che ci spetta, diventare cioè Uomini.

Già Eraclito con la sua riflessione di stampo aristocratico, più di 2000 anni fa, distingueva gli svegli dai dormienti: i " i più ", la massa, coloro che " dormono " nella loro stessa ignoranza dai filosofi.

Ecco la mia proposta: la massa non più un insieme di amici di Morfeo, ma una collettività dove il singolo valga diecimila.

La vera felicità consiste nel conoscere, non un sapere vuoto e nozionistico, un sapere che non si esaurisce nella sfera intellettuale, ma che trova la sua massima espressione nella vita quotidiana, nell’habitus pratico, se no si ridurrebbe ad un mero gioco mentale.

In questo suo cammino il filosofo incontra molti ostacoli, la sua grandezza quindi non si esaurisce nel cercare ma nell’insistenza con cui compie questa ricerca.

La speculazione filosofica è la rinascita dell’individuo alla luce della volontà di conoscere, io – soggetto attivo - attuo l’epoché, sospendo il giudizio, nichilizzo le presunte certezze, riparto con una sola indubitabile verità: so di non sapere.

Prendere coscienza della propria ignoranza, beffarsi di se stessi, questa è la più grande riflessione.

Essere coscienti del proprio non sapere, non vuol dire cadere nell’oblio della passività, bensì capire che la nostra conoscenza, rapportata all’infinito, è ben poca cosa.

Non una ragione onnipotente, ma con dei limiti ben precisi ed intrinsechi alla sua stessa costituzione che è altamente influenzata e condizionata da fattori umani, come: il linguaggio e la società intesa come cultura.

La ragione rispecchiando la natura dell’uomo non è perfetta, nonostante ciò essa è l’unico strumento di cui ci possiamo avvalere per capire ed affrontare le varie situazioni della vita.

E’ comodo vivere senza pensare quando gli altri lo fanno per noi, se ho un libro che pensa per me, se ho un direttore spirituale che ha coscienza per me, se ho un medico che decide per me sul regime che mi conviene, Kant docet.

Ma questa voi la definite vita? Non si tratta esclusivamente di non essere " maggiorenni ": lo stordirsi, l’ annegare nel divertissement non è degno di una creatura chiamata uomo!

Pensare è necessario affinché il mestiere del vivere non ci corrompa e la vita pratica e l’abitudine non ci consumino totalmente.

Non ci sono geni maligni, sono io il genio maligno in quanto voglio ribaltare la mia posizione nel mondo, interrogandomi con spirito critico e umiltà, distruggere con il mio dubbio questo paesaggio di idoli…

Come un incendio che distrugge la foresta e dalla ceneri nascono nuove piante, così noi dobbiamo rinascere morendo, slegarci dalla catene che pertanto tempo ci siamo portati dietro.

Non si tratta di una facile impresa, poiché tutto ciò che vale ha un prezzo: << Ma per chi si mette in belle imprese è bello sopportare ciò che la sorte gli riserbi di soffrire >> Platone, Fedro.



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