L’opera "Enten-Eller", tradotta in italiano con "Aut-aut", fu edita da Søren Kierkegaard nel 1843 sotto lo pseudonimo di Victor Eremita, che dice di se stesso di essere uno scrittore religioso. Il testo, che nell’edizione italiana consta di 5 volumi [S. Kierkegaard, "Enten-Eller", a cura di A. Cortese, Adelphi, Milano 1976 - 1989, 5 voll], è composto di due parti: le Carte di A, del giovane esteta, e le Carte di B, di Guglielmo l’Assessore e fu scritto di getto in undici mesi, quasi interamente a Berlino, città nella quale Kierkegaard si era rifugiato dopo la rottura del fidanzamento con Regina.
L'opera ci conduce nel mondo del pensiero di Kierkegaard. Un “aut - aut” ci impone una scelta, ed è proprio quello che Kierkegaard vuole: costringere il lettore a prendere una decisione. Egli deve decidere come vuole vivere la sua vita, invece di andare passivamente alla deriva lasciandosi semplicemente scivolare lungo il “fiume della vita”.
Tutto il cammino della vita umana, personale e collettiva, si snoda secondo una logica necessaria: senza che vi sia responsabilità della libertà personale.
Kierkegaard invece sottolinea con forza una prospettiva incentrata sulla persona, che si caratterizza per la possibilità di scelta libera, e di scelta tra alternative inconciliabili. Non un et-et, secondo la visione hegeliana che dispensa dalla scelta un singolo visto come trascinato dall'inesorabile flusso della collettività storica, ma un aut-aut, che impegna la persona nella sua indelegabile, indemandabile libertà personale, in un dramma assolutamente personale, in cui ne va del proprio destino eterno.
Così in “Aut - aut” Kierkegaard confronta due 'stili' di vita che lui definisce: l'estetico e l'etico. Al termine estetico, comunque, lui dà un significato diverso da quello che solitamente gli diamo noi; egli intende l'immediato e il piacere illusorio dei sensi, che è il punto di partenza della vita di ogni uomo. Nella prima parte della sua opera Kierkegaard ci mostra una varietà di vite estetiche: dalla più bassa che vive in balia dei sensi, e in questi si disperde senza mai impegnarsi eticamente, come viene ben esemplificato nella figura del “Don Giovanni”, all'uomo che si è reso conto del vuoto e della nullità di una vita puramente estetica, ma che, ciononostante, si aggrappa ancora disperatamente ad essa pur sapendo bene che quest'ultima può condurre solo alla disperazione.
Ma perché una vita puramente estetica ci porta alla disperazione? Perché, secondo Kierkegaard, l'uomo ha dentro di sé qualche cosa d'altro, che non potrà mai essere soddisfatto da una vita puramente 'sensibile'. Questo qualche cosa d'altro è l'eterno. L'uomo è costituito dalla sintesi di due elementi opposti: corpo e spirito, temporale ed eterno, finito ed infinito, necessità e libertà. È caratteristica dell'estetico enfatizzare un elemento solo della sintesi: il corporale, il temporale, il finito e il necessario. La mancanza dell'altro elemento della sintesi causa nell'essere umano ansietà; Kierkegaard la definisce “una simpatica antipatia, un'antipatia simpatica”, che allarma e attira allo stesso tempo. Il termine che meglio descrive questa esigenza dello spirito nel mondo sensibile è angoscia; l'angoscia è il segno della presenza dell'eterno nell'uomo. Senza l'eterno non ci sarebbe nessuna angoscia. Ma l'uomo che ha sentito l'angoscia dentro di sé e che ancora ostinatamente persiste in un'esistenza estetica finirà col disperare. Su questi concetti gemelli di angoscia e disperazione Kierkegaard scrisse due delle sue opere più ispirate: “Il Concetto dell'angoscia” ("Begrebet Angest"; 1844) e “La malattia mortale” ("til di Sygdommen Døden"; 1849). Questi due libri sono “saggi psicologici”, come Kierkegaard stesso li definisce, ma in “Aut - aut” gli stessi temi sono trattati attraverso una sorta di letteratura immaginativa, dall'introduzione degli aforismi di “Diapsalmata”, in cui trovano espressione gli umori che attanagliano l'uomo estetico, agli esempi presi dalla letteratura, come Don Giovanni, Antigone, a caratteri desunti dai drammi di Scribe, a figure inventate come “il più infelice” e Giovanni il Seduttore. Insieme formano una galleria di caratteri che vanno dall'immediatamente sensibile, che in un certo senso è innocente a causa della sua immediatezza, perché, in altre parole, non riflette troppo su quello che fa, al seduttore consapevole che ha capito la situazione, ma ciononostante sfida la disperazione.
