Michel de Montaigne: Apologia di Raymond Sebond
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Quand je me joue à ma chatte, qui sait si elle passe son temps de moi plus que je ne fais d'elle?


Composta sotto la protezione di Margherita di Valois, dama tra le più colte, ambigue e stravaganti del Rinascimento francese, questa "Apologia di Raymond Sebond" costituisce il capitolo più organico e ampio dei "Saggi" di Montaigne. Col pretesto di difendere la "Teologia naturale" del tolosano Raymond Sebond dalle numerose accuse che le erano state rivolte, Montaigne concepisce un disegno apologetico della fede cristiana largamente estraneo agli schemi tradizionali e dal quale traspare il ritratto culturale della propria epoca in cui nuove cosmologie, nuovi continenti, nuovi popoli, nuove confessioni religiose, nuove immagini di uomo e di ragione umana irrompono sulla scena storica.

copertina dell'opera

Quest'opera (che rappresenta la mia prima pubblicazione), apparsa con la casa editrice Bompiani nel maggio 2004, è il frutto del lavoro a quattro mani svolto da me e dal mio carissimo amico Salvatore Obinu (a cui rinnovo ancora una volta i ringraziamenti per avermi concesso l'onore di lavorare con lui): io mi sono occupato del lungo saggio introduttivo, Salvatore della traduzione e dei ricchissimi apparati di note. Ciò che ho cercato di mettere in luce nel saggio introduttivo può essere così sintetizzato: la modernità, hegelianamente intesa come conversione dai cieli della metafisica e della religione alla terra e alla mondanità, trova in Montaigne la propria massima espressione. Avverso ad ogni forma di dogmatismo, di fanatismo e di pretesa onnicomprensività della ragione, egli opta per un “pensiero debole” e rinunciatario di ogni certezza definitiva, ma, proprio in forza di ciò, aperto alla tolleranza, alle culture “altre”, al dialogo in tutte le sue possibili declinazioni e perfino alla ragionevolezza della fede, anch’essa però intesa in maniera “debole” (tale cioè da non poter mai portare a quelle guerre di religione che, all’epoca di Montaigne, erano all’ordine del giorno).

Non bisogna che mi dicano ‘è vero perché lo vedete e sentite così’; bisogna che mi dicano se quello che penso di sentire, lo sento tuttavia in realtà; e, se lo sento, che mi dicano poi perché lo sento, e come, e che cosa; che mi dicano il nome, l’origine, e gli annessi e connessi del caldo, del freddo, le qualità di colui che agisce e di colui che subisce; oppure rinuncino alla loro professione, che è di non accogliere né approvare alcunchè se non per mezzo della ragione; è la loro pietra di paragone per ogni sorta di prove: in realtà, è una pietra piena di falsità, di errore, di debolezza e deficienze. (Apologia di Raymond Sebond)




La filosofia e i suoi eroi