MATEMATICA E FILOSOFIA,
IL LINGUAGGIO COME CALCOLO E ARGOMENTAZIONE
Di Antonietta Pistone
L’attività cognitiva umana ha sede nell’encefalo, organo del sistema nervoso centrale, chiamato cervello. Esso è diviso in due emisferi: sinistro e destro. L’emisfero sinistro ha capacità digitali e sintetiche, e si associa generalmente alle abilità di tipo linguistico. L’emisfero destro è analogico e analitico, ed è preposto a tutte le attività motorie e spaziali. Anche gli apprendimenti sono situati nei due emisferi cerebrali: a quello sinistro afferiscono le conoscenze umanistiche, a quello destro le capacità matematiche, artistiche e di movimento. Motivo per cui una lesione ad uno dei due emisferi può causare difficoltà di linguaggio o paralisi degli organi. L’emisfero destro comanda il lato sinistro del corpo; l’emisfero sinistro, il lato destro.
Ogni individuo è differente dai suoi simili, in tutto e per tutto unico al mondo. A ciascuno si riconoscono capacità e doti innate, meglio note in pedagogia come differenze individuali. L’intelligenza è difatti, una facoltà complessa, derivante dalla commistione degli elementi biologici e innati con conoscenze apprese attraverso l’esperienza, e fortemente condizionate dal tipo di educazione ricevuta. Ci sono psicologi che ritengono l’intelligenza una facoltà prevalentemente innata, dovuta a fattori genetici, trasmessi in eredità dai genitori ai figli, all’atto del concepimento. E pedagogisti che si fanno chiamare innatismi, e seguono le orme di Platone, che sosteneva determinanti le differenze individuali. Per questa idea di educazione, l’istruzione e la formazione possono esclusivamente sviluppare predisposizioni innate, senza intervenire in alcun modo a modificare lo stile cognitivo individuale. Al contrario, ci sono educatori che ritengono fondamentale il peso dell’ambiente. Tali pedagogisti si dicono culturalisti, perché attribuiscono grande importanza al significato delle conoscenze apprese che possono, secondo loro, modificare significativamente le predisposizioni innate, indirizzandole ed orientandole. Un filosofo dell’antichità classica che interpreta l’agire educativo come un fatto eminentemente sociale e culturale è Aristotele che si connota per la sua presa di posizione nei confronti degli innatisti come Platone, e interpreta l’educazione come una costruzione di abilità pratiche e di capacità utili e strumentali a vivere meglio per raggiungere la felicità.
Che si parli di innatismo o di culturalismo, l’educazione è un fatto complesso che investe l’uomo nella sua globalità di anima e corpo. Sembra, perciò, equilibrato un atteggiamento pedagogico che, considerando la formazione nella sua dimensione olistica, rivaluti entrambe le posizioni, nel rispetto delle caratteristiche psicologiche dell’intelligenza umana, nei suoi fattori innati come in quelli appresi. Ad ogni modo ciascun individuo ha delle attitudini, che diventano interessi e motivazioni all’apprendimento. E tali bisogni culturali delineano la differenza tra stili cognitivi e predisposizioni personali. Tutti gli alunni si riconoscono in alcune determinate abilità piuttosto che altre, e operano una distinzione tra discipline scolastiche per le quali si sentono più o meno portati. Comunemente si dice che un soggetto è meno bravo in matematica e più preparato nelle discipline umanistiche. La conoscenza delle abilità dei due emisferi cerebrali, fa propendere per una soluzione biologica del problema delle motivazioni espresse dagli allievi. Si dice, infatti, che i più capaci in matematica avranno verosimilmente l’emisfero destro più sviluppato rispetto all’emisfero sinistro, e viceversa. Ma è anche provato, secondo il metodo di Galton, che l’ambiente familiare ha un potere formativo che può davvero contribuire a selezionare le motivazioni intrinseche più rivelanti dei soggetti in crescita. Tipico è il caso dei bambini adottati che sviluppano un più alto quoziente intellettivo rispetto ai bambini deprivati culturalmente, che restano in condizione di abbandono nelle case famiglia o negli orfanotrofi. Se si ritiene fondamentale, nel processo di formazione dei soggetti in fase di sviluppo, la rilevanza dell’educazione impartita, acquista un senso parlare di orientamento in itinere. E il docente è responsabile, al pari della famiglia, nell’opera di costruzione della personalità dei propri allievi.
