Frege, in senso e significato.

Di Giangiuseppe Pili

 

 

Segni.

Segni

Uso

DF

Definizione

[AT]

In altri termini.

Diverso da…

=>>

Cosicché.

OV

Ovvero.

≡>

Perché.

V

Oppure, o…

Λ

E

Ex.

Esempio.

!!

Molto importante.

!

Importante.

?!

Dubbio.

!?

Interessante.

Implicazione.

Se e solo se.

Q

qualunque

 

Annotazioni introduttive.

Ipotesi:         assunzione primitiva di un discorso, premessa non ulteriormente analizzabile.

Corollario:   conseguenza logica diretta da una definizione.      

Spiegazione:          delucidazione terminologica fondamentale di uno dei termini di una definizione o di un teorema.

Inferenza:     ragionamento attraverso cui, da premesse dichiarate e coniugate, si giunge alla formulazione di una tesi o teorema.

Tesi:             risultato ultimo di un ragionamento, è equivalente alla parola “teorema”.

 

 

 

 

Schema di ragionamento generale.

1.     Definizione termini singolari.

a.      Nomi

b.     Descrizioni definite.

c.     Descrizioni indefinite.

d.     Descrizioni improprie.

2.     I predicati.

3.     Il segno in generale.

4.     Il significato dei termini singolari.

5.     Il senso dei termini singolari.

6.     Gli enunciati.

a.      Il senso degli enunciati.

b.     Il significato degli enunciati.

c.     Un enunciato ha valore di verità se e solo se ha un senso compiuto e un significato corrispondente.

d.     A qualunque senso corrisponde uno e un solo significato.

7.     Le rappresentazioni.

8.     Il problema della diversa denotazione delle cose: uno stesso significato per diversi sensi ovvero la differenza tra identità e coincidenza.

9.     Il senso degli enunciati ovvero il terzo regno.

a.      Afferrare un pensiero.

b.     Giudicare.

c.     Il problema del significato ovvero corrispondenza del pensiero con una cosa realmente esistente.

10. Il significato degli enunciati: il vero e il falso.

11. Il principio di composizionalità.

12. Il principio di sostituibilità.

13. Problemi concernenti le ambiguità.

14. Il problema delle descrizioni di Russell.

a.      Critica delle descrizioni definite.

b.     Proposta di Russell: la parafrasi degli enunciati concernenti descrizioni definite.

 

Schema di ragionamento.

Ipotesi F(rege) 1: il linguaggio naturale è l’insieme delle regole e dei segni attraverso cui si esprime una certa informazione.

Specifica a: Frege non definisce esplicitamente il linguaggio ma si può dire che egli con “linguaggio” non indichi praticamente nulla. Egli distingue sostanzialmente due linguaggi: il linguaggio naturale e il linguaggio logico.

Specifica b: il linguaggio naturale è la lingua “storica” che si è affermata nel tempo e che è capace di esprimere delle informazioni sul mondo. Questa “potenzialità” è anche la ragione stessa del linguaggio: esso nasce per esprimere informazioni. Il problema nasce proprio nel modo attraverso cui il linguaggio informa del mondo e cosa il linguaggio può esprimere del mondo.

Specifica c: per Frege ciò che è descrivibile si esaurisce presto: cose e proprietà delle cose. Il linguaggio logico è appunto capace di esprimere tutto ciò che si può desiderare ma con una differenza col linguaggio naturale: che non ci sono ambiguità.

Specifica d: le ambiguità per Frege sono diverse: un segno che denota più sensi o più sensi che denotano più significati. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria ambiguità giacché nel segno si rimanda effettivamente a due espressioni decisamente distinte. Nel caso del senso la cosa è più sfumata, ma diciamo che Frege segnala esplicitamente che in un linguaggio logicamente perfetto ( vedi sotto agli spunti di riflessione ) non c’è spazio alcuno per ambiguità di senso.

Specifica e: si tenga conto del fatto che Frege non si dimentica certamente del fatto che attraverso il linguaggio non si esprime solamente una “totalità” di fatti o di cose, ma si esprimono moltissime altre informazioni, come stati d’animo interiori o credenze personali e via dicendo. Tuttavia, tali “informazioni” non sono espressioni genuine nel senso che non denotando nulla di oggettivo, non pongono nemmeno criteri di verità per poterle giudicare vere o false. In altre parole, Frege sostiene una semantica che tenga conto della verità o falsità degli enunciati dichiarativi, una semantica sostanzialmente di carattere estensionale e non intensionale.

 

Ipotesi F2: qualunque linguaggio nasce per informare del mondo.

Spiegazione I: il mondo è la totalità delle cose e delle proprietà delle cose.

 

Inferenza.

Se qualunque linguaggio nasce per informare del mondo, se il mondo è la totalità delle cose e delle proprietà delle cose, se il linguaggio naturale è l’insieme delle regole grammaticali e dei segni passibili di quelle regole attraverso cui si esprime una certa informazione sul mondo allora i segni costituenti di una lingua sostituiscono le cose nel linguaggio.

 

Dunque i segni costituenti di una lingua sostituiscono le cose nel linguaggio.

                                                                                                 

Tesi Fa: i segni costituenti di una lingua sostituiscono le cose nel linguaggio.

Specifica a: il principio è quello di rendere il linguaggio come isomorfo alla realtà. In questo modo il linguaggio tiene conto tanto delle relazioni tra le cose che delle cose stesse, giacché le relazioni sono pensate a partire dagli oggetti e non viceversa.

Specifica b: che le relazioni siano pensate a partire dagli oggetti e non viceversa è una cosa per nulla ovvia ma, d’altra parte, al logico di alcune questioni epistemologiche non importa, basta solo che il linguaggio che egli intende stabilire possa effettivamente tenere conto di tutte le cose descrivibili, che ci interessa descrivere e possiamo effettivamente descrivere.

 

Ipotesi F3: i segni elementari sono i termini singolari e i predicati.

Spiegazione I: i termini singolari sono nomi propri e descrizioni definite.

Spiegazione II: i nomi propri sono espressioni linguistiche individuali, che indicano l’esistenza di una sola cosa esistente in natura: un espressione individuale per uno e un solo individuo.

