A cura di Enrico Gori
Marsilio di Inghen, magister all’Università di Parigi (1362-1378) e di Heidelberg (1386-1396), scrisse una serie di trattati di logica, filosofia naturale e teologia diffusi in molte università tardo medievali e della prima età moderna. Marsilio adottò l’approccio logico-semantico di Ockham e Buridano, difendendo contemporaneamente le posizioni tradizionali di Tommaso e Bonaventura. Il suo pensiero fa luce sul dibattito tra nominalisti e realisti e consente di rendersi conto dei nuovi interessi della teologia e della filosofia, dall’atteggiamento critico di molti autori del Trecento alla ricerca della tradizione caratteristica del Quattrocento.
VITA E OPERE
Marsilio nasce intorno al 1340 a Nijmegen, nei Paesi Bassi orientali. Nelle fonti più antiche è spesso scritto che proveniva da Inghen, villaggio alle porte di Nijmegen, ma il dato è errato. Ciò deriva da una lettura frettolosa dell’oratio funebris pronunciata da Nicholas Prowin nel 1396 al funerale di Marsilio e pubblicata a Magonza nel 1499. Dal 1362, Marsilio fu magister alla Facoltà delle Arti all’Università di Parigini, dove fu anche rettore (1367 e 1371) e studente di teologia. Insegnante a Parigi, Marsilio fu molto stimato e le sue lezioni avevano un grande pubblico. Tra gli studenti c’erano molti suoi compatrioti, alcuni dei quali provenienti da Nijmegen e dintorni. Nel 1378 venne delegato dell’Università alla corte di Papa Urbano VI a Tivoli. Nel 1379 chiese a un collega, Ugo di Hervort, di occuparsi dei suoi affari a Parigi. Dopo il 1379, Marsilio non è più menzionato negli atti dell’università parigina. La causa della rottura con Parigi fu probabilmente il clima di corruzione venutosi a creare intorno al Grande Scisma del 1378. Intanto Marsilio mantenne i contatti con Nijmegen. Nel 1382 il consiglio cittadino diede un banchetto in suo onore. Dal 1386 Marsilio fu magister all’Università di Heidelberg, di cui fu rettore non meno di nove volte, negli anni 1386-1392 e nel 1396. Nel 1389-90, nuntius con Corrado di Soltau, fece trasferire i registri dell’università a Roma, dove era Papa Bonifacio IX. All’inizio degli anni ’90 Marsilio riprese gli studi di teologia. I maestri erano allora i Corrado di Soltau (dal 1378) e Matteo di Cracovia (dal 1394, entrambi dell’Università di Praga). Nel 1395/96 Marsilio concluse le lezioni sulle Sentenze e fu così il primo teologo ad ottenere il dottorato a Heidelberg. Morì poco tempo dopo, il 20 agosto 1396.
Marsilio fu scrittore prolifico, le sue opere sono il frutto dei suoi insegnamenti a Parigi e Heidelberg. Molti dei suoi scritti sono conservati in numerosi manoscritti e qualche edizione stampata quattrocentesca, sebbene alcune opere siano state pubblicate recentemente con apparati critici.
Le sue opere più importanti si suddividono in:
Logica ed epistemologia:
Trattati sulle proprietà dei termini: Della supposizione, ampliamento, restrizione, obbligo, appello, insolubili e conseguenze
Sommario della Fisica aristotelica, Questioni sul ‘De generatione et corruptione’, Questioni sul ‘De anima’, Questioni sulla ‘Metafisica’.
Questioni sulle ‘Sentenze’ di Pietro Lombardo.
Seguace del nominalismo trecentesco sulla scia di Ockham e Buridano, Marsilio non si considerò, tuttavia, mai nominalista o seguace di Ockham. Era un pensatore indipendente che attingeva dalla tradizione del XIII secolo, ad esempio da Pietro Ispano, o da teorie più vicine al sentire comune in opposizione al linguaggio eccessivamente tecnico dei contemporanei. Marsilio trattò questioni logiche ed epistemologiche in quasi tutte le sue opere, come le Questioni sulle Sentenze di Pietro Lombardo, che furono utilizzate anche nei trattati di logica della prima età moderna. Il nominalismo di Marsilio si evidenzia nella trattazione di quale sia l’oggetto della conoscenza scientifica, la natura degli universali e la dottrina logica della supposizione. Il suo assunto di base è che vi sono solo individuali fuori della mente umana.