La matematica è spesso sentita come disciplina ostica e distante dalle reali esigenze quotidiane dei giovani adolescenti, che non capiscono perché mai devono trascorrere ore ed ore a svolgere problemi complessi e calcoli aritmetici. Probabilmente si tratta di far comprendere ai discenti che l’aritmetica non è un freddo calcolare privo di significato. Così come non lo sarà l’algebra. Ciò che bisognerebbe inculcare nei ragazzi è il valore intrinseco di alcune discipline. Facendo loro presente che il latino, il greco e la matematica aiutano la mente a sviluppare strategie di calcolo e di ragionamento, che si riveleranno utili anche in epoche successive. In ogni caso, la matematica è un universo di simboli, per comprendere il quale è necessario spiegare agli allievi cosa significa ragionare, e come noi tutti ragioniamo. Lo psicologo russo Lev Vygotskij spiega che nel bambino la parola nasce dal pensiero, e viceversa. La capacità di pensare si forma sin dalla prima infanzia, essendo il neonato immerso nell’universo dei suoni pronunciati dai genitori. Pian piano il bambino impara ad associare quei suoni agli oggetti e comincia a parlare. Ma, a sua volta, il parlare arricchisce costantemente la sua capacità di prodursi attraverso un pensiero sempre più ricco, che successivamente genera un linguaggio maggiormente articolato. Negli adulti, una lesione cerebrale all’emisfero sinistro paralizza la funzione verbale, sia per l’incapacità a produrre un pensiero coerente (nel caso dell’afasia motoria di Broca), sia per l’impossibilità di decodificare il linguaggio (come nell’afasia sensoriale di Wernicke). Ciò prova ulteriormente che la sede funzionale ed organica del linguaggio è situata nell’emisfero sinistro. Ma al contempo rivela il valore convenzionale della lingua utilizzata, i cui numerosi ceppi di derivazione e di deformazione dialettale costituiscono una testimonianza della ricchezza espressiva dell’umanità.
La Psicologia cognitiva di Piaget, meglio nota come Epistemologia genetica, interpreta lo sviluppo cognitivo dell’età evolutiva come un passaggio da uno stadio mentale all’altro. In una prima fase il bambino assimila l’ambiente e tutto quanto lo circonda, e successivamente adatta le nozioni apprese al suo vecchio schema cognitivo, modificandolo. Ciò gli permette di transitare da un livello di sviluppo a quello superiore, sia facendo leva sulle sue potenzialità innate, rappresentate dalle abilità cognitive che appartengono, per ciascuna fascia di età evolutiva mentale considerata, ad uno stadio ben preciso, sia rapportando le conquiste dello stadio presente all’ambiente circostante, per salire di livello nelle abilità e nelle competenze apprese. Gli stati evolutivi riconosciuti da Piaget sono quattro, e corrispondono ai periodi: sensomotorio (da zero a due anni); preoperatorio (da due a sette anni); delle operazioni concrete (da sette a undici anni); delle operazioni formali (da undici anni in poi). Durante il periodo sensomotorio il bambino impara ad esplorare lo spazio circostante attraverso il movimento. La madre, inizialmente non distinta dal proprio sé, comincia ad essere percepita come un’altra persona, dotata di autonomia, ed intorno ai sei sette mesi il bambino soffre di crisi di abbandono ogni volta che la mamma si allontana da lui, perché teme di non poterla mai più rivedere, e di perderla definitivamente. Nel periodo preoperatorio nasce il pensiero egocentrico, ed il fanciullo, sebbene si intrattenga con altri bambini a giocare, non è capace di interagire realmente con loro. Spesso si osservano bambini che giocano gli uni accanto agli altri, ma ciascuno per proprio conto, e litigano spesso per il possesso dei giocattoli. In questa fase i bambini pensano che la realtà sia viva. Il loro animismo gli consente di comunicare in maniera simbiotica con tutta la realtà. Nel periodo delle operazioni concrete il bambino impara a contare e a svolgere le quattro operazioni matematiche, ma manca, al suo pensiero, la reversibilità, cioè la capacità di svolgere un’operazione astratta o un’azione pratica e di poter tornare indietro. Tipica di questa fase è la difficoltà di orientamento nei percorsi dello spazio pubblico. Spesso il bambino che ha camminato lungo una strada non saprebbe come fare per tornare indietro ripercorrendola al contrario. Inoltre, le operazioni