LA SIGNORA FROLA E IL SIGNOR PONZA, SUO GENERO Ma
insomma, ve lo figurate? c'è da ammattire sul serio tutti quanti a non
poter sapere chi tra i due sia il pazzo, se questa signora Frola o questo
signor Ponza, suo genero. Cose che càpitano soltanto a Valdana, città
disgraziata, calamìta di tutti i forestieri eccentrici! Pazza
lei o pazzo lui; non c'è via di mezzo: uno dei due dev'esser pazzo per
forza. Perché si tratta niente meno che di questo... Ma no, è meglio
esporre prima con ordine. Sono,
vi giuro, seriamente costernato dell'angoscia in cui vivono da tre mesi gli
abitanti di Valdana, e poco m'importa della signora Frola e del signor
Ponza, suo genero. Perché, se è vero che una grave sciagura è loro
toccata, non è men vero che uno dei due, almeno, ha avuto la fortuna
d'impazzirne e l'altro l'ha ajutato, séguita ad ajutarlo così che non si
riesce, ripeto, a sapere quale dei due veramente sia pazzo; e certo una
consolazione meglio di questa non se la potevano dare. Ma dico di tenere così,
sotto quest'incubo, un'intera cittadinanza, vi par poco? togliendole ogni
sostegno al giudizio, per modo che non possa più distinguere tra fantasma e
realtà. Un'angoscia, un perpetuo sgomento. Ciascuno si vede davanti, ogni
giorno, quei due; li guarda in faccia; sa che uno dei due è pazzo; li
studia, li squadra, li spia e, niente! non poter scoprire quale dei due;
dove sia il fantasma, dove la realtà. Naturalmente, nasce in ciascuno il
sospetto pernicioso che tanto vale allora la realtà quanto il fantasma, e
che ogni realtà può benissimo essere un fantasma e viceversa. Vi par poco?
Nei panni del signor prefetto, io darei senz'altro, per la salute dell'anima
degli abitanti di Valdana, lo sfratto alla signora Frola e al signor Ponza,
suo genero. Ma
procediamo con ordine. Questo
signor Ponza arrivò a Valdana or sono tre mesi, segretario di prefettura.
Prese alloggio nel casolare nuovo all'uscita del paese, quello che chiamano
"il Favo". Lì. All'ultimo piano, un quartierino. Tre finestre che
danno sulla campagna, alte, tristi (ché la facciata di là, all'aria di
tramontana, su tutti quegli orti pallidi, chi sa perché, benché nuova, s'è
tanto intristita) e tre finestre interne, di qua, sul cortile, ove gira la
ringhiera del ballatojo diviso da tramezzi a grate. Pendono da quella
ringhiera, lassù lassù, tanti panierini pronti a esser calati col cordino
a un bisogno. Nello
stesso tempo, però, con maraviglia di tutti, il signor Ponza fissò nel
centro della città, e propriamente in Via dei Santi n. 15, un altro
quartierino mobigliato di tre camere e cucina. Disse che doveva servire per
la suocera, signora Frola. E difatti questa arrivò cinque o sei giorni
dopo; e il signor Ponza si recò ad accoglierla, lui solo, alla stazione e
la condusse e la lasciò lì, sola. Ora,
via, si capisce che una figliuola, maritandosi, lasci la casa della madre
per andare a convivere col marito, anche in un'altra città; ma che questa
madre poi, non reggendo a star lontana dalla figliuola, lasci il suo paese,
la sua casa, e la segua, e che nella città dove tanto la figliuola quanto
lei sono forestiere vada ad abitare in una casa a parte, questo non si
capisce più facilmente; o si deve ammettere tra suocera e genero una così
forte incompatibilità da rendere proprio impossibile la convivenza, anche
in queste condizioni. Naturalmente
a Valdana dapprima si pensò così. E certo chi scapitò per questo
nell'opinione di tutti fu il signor Ponza. Della signora Frola, se qualcuno
ammise che forse doveva averci anche lei un po' di colpa, o per scarso
