COLIN MACLAURIN
A cura di Gigliana Maestri
Figlio di un
pastore della Chiesa presbiteriana, Colin
Maclaurin nasce in Scozia, a Kilmodan, nel 1698.
Rimasto orfano e affidato alle cure di
uno zio, entra all'Università di Glasgow a
soli undici anni, e subito manifesta una
particolare predisposizione per lo studio
della matematica. Non a caso, nel 1717 è
nominato professore di matematica al
Marischal College dell'Università di Aberdeen, e
in seguito, a partire dal 1725, ottiene la
cattedra di matematica all'Università di Edimburgo,
soprattutto grazie all'appoggio di Isaac Newton, di cui s'impegna a divulgare le dottrine.
Maclaurin compone
la Geometria organica, sive descriptio
linearum curvarum universalis, il Treatise
of Fluxions, il Treatise of Algebra,
e il manuale An Account of Sir
Isaac Newton's Philosophical Discoveries.
Impegnato ad estendere gli interessi
scientifici e pratici della "Medical
Society", Maclaurin si distingue
nell'organizzazione della difesa di Edimburgo
durante la rivolta giacobita. Muore nel 1746.
Nel Treatise of Fluxions, Maclaurin
intende fondare in modo logicamente
rigoroso il calcolo infinitesimale di Newton;
nel Treatise of Algebra, invece, egli si
occupa soprattutto dei "sistemi
lineari" e del "calcolo dei
determinanti". Come matematico, elabora una
formula nota con il nome di
"Eulero-Maclaurin", che, nel calcolo infinitesimale,
collega l'integrale e le somme.
Maclaurin appartiene a quella seconda
generazione di newtoniani che intende
affrontare le conseguenze metafisiche della
scienza di Newton sul piano
dell'osservazione sperimentale, piuttosto che sulla
base dei soli principi. Interessato
all'interpretazione dell'eredità newtoniana, soprattutto
per quanto riguarda le sue conseguenze
in ambito religioso, egli è l'interprete
più rappresentativo del teismo
sperimentale scozzese. Nell'Account, a proposito
della prova dell'esistenza di Dio, scrive:
"Il semplice argomento per l'esistenza di Dio, chiaro a tutti e dotato di irresistibile persuasione, è quello che discende dall'arte manifesta e dall'adattamento reciproco delle cose che incontriamo in ogni parte dell'universo. Qui non c'è bisogno di ragionamenti minuziosi o sottili: un'arte manifesta suggerisce immediatamente un artefice. Esso ci colpisce come una sensazione e i ragionamenti artificiosi in contrario possono confonderci, senza però scuotere la nostra credenza. Nessuna persona, per esempio, che conosca i principi dell'ottica e la struttura dell'occhio, può credere che sia stato formato senza abilità in questa scienza...".
Secondo Maclaurin, il
cosiddetto "argomento del
disegno" (design argument) a
sostegno dell'esistenza di Dio, argomento
privilegiato da Locke, da Newton e dal
teismo sperimentale in genere, dimostra sia
l'esistenza sia gli attributi divini.
Maclaurin intende poi risolvere il contrasto tra scienza cartesiana
e scienza newtoniana su base rigorosamente
sperimentale, e su questa stessa base partecipa
alla disputa sulla "misura delle
forze" contro i leibniziani. Sempre nell'Account,
egli pone una distinzione netta tra i
sistemi elaborati dai filosofi e le teorie
degli scienziati, fondate sull'osservazione e sull'esperimento.
Maclaurin attribuisce la graduale e lenta
nascita della scienza della natura
all'opera di Copernico, Keplero, Galileo e Francesco Bacone,
mentre ritiene che i vari sistemi
speculativi, proposti da Cartesio in poi,
siano fondati soltanto sulle idee e
sull'immaginazione, in aperta violazione del
senso comune e in contrasto con
l'osservazione dei fenomeni. Ad esempio, egli critica
i cartesiani e i materialisti britannici perché
"per il gusto di spiegare ogni
cosa mediante il meccanicismo, sono stati
indotti a escludere dall'universo tutto ciò
che non fosse materia e movimento".
Maclaurin condanna poi Berkeley per aver
sostenuto che esistono soltanto percezioni
e spiriti che le percepiscono, e critica
Hume perché, portando alle estreme conseguenze
il pensiero di Berkeley, non ammette
neppure gli spiriti, ma soltanto le percezioni.
Inoltre, Maclaurin polemizza anche con Baxter
in quanto, trascurando "gli anelli intermedi
nella catena delle cause", risolve
"affrettatamente ogni principio nella
immediata influenza della causa prima,
danneggiando la bellezza della natura", e
ponendo così fine "alle nostre
ricerche sulla parte più sublime della
filosofia".
Ancora nell'Account, prima di esporre i
concetti fondamentali dei Principia
newtoniani, Maclaurin ristabilisce quelle nozioni
del senso comune che, a suo parere, la
"cattiva filosofia" ha messo erroneamente
in discussione. Perciò, egli si ricollega a
Locke nel sostenere che siamo certi
della nostra esistenza e delle nostre
idee in base alla coscienza interna, e
che questa medesima coscienza ci garantisce
del fatto che esistono cause o poteri
al di fuori di noi, e che su di
noi agiscono. D'altra parte, la nostra mente
è conscia della propria attività nel
riflettere sulle idee, nel ragionare su di
esse, nel comporle e nel classificarle; da ciò, dall'influenza
degli oggetti esterni sulla mente e
dal corso della natura acquistiamo con
facilità le idee di causa ed effetto.
Probabilmente, in questa volontà di affermare
la validità della relazione causale, si può
leggere anche una critica a Hume, per
il quale invece noi non percepiamo
mai una reale "connessione necessaria"
tra due oggetti, ma tale connessione è
soltanto un'impressione della nostra mente, ossia
la determinazione della mente a passare
da un oggetto ad un altro, da un'idea
all'altra.
In generale, Maclaurin assume il sistema
newtoniano come paradigma della ricerca
filosofica, e considera il "senso
comune" norma e limite della
"buona filosofia". Polemizza poi contro
il misticismo neoplatonico per ridimensionare
certe interpretazioni dello Scolio generale
dei Principia di Newton, interpretazioni che,
a suo parere, ne travisano il rapporto
fra Dio e l'universo, subordinando così la
fisica alla metafisica.