GUGLIELMO DI MOERBEKE

 

A cura di Enrico Gori

 

 

 

Vissuto tra il 1215 circa e il 1286, grande conoscitore della lingua greca, Guglielmo di Moerbeke fu una figura di profondo spessore culturale. Ebbe modo di confrontarsi con le più importanti menti del suo tempo, fu il traduttore di testi medici, filosofici e scientifici dal greco al latino. Le sue traduzioni furono fondamentali, in un'epoca nella quale i traduttori di buona fatta erano rari e, soprattutto, hanno il pregio di essere sopravvissute fino a noi. Nato probabilmente a Moerbeke, presso Geraardsbergen nel Brabante, divenne domenicano, forse nel convento di Lovanio. Studiò a Parigi e a Colonia. Soggiornò in Grecia e viaggiò in Asia Minore. Nel 1260 fu a Nicea e a Tebe, quindi presso la curia pontificia a Viterbo e ad Orvieto ed ebbe l'incarico di penitenziere e cappellano del papa sotto Urbano IV e Clemente IV. Nel 1272, Gregorio X gli affidò legazioni diplomatiche. Partecipò al concilio Laterano IV e nel 1278 venne eletto arcivescovo di Corinto. Fu in contatto con molti scienziati dell'epoca, come Witelo, Enrico Bate, Campano, Rosello di Arezzo, e in particolare collaborò con Tommaso d'Aquino, da cui ebbe l'incarico di redigere o di correggere la traduzione di molte opere aristoteliche, di interesse anche scientifico, quali la Physica, il De generatione animalium, il De partibus animalium, il De coelo et mundo (con il relativo commento di Alessandro di Afrodisia), le Meteore (con il commento di Alessandro). Tradusse anche numerose opere di Archimede, opere di ingegneria (come il De aquarum conductis et ingeniis erigendis di Erone Alessandrino) e opere di medicina (come il De virtutibus alimentorum di Galeno, traduzione conclusa a Viterbo, presso la curia papale, nell'ottobre del 1277). Guglielmo di Moerbeke fu il primo traduttore della Politica di Aristotele. La ragione della richiesta di traduzione avanzata da Tommaso (il quale, a differenza di Guglielmo, non conosceva il greco) era l'utilizzo fuorviante e mistificante che dei testi di Aristotele facevano gli averroisti, autori delle dette traduzioni latine, che, partite dalla Spagna, venivano tradotte in Siriaco e poi in Arabo. Già nel XIV secolo erano testi classici ed accettati, quando Henricus Hervodius ne dichiarò il loro valore imperituro: erano letterali (de verbo in verbo), fedeli allo spirito aristotelico e senza troppa eleganza. A causa di numerose traduzioni di Guglielmo, molti originali greci sono scomparsi, o meglio hanno assunto nuova forma, mescolandosi col pensiero di Guglielmo: ma al tempo stesso, senza di lui parecchie opere sarebbero andate irrimediabilmente perse. Nel Nome della rosa di Umberto Eco, Guglielmo di Baskerville sa che la Poetica di Aristotele che Jorge tiene nascosta è stata tradotta da Guglielmo di Moerbeke. Guglielmo tradusse anche opere di Archimede e di Erone di Alessandria. Particolarmente importante fu la traduzione degli Elementi di teologia di Proco, poiché si trattò di una delle fonti essenziali del neoplatonismo duecentesco. La Biblioteca Vaticana conserva le traduzioni di Archimede con commento di Eutoco, composte nel 1269 a Viterbo. Guglielmo consultò due dei migliori manoscritti greci di Archimede, entrambi andati persi.

 

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