compatimento o per qualche caparbietà o intolleranza, tutti considerarono
l'amore materno che la traeva appresso alla figliuola, pur condannata a non
poterle vivere accanto. Gran
parte ebbe in questa considerazione per la signora Frola e nel concetto che
subito del signor Ponza s'impresse nell'animo di tutti, che fosse cioè
duro, anzi crudele, anche l'aspetto dei due, bisogna dirlo. Tozzo, senza
collo, nero come un africano, con folti capelli ispidi su la fronte bassa,
dense e aspre sopracciglia giunte, grossi mustacchi lucidi da questurino, e
negli occhi cupi, fissi, quasi senza bianco, un'intensità violenta,
esasperata, a stento contenuta, non si sa se di doglia tetra o di dispetto
della vista altrui, il signor Ponza non è fatto certamente per conciliarsi
la simpatia o la confidenza. Vecchina gracile, pallida, è invece la signora
Frola, dai lineamenti fini, nobilissimi, e una aria malinconica, ma d'una
malinconia senza peso, vaga e gentile, che non esclude l'affabilità con
tutti. Ora
di questa affabilità, naturalissima in lei, la signora Frola ha dato subito
prova in città, e subito per essa nell'animo di tutti è cresciuta
l'avversione per il signor Ponza; giacché chiaramente è apparsa a ognuno
l'indole di lei, non solo mite, remissiva, tollerante, ma anche piena
d'indulgente compatimento per il male che il genero le fa; e anche perché
s'è venuto a sapere che non basta al signor Ponza relegare in una casa a
parte quella povera madre, ma spinge la crudeltà fino a vietarle anche la
vista della figliuola. Se
non che, non crudeltà, protesta subito nelle sue visite alle signore di
Valdana la signora Frola, ponendo le manine avanti, veramente afflitta che
si possa pensare questo di suo genero. E s'affretta a decantarne tutte le
virtù, a dirne tutto il bene possibile e immaginabile; quale amore, quante
cure, quali attenzioni egli abbia per la figliuola, non solo, ma anche per
lei, sì, sì, anche per lei; premuroso, disinteressato... Ah, non crudele,
no, per carità! C'è solo questo: che vuole tutta, tutta per sé la
mogliettina, il signor Ponza, fino al punto che anche l'amore, che questa
deve avere (e l'ammette, come no?) per la sua mamma, vuole che le arrivi non
direttamente, ma attraverso lui, per mezzo di lui, ecco. Sì, può parere
crudeltà, questa, ma non lo è; è un'altra cosa, un'altra cosa ch'ella, la
signora Frola, intende benissimo e si strugge di non sapere esprimere.
Natura, ecco... ma no, forse una specie di malattia... come dire? Mio Dio,
basta guardarlo negli occhi. Fanno in prima una brutta impressione, forse,
quegli occhi; ma dicono tutto a chi, come lei, sappia leggere in essi: la
pienezza chiusa, dicono, di tutto un mondo d'amore in lui, nel quale la
moglie deve vivere senza mai uscirne minimamente, e nel quale nessun altro,
neppure la madre, deve entrare. Gelosia? Sì, forse; ma a voler definire
volgarmente questa totalità esclusiva d'amore. Egoismo?
Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria donna! Egoismo,
in fondo, sarebbe quello di lei a voler forzare questo mondo chiuso d'amore,
a volervisi introdurre per forza, quand'ella sa che la figliuola è felice,
così adorata... Questo a una madre può bastare! Del resto, non è mica
vero ch'ella non la veda, la sua figliuola. Due o tre volte al giorno la
vede: entra nel cortile della casa; suona il campanello e subito la sua
figliuola s'affaccia di lassù. -
Come stai Tildina? -
Benissimo, mamma. Tu? -
Come Dio vuole, figliuola mia. Giù, giù il panierino! E
nel panierino, sempre due parole di lettera, con le notizie della giornata.
