ALEXIUS VON MEINONG
A cura di Diego Fusaro
Alexius von Meinong (pseudonimo di Alexius von Handschuchsheim) nasce a Lemberg, in Austria, il 17 Luglio 1853. Studia filologia tedesca e storia presso l'università di Vienna, ove si laurea nel 1874 con una dissertazione su Arnaldo da Brescia. Nell'intento di approfondire le proprie conoscenze storiche, Meinong si iscrive come uditore ordinario alla facoltà di diritto; segue le lezioni di Economia politica di Carl Menger ed entra in contatto con Franz Brentano, che molto influiràsulla sua formazione. Nel 1875, matura la decisione di volgersi definitivamente alla filosofia. Presenta nel 1878 come tesi di abilitazione per la libera docenza due studi su Hume (Hume-Studien I e II). Nel 1882 ottiene la nomina a docente straordinario di filosofia presso l'università di Graz, ove fonderà nel 1894 il primo laboratorio di psicologia sperimentale. Morirà a Graz il 27 Novembre 1920. Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo: le Ricerche sulla teoria degli oggetti e sulla psicologia (1904), Il posto della teoria degli oggetti nel sistema delle scienze (1907), Über Annahmen (1910), Über Möglichkeit und Wahrscheinlichkeit (1915), Über emotionale Präsentation (1917). Rispetto a Franz Brentano (che aveva distinto tra rappresentazione, giudizio e sentimento), Meinong opera un’ulteriore distinzione tra contenuto e oggetto di un atto o fenomeno psichico. Non si può asserire che ciò che sta dinanzi alla mente, cioè l’oggetto, sia in qualche modo parte, cioè contenuto, dell’apprensione di esso: l’oggetto è infatti un’entità fisica, estesa e solida; e in quanto tale non può in alcun caso entrare a far parte di un atto mentale. Inoltre non necessariamente l’oggetto di un atto psichico deve essere una cosa esistente: possono infatti essere oggetto di un atto psichico anche i quadrati rotondi o i draghi, che nella realtà non esistono. Però, anche quando pensiamo un oggetto inesistente, esiste l’atto con cui lo pensiamo: ma tale oggetto non esistente, proprio perché non esiste, non può essere un contenuto, ossia una parte di tale atto. Ne segue allora che il contenuto va definito non già come una cosa, bensì come una qualità di un atto mentale, che lo rende in grado di dirigersi verso un ben preciso oggetto anziché verso un altro. Sulla base di queste riflessioni, Meinong va elaborando una nuova disciplina filosofica, che egli battezza “teoria degli oggetti”. Secondo Meinong, gli oggetti esistenti sono soltanto una minima parte degli oggetti possibili: l’ipotesi di assegnare alla metafisica il compito di indagare l’oggetto come tale è immediatamente da scartare poiché, sebbene la metafisica indaghi tutto ciò che esiste, ciò non di meno il dominio di ciò che esiste è infinitamente più ristretto rispetto al dominio di ciò che è oggetto. Infatti, di molti oggetti si può a rigor di logica affermare non che esistano, ma soltanto che sussistano: di questo tipo è, ad esempio, la differenza che intercorre tra verde e giallo, la quale tuttavia non è una parte della realtà come lo sono una mela gialla o una foglia verde. In questa prospettiva, è possibile sostenere che gli universali sono sussistenti, mentre l’esistente è una prerogativa di entità individuali, oggetto della rappresentazione. Per distinguerli dagli universali, Meinong definisce “obiettivi” gli oggetti del giudizio, i quali non sono necessariamente esistenti, come ad esempio nel caso degli antipodi o della montagna d’oro. Su questi presupposti, Meinong architetta una teoria del significato: per significato di una proposizione, egli intende ciò su cui essa verte. Se infatti ci si domanda su che cosa verta la proposizione “non esiste una montagna d’oro”, la risposta ha un ben preciso significato: essa verte su una montagna d’oro. Ne segue che i nostri giudizi si riferiscono non già ad oggetti, bensì ad obiettivi, i quali hanno la proprietà di essere veri o falsi, necessari o possibili. Dunque, verità e falsità non sono proprietà dell’atto mentale diretto verso l’obiettivo. In tal maniera, Meinong garantisce l’oggettività della conoscenza, ma è costretto, per far ciò, a sovrappopolare l’universo non soltanto di realtà esistenti, ma anche di oggetti semplicemente sussistenti e di obiettivi non esistenti, i quali possono aver la funzione di oggetti di giudizio. Per questo motivo, Meinong può apparire un “implacabile agrimensore dell’inesistente” (Giorgio Agamben).