matematiche che il bambino è in grado di svolgere sono possibili solo attraverso la presenza concreta degli oggetti (caramelle, macchinine) che vengono utilizzati per semplici problemi di logica. Durante il periodo delle operazioni astratte o formali propriamente dette, il pensiero è in grado di ragionare sugli oggetti della realtà anche in loro assenza, ed il linguaggio ha ormai sviluppato capacità logiche e simboliche che gli consentono di sostituirsi in tutto e per tutto alla presenza fisica e materiale delle cose. La parola si rappresenta il mondo e lo governa nell’articolazione del pensiero e nella formulazione del linguaggio. Si comprende bene come la concezione della mente che ha Piaget sia di tipo sistematico. La mente è un costrutto in cui interagiscono tra di loro conoscenze e abilità che, evolvendosi, garantiscono il passaggio a strutture più ampie e superiori. Si sa, d’altra parte, che ogni nuova conoscenza produce nuove sintesi proteiche, sviluppando altri collegamenti sinaptici, che accrescono la massa cerebrale. Gli apprendimenti fungono da vero e proprio nutrimento per il cervello dell’uomo. E migliorano la qualità della vita nel suo complesso. I sostenitori di questa idea psicologica che dà ragione a Piaget, si dicono Costruttivisti. Per costoro non esiste conoscenza che sia indipendente dal soggetto che la apprende, né dall’ambiente nella quale essa stessa viene prodotta. Il costruttivismo sociale è perciò simile al costruttivismo operatorio di Piaget, quando parla di assimilazione degli schemi precedenti e di adattamento a quelli dello sviluppo successivo. La pedagogia cognitivista ha un approccio computazionale alle conoscenze, perché pensa alla mente come ad un calcolatore che elabori informazioni attraverso calcoli matematici.
Che ci sia una relazione profonda tra cervello umano e sistema computerizzato di elaborazione delle informazioni, ce lo insegna proprio la filosofia di Aristotele che, attraverso la logica classica e la dimostrazione dei tre principi di identità (A è A), non contraddizione (A non è ┐A) e terzo escluso (A o è A o è ┐A), prova come si possano dare solo due valori di verità, corrispondenti al vero e al falso. Le leggi classiche, che ad Aristotele tornano utili per procedere nelle regolamentazioni sillogistiche, rimandano alla logica binaria a due valori di verità di Boole (V,F). Il procedere del calcolo computazionale segue il ragionamento sequenziale e ad ogni grafo si dirama in una scelta a due opzioni, che rappresentano i valori uno-vero (1=V), zero-falso (0=F). La logica computerizzata non tiene conto del terzo valore di verità, proprio come la logica classica di Aristotele. Il “possibile”, di cui parlano gli Stoici nella logica proposizionale, non è contemplato nei sillogismi aristotelici, perché ammettere la possibilità del terzo escluso farebbe “impazzire” il sistema logico aristotelico che, sulla scia di Parmenide, non concepisce l’esistenza contemporanea della contraddizione, espressione manifesta della complessità del reale in trasformazione e del cambiamento continuo, come voleva invece Eraclito. Così come non è presente nei grafi dei calcolatori elettronici. Ciò genererebbe un loop, un giro a vuoto e senza ritorno per il calcolatore che non è un essere intelligente. La differenza fondamentale tra la mente e il calcolatore elettronico è proprio nella capacità tutta umana di poter apprendere dalle esperienze, e nella parallela stupidità delle macchine che sono semplici circuiti elettronici di esecuzione di programmi sempre uguali e ripetuti. La macchina non può interagire con l’ambiente, di conseguenza non fa esperienza e non impara nulla. Rilevante finisce per essere il valore interpretativo che acquisiscono, in questa luce, tutte le matematiche. Non ha senso parlare, oggi, di Filosofia e di Verità, perché non esiste una sola filosofia, né è possibile pensare ancora ad una sola verità, ché questa sarebbe una affermazione dogmatica. Allo stesso modo non è pensabile che esista un unico modello matematico di interpretazione, valido per tutta la realtà. E anzi, proprio la consapevolezza di avere a che fare con “interpretazioni e modelli” della realtà, anche quando si parla di scienze matematiche, pregiudizialmente intese come esatte, porta a credere che vi siano più matematiche e diversi paradigmi di verità.
