Introduzione alla “nuova epistemologia”
A cura di Enrico Rubetti
1. Dall’empirismo logico alla nuova epistemologia.
Prendere atto dell’avvento di una “nuova epistemologia scientifica” significa ripensare la Scienza e le sue rivoluzioni.
Oltre al superamento di una visione puramente logico-formale delle teorie scientifiche – gli empiristi logici si sono dimostrati troppo “razionalisti” e poco attenti ai “fatti” della scienza – e a una revisione del rapporto fra teoria ed esperienza, nella quale si tende ad affermare un primato della teoria – cioè il ragionamento ipotetico-deduttivo rispetto ai dati forniti dall’esperienza –, la nuova epistemologia si caratterizza soprattutto per la grande rilevanza assegnata alla dimensione storica che coinvolge le teorie scientifiche, le concezioni culturali e filosofiche di un’epoca, i contesti storico-sociali e culturali in cui quelle teorie vengono alla luce. Si fa più vivo dunque l’interesse per il mutamento delle teorie scientifiche e l’attenzione rivolta alla storia della scienza, alla storia delle teorie, soprattutto ai momenti di rottura epistemologica, di transizione e di passaggio da una teoria all’altra, cioè le cosiddette “rivoluzioni scientifiche”.
L’idea di una più stretta connessione fra saperi scientifici e saperi extrascientifici (etici, estetici, metafisici, etc.) assume un ruolo fondamentale nella tendenza a delineare una visione pluralistica (in taluni casi relativistica) del sapere.
L’attacco all’ortodossia che la nuova epistemologia muove intorno alla questione delle rivoluzioni scientifiche, consiste nella critica della convinzione che la storia della scienza si sviluppi con continuità e che le teorie precedenti confluiscano in quelle successive. I neopositivisti, attenti quasi esclusivamente alla logica della scienza, sembravano avere tacitamente accolto il modello “evolutivo” e “continuistico” (di ispirazione illuminista e positivista) di un avanzamento graduale, progressivo e lineare delle conoscenze, come se queste costituissero un patrimonio che si accresce per accumulazione, secondo una concezione appunto cumulativa della scienza.
A tale modello, pertanto, viene a contrapporsi quello della competizione fra le teorie, da cui deriva la convinzione che la sostituzione di una teoria con l’altra avvenga attraverso passaggi “rivoluzionari”, veri e propri momenti di “rottura”.
Inoltre, grazie anche al nuovo scenario teorico rappresentato dall’elaborazione di Popper, è radicalmente messa in discussione la tesi neopositivista dell’indipendenza degli enunciati osservativi, dei quali sarebbe stato immediatamente possibile accertare la verità. Si afferma, invece, la tesi secondo cui «l’interpretazione di un linguaggio osservativo è determinata dalle teorie che usiamo per spiegare ciò che osserviamo e cambia non appena cambiamo quelle teorie» (Paul Feyerabend).
2. Pluralità e incommensurabilità delle teorie.
Il primato della teoria sull’esperienza significa anche che il modo con cui guardiamo alle cose, le osserviamo e le descriviamo, dipende dai nostri modelli di “lettura” del mondo e dai problemi di cui cerchiamo la soluzione. In questo senso la nuova epistemologia mette in discussione un altro presupposto fondamentale del neopositivismo e cioè la fiducia in un “modello” di scienza e di metodo scientifico, generale ed univoco.
Viene così esplicitamente negata l’unità della scienza: si afferma che del mondo si possono dare una pluralità di rappresentazioni diverse e incommensurabili. Ma se si ammette una pluralità di concezioni scientifiche, come è possibile stabilire quale delle teorie a confronto sia più valida e accettabile? Sembra molto difficile, se non impossibile, stabilirlo, dato il fatto che esse rispondono a problemi diversi e hanno molti altri elementi non confrontabili. Pertanto, al contrasto e alla controversia viene attribuita molta importanza, perché ad essere riconosciuto come valido, “vero”, è ciò che vince nella controversia.
In tal modo una nozione assoluta di verità viene esclusa dal campo scientifico, sostituita dal confronto e dalla competizione fra teorie diverse. Da qui si può giungere, quasi direttamente, a una conclusione relativistica, caratteristica dell’irrazionalismo a cui sembrano condurre queste concezioni epistemologiche, non esenti da critiche e preoccupazioni crescenti.