György Lukācs

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L'IRRAZIONALISMO MODERNO

Storia e coscienza di classe fu aspramente condannato dai massimi dirigenti del marxismo internazionale (e Lukācs ritirō il proprio libro dalla circolazione). Esso dispiacque sia per la critica in esso svolta contro Engels (che metteva in pericolo l'ortodossia marxista), sia per la sua ispirazione marcatamente antimaterialistica. In campo filosofico, l'opera allora considerata come modello in area marxista era Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin, che sviluppava una teoria della conoscenza come mero 'riflesso' o 'rispecchiamento' del mondo esterno nel cervello dell'uomo. Il realismo materialistico di Lenin, oltre ad apparire de facto respinto radicalmente dal marxismo hegelianeggiante di Lukācs, venne criticato in modo assai diretto ed esplicito da un altro pensatore marxista ungherese, Karl Korsh (1886-1961). Nel libro Marxismo e filosofia , uscito nello stesso anno di Storia e coscienza di classe , anche Korsh rifiutava l'impostazione leniniana del problema gnoseologico perché se č vero che la coscienza umana 'riflette' l'oggettivitā storico-empirica, č anche vero che quell'oggettivitā č a sua volta un prodotto dell'attivitā pratica (sensibile e intellettuale) dell'uomo. Non esiste quindi un mondo 'in sé', indipendente dagli uomini, e il nesso individuo-societā, come quello di natura-storia, costituiscono delle totalitā dialettiche. In una seconda (o meglio, tenendo conto della stagione premarxista, in una terza) fase della sua attivitā Lukācs allineerā maggiormente alle posizioni del marxismo ufficiale del tempo, criticando esplicitamente certe tesi 'coscienzialistiche' ed anti-materialistiche di Storia e coscienza di classe : non rinuncerā peraltro alla sua tesi prediletta della sostanziale continuitā teorica tra la tradizione speculativa tedesca (Kant, Hegel, Feuerbach) e il pensiero marxista. Vari scritti della maturitā e della vecchiaia sono anzi dedicati proprio a tale tematica. Pur senza raggiungere la tensione teorica di Storia e coscienza di classe , alcuni di questi saggi hanno avuto una vasta risonanza intellettuale e ideologica. Di particolare rilievo - anche per la complessitā dell'analisi e la notevole novitā delle tesi interpretative - č il volume Il giovane Hegel e i problemi della societā capitalistica (1948). Si tratta di un'opera monumentale volta a sottrarre il pensiero primo-hegeliano alla tradizionale interpretazione metafisico-speculativa: una chiave del tutto inadatta a valorizzare quegli interessi storico-politici ed economico-sociali che viceversa Lukācs lumeggia in modo assai suggestivo. Tra le implicazioni teoriche che emergono dalla ricerca lukacsiana v'č la tesi che all'acquisizione della dialettica quale principio organizzatore dell'essere e della conoscenza Hegel č arrivato soprattutto attraverso una rigorosa anatomia, laica e razionale, della contraddittoria realtā del suo tempo. Pių incisiva nel dibattito ideologico contemporaneo, nonostante risenta innegabilmente del clima settario instaurato dallo stalinismo anche in sede culturale, č perō la celebre Distruzione della ragione (1954). L'opera, formalmente dedicata alla storia del cosiddetto "irrazionalismo" quale componente della "filosofia reazionaria" otto e novecentesca, si configura in veritā come un appassionato e tendenzioso pamphlet di oltre 800 pagine contro buona parte del pensiero tedesco (e non solo tedesco) moderno. La tesi di fondo di Lukācs č che questo pensiero si č identificato come un percorso inarrestabile e necessario "da Schelling a Hitler" . I filosofi e le filosofie pių diverse - da Schopenhauer a Weber, da Kierkegaard e Nietzsche, da un certo storicismo al neoidealismo, dal pragmatismo all'esistenzialismo - costituirebbero altrettante tappe di questo percorso. Un percorso rispetto al quale resta indenne ed estraneo solo l'indirizzo - minoritario ma omogeneo, e destinato ad ispirare sia la rivoluzione giā compiuta nell'Unione sovietica che quella da compiere nel mondo occidentale - costituito dalla linea Kant-Hegel-Feuerbach-Marx, alla quale ora viene aggiunto anche Lenin. Che cos'č questo "irrazionalismo" il quale, oltre a bloccare il progresso del sapere e dell'emancipazione umana, avrebbe preparato e favorito la "reazione" sociale e politica? Esso č presentato da Lukācs come una figura metastorica, senza un suo sviluppo autonomo. La sua principale vocazione č stata ed č quella di combattere il materialismo e il metodo dialettico. Tra le sue componenti primarie figurano " la svalutazione della ragione, l'esaltazione acritica dell'intuizione, l'aristocratica gnoseologica, il ripudio del processo sociale, la creazione di miti ". Il suo carattere teorico pių consistente č probabilmente il suo 'intellettualismo', ossia (hegelianamente) la sua tendenza a rifiutare la dialettica quale metodo di soluzione dei problemi e ad astrarre/irrigidire i termini dei problemi medesimi, involgendosi cosė nei limiti e contraddizioni tipici appunto del pensiero intellettivo.