Ma l'uomo che ha sentito dentro di sé l'angoscia della disperazione non può non cogliere l'inadeguatezza di una vita vissuta tutta nella sfera estetica, e chi, nell'angoscia e nella disperazione, non vuol più rimanere in essa, è ormai maturo per scegliere qualche cosa d'altro ed entrare così nella sfera etica. Questo è testimoniato dal fatto che l'eterno ha riposto le sue richieste sull'uomo che non solo le accetta, ma crede nella possibilità di essere consapevole delle richieste etiche nel temporale, nel mondo sensibile. Tale uomo, che scrive lunghe lettere ad un amico che è un "esteta" (nella seconda parte di "Aut-aut"), conduce una vita "etica". Simbolo di tale vita è l'assessore Guglielmo, marito fedele, professionista laborioso ed onesto, combattente e ottimista che consapevolmente lotta per una buona causa e ha senza dubbio la forza di convincere i suoi amici e il mondo intero su quello che è il 'buono'. Lui non si negherà sperperando la sua vita nella sfera estetica, ma crede che sia possibile unire i due punti di vista in una specie di sintesi. Non per niente uno dei capitoli della seconda parte di "Aut-aut" è intitolato fiduciosamente e non senza ragione: "Sull'equilibrio tra l'estetico e l'etico nello sviluppo di personalità".
Senza dubbio questo concetto è quello che Kierkegaard stesso pensava a quel tempo. Egli era stato attirato fortemente alla vita estetica nelle sue forme più raffinate, ma lui indubbiamente ancora sperava che sarebbe stato possibile trovare un qualche genere di sintesi tra i due mondi. È vero che lui aveva in un certo senso rinunciato all'etico quando aveva rotto il fidanzamento con Regine e così era sfumata la possibilità di sposarsi, ma in realtà non aveva mai abbandonato il suo collegamento col mondo, né la speranza che tutto, in uno modo o un altro, si sarebbe risolto nel migliore dei modi.
Ebbe all'improvviso la conferma di questa speranza una domenica di primavera del 1843, quando, lasciando la 'Chiesa di Nostra Signora' di Copenhagen, incontrò casualmente Regine che usciva dalla chiesa. Lei gli fece un cenno con il capo. Quello fu tutto; ma l'animo di Kierkegaard fu nuovamente sconvolto. Così lei aveva capito; e lei non lo credeva, malgrado tutto, un impostore! Nella testa di Søren cominciò a farsi strada l'idea che forse loro potevano avere una sorta di rapporto 'inusuale', una specie di matrimonio spirituale, libero dalle concupiscenze della carne.
Ma per non correre rischi evitò di incontrarla di nuovo rifugiandosi ancora una volta a Berlino per poter lavorare indisturbato. Là lui scrisse due opere: "Timore e tremore"("og di Frygt Bæven") e "La Ripetizione" ("Gentagelsen"). Ambedue sono scritti in una forma a lui molto congeniale: a metà strada tra la letteratura immaginativa e la filosofia. L'idea che domina le due opere è la fede anche se è vista in due modi profondamente diversi.
Le Carte di A racchiudono vari saggi quali:
Diapsalmata - una raccolta di aforismi a carattere poetico in cui emergono l’invincibile malinconia e infelicità dell’autore;
Gli stadi erotici immediati, ovvero il musicale-erotico - è il commento all’opera "Don Giovanni" di Mozart in cui viene illustrata la figura del ‘seduttorÈ: Don Giovanni rappresenta il "seduttore dell’immediatezza";
Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno - dal confronto tra queste due realtà emerge la profonda disperazione insita nella tragedia moderna;
Silhouettes - vengono messe a confronto tre figure di donne "sedotte" e i loro seduttori: Marie Beaumarchais (Clavigo), Elvira (Don Giovanni) e Margherita (Faust); Faust è visto come l’uomo del dubbio, un dubbio che ha annientato in lui la realtà, per questo motivo egli nell’amore non cerca più il piacere, ma la distrazione;
Il più infelice - chi vive nella "infelicità del ricordo" è più infelice rispetto a colui che vive nella "infelicità della speranza";
Il primo amore;
La rotazione delle colture;
Il diario del Seduttore - A non è l’autore. Questa fu la parte più letta dell’opera e quella che fece più scalpore; in essa si parla soprattutto della seduzione della parola: al seduttore non interessa quante ragazze può sedurre, ma interessa solo come le seduce.
Anche le Carte di B racchiudono vari saggi come:
Lettere ad A;
Validità estetica del matrimonio;
L’equilibrio tra l’estetico e l’etico nell’elaborazione della personalità - viene posto l’accento sulla "scelta" come momento discriminante tra l’estetico e l’etico e quindi la possibilità dell’enten-eller; lo scegliere appartiene infatti al momento etico il quale non è ciò che è immediatamente, come l’estetico, ma ciò che diventa mediante appunto la scelta.
Ultimatum (predica di un pastore dello Jutland).