Ecco, le basta questo. Dura ormai da quattr'anni questa vita, e ci s'è
abituata la signora Frola. Rassegnata, sì. E quasi non ne soffre più. Com'è
facile intendere, questa rassegnazione della signora Frola, quest'abitudine
ch'ella dice d'aver fatto al suo martirio, ridondano a carico del signor
Ponza, suo genero, tanto più, quanto più ella col suo lungo discorso si
affanna a scusarlo. Con
vera indignazione perciò, e anche dirò con paura, le signore di Valdana
che hanno ricevuto la prima visita della signora Frola, accolgono il giorno
dopo l'annunzio di un'altra visita inattesa, del signor Ponza, che le prega
di concedergli due soli minuti d'udienza, per una "doverosa
dichiarazione", se non reca loro incomodo. Affocato
in volto, quasi congestionato, con gli occhi più duri e più tetri che mai,
un fazzoletto in mano che stride per la sua bianchezza, insieme coi polsini
e il colletto della camicia, sul nero della carnagione, del pelame e del
vestito, il signor Ponza, asciugandosi di continuo il sudore che gli
sgocciola dalla fronte bassa e dalle gote raschiose e violacee, non già per
il caldo, ma per la violenza evidentissima dello sforzo che fa su se stesso
e per cui anche le grosse mani dalle unghie lunghe gli tremano; in questo e
in quel salotto, davanti a quelle signore che lo mirano quasi atterrite,
domanda prima se la signora Frola, sua suocera, è stata a visita da loro il
giorno avanti; poi, con pena, con sforzo, con agitazione di punto in punto
crescenti, se ella ha parlato loro della figliuola e se ha detto che egli le
vieta assolutamente di vederla e di salire in casa sua. Le
signore, nel vederlo così agitato, com'è facile immaginare, s'affrettano a
rispondergli che la signora Frola, sì, è vero, ha detto loro di quella
proibizione di vedere la figlia, ma anche tutto il bene possibile e
immaginabile di lui, fino a scusarlo, non solo, ma anche a non dargli
nessun'ombra di colpa per quella proibizione stessa. Se
non che, invece di quietarsi, a questa risposta delle signore, il signor
Ponza si agita di più; gli occhi gli diventano più duri, più fissi, più
tetri; le grosse gocce di sudore più spesse; e alla fine, facendo uno
sforzo ancor più violento su se stesso, viene alla sua "dichiarazione
doverosa". La
quale è questa, semplicemente: che la signora Frola, poveretta, non pare,
ma è pazza. Pazza
da quattro anni, sì. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che egli
non voglia farle vedere la figliuola. Quale figliuola? E' morta, è morta da
quattro anni la figliuola: e la signora Frola, appunto per il dolore di
questa morte, è impazzita: per fortuna, impazzita, sì, giacché la pazzia
è stata per lei lo scampo dal suo disperato dolore. Naturalmente non poteva
scamparne, se non così, cioè credendo che non sia vero che la sua
figliuola è morta e che sia lui, invece, suo genero, che non vuole più
fargliela vedere. Per
puro dovere di carità verso un'infelice, egli, il signor Ponza, seconda da
quattro anni, a costo di molti e gravi sacrifici, questa pietosa follia:
tiene, con dispendio superiore alle sue forze, due case: una per sé, una
per lei; e obbliga la sua seconda moglie, che per fortuna caritatevolmente
si presta volentieri, a secondare anche lei questa follia. Ma carità,
dovere, ecco, fino a un certo punto: anche per la sua qualità di pubblico
funzionario, il signor Ponza non può permettere che si creda di lui, in
città, questa cosa crudele e inverosimile: ch'egli cioè, per gelosia o per
altro, vieti a una povera madre di vedere la propria figliuola. Dichiarato
questo, il signor Ponza s'inchina innanzi allo sbalordimento delle signore,
e va via. Ma questo sbalordimento delle signore non ha neppure il tempo di
scemare un po', che rieccoti la signora Frola con la sua aria dolce di vaga
malinconia a domandare scusa se, per causa sua, le buone signore si sono
prese qualche spavento per la visita del signor Ponza, suo genero. E
la signora Frola, con la maggior semplicità e naturalezza del mondo,
