Georg Philipp Friedrich von Hardenberg, detto Novalis (1772-1801) fu uno dei maggiori animatori del circolo romantico di Jena; egli morì giovanissimo, consunto dalla tisi, a soli 29 anni di età. Il suo pensiero filosofico é contenuto soprattutto in una raccolta di
Frammenti , rimasta per molto tempo inedita. A Novalis dobbiamo una celebre definizione di Romanticismo: "
Quando conferiamo al comune un senso più elevato, all'ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un'apparenza infinita allora io lo romanticizzo". Il mondo deve essere "romanticizzato" vedendo nel particolare un valore universale e, viceversa, riconoscendo che l'universale si esprime sempre nel particolare. Ma per "romanticizzare" la realtà comune occorre guardarla con gli occhi della
fantasia più che con quelli della ragione, tanto impiegati nel periodo illuministico. Negli
Inni alla notte (1800), l'opera senz'altro più completa di Novalis, lo spazio notturno é il regno del sogno e della fantasia, intesi come indispensabili veicoli verso l'infinito. In
Heinrich von Ofterdingen, romanzo rimasto incompiuto, il protagonista incarna il modello del sognatore romantico, in cui lo spirito poetico prevale di gran lunga sulla considerazione razionale della realtà. La
poesia viene infatti intesa da Novalis nel suo significato etimologico di creazione (dal verbo greco
poiew , fare): essa produce realtà, anzi la realtà vera, che non é la banalità del quotidiano, ma é il prodotto dello spirito. "
La poesia é il reale, é la realtà assoluta. Questo é il nocciolo della mia filosofia". La poesia é dunque vera conoscenza e vera scienza. La filosofia stessa si riduce a poesia. Infatti Novalis riprende la dottrina della scienza fichtiana, interpretando però l'Io non come semplice soggetto trascendentale, ma come una fonte infinita di pensiero e di realtà. L'idealismo fichtiano si trasforma così in
idealismo magico , in cui il soggetto individuale é riconosciuto come onnipotente, dal momento che é in grado di trasformare il mondo con la sua volontà e la sua fantasia. "
L'esecuzione dell'idea di Fichte é la miglior prova dell'idealismo. Quel che io voglio, lo posso. Agli uomini nulla é impossibile". Questo ampliamento dei poteri del soggetto sull'intera realtà implica, nella filosofia novalisiana, una sfilza di identificazioni. In primis, esso comporta l'
unità tra individuo e natura. Nella novella
I discepoli di Sais, la natura é presentata come unitaria non solo in quanto una con se stessa, essendo pervasa da un unico fluido "simpatico", ma anche nel senso che é identificabile con il soggetto umano che la contempla, come viene esposto nel racconto di
Giacinto e Fiorellin di Rosa, inserito nella novella come "storia nella storia". Dopo una lunga ricerca della dea Isis, l'intima essenza della natura, Giacinto, trovatala e sollevatole il velo, scopre Fiorellin di Rosa, la sua amata. La natura ci é vicina, siamo noi stessi la natura, basta saperla vedere: e in fondo non era già in parte quel che diceva circa tre secoli addietro Giordano Bruno, il filosofo della passione? All'unità con la natura é inoltre strettamente connessa l'
unità dell'uomo con Dio , visto che Novalis condivide con molti altri romantici un sostanziale panteismo di matrice Bruniana e spinoziana. "
Noi siamo, noi viviamo, noi pensiamo in Dio, poichè egli é la collettività personificata. Nè per il nostro senso egli é un universale o un particolare. Potresti tu dire che egli sia qui o lì? Egli é tutto e dappertutto. Noi viviamo e ci muoviamo in lui, nel quale saremo". La compiuta realizzazione dell'uomo é pertanto l' "indiarsi", la complessa risoluzione nell'Uno-tutto, nella quale l'individuo esplica il suo infinito valore, e, allo stesso tempo, l'infinito si determina come individuo: con ciò si realizza completamente l'essenza del romanticismo. Il bisogno esasperato di unità che alberga nell'animo filosofico di Novalis contrassegna pure la sua concezione politica e storica. Nella raccolta di frammenti
Fede e amore, ovvero il re e la regina egli presenta il suo ideale di Stato, concepito come comunità assolutamente armonica, in cui i singoli cittadini trovano nella coppia sovrana il loro modello di vita esemplare. Nell'ideale politico di Novalis trovano la loro fusione la monarchia e la repubblica: unico deve essere il sovrano, ma in quell'unità si condensa la partecipazione attiva di tutti gli individui. Lo stesso carattere unitario pervade la concezione storica che ha Novalis: in
Cristianità o Europa, egli propone come modello storico-politico l'Europa medioevale, in cui tutti i popoli cristiani erano raccolti sotto la guida di un unico pontefice. La storia successiva non é altro che il processo tramite il quale la cristianità perde a poco a poco la sua unità: la Riforma protestante, l'illuminismo, e la rivoluzione francese costituiscono le tappe fondamentali di questo processo di scissione. Ma al termine dello scritto Novalis, assumendo le vesti di vate, prevede che l'originaria unità perduta sarà presto restituita all'Europa da un "degno Concilio europeo", in cui il tardo romanticismo restauratore vedrà la prefigurazione del Congresso di Vienna; opposta sarà l'ipotesi di Nietzsche, che prevederà invece lo sgretolamento totale dei valori cristiani.