Ex. Sono nomi propri: “Giangi”, “Giovanni”, “Giuseppe”, “Napoleone”, “Elodia”, “Luigi”, e nomi che attribuiamo alle cose, come possono essere i nomi delle barche piuttosto che nomi di città ecc..

Spiegazione III: le descrizioni definite sono termini composti da più segni tutti concorrenti a svolgere una sola funzione, la funzione delle descrizioni definite è quella di denotare cose, allo stesso modo dei nomi.

Spiegazione IV: le descrizioni definite sono esplicitazioni di nomi.

Ex. “Il cane di Mario”, “il tavolo marrone di casa mia”, “il porchetto nel porcile” sono tutte descrizioni definite.

Specifica a: le descrizioni definite sono “riscrivibili” come nomi e i nomi sono abbreviazioni di descrizioni definite. Per Frege nel linguaggio nomi e descrizioni definite sono equivalenti.

Specifica b: le descrizioni sono tutti quei termini che possono svolgere nel linguaggio la funzione di soggetto. Il fatto che essi compongano frasi in cui sono effettivamente dei soggetti ( nell’analisi che a scuola è chiama logica non equivalente all’analisi chiamata “logica” dai logici… ) non significa che siano effettivamente la stessa cosa, che siano tra loro equivalenti. Le descrizioni definite sono le uniche tra le descrizioni che Frege concepisce come effettivamente equivalenti a nomi,  ma le descrizioni definite non esauriscono l’intera gamma delle descrizioni possibili.

Spiegazione V: le descrizioni sono di tre tipi: descrizioni definite, descrizioni indefinite, descrizioni improprie. Esistono così tre tipi di descrizioni ed esse sono definite in base alla loro forma e alla loro denotazione.

Così vale la seguente relazione: DF Descrizione = forma + denotazione.

Una descrizione si dice definita quando denota un oggetto realmente esistente e ha una forma del tipo “il così e così”. La presenza dell’articolo determinativo nella lingua italiana è il discriminante essenziale per la distinzione tra una descrizione definita e un’altra qualsiasi descrizione. Così vale la seguente relazione:

Descrizione definita ↔ ha la forma “il così e così” Λ denota oggetto realmente esistente.

Una descrizione si dice indefinita quando non indica un oggetto particolare ma ne indica genericamente uno nell’insieme in cui quel particolare oggetto si inscrive. La descrizione indefinita è un’affermazione dell’esistenza di un certo insieme nel quale esiste un certo individuo. Una descrizione indefinita ammette denotazione, ma è, per usare termini fregeani, un concetto ovvero è una funzione di secondo livello da saturare e, dunque, nel linguaggio svolge una funzione del tutto diversa da quella di un nome proprio: essa non indica un oggetto ma una proprietà di un oggetto ( l’essere in una certa classe di oggetti è chiaramente una proprietà di un oggetto. In quanto indeterminata ( indefinita ), una descrizione indefinita ha una forma diversa da quella di una descrizione definita ed è del tipo “un così e così” dove l’articolo indeterminativo indica in italiano la presenza di un oggetto non ulteriormente caratterizzato. Così vale la seguente relazione:

Descrizione indefinita ↔ forma “un così e così” Λ denota un insieme di oggetti.

In fine abbiamo le descrizioni improprie e sono quelle in cui compare effettivamente un termine singolare, ma solo apparentemente. La descrizione impropria è una qualsiasi descrizione singolare di un oggetto inesistente. In questo senso, una descrizione impropria è caratterizzata dall’essere sì dotata di una forma “il così e così” ma è priva di un oggetto referente nella realtà. In questo modo si potrebbe dire che una descrizione impropria è un “il così e così privo di significato”. Un esempio di descrizione impropria è “il morto parlante” o “il supereroe”, “il fiume più lungo di 36000 km” e così via. In questo senso vale la seguente relazione:

Descrizione impropria = forma “il così e così” priva di contenuto.

A questo punto possiamo notare che si esauriscono presto le descrizioni seguendo queste possibilità:

Descrizione: 1) “un così e così” e “il così e così” 2) contenuto. Se la descrizione è “un così e così” e un contenuto allora è una descrizione definita. Se la descrizione è “un così e così” e ha contenuto allora è una descrizione indefinita. Se la descrizione è “il così e così” e non ha contenuto allora è una descrizione impropria.

Abbiamo esaurito ogni possibilità intorno alle descrizioni possibili.

Specifica a: la questione sull’accettazione di questa interpretazione delle descrizioni è controversa. E ciò sarà detto più avanti.

 

Spiegazione I: i predicati sono delle funzioni proposizionali definite dalla forma F(x) dove la “F” costituisce la costante predicativa e la “x” l’insieme dei valori attribuibili alla funzione. La funzione proposizionale è una funzione a valore di verità.

Spiegazione II: la funzione proposizionale è una funzione che, una volta saturata, diventa una proposizione: tale ragione giustifica il nome.

Spiegazione III: i predicati sono in generale dei verbi che assumono un significato chiaro solo in relazione alla loro relazione con il soggetto. Si deve tener conto che tutto ciò che il linguaggio deve poter esprimere sono cose e stati di cose e proprietà. In questo senso, non ha importanza che possano esistere altre possibili espressioni perché per Frege è sufficiente tener conto solo di quelle espressioni che denotano cose del mondo, nel senso che s’è detto.

Ex: esempi di predicati sono “esser-rosso”, “correre”, “mangiare”, “dormire” ecc..

Specifica a: la funzione proposizionale si può esprimere con la notazione logica in questo modo: “predicato(x)” dove al “predicato” deve andare un qualsiasi predicato e alla “x” un qualsiasi termine singolare possibile. Se il termine singolare ricade nel campo del predicato allora l’enunciato risultante sarà vero, altrimenti sarà falso. “predicato(x)” non è altro che una trascrizione in termini semantici della generale funzione matematica della forma “F(x)”. Esempi di predicati scritti in questo modo: “esser rosso(x)”, “correre(x)”, “mangiare(x)” e così via.