dichiara a sua volta, ma in gran confidenza, per carità! poiché il signor
Ponza è un pubblico funzionario, e appunto per questo ella la prima volta
s'è astenuta dal dirlo, ma sì, perché questo potrebbe seriamente
pregiudicarlo nella carriera; il signor Ponza, poveretto - ottimo, ottimo
inappuntabile segretario alla prefettura, compìto, preciso in tutti i suoi
atti, in tutti i suoi pensieri, pieno di tante buone qualità - il signor
Ponza, poveretto, su quest'unico punto non... non ragiona più, ecco; il
pazzo è lui, poveretto; e la sua pazzia consiste appunto in questo: nel
credere che sua moglie sia morta da quattro anni e nell'andar dicendo che la
pazza è lei, la signora Frola che crede ancora viva la figliuola. No, non
lo fa per contestare in certo qual modo innanzi agli altri quella sua
gelosia quasi maniaca e quella crudele proibizione a lei di vedere la
figliuola, no; crede, crede sul serio il poveretto che sua moglie sia morta
e che questa che ha con sé sia una seconda moglie. Caso pietosissimo! Perché
veramente col suo troppo amore quest'uomo rischiò in prima di distruggere,
d'uccidere la giovane moglietta delicatina, tanto che si dovette
sottrargliela di nascosto e chiuderla a insaputa di lui in una casa di
salute. Ebbene, il povero uomo, a cui già per quella frenesia d'amore s'era
anche gravemente alterato il cervello, ne impazzì; credette che la moglie
fosse morta davvero: e questa idea gli si fissò talmente nel cervello, che
non ci fu più verso di levargliela, neppure quando, ritornata dopo circa un
anno florida come prima, la moglietta gli fu ripresentata. La credette
un'altra; tanto che si dovette con l'ajuto di tutti, parenti e amici,
simulare un secondo matrimonio, che gli ha ridato pienamente l'equilibrio
delle facoltà mentali. Ora
la signora Frola crede d'aver qualche ragione di sospettare che da un pezzo
suo genero sia del tutto rientrato in sé e ch'egli finga, finga soltanto di
credere che sua moglie sia una seconda moglie, per tenersela così tutta per
sé, senza contatto con nessuno, perché forse tuttavia di tanto in tanto
gli balena la paura che di nuovo gli possa esser sottratta nascostamente. Ma
sì. Come spiegare, se no, tutte le cure, le premure che ha per lei, sua
suocera, se veramente egli crede che è una seconda moglie quella che ha con
sé? Non dovrebbe sentire l'obbligo di tanti riguardi per una che, di fatto,
non sarebbe più sua suocera, è vero? Questo, si badi, la signora Frola lo
dice, non per dimostrare ancor meglio che il pazzo è lui; ma per provare
anche a se stessa che il suo sospetto è fondato. -
E intanto, - conclude con un sospiro che su le labbra le s'atteggia in un
dolce mestissimo sorriso, - intanto la povera figliuola mia deve fingere di
non esser lei, ma un'altra, e anch'io sono obbligata a fingermi pazza
credendo che la mia figliuola sia ancora viva. Mi costa poco, grazie a Dio,
perché è là, la mia figliuola, sana e piena di vita; la vedo, le parlo;
ma sono condannata a non poter convivere con lei, e anche a vederla e a
parlarle da lontano, perché egli possa credere, o fingere di credere che la
mia figliuola, Dio liberi, è morta e che questa che ha con sé è una
seconda moglie. Ma torno a dire, che importa se con questo siamo riusciti a
ridare la pace a tutti e due? So che la mia figliuola è adorata, contenta;
la vedo; le parlo; e mi rassegno per amore di lei e di lui a vivere così e
a passare anche per pazza, signora mia, pazienza... Dico,
non vi sembra che a Valdana ci sia proprio da restare a bocca aperta, a
guardarci tutti negli occhi, come insensati? A chi credere dei due? Chi è
il pazzo? Dov'è la realtà? dove il fantasma? Lo
potrebbe dire la moglie del signor Ponza. Ma non c'è da fidarsi se, davanti
a lui, costei dice d'esser seconda moglie; come non c'è da fidarsi se,
davanti alla signora Frola, conferma d'esserne la figliuola. Si dovrebbe
prenderla a parte e farle dire a quattr'occhi la verità. Non è possibile.