" L'imbattersi in questi limiti puō diventare per il pensiero umano il punto di partenza di un ulteriore sviluppo del pensiero stesso, cioč della dialettica, se si vede in essi un problema da risolvere, e, come Hegel dice molto a proposito, 'un cominciamento e un barlume della razionalitā', vale a dire di una pių alta conoscenza. L'irrazionalismo invece [...] si ferma proprio a questo punto, rende assoluto il problema, irrigidisce i limiti della conoscenza intellettiva facendone i limiti della conoscenza in genere, anzi falsa il problema, reso cosė insolubile, in una risposta 'sovrarazionale'. Equiparare intelletto e conoscenza, i limiti dell'intelletto coi limiti della conoscenza in generale, far intervenire la 'sovrarazionalitā' (dell'intuizione, ecc), dove č possibile e necessario procedere oltre una conoscenza razionale: ecco le caratteristiche pių generali dell'irrazionalismo filosofico. " ("La distruzione della ragione", 93-94)

Alla luce di queste premesse Lukācs giudica irrazionalisti tutti quei pensatori che, in contrasto con la tradizione romantica e con le concezioni hegeliane, non hanno colto la superiore razionalitā operante nella realtā e nella storia, o negando l'esistenza di un disegno dialettico nel processo storico, o mettendo in rilievo le antinomie e la tragicitā della condizione umana, o evidenziando i pericoli e le contraddizioni della societā industriale moderna. Su questa base, come si č accennato, Lukācs etichetta come 'irrazionalisti' alcuni dei filoni pių vivi e interessanti del pensiero filosofico e sociologico contemporaneo. Un'ispirazione pių pacata ha invece l' Ontologia dell'essere sociale , l'opera sistematica cui Lukācs attese negli ultimi anni della sua vita e che non poté peraltro concludere (i frutti, comunque cospicui dell'impresa sono comparsi postumi tra il 1971 e il 1973). Ritornano in quest'amplissima riflessione gli orientamenti speculativi e le categorie filosofico-sociali (la mediazione, la dialettica, la totalitā; l'individuo e la societā; il lavoro e l'alienazione; la struttura e la sovrastruttura) che sono sempre stati al centro della riflessione lukācsiana. L'ambizione di fondo del pensatore ungherese č quella di delineare, come dice lo stesso titolo dell'opera, un' "ontologia", ossia un'indagine sulle strutture costitutive della realtā: un'indagine in grado, tra l'altro, di fungere da supporto teorico e quel sistema di etica ch'č stato uno degli obiettivi di fondo dell'ultimo Lukācs. Per un verso tale indagine 'ontologica' appare a Lukācs carente nel pensiero dei classici del marxismo, impegnati in altre imprese intellettuali; per un altro verso egli ritiene che una riflessione di questo genere sia necessaria e possibile in rapporto alla situazione speculativa del nostro presente. Necessaria: per reagire al formalismo dissolutore del reale (il neopositivismo), all'individualismo astorico (l'esistenzialismo), al relativismo tendenzialmente nichilistico (un certo storicismo), alla sottovalutazione dell'uomo e della sua attivitā creatrice (il materialismo meccanicistico) operanti nella cultura contemporanea. Possibile: giacché a Lukācs sembra che la critica moderna (da Nietzsche, a Heidegger, a Wittgenstein) non abbia dimostrato validamente l'impossibilitā di un'analisi delle strutture dell'essere. In qual modo Lukācs intendesse mediare, secondo il proprio desiderio, la sua ricerca ontologica con una prospettiva storica (relativa sia all'oggetto che alle categorie dell'analisi) non č dato cogliere appieno in un'opera rimasta, come si č detto, incompiuta.

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