In questa notazione risulta chiaro come il predicato possa essere soddisfatto solo da un certo numero di elementi e da qui la regola: un predicato è vero per tutti gli elementi che lo soddisfano e falso per tutti gli altri.

E’ chiaro che “esser rosso(x)” è soddisfatto da tutte le cose rosse e non da quelle nere così “esser rosso(la maglia di Del Piero)”= falso perché la maglia della Juventus è nera e bianca. Mentre “esser rosso(la maglia di Cristiano Ronaldo)” = il vero perché la maglia del Manchester United è effettivamente di quel colore. 

 

Ipotesi F4: il senso è il modo di darsi di un certo significato.

Corollario ά: qualunque espressione linguistica ha un senso.

Corollario β: qualunque espressione dotata di un significato ha un senso.

Spiegazione I: il senso è il modo di darsi di un certo significato, è la definizione generale del senso, ma vediamo nello specifico. Il senso di un termine singolare è il modo di darsi di un certo oggetto in un’espressione. Il senso di un nome corrisponde, per Frege, alla sua descrizione definita: perché un nome proprio sia riscrivibile in una descrizione definita è sufficiente che il nome proprio e la descrizione definita siano riscrivibili l’uno nei termini nell’altro e ciò avviene solo quando la descrizione definita e il nome proprio denotano lo stesso significato, ossia lo stesso oggetto.

Spiegazione II: il senso di un predicato è il concetto. Il concetto per Frege è una funzione caratterizzata nei termini su detti. Ci sono due cose da notare. La prima è che una funzione proposizionale, per Frege, di per sé è un’espressione inconcludente, ovvero non denota nulla senza un termine singolare che la saturi, sia che la saturi rendendola vera che rendendola falsa. In questo senso, una funzione proposizionale, di per sé, non denota nessun oggetto e ciò è manifesto quando si faccia caso agli esempi: “esser-rosso”, “mangiare”, “correre”. Di per sé questi predicati non ci informano di nulla, sono concetti astratti privi di corrispondenza nella realtà: se uno dice, così, di punto in bianco “corre”, noi ci guardiamo intorno per vedere se qualcuno sta effettivamente correndo. Ma non vediamo nessuno, così gli domandiamo “chi corre?” ovvero gli stiamo chiedendo di specificare qual’è l’oggetto che sta correndo. In termini fregeani, stiamo chiedendo al parlante di specificare l’oggetto del predicato. L’altra cosa da notare è questa: per Frege, i sensi sono delle entità immateriali extramentali e sono definiti come “pensieri”, nel caso siano enunciati, sensi genericamente nel caso si voglia parlare di termini particolari e predicati ( che non hanno un pensiero ma hanno un senso ).

 

Ipotesi F5: il significato è l’oggetto realmente esistente denotato da una certa espressione linguistica.

Corollario ά: un enunciato dotato di significato è un enunciato che indica un oggetto realmente esistente dotato di una certa relazione. L’oggetto è posto dal termine singolare e la proprietà dell’oggetto è posta dal predicato.

Spiegazione I: il significato è un oggetto realmente esistente. Di conseguenza, l’insieme dei significati è l’insieme delle cose realmente esistenti.

Specifica a: è interessante notare che tali affermazioni, fino a questo punto ( eccezion fatta per l’idea che esistano delle entità extramentali esistenti realmente ) tutte le idee fregeane sono condivisibili tanto dall’idealista quanto dallo scettico giacché esse non richiedono che possa esistere o meno una conoscenza certa intorno al mondo, basta che esistano delle entità stabili che giustifichino delle asserzioni passibili di analisi in termini di vero o falso. Frege sostiene che l’idea che esista una realtà oggettiva fuori di noi è praticamente ovvia, nel senso che è capzioso sostenere il contrario, d’altra parte, in una certa misura, l’idea dell’esistenza di tale realtà è sottoscritta tanto dagli idealisti che dagli scettici nella misura in cui entrambi parlano del mondo delle cose: parlano in termini negativi di ciò che essi stessi presuppongono. Certamente ciò non ha chiare ricadute sull’epistemologia scettica o idealistica, ma è chiaro che tutti devono ammettere una certa “cosalità” del linguaggio, una volta che ne fanno uso.

 

Inferenza. Se il senso è il modo di darsi di un certo significato, se il significato è l’oggetto realmente esistente denotato da una certa espressione allora ogni significato è espresso attraverso un senso.

 

Tesi Fb: dunque ogni significato è espresso attraverso un senso.

Corollario ά: ogni significato ammette almeno un senso.

Corollario β: non ogni senso ha un significato.

Spiegazione I: ogni significato è espresso attraverso un senso è una conseguenza logica delle premesse fregeane. Infatti, se il senso è un modo di dare un certo significato, allora un significato non può che darsi a partire da un senso. Lapalissiano.

Spiegazione II: ma non è ovvio che ogni senso abbia un significato. Abbiamo già visto che esistono delle espressioni linguistiche che non denotano alcun significato, per esempio le descrizioni improprie o i predicati insaturi ( funzioni proposizionali dove è definito solo il predicato e non il termine singolare ). Ora, in quanto gli enunciati si ottengono dalla composizione dei sensi che denotano certi significati, qualora i termini che compongono l’enunciato siano privi di significato va da sé che anche l’enunciato completo sarà privo di significato.

Ex: un predicato definito dalla forma “essere-rosso(x)” saturato dal termine singolare “l’unicorno” genera un enunciato di questa forma “essere-rosso(l’unicorno)”. Tale espressione è chiaramente priva di significato in quanto non esiste nessun oggetto, animale o persona che sia un “unicorno”. Questa espressione non ha alcun significato, seppure ha un suo senso.

Spiegazione III: per Frege, esiste una pluralità di modi attraverso cui si dà uno stesso significato e per tale ragione frasi di questo tipo “Alessandro = Alessandro” e “Alessandro = il mio migliore amico” sono frasi che pur denotando la stessa persona, avendo dunque lo stesso significato e lo stesso valore di verità ( sono entrambi veri ) non sono equivalenti intorno al senso. E ciò non è di importanza secondaria giacché il modo di dare un certo significato è importante ai fini della conoscenza del mondo.