Il signor Ponza - sia o no lui il pazzo - è realmente gelosissimo e non
lascia vedere la moglie a nessuno. La tiene lassù, come in prigione, sotto
chiave; e questo fatto è senza dubbio in favore della signora Frola; ma il
signor Ponza dice che è costretto a far così, e che sua moglie stessa anzi
glielo impone, per paura che la signora Frola non le entri in casa
all'improvviso. Può essere una scusa. Sta anche di fatto che il signor
Ponza non tiene neanche una serva in casa. Dice che lo fa per risparmio,
obbligato com'è a pagar l'affitto di due case; e si sobbarca intanto a
farsi da sé la spesa giornaliera, e la moglie, che a suo dire non è la
figlia della signora Frola, si sobbarca anche lei per pietà di questa, cioè
d'una povera vecchia che fu suocera di suo marito, a badare a tutte le
faccende di casa, anche alle più umili, privandosi dell'ajuto di una serva.
Sembra a tutti un po' troppo. Ma è anche vero che questo stato di cose, se
non con la pietà, può spiegarsi con la gelosia di lui. Intanto,
il signor Prefetto di Valdana s'è contentato della dichiarazione del signor
Ponza. Ma certo l'aspetto e in gran parte la condotta di costui non
depongono in suo favore, almeno per le signore di Valdana più propense
tutte quante a prestar fede alla signora Frola. Questa, difatti, viene
premurosa a mostrar loro le letterine affettuose che le cala giù col
panierino la figliuola, e anche tant'altri privati documenti, a cui però il
signor Ponza toglie ogni credito, dicendo che le sono stati rilasciati per
confortare il pietoso inganno. Certo
è questo, a ogni modo: che dimostrano tutt'e due, l'uno per l'altra, un
meraviglioso spirito di sacrifizio, commoventissimo; e che ciascuno ha per
la presunta pazzia dell'altro la considerazione più squisitamente pietosa.
Ragionano tutt'e due a meraviglia; tanto che a Valdana non sarebbe mai
venuto in mente a nessuno di dire che l'uno dei due era pazzo, se non
l'avessero detto loro: il signor Ponza della signora Frola, e la signora
Frola del signor Ponza. La
signora Frola va spesso a trovare il genero alla prefettura per aver da lui
qualche consiglio, o lo aspetta all'uscita per farsi accompagnare in qualche
compera: e spessissimo, dal canto suo, nelle ore libere e ogni sera il
signor Ponza va a trovare la signora Frola nel quartierino mobigliato; e
ogni qual volta per caso l'uno s'imbatte nell'altra per via, subito con la
massima cordialità si mettono insieme; egli le dà la destra e, se stanca,
le porge il braccio, e vanno così, insieme, tra il dispetto aggrondato e lo
stupore e la costernazione della gente che li studia, li squadra, li spia e,
niente!, non riesce ancora in nessun modo a comprendere quale sia il pazzo
dei due, dove sia il fantasma, dove la realtà. |