UN
<<GOJ>>
Il signor Daniele Catellani, mio amico, bella testa
ricciuta e nasuta - capelli e naso di razza - ha un brutto vizio: ride
nella gola in un certo modo così irritante, che a molti, tante volte,
viene la tentazione di tirargli uno schiaffo.
Tanto più che,
subito dopo, approva ciò che state a dirgli. Approva col capo; approva
con precipitosi:
- Già, già! già,
già!
Come se poc'anzi
non fossero state le vostre parole a provocargli quella dispettosissima
risata.
Naturalmente voi
restate irritati e sconcertati. Ma badate che è poi certo che il signor
Daniele Catellani farà come voi dite. Non c'è caso che s'opponga a un
giudizio, a una proposta, a una considerazione degli altri.
Ma prima ride.
Forse perché,
preso alla sprovvista, là, in un suo mondo astratto, così diverso da
quello a cui voi d'improvviso lo richiamate, prova quella certa
impressione per cui alle volte un cavallo arriccia le froge e nitrisce.
Della remissione
del signor Daniele Catellani e della sua buona volontà d'accostarsi
senz'urti al mondo altrui, ci sono del resto non poche prove, della cui
sincerità sarebbe, io credo, indizio di soverchia diffidenza dubitare.
Cominciamo che per
non offendere col suo distintivo semitico, troppo apertamente palesato dal
suo primo cognome (Levi), l'ha buttato via e ha invece assunto quello di
Catellani.
Ma ha fatto anche
di più.
S'è imparentato
con una famiglia cattolica, nera tra le più nere, contraendo un
matrimonio cosiddetto misto, vale a dire a condizione che i figliuoli (e
ne ha già cinque) fossero come la madre battezzati, e perciò perduti
irremissibilmente per la sua fede.
Dicono però che
quella risata così irritante del mio amico signor Catellani ha la data
appunto di questo suo matrimonio misto.
A quanto pare, non
per colpa della moglie, però, bravissima signora, molto buona con lui, ma
per colpa del suocero, che è il signor Pietro Ambrini, nipote del defunto
cardinale Ambrini, e uomo d'intransigentissimi principii clericali.
Come mai, voi dite,
il signor Daniele Catellani andò a cacciarsi in una famiglia munita d'un
futuro suocero di quella forza?
Mah!
Si vede che,
concepita l'idea di contrarre un matrimonio misto, volle attuarla senza
mezzi termini; e chi sa poi, fors'anche con l'illusione che la scelta
stessa della sposa d'una famiglia così notoriamente divota alla santa
Chiesa cattolica, dimostrasse a tutti che egli reputava come un accidente
involontario, da non doversi tenere in alcun conto, l'esser nato semita.
Lotte acerrime ebbe
a sostenere per questo matrimonio. Ma è un fatto che i maggiori stenti
che ci avvenga di soffrire nella vita sono sempre quelli che affrontiamo
per fabbricarci con le nostre stesse mani la forca.
Forse però -
almeno a quanto si dice non sarebbe riuscito a impiccarsi il mio amico
Catellani, senza l'aiuto non del tutto disinteressato del giovine Millino
Ambrini, fratello della signora, fuggito due anni dopo in America per
ragioni delicatissime, di cui è meglio non far parola.
Il fatto è che il
suocero, cedendo obtorto collo alle nozze, impose alla figlia come
condizione imprescindibile di non derogare d'un punto alla sua santa fede
e di rispettare col massimo zelo tutti i precetti di essa, senza mai venir
meno a nessuna delle pratiche religiose. Pretese inoltre che gli fosse
riconosciuto come sacrosanto il diritto di sorvegliare perché precetti e
pratiche fossero tutti a uno a uno osservati scrupolosamente, non solo
dalla nuova signora Catellani, ma anche e più dai figliuoli che sarebbero
nati da lei.
Ancora, dopo nove
anni, non ostante la remissione di cui il genero gli ha dato e seguita a
dargli le più lampanti prove, il signor Pietro Ambrini non disarma.
Freddo, incadaverito e imbellettato, con gli abiti che da anni e anni gli
restano sempre nuovi addosso e quel certo odore ambiguo della cipria, che
le donne si dànno dopo il bagno, sotto le ascelle e altrove, ha il
coraggio d'arricciare il naso, vedendolo passare, come se per le sue nari
ultracattoliche il genero non si sia per anche mondato del suo
pestilenzialissimo foetor judaicus.
Lo so perché spesso ne abbiamo parlato insieme.
Il signor Daniele
Catellani ride in quel suo modo nella gola, non tanto perché gli sembri
buffa questa vana ostinazione del fiero suocero a vedere in lui per forza
un nemico della sua fede, quanto per ciò che avverte in sé da un pezzo a
questa parte.
