LOTZE
A cura di Alessandro Sangalli
Rudolf
Hermann Lotze nacque il 21 maggio 1817 e morì il 1° luglio del 1881. Come filosofo,
tentò di conciliare i concetti della scienza meccanicista con i princìpi
dell’idealismo romantico. Studente sia di medicina che di filosofia a Lipsia,
dove in seguito tenne lezioni su entrambe le materie, diventò professore nel
1842. Nel 1844 successe a Johann Friedrich Herbart come professore a Gottinga e
nel 1881 si unì alla facoltà di Berlino. Le sue opere principali sono:
Metafisica (1841); Allegemeine Pathologie und Therapeutik als mechanische Naturwissenschaften
(1842); Logica (1843); Fisiologia (1851); Psicologia medica
(1852); Microcosmo, 3 voll. (1856-1864); Sistema di Filosofia: Logica
(1874); Metafisica (1879). Il suo pensiero rappresenta una decisa
reazione al panteismo idealistico di Hegel, che sembrava sacrificare
l’individualità e la varietà dell’esistenza ad un formale ed astratto schema di
sviluppo dialettico. Lotze definì la sua posizione filosofica come un idealismo teleologico, e considerava l’etica il punto di
partenza della metafisica. Mentre da una parte rinforzava la visione meccanica
della natura, dall’altra cercava di mostrare come il meccanicismo - la
relazione causa/effetto – fosse in realtà incomprensibile, se non come la realizzazione
di un mondo di idee morali. Così ogni catena causale diventa allo stesso tempo
una catena teleologica. Lotze riuscì ad elaborare questa conciliazione tra una
visione meccanicista con una teleologica combinando le monadi del pensiero di Leibniz con la sostanza
infinita di Spinoza: in quest’ultima
trovano infatti il proprio fondamento le cose individuali (monadi), ed inoltre,
attraverso la sua unità che tutto comprende, diventa possibile l’interrelazione.Tenendo
insieme la monadologia leibniziana e il panteismo di Spinosa, Lotze cerca di
tenere coniugare monismo e pluralismo, meccanicismo e teleologia, realismo e
idealismo, panteismo e teismo. Lotze riconosce valore alle istanze
dell’idealismo etico-religioso di Fichte e le applica ad una sobria e
scientifica interpretazione dei fenomeni naturali. In Lotze convivono una ferma
convinzione dell’universale
validità delle leggi scientifiche e la consapevolezza della necessità della metafisica. Egli insiste sul fatto che la filosofia debba avere le sue radici
nelle scienze naturali, poiché gli esseri umani sono soggetti alla medesime
leggi fisiche che governano gli oggetti inanimati: si schiera perciò contro
qualsiasi tentativo di dedurre la realtà da meri principi astratti. "La
conoscenza – sostiene – è il risultato dell’osservazione e
dell’esperimento, non di uno sviluppo logico-dialettico". L’obiettivo
della metafisica è perciò quello di analizzare e sistematizzare i concetti
prodotti dalla scienza. Secondo Lotze la natura è sì governata da leggi meccaniche, ma il sistema
della natura è un insieme di mezzi indirizzati verso un fine fissato da Dio. Egli considera tutte le cose come
immanenti in Dio; ciò che gli scienziati vedono come una causalità meccanica è
semplicemente l’espressione dell’attività divina. Le cosiddette leggi naturali sono
nient’altro che azione divina: sono i modi dell’operare di Dio. Lotze rileva
come l’uomo non possa trovare nessun appagamento etico-religioso nell’universo
meccanizzato della scienza. La materia organica e quella inorganica si
differenziano nell’organizzazione delle loro parti: la forza materiale
conferisce movimento e direzione a queste parti separate. La concezione
meccanica dell’universo, che considera anche il corpo umano come una macchina,
non lascia quindi spazio alle idee e ai proponimenti dell’uomo. Il
meccanicismo, secondo Lotze, risulta inadeguato per spiegare la vita.
