CESARE LOMBROSO
A cura di Diego Fusaro
Cesare Lombroso
nacque a Verona nel 1835. Incaricato di un corso sulle malattie mentali
all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito (1871) direttore
dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina
legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di
antropologia criminale (1905). Morì a Torino nel 1909. Tra le sue opere più
importanti, ricordiamo: La medicina legale dell'alienazione (1873); L'uomo
criminale (1875); L'uomo delinquente (1876); L'antisemitismo e le
scienze moderne (1894); Il crimine, causa e rimedi (1899), sintesi
dei lavori precedenti.
La figura di Cesare Lombroso è emblema dell’influenza che il Positivismo francese
e inglese esercitò anche in Italia, soprattutto nella forma evoluzionistica
propugnata da Spencer. In Italia, il Positivismo attecchì soprattutto sull’onda
del pur tardivo sviluppo industriale, che portò alla formazione di una nuova
borghesia imprenditoriale: non stupisce allora se esso si affermò soprattutto
negli studi di antropologia e di biologia.
Seguace e assertore del metodo positivistico, che lasciò una notevole traccia
nelle varie branche medico-biologiche, Lombroso compì studi di medicina sociale
che costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria
italiana.
Ma il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia
criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola positiva
del diritto penale", in cui influenzò le teorie poi sviluppate da E.
Ferri.
Riallacciandosi alla dottrina di Galton, della criminalità innata e
biologicamente condizionata, Lombroso sostenne che le condotte atipiche del
delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali
socioeconomiche (di cui non riconobbe però il vero peso), da fattori
indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà e le malattie nervose, che
diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo
un malato. In particolare nell’opera L’uomo delinquente, Lombroso
sostiene l’ardita tesi secondo cui i comportamenti criminali sarebbero
determinati da predisposizioni di natura fisiologica, i quali spesso si
rivelano anche esteriormente nella configurazione anatomica del cranio. L’idea
che la criminalità sia connessa a particolari caratteristiche fisiche di una
persona è molto antica: la si trova già, ad esempio, nell’Iliade di
Omero, nel cui libro II la devianza di Tersite è direttamente legata alla sua
bruttezza fisica; le stesse leggi del Medioevo sancivano che se due persone
fossero state sospettate di un reato, delle due si sarebbe dovuta considerare
colpevole la più deforme. Memore di questa tradizione, Lombroso è convinto che
la costituzione fisica sia la più potente causa di criminalità: e, nella sua
analisi, egli attribuisce particolare importanza al cranio. Studiando quello
del brigante Vilella, rileva che nell’occipite, anziché una piccola cresta, c’è
una fossa, alla quale dà il nome di “occipitale mediana”. La cresta occipitale
interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide
talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta cerebellare
media o vormiense", che dà ricetto al verme del cervelletto. Questa
caratteristica anatomica del cranio è oggi chiamata fossetta di Lombroso: egli
riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati
e nei delinquenti, che classificava in quattro categorie: i criminali nati
(caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche), i
criminali alienati, i criminali occasionali e quelli professionali. Ma Lombroso
non limita la propria indagine al cranio: considerando anche le altre parti del
corpo umano, egli arriva a sostenere che il “delinquente nato” ha generalmente
la testa piccola, la fronte sfuggente, gli zigomi pronunciati, gli occhi
mobilissimi ed errabondi, le sopracciglia folte e ravvicinate, il naso torto,
il viso pallido o giallo, la barba rada. Influenzato dalle teorie di Darwin, Lombroso
sostiene poi che il “delinquente nato” presenta delle caratteristiche
ataviche, ossia simili a quelle degli animali inferiori e dell’uomo primitivo;
tali caratteristiche renderebbero difficile o addirittura impossibile il suo
adattamento alla società moderna e lo spingerebbero sempre di nuovo a compiere
reati. Nella prospettiva lombrosiana domina il determinismo più assoluto, per
cui quel che si fa dipende necessariamente da ciò che si è: privo di ogni
libertà, l’uomo agisce in maniera deterministica e necessitata. Anche in forza
delle dure critiche a cui la sua teoria fu sottoposta, Lombroso andò via via
correggendola, sempre più arretrando dal suo iniziale determinismo assoluto:
egli arrivò a sostenere che i delinquenti nati fossero solo un terzo di coloro
che infrangevano le norme e che ogni delitto aveva origine in una molteplicità
di cause.
In Genio e follia (1864) Lombroso sostenne che le caratteristiche degli uomini
di genio vanno ricercate nella loro anormalità psichica; quest'opera fu
considerata un classico della scienza positivistica ed ebbe enorme fortuna. A
Torino lo studio di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò
centinaia di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli. Fondò poi il
Museo di Antropologia Criminale di Torino, che raccoglie i materiali di tutte
le sue ricerche (da cimeli a reperti biologici, da corpi di reato a disegni, da
manoscritti a fotografie e strumenti scientifici).
Uno
studio antropologico sull’uomo delinquente, e particolarmente di quella sua
varietà che chiamiamo delinquente – nato, deve di necessità prendere le mosse dai
primi caratteri fisici fondamentali che si rilevano alla tavola anatomica, per
passare a quelli che si riscontrano nei viventi. Ma la grande massa degli
esaminati e la ristrettezza dello spazio, ci consigliano a darne solo un
riassunto sommario.
1) La capacità cranica dei criminali misurata con pallini di piombo offre in media cifre inferiori alle normali, e con una seriazione diversa, cioè con un maggior numero di grandi, 1600-2000 c.c., e di piccole, 1100-1300 c.c., capacità: eccedono cioè nel troppo o nel troppo poco sugli onesti e sono inferiori sempre nelle cifre medie. Vi è prevalenza di capacità minime nei ladri; e quando le grandi capacità dei rei non sono effetto di idrocefalia, sono spesso giustificate da un’intelligenza maggiore del normale come in certi capibriganti: Minder-Kraft c.c. 1631, Pascal 1771, Lacenaire 1690.
Quanto alla circonferenza cranica i criminali sono nelle quote minime press’a poco pari o di poco superiori ai normali; nelle quote superiori manca ogni cifra nei ladri, e gli assassini sono o pari o superiori ai normali.
Cosí pure le cifre della semicirconferenza cranica anteriore e posteriore, della proiezione anteriore degli archi e delle curve craniche provano il maggior volume del cranio normale in confronto al criminale.
Tra i diametri, oltre al traverso ed al longitudinale che servono alla determinazione dell’indice cefalico, è importante il diametro frontale minimo ch’è inferiore nei criminali per rispetto ai normali e piú basso nei truffatori e borsaiuoli; esso rivela quindi, come la semicirconferenza cranica anteriore, il minor sviluppo della porzione frontale del cervello nei criminali.
I criminali presentano l’esagerazione degli indici etnici senza predominio dell’una o dell’altra forma in essi e secondo i vari reati. Etnicamente prevalgono i brachicefali nell’Italia settentrionale, i dolicocefali nell’Italia meridionale e insulare; è caratteristica l’iperdolicocefalia nella Sardegna, nella Garfagnana e Lunigiana (Lucchesia), nella Calabria e in Sicilia, e l’ultrabrachicefalia nel Piemonte e nel Veneto; però gli assassini avrebbero in molte regioni d’Italia l’indice cefalico piú elevato.