MENODOTO DI NICOMEDIA

 

A cura di Diego Fusaro

 

Nell’ambito della “scienza medica”, già a partire dal III secolo a. C. andò delineandosi – almeno embrionalmente – un nuovo metodo: il cosiddetto metodo dei medici empirici. Sembra che le basi di questo indirizzo siano state poste da Filino di Cos: Serapione di Alessandria ne avrebbe in seguito dato una fondazione su solide basi. Nel I secolo a.C. godette di grande fama Eraclide di Taranto, specialmente grazie al suo scritto Sulla setta empirica. L’indirizzo empirico ebbe, però, la sua massima diffusione in era cristiana, fra il I e il II secolo, soprattutto con Menodoto di Nicomedia, che di quell’indirizzo rappresentò indubbiamente il vertice. Va subito detto che la cronologia di Menodoto è difficile da ricostruire, mancando precise indicazioni nelle testimonianze che su di lui ci sono pervenute. Forse non si è lontani dal vero collocandolo nella prima metà del II secolo d.C. L’indirizzo dei medici empirici a cui Menodoto si ispirava concordava con quello dei “medici metodici” nel condannare la “mentalità eziologica” dei “medici dottrinari”, ma si spingeva poi a sostenere che le “cause” delle malattie sono letteralmente incomprensibili. Esso concordava, inoltre, con l’indirizzo metodico nel privilegiare i sensi i fenomeni e l’esperienza; anzi, su questo punto, intendeva essere decisamente più radicale: il medico empirico doveva tenere conto anche delle esperienze che riguardano specificamente le circostanze e l’individualità del soggetto (le idiosincrasie), senza mai sacrificare in alcun modo il particolare al generale. Proprio in virtù di questo maniacale attaccamento all’ambito dell’empiria, l’indirizzo fu detto “empirico”. In Menodoto di Nicomedia prevalsero la mentalità e gli interessi medici, e nell’ambito della medicina dovettero rientrare, più che in quello della speculazione filosofica, i suoi più significativi contributi. È degno di nota, a questo riguardo, il fatto che Galeno (pur giudicando Menodoto molto severamente sotto il profilo morale) polemizzò contro di lui e lo menzionò a più riprese. Menodoto combatté contro gli avversari della medicina empirica con animosità e con acredine, e, nel dimostrare la vanità della pretesa della ricerca delle cause, si spinse, ben al di là della proclamazione della necessità dell’epoché” (la “sospensione del giudizio” praticata dagli Scettici), addirittura su posizioni di dogmatismo negativo, giudicando le tesi degli avversari con presunzione di certezza circa la loro falsità. Per quel che concerne le idee propriamente filosofiche, Menodoto non reputava che lo Scetticismo accademico fosse coniugabile con il Pirronismo e che, dunque, potesse rientrare nella sua storia. Menodoto riteneva che Platone potesse essere inteso come uno Scettico. Infatti – argomenta Menodoto – se Platone circa le Idee, la Provvidenza e la Virtù, assente ad esse come a cose certe, dogmatizza; se vi assente come a cose probabili e come tali le preferisce, si allontana anche in questo caso dallo Scetticismo e, ancora una volta, dogmatizza; e tali conclusioni non cambiano anche se Platone si esprime, su alcune cose, alla maniera scettica. Forse risale a Menodoto la distinzione fra i “segni indicativi” e i “segni rammemorativi” (e la conseguente dichiarazione della loro legittimità), che non era ancora presente in Enesidemo e che presuppone il guadagno della prospettiva empirica. Il “segno rammemorativo” è una mera associazione mnemonica fra due o più fenomeni acquisita mediante esperienza (vale a dire per aver più volte costatato che nell’esperienza quei fenomeni si presentano connessi), la quale ci permette, qualora si presenti uno di questi fenomeni (ad esempio il fumo), di “inferire” l’altro o gli altri fenomeni (per esempio il fuoco, la sua luce, il suo calore). Accanto al momento negativo tipico dello Scetticismo pirroniano, Menodoto poneva il momento positivo del richiamo all’esperienza e dell’impiego del metodo empirico. È precisamente questo positivo nesso con l’esperienza la novità che contraddistingue l’ultima fase dello Scetticismo avviato da Menodoto, che, comunque, maturò pienamente solo grazie alla riflessione di Sesto Empirico.

 


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