Possibile, via, che
in un tempo come il nostro, in un paese come il nostro, debba sul serio
esser fatto segno a una persecuzione religiosa uno come lui, sciolto fin
dall'infanzia da ogni fede positiva e disposto a rispettar quella degli
altri, cinese, indiana, luterana, maomettana?
Eppure, è proprio
così. C'è poco da dire: il suocero lo perseguita. Sarà ridicola,
ridicolissima, ma una vera e propria persecuzione religiosa, in casa sua,
esiste. Sarà da una parte sola e contro un povero inerme, anzi venuto
apposta senz'armi per arrendersi; ma una vera e propria guerra religiosa
quel benedett'uomo del suocero gliela viene a rinnovare in casa ogni
giorno, a tutti i costi, e con animo inflessibilmente e acerrimamente
nemico.
Ora, lasciamo
andare che - batti oggi e batti domani - a causa della bile che già
comincia a muoverglisi dentro, l'homo judaeus prende a poco
a poco a rinascere e a ricostituirsi in lui, senza ch'egli per altro
voglia riconoscerlo. Lasciamo andare. Ma lo scadere ch'egli fa di giorno
in giorno nella considerazione e nel rispetto della gente per tutto
quell'eccesso di pratiche religiose della sua famiglia, così
deliberatamente ostentato dal suocero, non per sentimento sincero, ma per
un dispetto a lui e con l'intenzione manifesta di recare a lui una
gratuita offesa, non può non essere avvertito dal mio amico signor
Daniele Catellani. E c'è di più. I figliuoli, quei poveri bambini così
vessati dal nonno, cominciano anch'essi ad avvertir confusamente che la
cagione di quella vessazione continua che il nonno infligge loro,
dov'essere in lui, nel loro papà. Non sanno quale, ma in lui dov'essere
di certo. Il buon Dio, il buon Gesù - (ecco, il buon Gesù specialmente!)
- ma anche i Santi, oggi questo e domani quel Santo, ch'essi vanno a
pregare in chiesa col nonno ogni giorno, è chiaro ormai che hanno bisogno
di tutte quelle loro preghiere, perché lui, il papà, deve aver fatto
loro, di certo, chi sa che grosso male! Al buon Gesù, specialmente! E
prima d'andare in chiesa, tirati per mano, si voltano, poveri piccini, ad
allungargli certi sguardi così densi di perplessa angoscia e di dogliosa
rimprovero, che il mio amico signor Daniele Catellani si metterebbe a
urlare chi sa quali imprecazioni, se invece... se invece non preferisse
buttare indietro la testa ricciuta e nasuta e prorompere in quella sua
solita risata nella gola.
Ma sì, via!
Dovrebbe ammettere altrimenti sul serio d'aver commesso un'inutile
vigliaccheria a voltar le spalle alla fede dei suoi padri, a rinnegare nei
suoi figliuoli il suo popolo eletto: 'am olam, come dice il signor
Rabbino. E dovrebbe sul serio sentirsi in mezzo alla sua famiglia un goj,
uno straniero; e sul serio infine prendere per il petto questo suo signor
suocero cristianissimo e imbecille, e costringerlo ad aprir bene gli occhi
e a considerare che, via, non è lecito persistere a vedere nel suo genero
un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil'anni fa
dagli ebrei, i cristiani che dovrebbero sentirsi in Cristo tutti quanti
fratelli, per cinque anni si sono scannati tra loro allegramente in una
guerra che, senza pregiudizio di quelle che verranno, non aveva avuto
finora l'eguale nella storia.
No, no, via!
Ridere, ridere. Son cose da pensare e da dir sul serio al giorno d'oggi?
Il mio amico signor
Daniele Catellani sa bene come va il mondo. Gesù, sissignori. Tutti
fratelli. Per poi scannarsi tra loro. E naturale. E tutto a fil di logica,
con la ragione che sta da ogni parte: per modo che a mettersi di qua non
si può fare a meno d'approvare ciò che s'è negato stando di là.
Approvare,
approvare, approvar sempre.
Magari, sì, farci
sì prima, colti alla sprovvista, una bella risata. Ma poi approvare,
approvar sempre, approvar tutto.
Anche la guerra,
sissignori.
Però (Dio, che risata interminabile, quella volta!) però, ecco, il
signor Daniele Catellani volle fare, l'ultimo anno della grande guerra
europea, uno scherzo al suo signor suocero Pietro Ambrini, uno scherzo di
quelli che non si dimenticano più.