Spiegazione IV: in una conversazione: a) “Alessandro è mio cugino”, b) “Alessandro è il mio migliore amico” a) “confermi il valore di verità della tua frase?” b) “si”. a) “Quindi, il tuo migliore amico è mio cugino” . Come si vede, nella conversazione abbiamo applicato alcuni principi, tra cui il principio di composizionalità, e abbiamo scoperto che gli enunciati “Alessandro è mio cugino”, “Alessandro è il mio migliore amico” e “il tuo migliore amico è mio cugino” sono tutte frasi vere e dotate dello stesso significato. Sembrerebbe dunque che non ci sia altro da dire, invece è importante notare che i due parlanti hanno scoperto ciascuno una cosa importante, ovvero che hanno una persona cara in comune. Questo genere di conversazioni, neanche così rare, sono giustificate dalla teoria fregeana: esse hanno un significato uguale e un diverso senso che ci illumina sulle diverse conoscenze intorno ad una stessa cosa.

 

Ipotesi F5: un enunciato è ottenuto per composizione di un predicato con un termine singolare.

[ AT ]: gli enunciato è ottenuto a partire dal principio di composizionalità: qualunque enunciato è determinato dalla composizione delle sue parti semplici.

Specifica a: le parti semplici di un enunciato dichiarativo sono i termini singolari e i predicati.

Specifica b: per tutto ciò che è stato detto vale la seguente relazione: enunciato ↔ termine singolare Λ predicato.

Spiegazione I: l’idea di Frege è che per valutare la verità di un enunciato bisogna basarsi sulle sue componenti, motivo per il quale per rispondere se un enunciato sia vero o falso, per passare cioè dai suoi criteri di verità al suo significato, bisogna andare a vedere se le sue componenti siano dotate o meno di un oggetto referente realmente esistente nel mondo.

 

Inferenza. Se un enunciato è ottenuto per composizione di un predicato con un termine singolare, se un termine singolare ha un senso, se un predicato ha un senso, allora anche un enunciato ha un senso.

 

Tesi Fc: dunque anche un enunciato ha un senso.     

Spiegazione I: il senso di un enunciato è un pensiero. I termini singolari hanno un senso, così come i predicati che sono, a livello del senso, dei concetti, ma solo gli enunciati esprimono un pensiero.

Spiegazione II: il pensiero di un enunciato è un’entità extramentale immateriale realmente esistente, in questo senso, un enunciato, in quanto dotato di senso e di un significato ( qualora ce l’abbia ) denota sempre due cose distinte: da un lato un pensiero e da un altro lato un oggetto. A prescindere che un enunciato abbia poi un certo significato, esprime comunque un pensiero. Dall’espressione del pensiero si pongono gli stessi criteri di verità: sapere se un pensiero è vero o falso implica andare a vedere se abbia o meno una corrispondenza nella realtà dei fatti, se denota effettivamente qualcosa.

 

Inferenza. Se anche un enunciato ha un senso, se un significato è espresso da un senso, se un senso non necessariamente ha un significato allora un enunciato può avere o non avere un significato.

 

Tesi Fd: dunque un enunciato ha o non ha un significato.

Specifica a: naturalmente o un enunciato ha un significato oppure no, Frege non ammette altri valori di verità.

 

Inferenza. Se un enunciato ha o non ha un significato, se un enunciato ha un significato se e solo se hanno significato le sue parti, se un enunciato ha un pensiero, se il pensiero pone i valori di verità, se il significato è l’oggetto corrispondente ad un certo senso, allora un enunciato è vero se e solo se ha un senso compiuto e un significato corrispondente.

 

Tesi Fe: dunque un enunciato è vero se e solo se ha un senso compiuto e un significato corrispondente.

Spiegazione I: il senso pone un pensiero e il pensiero determina i criteri di verità ovvero il pensiero può essere o vero o falso ed è vero se e solo se ha un oggetto corrispondente nella realtà oppure no. Se c’è corrispondenza tra pensiero e realtà allora l’enunciato sarà vero e falso altrimenti.

Spiegazione II: ma, si faccia attenzione, un enunciato è vero o falso se e solo se ha un senso, un pensiero, che esiste nella realtà oggettiva. Se invece non denota alcun che allora l’enunciato non è né vero né falso perché non indica alcun che di esistente.

!!Spiegazione III: per Frege si possono solo associare termini singolari a proprietà, se i termini singolari ammettono certe proprietà ( ovvero soddisfano una certa funzione ), allora saranno veri, altrimenti saranno falsi, ma in ogni caso ci troviamo di fronte ad una realtà oggettiva: se dico “essere-marrone(il mio tavolo)” = il vero perché esiste un oggetto corrispondente al pensiero espresso dall’enunciato, mentre se dico “essere-rosso(il mio tavolo)” = il falso perché esiste realmente “il mio tavolo” ma questo non è rosso. In un certo senso, il principio di verifica del significato tiene conto proprio di una reale “verifica” dello stato di cose. Ma, ed è qui il punto, in casi di questo genere “volare(Superman)” non si può né dire che è vero né che è falso perché Superman in realtà non esiste, non è né un oggetto particolare ( tanto meno dotato della proprietà di volare ), né una persona. Per Frege, in quanto l’enunciato “volare(Superman)” non ammette in alcun modo una verifica, non può essere decidibile: esso ha un pensiero, ma non ha significato, dunque non è né vero né falso.

 

Inferenza. Se un enunciato ha o non ha un significato, se un enunciato esprime un pensiero, se il pensiero pone i criteri di verità, se un enunciato è vero se e solo se ha un senso compiuto e un significato corrispondente allora un enunciato non è né vero né falso se non ha un oggetto corrispondente nella realtà.

 

Tesi Ff: dunque un enunciato non è né vero né falso se non ha un oggetto corrispondente alla realtà.