CRISTIANITA' O EUROPA (a cura di Enrico Gori)
Un anno e mezzo dopo l’esilio di Pio VI e la creazione della Repubblica Romana da parte di Napoleone, Novalis scrive, in due mesi (giugno-agosto 1799, il 29 agosto muore il Papa) questa breve e appassionata predica in difesa della Cristianità (
Christenheit) intesa come sentimento unificante dell’Europa, ossia la Cristianità cattolica nel suo senso etimologico di
kathòlikos, universale. Il trattato non vuole essere un’apologia obiettiva e storicamente valida del Medioevo, giacché mancano del tutto espliciti riferimenti storici, ma solo un’ elogio del cattolicesimo, il cui apice è rappresentato appunto dal Medioevo, età in cui l’uomo era allo stadio infantile, non doveva preoccuparsi di nulla se non di guadagnarsi il Paradiso, confortato dalla presenza purificatrice della Chiesa; il suo universo era costituito unicamente dalla sua città e dai suoi compaesani, fedeli come lui e come lui protetti dalle mura cittadine. Nulla doveva turbare il suo anelito spirituale, nessun dubbio doveva tormentarlo, la Chiesa provvedeva a soffocare qualunque attentato a questo beato connubio di Fede e Amore, contrapposti a Sapere e Avere, protagonisti dell’età successiva. L’avvento del Protestantesimo in concomitanza con il consolidamento del commercio trans-nazionale e trans-oceanico posero fine al monopolio celeste nella mente umana, ora invasa dallo spirito del capitalismo weberiano: l’uomo usò la religione per fini terreni: nel commercio e nella politica in particolar modo, Lutero spoetizzò la religione insistendo sulla necessità di interpretare la Bibbia, fino ad allora parola misteriosa somministrata dai preti; i principi la limitarono nei loro confini, ponendo fine alla sua funzione unificante. La reazione si presentò nella forma dei Gesuiti, che fecero vari tentativi di ripristinare l’ordine e di estendere ulteriormente la sfera d’influenza del cattolicesimo. La rivoluzione scientifica desacralizzò il mondo, facendolo diventare uno
stridente mulino senza mugnaio che macina se stesso. L’Illuminismo, che Novalis dice chiamarsi così per via della scomposizione della luce, scomposizione che gli Illuministi applicano ai fenomeni ed alla religione in particolare, riprese la vandalizzazione del sacro, che tuttavia Novalis riconosce non esserci stata nella sua Germania grazie al tentativo di rendere la religione ‘popolare’, ossia comprensibile e sentita universalmente, spogliata delle sue caratteristiche mistiche. Secondo Novalis, anche allora si sarebbe prodotta una potente forza di reazione, anche se non spiega sotto quale aspetto, ma forse allude al pietismo, di cui il padre di Novalis era adepto. Conclusa la parte storica, si passa ad esaminare la situazione in altri Paesi, scoprendo che anche in Francia la religione è un fattore stabilizzante nella appena conclusa Rivoluzione, nella forma del Culto dell’Essere Supremo indetto da Robespierre. In Germania, nazione secondo Novalis culturalmente conservatrice se non proprio arretrata, grazie ai Romantici, di cui l’autore fa parte, si inaugura un nuovo modo di vedere il mondo, la storia e la religione nella sua purezza. Il trattato si conclude con l’illustrazione della filosofia della storia romantica: una grande Necessità i cui eventi preludono ad altri migliori e meglio organizzati nei confronti del futuro, la famosa visione, insomma, di tesi-antitesi-sintesi immortalata da Hegel. E’ interessante notare come Novalis, che volle essere scienziato ma rimase sempre un dilettante con molte nozioni e poca pratica, formuli questa dottrina partendo da una teoria medica in voga all’epoca, secondo cui il corpo umano è regolato dall’equilibrio tra eccitabilità e stimoli esterni. La malattia è causata quindi dalla rottura dell’equilibrio. Oggi è più corretto pensare, se si deve fare un paragone con la fisiologia, che la Storia agisce come il corpo dopo una malattia, ossia crea anticorpi contro avvenimenti destabilizzanti. Chiude l’opera un’esortazione allo studio della religione, sola chiave di lettura della Storia attraverso le sue tre modalità di generatrice, mediatrice e apportatrice di beatitudine tramite adorazione.
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