Perché bisogna
sapere che, nonostante gran carneficina, con una magnifica faccia tosta il
signor Pietro Ambrini, quell'anno, aveva pensato di festeggiare, per i
cari nipotini, la ricorrenza del Santo Natale più pomposamente che mai. E
s'era fatti fabbricare tanti e tanti pastorelli di terracotta: i
pastorelli che portano le loro umili offerte alla grotta di Bethlehem, al
Bambinello Gesù appena nato: fiscelle di candida ricotta panieri d'uova e
cacio raviggiolo, e anche tanti Franchetti di Soffici pecorelle e
somarelli carichi anch'essi d'altre più ricche offerte, seguiti da vecchi
massari e da campieri. E sui cammelli, ammantati, incoronati e solenni, i
tre re Magi, che vengono col loro seguito da lontano lontano dietro alla
stella cometa che s'è fermata su la grotta di sughero, dove su un po' di
paglia vera è il roseo Bambinello di cera tra Maria e San Giuseppe; e San
Giuseppe ha in mano il bàcolo fiorito, e dietro sono il bue e l'asinello.
Aveva voluto che
fosse ben grande il presepe quell'anno, il caro nonno, e tutto bello in
rilievo, con poggi e dirupi, agavi e palme, e sentieri di campagna per cui
si dovevano veder venire tutti quei pastorelli ch'eran perciò di varie
dimensioni, coi loro branchetti di pecorelle e gli asinelli e i re Magi.
Ci aveva lavorato
di nascosto per più d'un mese, con l'aiuto di due manovali che avevan
levato il palco in una stanza per sostener la plastica. E aveva voluto che
fosse illuminato da lampadine azzurre in ghirlanda; e che venissero dalla
Sabina, la notte di Natale, due zampognari a sonar l'acciarino e le
ciaramelle.
I nipotini non ne
dovevano saper nulla.
A Natale,
rientrando tutti imbacuccati e infreddoliti dalla messa notturna,
avrebbero trovato in casa quella gran sorpresa: il suono delle ciaramelle,
l'odore dell'incenso e della mirra, e il presepe là, come un sogno,
illuminato da tutte quelle lampadine azzurre in ghirlanda. E tutti i
casigliani sarebbero venuti a vedere, insieme coi parenti e gli amici
invitati al cenone, questa gran maraviglia ch'era costata a nonno Pietro
tante cure e tanti quattrini.
Il signor Daniele
lo aveva veduto per casa tutto assorto in queste misteriose faccende, e
aveva riso; aveva sentito le martellate dei due manovali che piantavano il
palco di là, e aveva riso.
Il demonio, che gli
s'è domiciliato da tanti anni nella gola, quell'anno, per Natale, non gli
aveva voluto dar più requie: giù risate e risate senza fine. Invano,
alzando le mani, gli aveva fatto cenno di calmarsi; invano lo avena
ammonito di non esagerare, di non eccedere.
- Non esagereremo,
no! - gli aveva risposto dentro il demonio. - Sta' pur sicuro che non
eccederemo. Codesti pastorelli con le fiscelline di ricotta e i panierini
d'uova e il cacio raviggiolo sono un caro scherzo, chi lo può negare? così
in cammino tutti verso la grotta di Bethlehem! Ebbene, resteremo nello
scherzo anche noi, non dubitare! Sarà uno scherzo anche il nostro, e non
meno carino. Vedrai.
Così il signor
Daniele s'era lasciato tentare dal suo demonio; vinto sopra tutto da
questa capziosa considerazione: che cioè sarebbe restato nello scherzo
anche lui.
Venuta la notte di
Natale, appena il signor Pietro Ambrini con la figlia e i nipotini e tutta
la servitù si recarono in chiesa per la messa di mezzanotte, il signor
Daniele Catellani entrò tutto fremente d'una gioia quasi pazzesca nella
stanza del presepe: tolse via in fretta e furia i re Magi e i cammelli, le
pecorelle e i somarelli, i pastorelli del cacio raviggiolo e dei panieri
d'uova e delle fiscelle di ricotta - personaggi e offerte al buon Gesù,
che il suo demonio non aveva stimato convenienti al Natale d'un anno di
guerra come quello - e al loro posto mise più propriamente, che cosa?
niente, altri giocattoli: soldatini di stagno, ma tanti, ma tanti,
eserciti di soldatini di stagno, d'ogni nazione, francesi e tedeschi,
italiani e austriaci, russi e inglesi, serbi e rumeni, bulgari e turchi,
belgi e americani e ungheresi e montenegrini, tutti coi fucili spianati
contro la grotta di Bethlehem, e poi, e poi tanti cannoncini di piombo,
intere batterie, d'ogni foggia, d'ogni dimensione, puntati anch'essi di sé,
di giù, da ogni parte, tutti contro la grotta di Bethlehem, i quali
avrebbero fatto veramente un nuovo e graziosissimo spettacolo.
Poi si nascose
dietro il presepe.
Lascio immaginare a
voi come rise là dietro, quando, alla fine della messa notturna, vennero
incontro alla meravigliosa sorpresa il nonno Pietro coi nipotini e la
figlia e tutta la folla degli invitati, mentre già l'incenso fumava e i
zampognari davano fiato alle loro ciaramelle.
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