Secondo l’aristotelismo accettato da Marsilio, l’oggetto della conoscenza scientifica deve essere universale e necessariamente vero. Ciò non accade con gli oggetti individuali nel mondo esterno, essendo questi soggetti al mutamento. Solo la conclusione di un sillogismo vero e necessario può essere accettato. Per Marsilio, quindi, l’oggetto della conoscenza scientifica non è fuori della mente ma la proposizione mentale che si riferisce agli oggetti individuali e alle loro qualità. In altre parole, il vero oggetto della conoscenza scientifica è una proposizione in forma di conclusione dedotta da premesse necessarie.
Gli universali
Marsilio sosteneva che i concetti universali come umanità non si riferiscono a corrispondenti reali fuori dalla mente umana. Di conseguenza, negli individui non c’è l’essenza universale. Gli individui di un genere o specie si assomigliano, e questa somiglianza è il fondamento dei concetti universali nella mente umana La generazione di concetti universali è un processo naturale, descritto da Marsilio nel modo seguente: L’individuo A della specie S evoca il concetto X nella mente umana. Tale concetto è simile al concetto Y evocato da B appartenente ad S. Astraendo dalle differenze tra X e Y, la mente umana può produrre un altro concetto Z, che vale per A e B. L’universalità è dunque una qualità di Z, il prodotto dell’operazione epistemologica di astrazione su X e Y.
Coerentemente, Marsilio rifiuta la supposizione semplice. I logici come Pietro Ispano avevano usato la nozione per indicare che un termine indicava non un individuo ma una natura universale o comune nel mondo esterno, come il termine uomo nella proposizione L’uomo è una specie. Rifiutando l’idea di universali esterni alla mente, Marsilio eliminava la supposizione semplice dalla lista dei diversi tipi di supposizione. Marsilio era critico nei confronti di contemporanei come Alberto di Sassonia, che rifiutavano sì gli universali reali, ma riconoscevano la supposizione semplice. Secondo Marsilio, avevano cambiato il significato del termine sostenendo che un termine scritto o parlato aveva in sé la supposizione semplice se usato per riferirsi a un concetto nella mente umana. Marsilio si chiedeva se gli studenti più giovani sarebbero stati in grado di capire il significato di supposizione semplice pur non capendo bene cosa fossero i concetti. Per evitare confusione, Marsilio decise di trascurare la supposizione semplice. Esempio della singolarità della logica di Marsilio è la sua analisi della proposizione Socrate è una chimera, frase che altri consideravano vera. Secondo il metodo parigino, invece, la frase è falsa perché, non esistendo chimere, il riferimento è nullo. Altrimenti la scuola parigina (scola Parisiensis) è abbandonata e si preferisce la prospettiva del linguaggio comune (communis modus loquendi); ad esempio, nella frase ‘l’Anticristo non è ma sarà’, il riferimento è nullo perché l’Anticristo non è. Ma nel linguaggio comune il riferimento sussiste perché è al futuro Anticristo. Marsilio, nonostante l’autorità di cui godeva la prima soluzione, preferì sempre la seconda.
Marsilio era un empirista nel campo della filosofia naturale e della metafisica, ossia credeva che ogni conoscenza scientifica si basa o sul senso o sulle proposizioni auto-evidenti, ossia proposizioni in cui il significato del predicato è nel soggetto. Chiunque conosca il significato dei termini di tali proposizioni, le giudica evidentemente vere. Ciò ha conseguenze piuttosto importanti sulla relazione tra filosofia e teologia. Dato che il filosofo usa solo i dati sensati e le proposizioni auto-evidenti, la sua ricerca può portare a conclusioni diverse di quelle del teologo, che ha in più la conoscenza datagli dalle Scritture. Il filosofo giudica il mondo da una prospettiva umana e perciò limitata, il teologo è aiutato dalla Rivelazione. Tuttavia Marsilio si occupò della visione filosofica con impegno, poiché secondo lui la mente umana ha una naturale tendenza a cercare la verità, soddisfatta (sebbene non del tutto) dalla filosofia naturale e dalla metafisica.
Secondo i principi della filosofia naturale, la creazione dal nulla è impossibile. I sensi ci mostrano che tutto deriva da qualcosa. Poiché non c’è motivo di dubitare dei sensi, la mente umana giunge al principio universale del nihil ex nihilo, spinta dalla sua tendenza alla ricerca della verità. Di conseguenza la creazione dal nulla è impossibile per la mente umana, poiché contraddice nihil ex nihilo. Il fatto che Dio abbia creato il mondo dal nulla è un dogma (sola fide est creditum). La Rivelazione mostra che la conoscenza umana della creazione è limitata e non può avere aiuto sufficiente dalla filosofia naturale o dalla metafisica.