!!Spiegazione I: Frege sostiene che il vero e il falso sono oggetti. Ciò, ormai, dovrebbe essere abbastanza chiaro: il motivo sta nel fatto che “il vero” e “il falso” rimandano sempre ad un oggetto, sono ciò che non ammette significato non è né vero né falso ma proprio perché l’enunciato privo di significato non ammette proprio alcun oggetto referente nel mondo reale. Se un enunciato è vero o falso implica un oggetto dunque esiste “il vero” e “il falso”. Tale è la ragione di Frege, poi, in che senso di un oggetto possa dirsi “vero” o “falso” è una questione che lo stesso Casalegno ( vedi riferimenti ) non riesce a spiegarsi: non è affatto chiaro cosa significhi che un oggetto sia “il vero”…

Spiegazione II: vero/faso(enunciato) significato(enunciato)  

=>>

indecidibile(enunciato) privo-significato(enunciato).

Qx ( enunciato (x), Qy ( significato (y) y x), vero/falso(x)).

!Specifica a: abbiamo visto sin qui che Frege è molto chiaro su ciò che si può denotare attraverso il linguaggio: sensi e significati, pensieri e oggetti. Vedremo infatti che, in una certa accezione, il significato di un enunciato possa essere effettivamente un pensiero. In ogni caso, abbiamo detto che esistono due realtà: la realtà dei pensieri e la realtà dei significati. Ma esiste anche una terza realtà ed è la realtà interiore dei parlanti. Tale realtà è mentale e soggettiva, del tutto dipendente dalla psiche del soggetto. In questo senso, ciascuno ha delle sue proprie rappresentazioni per ogni parola che denota qualcosa ma le rappresentazioni non sono in alcun modo conoscibili in quanto del tutto private, esse non sono oggetto di conoscenza né, per Frege, sono passibili di analisi a partire dal linguaggio: non c’è modo di poter osservare dall’esterno il contenuto interno di una mente, motivo per il quale esso è chiaramente una realtà insondabile. La coscienza fenomenica è un’esperienza unica e irriducibile per ciascuno, per Frege. Frege sostiene una visione logicista della semantica e, con essa, l’idea di salvaguardare il funzionamento del linguaggio da qualsiasi intrusione psicologica o, comunque, soggettiva che possa minare in qualche modo la costruzione controllabile e logica del linguaggio. Tale necessità, in quanto il linguaggio di Frege deve poter esprimere conoscenze sul mondo, è decisamente giustificata. Inoltre, per fondare una teoria credibile del linguaggio, è assolutamente necessario porre dei criteri oggettivi di valutazione.

Specifica b: possiamo a questo punto riassumere i tre regni in questo modo:

1.     Mondo oggetti                    = entità extramentali materiali.

2.     Mondo pensieri         = entità extramentali immateriali.

3.     Mondo rappresentazioni = entità mentali ( immateriali/materiali ?)

 

Inferenza. Se un significato si esprime attraverso un senso, se più sensi possono esprimere uno stesso significato allora esiste un significato per più sensi ma non più significati per un solo senso.

 

Tesi Fg: dunque esiste un significato per più sensi ma non più significati per un solo senso.

Spiegazione I: ciò è evidente dal fatto che esiste un solo oggetto e sarebbe contraddittorio pensare che uno stesso senso ammetta due significati contemporaneamente.

Spiegazione II: Nel caso per esempio di parole come “cavallo”, “tasso”, “pancetta”, “amore” che sono chiaramente ambigue, non si cade in contraddizione giacché possiamo dire che con un medesimo segno designiamo diversi significati e diversi sensi. In tale possibile ambiguità risiede, per Frege, uno dei difetti evidenti del linguaggio naturale.

Specifica a: possiamo riassumere in breve:

1.     esiste uno e un solo significato per ciascun termine singolare.

2.     esiste almeno un senso per ciascun significato.

3.     esiste almeno un segno per ciascun senso.

 

1.     esiste uno e un solo significato per ciascun termine singolare, enunciato…

2.     possono esistere più sensi per ciascun significato.

3.     possono esistere più segni per ciascun senso.

4.     possono esistere delle espressioni con segni che denotano più sensi: tali frasi sono ambigue.

5.     possono esistere delle espressioni con segni che denotano più sensi e i sensi possono denotare più significati diversi: tali frasi sono ambigue.

Specifica b: Frege sosteneva che queste imprecisioni della lingua naturale fossero da sanare in un linguaggio logicamente perfetto.

 

Inferenza. Se un enunciato è composto da parti semplici, se le parti semplici sono termini singolari e predicati, se un predicato ammette più termini singolari che lo soddisfano, se un termine singolare può soddisfare più predicati allora a un enunciato a cui è sostituita una parte con un’altra avente stesso significato avrà ancora lo stesso significato.

 

Tesi Fh: dunque a un enunciato a cui è sostituita una parte con un’altra avente stesso significato avrà ancora lo stesso significato.

Spiegazione I: questa è l’enunciazione del principio di sostituibilità. In questo principio è espressa un’intuizione molto forte anche nei parlanti che vale per gli enunciati dichiarativi, ma non vale, per esempio, nei casi di enunciati di credenza in quanto esprimono un’attitudine proposizionale.

Specifica II: naturalmente, il principio di sostituibilità vale sì per i sensi e per i significati ma se consideriamo due espressioni logicamente equivalenti come questi “a = a” e “a = b” ( quando ciò è vero ) e “a = c” ( quando è vero ), l’enunciato risultante “c = b” è vero nel senso che ha lo stesso valore di verità di “a = a”, “a = b” ecc., ma non ha lo stesso senso. In questo modo, il principio di sostituibilità applicato ai sensi non è la stessa cosa che applicato ai significati.

