ORTEGA Y GASSET
"Bisogna essere personalissimi nella critica se si vogliono creare affermazioni o negazioni possenti; personale forte e buon giostratore. Così le parole sono credute, così si fanno rimbalzare nel tempo e nello spazio i grandi amori e i grandi odi.
LA CRITICA
Si è accennata l' importanza della critica, soprattutto se in qualche modo pregiudizievole, quale metodo spontaneo di fare scienza .
Ma in che senso la critica è necessaria, o meglio, qual è la critica necessitata nel raggiungimento della verità?
A 19 anni, il primo dicembre del 1902, nella rivista "Vida Nueva" scrive e pubblica il suo primo articolo: "Glosas". Così inizia: " parlavo ieri con un amico, uno di quegli uomini ammirevoli che si dedicano seriamente alla caccia della verità e vogliono respirare certezze metafisiche: un pover' uomo ". Tagliente, sottilmente ironico come sempre, il filosofo madrileno. Questo "pover'uomo" in realtà, aveva chiesto al giovane Ortega un' opinione su una critica, non meglio precisata, di un tale che, secondo il giudizio del suo interlocutore, mancava di imparzialità: " lo lasciai perdere e non risposi. Se avessi infranto la sua credenza nell' imparzialità, avrei ottenuto solo di fargli versare qualche lacrima sul nuovo idolo morto. E' un uomo che si nutre di certezze indubitabili ".
Prescindendo ora dal notare quanto già sia presente il suo pensiero non ancora formulato, soffermiamoci ora sulla modalità in cui il giovane (e poi maturo) Ortega intende il termine "imparzialità". E' freddezza, personalità annullata a favore di un punto di vista che tralasci la soggettività e l' unilateralità specifiche dell' interpretazione, a favore dell' oggettivo punto di vista della maggioranza.
E qual è la critica che ne deriva? " Inchiodare sul davanti delle cose e dei fatti un distintivo bianco o uno nero; trascinarli nella parte dei cattivi o nella parte dei buoni. Sempre inchiodare, sempre trascinare ".
Il punto di vista della massa; la massa non è che un " innumerevole serie di zeri ", ciò che la fa essere è l' unità, dietro la quale i singoli individui sono vuoti: mero raggruppamento, grande numero, insomma.
Criticare secondo l'opinione della massa, cercare a tutti i costi una verità apatica e poi lavarsene le mani è l' impegno della critica oggettiva : costruire una normalità di bello, di giusto, di bene e accattivarsi la simpatia e il benestare della maggioranza. Eppure, sottolinea il giovane madrileno, la critica impersonale non ottiene l' affermazione della massa di cui tale critico esprime il parere, " non entra nel cervello plumbeo della folla ". E' interessante notare la scelta orteghiana di questo termine. La gamma di sinonimi che l' aggettivo ingloba in sé spazia metaforicamente in diverse direzioni: grigio, pesante, ottuso, lento, noioso. La massa, quindi, come simbolo che incarna l' oggettività, l' impersonale e morta trasposizione della vivacità personale del singolo. La scelta del termine lascia certamente trasparire il giudizio del giovane Ortega, che poi verrà sviluppato e portato a maturazione, nei confronti dell' universalizzazione, l' astrazione, il sistema. E' un esempio pratico di cosa intenda veramente per critica. E ora lo vedremo attraverso le sue parole: " bisogna essere personalissimi nella critica se si vogliono creare affermazioni o negazioni possenti; personale forte e buon giostratore. Così le parole sono credute, così si fanno rimbalzare nel tempo e nello spazio i grandi amori e i grandi odi. Ah! Dimenticavo! Bisogna anche esser sinceri (…) Morale: non si può far critica senza sporcarsi le braghe ".
E' difficile staccarsi dal coro, dissociarsi, esprimere con passione la propria critica: " quando vedranno nell'appassionarsi una cosa magnifica e buona?
'Paradossi', esclamano. Tutti gli uomini si giudicano capaci di passione; ignorano che le passioni sono dolori immensi, purificatori… ".
La critica è una lotta.
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