Nel tardo Medioevo, lo studio dell’anima divenne parte della filosofia naturale. Marsilio affrontò l’anima umana nel suo commento al De anima aristotelico, in cui seguiva Buridano e Oresme. Come Buridano, sosteneva che non vi sono prove a sostegno dell’immortalità dell’anima. Per la mente umana, senza l’aiuto della Rivelazione, la teoria di Alessandro di Afrodisia per cui l’anima è corruttibile è plausibile. Solo la Rivelazione può farci ammettere la falsità di tale teoria e quindi l’immortalità dell’anima. La Fede è più autorevole della Ragione, e vi si deve dare credito ogniqualvolta le due entrino in conflitto, poiché ciò che si crede per fede viene da Dio, il quale non può sbagliare
Sebbene la metafisica non possa oltrepassare i limiti della conoscenza umana, Marsilio la considerava la via d’accesso alla teologia. La ragione naturale può formare concetti veri e adeguati di Dio, e anche proposizioni vere sullo stesso soggetto, oltre a dimostrare che Dio esiste e possiede conoscenza e volontà. Ma non può dimostrare il libero arbitrio o il potere infinito. Questo, sosteneva Marsilio, era vero anche per filosofi come Aristotele, i cui insegnamenti sono pari a quelli della ragione naturale. Da Buridano Marsilio riprese l’idea che Dio secondo Aristotele e Averroé non è solo la causa finale dei cieli e delle sostanze separate, ma anche la loro causa efficiente. Su questo punto, Buridano e Marsilio seguivano Scoto e Ockham contro Giovanni di Jandun e Gregorio da Rimini. E’ bene notare, a riguardo, che nei Punca super libros Metaphysicae, riassunti dell’opera aristotelica a scopo didattico attribuiti a Giovanni de Slupcza e scritti a Cracovia nel 1433, alcune opinioni di Buridano riprese da Marsilio, come quella appena esposta, sono attribuite allo stesso Marsilio, nonostante il fatto che l’autore conoscesse entrambi gli autori e i loro Commenti. Questo dimostra la grande influenza di Marsilio sulla metafisica quattrocentesca. Tuttavia, Marsilio non concordava con Buridano su alcune dottrine. Ad esempio, Marsilio considerava la soluzione di Buridano del problema della possibile separazione degli accidenti dalla loro sostanza in disaccordo con gli insegnamenti aristotelici, e quindi non propriamente metafisici, ma piuttosto teologici. Solo in modo miracoloso Dio avrebbe potuto vincere il potere di sostegno della sostanza, separando così l’accidente dal suo custode naturale. Secondo Marsilio, comunque, tale intervento divino non va preso in considerazione in sede di metafisica, dove il filosofo deve usare la sola ragione.
Secondo la lezione appresa da Wodeham, Dio è perfettamente uno. La saggezza divina e tutte le altre perfezioni attribuite a Dio sono in realtà tanto identiche all’essenza divina quanto questa lo è a se stessa. Nell’essenza divina non vi è distinzione o non-identità tra gli attributi di Dio. Ogni distinzione tra attributi divini è necessariamente di natura razionale e fabbricata dall’uomo. Una posizione ugualmente radicale è contemplata a proposito delle idee divine. Le idee non sono distinte formalmente in Dio, come qualche scotista sostiene, ma oggettivamente ed estrinsecamente distinte. La loro distinzione è la conseguenza della varietà delle creature di Dio (ecco il perché dell’estrinsecità) e del fatto che Dio le considera diverse (distinzione oggettiva). Dio sa di essere la causa di infinite differenze tra le creature. Ecco perché la Sua mente contiene idee infinitamente differenti. Marsilio criticò l’idea di Occam per cui l’idea di Dio coincide con la creazione. Se fosse vero, sosteneva Marsilio, l’idea di creare una pietra deve essere identica alla stessa pietra o alla pietra come è conosciuta da Dio. Nel primo caso, Dio deve guardare al di fuori di sé nella sua idea, il che contraddice Agostino, citato da Ockham. Nel secondo caso, l’idea di creazione della pietra non è la pietra stessa, ma la prescienza divina della stessa.