!!Specifica III: a questo punto concludiamo con la critica di Russell. Gli enunciati si ottengono per la saturazione di un concetto, o funzione proposizionale a valori di verità, a partire da termini singolari. In questo senso, gli enunciati denotano sempre oggetti in un modo diverso che i nomi propri o le descrizioni definite, ma rimandano sempre a delle cose individuali indicabili e definite. Tuttavia nella semantica fregeana, gli enunciati sono componibili solo o a partire da nomi propri o da descrizioni definite, dunque, in ogni caso, da termini singolari. Ma non esistono enunciati solo composti da queste parti semplici, esistono infatti molti casi in cui gli enunciati sono composti da descrizioni indefinite o da descrizioni improprie. Nel caso delle descrizioni indefinite “un così e così” il problema è risolto dicendo che “un così e così” è equivalente ad un’espressione esistenziale del tipo “esiste un x tale che x…”. Ma “esiste un x…” è un’espressione priva di significato autonomo giacché essa non rimanda ad alcun oggetto particolare, viene solo detto che all’interno di un insieme di oggetti, esiste un oggetto particolare, ma non viene detto quale né si può andare a vedere: una descrizione indefinita non implica l’individuo, lo richiede semplicemente. Frege propone, non nell’articolo “Senso e denotazione” ma in altri lavori, di concepire “esiste un x…” come una funzione di funzione, dove il predicato è la funzione di primo livello e l’esistenziale è una funzione di secondo livello: in questo senso bisogna che sia prima posta la soddisfazione della funzione di primo livello e poi di quella di secondo. Se la prima funzione rientra nel dominio della seconda allora la funzione di secondo livello ( che ammette a sua volta valori di verità ) sarà vera, altrimenti risulterà falsa: la forma dovrà essere la seguente: G(F(x)), se la “G” è un’esistenziale allora si potrà riscrivere la formula nel seguente modo: “Ex(F(x))” in altri termini, “esiste un (x) tale che predicato(x)”= vero per tutti i valori che soddisfano il predicato e la funzione di secondo livello e falso altrimenti. Da questo procedimento, risultano componibili infinite funzioni: la regola di composizionalità e di verità per le funzioni di secondo livello deve essere rispettata anche per funzioni di livello superiore al secondo. In tutto questo, comunque, la “x” della funzione di primo e di secondo livello deve essere un termine singolare. Russell però nota che è assurdo pensare che non si possa esprimere un valore di verità per tutte quelle espressioni che non rimandano ad alcun oggetto particolare, come “un unicorno”: “un unicorno mangia nella mia stanza” è una frase indecidibile per Frege perché non esiste nessun oggetto “unicorno” e dunque il pensiero espresso dalla frase, il suo senso, non rimanda ad alcun che di realmente esistente nel mondo, motivo per il quale non si può dire né che il pensiero sia vero piuttosto che falso. Per Russell questo è una grave limitazione. Egli dunque nota che gli enunciati per Frege sono composti o da nomi o da descrizioni definite con un certo predicato, a partire dal principio di composizionalità. E’ evidente, per Russell, che se tale impostazione produce un’indecidibilità su enunciati intuitivamente assurdi, deve esserci qualche cosa che non funziona: o il malfunzionamento sta nei termini singolari, o il malfunzionamento sta nel principio di composizionalità. Secondo Russell il principio di composizionalità è un principio valido perché è ciò che consente di formare e verificare gli enunciati, dunque il problema deve essere nei termini singolari. Ed infatti Russell sostiene che solo i nomi propri possono soddisfare i predicati e non le descrizioni definite. Le descrizioni definite non sono abbreviazioni di nomi, sembra che siano così solo perché grammaticalmente ( nell’analisi logica delle scuole ) risulta che nomi e descrizioni definite svolgono la stessa funzione: di soggetto. Ma Russell dice che questo è solo l’apparenza, egli così sostiene una tesi radicale: le descrizioni definite sono simboli incompleti che non dovrebbero presentarsi in un linguaggio logicamente perfetto, non ambiguo e sempre significante. Ma nel linguaggio naturale ci sono e allora come fare? Russell sostiene che esse vanno eliminate e nel caso di frasi in cui compaiono egli propone una parafrasi: una parafrasi è un modo di riscrivere la frase conservando lo stesso significato. Il principio di conservazione del valore di verità ( principio di sostituibilità ) e del contenuto sembrano essere due verità assolute di ogni realtà, o del modo di pensare umano. Un esempio: “il mio gatto è grigio” è riscrivibile in questi termini “esiste uno e un solo individuo che è un mio gatto grigio”: il principio è semplice e consiste nel ricondurre la descrizione definita nei termini di un nome proprio, la descrizione definita deve scomparire facendo posto a un nome proprio, unica entità in grado di soddisfare le funzioni proposizionali. “la matita di Francesco è nera” è riscrivibile in questo modo: “esiste uno e un solo individuo che è la matita di Francesco ed è nera”. In linguaggio logico: “Ex ( Qy (y→x) matita di Francesco(x) Λ esser-nera(x)) ovvero esiste un individuo “x” tale che qualunque “y”, “y” implica “x” e “x” è la matita di Francesco Λ ed “x” è nera. In questo modo può essere risolto il problema dell’indecidibilità di espressioni contenenti descrizioni improprie: “Superman è un supereroe”: “esiste uno e un solo individuo che è Superman ed è un supereroe” ora, in questo modo è molto più semplice affermare che questa frase è falsa perché rimanda direttamente ad una definizione di un oggetto: ma non esiste alcun individuo che soddisfi la proprietà “esser-Superman(x) Λ esser-supereroe(x)” dunque questo enunciato è falso perché qualunque individuo sia denotato l’enunciato risulterà sempre falso. Allo stesso modo dicasi per “l’attuale re di Francia è biondo”: “esiste uno e un solo individuo che regna attualmente in Francia ed è biondo” ovvero “Ex ( Qy (y x), regnante in Francia(x), esser-biondo(x))”: non c’è nessun individuo che soddisfi tali relazioni, perciò tale enunciato è falso.

Specifica IV: le due proposte, quelle di Russell e quella di Frege hanno loro pregi e loro difetti, l’una, per esempio, non tiene conto che noi usiamo effettivamente le descrizioni definite come nomi propri, ed anzi, i nomi propri sono riscrivibili nei termini di descrizioni definite ( che poi sono ciò che maggiormente ci informa relativamente alle cose del mondo ); d’altra parte l’altra posizione non riesce a dire se una descrizione impropria che è chiaramente priva di significato, se è falsa o meno. Non sappiamo se si possa applicare il principio di Russell alle sole descrizioni improprie, perché ciò sarebbe una mediazione tra le due posizioni, comunque non ci azzardiamo a dire alcun che a riguardo per non dire cose dubbie.  

 

                                      

Schema di ragionamento di Frege in “Senso e denotazione”.