Sensazioni, percezioni e leggi del pensiero sono funzioni del Soggetto,
dell’Io. La Realtà, le cose considerate per se stesse, devono avere la capacità
di operare e subire effetti, pur rimanendo le stesse in ogni mutamento. La
Realtà è da noi conosciuta soltanto attraverso quel principio di unità autodeterminante
che è l’anima. Un’anima che è distinta dal corpo: essa
è infatti la capacità della mente di combinare la molteplicità dei fenomeni
nell’unità di un’esperienza cosciente. Lotze afferma perciò che l’universo
fisico deve essere interpretato in termini mentali, cioè per come è
conosciuto da noi. La materia è attiva e vitale, ma la vita mentale è
superiore: essa riesce infatti ad illuminare le grossolane forme materiali.
Benché il mondo fenomenico non sia privo di significato, lo si deve tuttavia
concepire come un mondo eticamente ordinato. Per quel che concerne la logica, Lotze
sostiene che forme e leggi del pensiero hanno fondamento nella ricerca del bene: la realtà stessa ha fondamento nel bene. La relazione tra corpo
(meccanicismo) e anima (teleologia) si configura come un’interazione, anche se
resta umanamente impossibile spiegare come ciò accada. Il corpo, secondo Lotze, è un sistema di monadi, di forze spirituali, ma è
l’anima, correlata al cervello, che lo domina. Per questa via, Lotze trasforma
la teoria meccanicista in un sistema di realtà spirituali in relazione
reciproca l’una con l’altra. La molteplicità del mondo necessita infatti il suo
fondamento in una sostanza universale della quale tutti i fenomeni siano modi
d’espressione. Il meccanicismo diventa perciò un’espressione dell’Assoluto,
dell’Essere infinito. La filosofia di Lotze trapassa così in un panteismo idealista nel quale coesistono la sostanza di Spinoza
e le monadi di Leibniz: l’anima umana conferisce una personalità alla sostanza
universale e ne fa un essere assolutamente buono, un Dio-amore. Nel suo
capolavoro - Microcosmo (1856-64) -, Lotze avanza l’idea che gli
scienziati e i fisici abbiano ragione a ritenere che l’universo sia costituito
da atomi, ma gli atomi sono entità coscienti, senzienti, e si influenzano l’un
l’altro in maniera causale, in prevedibile accordo con le leggi naturali.
Questi atomi, o monadi, possono essere considerati meccanicamente dal di
fuori, ma internamente sono espressioni di una volontà. Tutta la natura,
che è meccanicismo direzionato da un fine, è espressione del volere creativo di
Dio. Inoltre, sempre in quest’opera, Lotze sostiene che sia la mente a rendere
unico l’uomo: infatti, sebbene sia soggetto come gli altri animali al processo
evolutivo e alla lotta per l’esistenza, la sua storia non può essere
interamente compresa in meri termini meccanicisti. L’uomo, che è in se stesso
un’unità, porta l’Unità all’esistenza utilizzando idee e ideali: le unità, in
natura, sono prodotti mentali. Sicchè è
incontestabile che la natura si muove secondo leggi necessarie ed immutabili;
ma bisogna aggiungere che tale ordinamento meccanico è espressione di una
saggezza superiore, ed ha uno scopo complessivo che è quello della realizzazione
del bene. Anzi quanto piú si approfondisce la perfezione del meccanismo
naturale, tanto piú si fa chiaro il principio superiore di razionalità inerente
alla realtà. E infatti, la scoperta che il processo di evoluzione della natura
culmina nell'uomo, nella sua vita spirituale, è la testimonianza che tutta la
realtà, cosiddetta «materiale», è nella sua sostanza «spirituale», e che
l'affermazione dello spirito è il fine stesso del processo naturale. Inoltre la
regolarità del processo mostra che Dio è la condizione di ogni evento fisico e
di ogni legge meccanica. All'uomo cosí resta aperta la via alla speranza e alla
gioia dell'esistenza, come pure la possibilità dell'azione morale e la certezza
della fede.