Marsilio progredì nella sua critica all’uso della logia in teologia nella sua disputa sulle dottrine di Robert Holcot. Holcot aveva sostenuto che logicamente Dio può essere chiamato causa del male. Se Dio è la causa di tutte le entità, e il male morale è un’entità, allora Dio è causa del male. Marsilio riconosceva che l’argomento poggiava su premesse vere, ma la conclusione non può essere ritenuta vera poiché contraddice la fede e potrebbe creare confusione ai fedeli. I teologi non dovrebbero esagerare nell’esibire i propri talenti logici, ma esprimersi tenendo conto della divinità. Le loro opere non dovrebbero minare le credenze della gente comune, non esperta della logica, ma rafforzarne la devozione e la spiritualità. Marsilio tuttavia teneva ad evitare la dipendenza della prescienza divina dagli esseri umani. Nella sua discussione delle idee di Wodeham sulla casualità della volontà umana, lamentava che Wodeham non aveva enfatizzato il fatto, dato che permetteva il seguente argomento: se un evento E accadrà, Dio conoscerà E dall’eternità; ma se non-E accade, Dio conoscerà non-E dall’eternità; dato che l’uomo è libero, egli può scegliere tra E e non-E, quindi può cambiare la prescienza divina. Per Marsilio l’argomento è logicamente corretto, ma porta a concludere che la prescienza divina dipende dalla volontà umana, il che è assurdo: l’eterno non può sottomettersi al creato. Quindi tale dottrina non è valida. Meglio, dunque, ammettere che Dio è onnisciente delle attività umane senza esserne dipendente.
L’ultima parte del Commento alle Sentenze è dedicato ai sacramenti: seguendo Tommaso e Bonaventura, Marsilio sosteneva che Cristo, dicendo ‘questo è il mio corpo’ (Mc 14:22) durante l’Ultima Cena, si riferiva a ciò che il pane e il vino hanno in comune. Tommaso di Strasburgo aveva criticato tale idea, ma Marsilio dimostrò che all’inizio Tommaso aveva ragione, più tardi ebbe torto. Nella disputa sulla causalità dei sacramenti, Marsilio seguiva Bonaventura, secondo cui i sacramenti non hanno causalità propria. E’ Dio che agisce quando questi sono amministrati correttamente. Solo in senso ampio è corretto dire che i sacramenti hanno il potere di agire.
L’influenza di Marsilio è stata notevole, specie grazie alle sue opere logiche e ai suoi commenti d Aristotele. Ciò si deduce non solo dal numero dei manoscritti conservati, ma anche da altre considerazioni. Il commento agli Analitici primi fu usato a Praga negli anni 80 del 1300. Le sue opere logiche, come le Obligationes e le Consequentiae, furono usate come libri di testo a Vienna nella decade successiva. I commenti alla Metafisica e alla Fisica furono letti a Cracovia nei primi sessanta anni del Quattrocento. All’università di Heidelberg, Erfurt, Basilea e Friburgo le sue opere furono studiate per tutto il XV secolo, specie nell’ambito curricolare dell’università. Nel 1499 i dottori e maestri della Via moderna all’Università di Heidelberg pubblicarono un volume che conteneva epigrammi su Marsilio scritti da noti umanisti come Jakob Wimpfeling, e una difesa del nominalismo sulla scia di Marsilio (Via Marsiliana). Lodi in forma di epigrammi si trovano anche nell’edizione strasburghese del 1501 del commento alle Sentenze. Le Obbligazioni, stampate nel 1489 con il nome di Pietro d’Ailly, furono usate da Thomas Bricot, John Major e Domingo de Soto. Il commento agli Analitici primi fu citato d Agostino Nifo, Jodocus Trutvetter e Bartolomeo di Usingen, che consolidarono il nominalismo a Erfurt citarono spesso Marsilio nelle loro opere. Sia Leonardo da Vinci che Galileo fecero riferimento al commento al De generatione et corruptione. Le dottrine teologiche di Marsilio ebbero altrettanto successo: il commento alle Sentenze divenne noto a Cracovia nella prima metà del Quattrocento, e fu usato da Tommaso de Strampino nei suoi Principia (1441-1442). L’Università di Salamanca aveva una cattedra per il commento alle opere di Marsilio e Gabriel Biel. Il commento alle Sentenze venne citato da teologi spagnoli come Francisco de Vitoria, Domingo de Soto, Luis de Molina e Francisco Suàrez, spesso a proposito di questioni inerenti la grazia e la prescienza divina.