1.     (( a = a ) ≠ (a = b)).

a.      Le due espressioni sono di stessa forma, ovvero sono due relazioni di uguaglianza: la prima è l’espressione dell’identità logica, ovvero la relazione che un oggetto ha con se stesso. Nella seconda abbiamo una coincidenza tra due segni i quali denotano entrambi una stessa cosa ma in modo diverso.

b.     Frege osserva che la relazione di identità e di coincidenza non avrebbe senso se non ci fosse una certa distinzione nel modo di dare un certo significato: in queste espressioni è evidente che la denotazione è la medesima.

                                                                                i.      Se dico “Giangi è uguale a Giangi” sto denotando una certa persona “Giangi” realmente esistente ed esprimo la relazione che Giangi ha con se stesso. Se dico “Giangi è un ragazzo che studia filosofia” sto sempre indicando una certa persona realmente esistente ma lo sto facendo in modo diverso che nell’altra espressione.

c.     Per Frege c’è una reale distinzione tra l’espressione prima e quella seconda seppure da un certo punto di vista la relazione (( a = a ) ≠ (a = b)) può essere intesa in questo altro modo: (( a = a ) = (a = b)), in questo modo stiamo esprimendo che le due espressioni hanno un medesimo significato.

d.     Il primo modo è quello che per Frege è rilevante, in questo caso, ovvero far notare come tra espressioni di uguale significato, ci sia una disuguaglianza nel modo di porre il significato stesso.

2.     (( a = a ) ≠ (a = b)) = espressione di una relazione di segni.

a.      Ovvero, la relazione qui espressa dà un certo significato attraverso un certo senso, ma essa, come si vedrà, è il modo di considerare una certa espressione linguistica. In questo senso, il linguaggio è un complesso di segni in relazione tra loro.

b.     I segni sono ciò che nel linguaggio sostituiscono oggetti e proprietà degli oggetti. In questo modo, il linguaggio deve tenere conto, nella sua formulazione attraverso i segni, proprio delle realtà effettivamente esistenti nel mondo. Il linguaggio, al di là del senso e del significato che attraverso esso possono essere espressi, non è altro che una relazione di segni.

                                                                                i.      Dunque, considerato che “a = b” sono un insieme definito di segni, essi hanno una ragion d’essere solo perché devono trasmettere un certo senso e un certo significato. Le relazioni di segni servono solo come tramite: nel mondo esistono già oggetti con certe proprietà, allo stesso modo, esistono pensieri al di là delle nostre espressioni.

                                                                              ii.      Le relazioni di segni ci servono proprio ad esprimere le cose realmente esistenti, sensi e significati e cioè pensieri ed oggetti.

3.     (( a = a ) ≠ (a = b)) = le due espressioni sono equivalenti nel loro valore di verità ma sono diverse quanto al senso.

a.      Ovvero, ciò che cambia è proprio il modo di darsi dell’oggetto denotato e tale variazione è la stessa differenza tra le due espressioni.

4.     Il segno = simbolo che indica un certo significato.

a.      Tra sensi, segni e significati vale la seguente relazione di disuguaglianza.

                                                                                i.      Segno ≠ senso ≠ significato.

1.     E così anche Segno ≠ significato.

2.     E così anche Senso ≠ significato.

3.     E così anche Segno ≠ senso.

5.     Il senso di un nome è il modo di darsi di un certo significato.

a.      Frege, per chiarire ciò che per altre espressioni del linguaggio, mostra come un nome proprio sia una abbreviazione della descrizione definita equivalente.

                                                                                i.      “Aristotele” può essere riscritto come “il discepolo di Platone” o “il maestro di Alessandro magno”.

b.      Ciò che conta è che ad un nome sia associata una descrizione definita. Una descrizione definita è un asserto linguistico introdotto da un articolo determinativo: qualsiasi descrizione che non sia introdotta da un articolo determinativo non può essere di per sé ascritta all’insieme delle descrizioni definite.

c.     Una descrizione definita è introdotta da un articolo determinativo perché deve introdurre un’entità unica realmente esistente e non un’unità di un insieme non meglio identificata.

d.     Una descrizione definita non è semplicemente un insieme di segni che svolgono la stessa funzione di un nome, devono anche denotare qualcosa: una descrizione definita potrebbe essere anche “il cavallo nero di Napoleone”. Considerato che nel mondo il cavallo di Napoleone era bianco, una descrizione come “il cavallo nero di Napoleone” non denota nulla, ovvero ad essa non corrisponde alcuna entità realmente esistente. In questo senso, per Frege, vedremo, un’espressione di questo tipo non ha alcun significato, nel senso che non è né vera né falsa.

e.      Descrizione definita ↔ l’espressione ha la forma “il così e così” Λ denota una entità realmente esistente.

                                                                                i.      Da questa definizione di descrizione definita, ovvero come l’espressione linguistica equivalente ad un nome proprio, definita nella forma “il così e così” e denotante un’entità realmente esistente, possiamo trarre la caratterizzazione di tutte le altre descrizioni.

                                                                              ii.      < Descrizione definita ( Descrizione definita = espressione di forma “il così e così” + denotazione di entità realmente esistente ) →  Descrizione definita – Espressione di forma “il così e così” = denotazione di entità realmente esistente >>.

1.     Una espressione di forma “il così e così” che non denota alcuna entità è definita descrizione impropria.

2.     La descrizione impropria nel linguaggio assolve le funzioni di una descrizione definita, secondo un punto di vista grammaticale, ovvero come si comporta a partire dalle regole del linguaggio, ma non ha in realtà alcun significato, per Frege.

3.     Descrizione impropria = espressione linguistica di forma definita “il così e così” + espressione priva di denotazione.

                                                                            iii.      < Descrizione definita ( Descrizione definita = espressione di forma “il così e così” + denotazione di entità realmente esistente ) → Descrizione definita – espressione “il così e così” = denotazione di entità realmente esistente >.

1.     Una descrizione diversa dalla forma “il così e così” che denota realmente qualcosa è detta descrizione indefinita.

2.     La descrizione indefinita ha come forma “un così e così” ed è l’espressione di un individuo nella sua relazione d’insieme.

a.      Per fare un esempio: “un gatto” non è equivalente a “il gatto” in quanto con “il” in italiano si intende indicare un oggetto, animale, persona unica, singolare ecc.. Mentre con “un” in italiano si vuole dire quello che in logica si esprime compiutamente con un quantificatore esistenziale.

b.     “un gatto” è equivalente a “esiste un individuo tale che questo individuo è un gatto”. Se poi vogliamo giustamente intendere un gatto come un individuo dotato di certe proprietà allora si può anche riscrivere l’espressione “esiste un individuo tale che questo individuo è dotato di tutte le proprietà richieste per essere effettivamente un gatto”.

c.     Insomma, in una descrizione indefinita non è presente una denotazione di un individuo in particolare, ma si afferma semplicemente che all’interno di un certo insieme di elementi, almeno uno esiste.

3.     Una descrizione è detta indefinita proprio per indicare un termine non privo di un suo significato ma che non denota di per se uno e un solo oggetto.

4.     Una descrizione indefinita ↔ espressione di forma “un così e così” Λ denota una certa classe di oggetti.

6.     Termine singolare = qualsiasi termine capace di fare le veci di un nome proprio e ha come significato uno e un solo oggetto particolare.

a.      Il termine singolare = nome proprio Λ descrizioni definite.

b.     Non sono termini singolari le descrizioni improprie e le descrizioni indefinite.

c.     ¬ termini singolari ( concetti v relazioni )

d.     Un termine singolare può essere composto da più segni che, complessivamente, svolgono una sola funzione: è il caso delle descrizioni definite che ammettono una pluralità di segni ma solo tutti insieme concorrono alla formazione di una descrizione definita.

e.      Ex. “il tavolo nero in cucina” è una descrizione definita ed è composta di più segni e può essere un’espressione utilizzabile per soddisfare predicati.

7.     Ex ( significato (x) ()y ( senso (y) y→ x ) aver senso (x) ).

a.      In altre parole, esiste uno e un solo significato per ciascun senso.

b.     Il che non significa che esiste un solo senso per ciascun significato.

c.     Esistono una molteplicità di sensi per ciascun significato e questa molteplicità è importante perché essa è ciò che ci garantisce un certo incremento nella nostra conoscenza del mondo. In questo modo, il senso non è semplicemente una cosa neutra attraverso cui si dà un significato, ma esso è effettivamente un che di fondamentale all’interno di un’espressione linguistica che voglia esprimere informazioni intorno al mondo.

                                                                                i.      Frege mostra questo attraverso vari esempi. Ne facciamo qualcuno meno antiquato: “Superman è superman” supponendo che Superman esista realmente ( altrimenti l’esempio non funziona ), l’enunciato è equivalente a “Superman è il primo supereroe ad aver fatto fortuna”. Infatti “il primo supereroe ad aver fatto fortuna” non può essere che Superman. I due enunciati hanno effettivamente uno stesso significato e sono entrambi veri: essi denotano la medesima cosa ed entrambi sono veri perché rispecchiano lo stato di cose del mondo. La differenza tra i due è proprio che il primo è una verità logica che non ci dà nessuna informazione ulteriore: esso è un enunciato vero, basta. Nel secondo caso invece, c’è una certa variazione di informazione giacché, magari, non sapevamo che Superman fosse veramente “il primo supereroe ad aver fatto fortuna”.

                                                                              ii.      L’idea guida è quella che il senso di un enunciato è determinato dal senso dei suoi componenti, per dirla in modo più rigoroso: un enunciato si ottiene a partire dalla composizione delle sue parti semplici, termini singolari e predicati. In questo senso, il senso di un enunciato è in tutto determinato dal senso di ciascun termine e così anche il significato.

                                                                            iii.      Per formare un enunciato si abbisogna di parti semplici sommabili tra loro, termini singolari e predicati, e la “sommabilità” è il principio di “composizionalità”.

                                                                           iv.      Per Frege esiste un regno di realtà che è quello dei significati, che altro sono se non le cose realmente esistenti. Ma ne esiste anche un altro che è composto dall’insieme dei sensi possibili. Quando uno esprime un certo enunciato, esprime un certo senso e il senso di un enunciato è un pensiero: capire un enunciato implica capirne il senso dunque il pensiero relativo. Ma questa “comprensione” per Frege si chiama “apprensione” ovvero è un “afferrare” il pensiero di un certo insieme di segni. Da ciò ne deriva che un enunciato esprime innanzi tutto un pensiero e questo può essere vero o falso. Se è vero allora avrà un certo corrispettivo nella realtà, altrimenti sarà falso. Questa non corrispondenza, che determina la falsità di un certo enunciato, non implica che anche il pensiero sia falso, nel senso che non esiste, semplicemente che ad esso non corrisponde nulla nella realtà:

1.     Ex.. “Fidel è un gatto” è vero se e solo se “Fidel” è veramente un gatto. Siccome era il mio gatto preferito allora l’enunciato “Fidel è un gatto” è vero. Il pensiero espresso dall’enunciato mostra la sua stessa possibilità d’esser vero, in altri termini, ne pone i valori di verità: vero o falso. Ma se sia effettivamente Vero o Falso dipende dall’esistenza di quel particolare oggetto.

2.     Ex.. “Fidel è un gatto” è falso se e solo se “Fidel” non è in realtà un gatto ma, per esempio, un cane. In questo senso il predicato “essere un gatto (x)” dove la “x” sta per una variabile che soddisfa la funzione proposizionale “essere un gatto”, non è soddisfatto dall’entità reale “Fidel” dunque l’enunciato è falso. Ciò significa che il pensiero espresso dall’enunciato non trova corrispondenza nei fatti della realtà, ma non che il pensiero non esista: si può ben capire cosa sia un enunciato, ma non necessariamente ammettere che esso sia vero.

3.     Il passaggio dalla conoscenza di un pensiero ( apprensione ) alla sua corrispondenza della realtà è chiamato “giudizio” in Frege.

                                                                             v.      Le lingue non differiscono né per i segni né per i significati ma solo per i segni.

1.     Ciò è ev