Albert Einstein, proverbialmente inetto nella matematica scolastica, ha provato con la sua teoria della relatività come spazio, tempo e velocità siano dimensioni mutevoli, a seconda del loro campo di applicazione, dimostrando che il concetto di relativo è applicabile anche alle scienze così dette esatte. La matematica è, pertanto, modello di interpretazione della realtà e della storia dell’uomo, mutevole ed in perenne divenire. Il concetto di numero è il primo postulato che ha visto sviluppare il possente edificio delle matematiche.
La conquista del concetto di numero è un tributo che dobbiamo rendere al suo scopritore Pitagora, filosofo che lesse il mondo della natura in caratteri geometrici, anticipando di molti secoli Galileo Galilei. Egli interpretò il numero come grandezza geometrica, rappresentabile graficamente attraverso punti dello spazio. Il numero di Pitagora è, così, il risultato di un disegno puntiforme che se lo rappresenta e che, allo stesso modo, genera, attraverso il tetraktis (triangolo equilatero puntiforme) il primo sistema decimale della storia geometricamente raffigurato. Il numero diviene poi proprietà oggettiva del reale con Platone e la sua filosofia dualistica del mondo Iperuranio; mentre si fa realtà soggettiva con Aristotele che lo interpreta come espressione simbolica. Il numero, difatti, è in matematica l’equivalente della parola per il linguaggio. E la parola ha funzione ieratica e consente un distacco formale dalle cose di cui si parla. Ugualmente il numero rende possibile operare funzioni complesse attraverso le quattro operazioni aritmetiche. Il pensiero formale e reversibile è il presupposto cognitivo che rende possibile l’uso astratto dei simboli logico matematici e del linguaggio sofisticato dell’adulto. Trattasi comunque di codici digitali tipici della comunicazione verbale, non equivoci come gli atteggiamenti e i comportamenti della comunicazione non verbale.
Personalmente, nella programmazione dei corsi di Filosofia, seguo sempre un curricolo di tipo logico scientifico e matematico, nella consapevolezza che l’esercizio della riflessione speculativa possa essere di aiuto allo sviluppo delle capacità critiche ed argomentative dei miei allievi. Nella concezione comune l’abilità matematica viene sentita come fredda ed asettica razionalità, povera di contenuti emotivi e di creatività. Effettivamente, le cose stanno in un altro modo. E le più grandi e rivoluzionarie scoperte scientifiche hanno avuto origine da eccezionali intuiti creativi. A volte persino da personalità border line, o da schizofrenici, come nel caso del matematico protagonista del film “A beautiful mind”, che attraverso la sua patologia dimostra di possedere una mente assai divergente che gli consente il successo e la carriera scientifica.
Secondo quanto sostiene Gardner, nel suo “Saggio sulla pluralità dell’intelligenza” del 1983, non si può più parlare di intelligenza, ma bisogna parlare di intelligenze. Essendo l’intelligenza una facoltà non univoca e semplice, ma l’insieme di più abilità e capacità della mente, quali il pensiero creativo, la divergenza, la memoria, la capacità attentiva, la concentrazione, l’originalità, la soluzione dei problemi, la fantasia. Compito del docente motivato è osservare gli stili cognitivi dei propri allievi per poter personalizzare l’intervento educativo, ed individualizzare l’insegnamento, anche attraverso il richiamo costante ai potenziali evocati di tipo visivo ed uditivo. La didattica associata è quella costruttivistica, che esprime un richiamo alla concezione pedagogica pragmatica dell’americano Dewey, il quale concepisce l’apprendimento significativo come costruzione di senso ed interiorizzazione dei comportamenti acquisiti. In un contesto di valorizzazione delle nuove conoscenze, che devono diventare sapere, saper fare e saper essere. Una modalità pratica di apprendimento, utilizzata anche per proporre esercitazioni sulle nuove abilità, è la didattica modulare realizzata attraverso la programmazione per obiettivi e lezioni svolte con l’ausilio di mappe concettuali, proposte come slides computerizzate, o sul web, su lucidi proiettati con lavagne luminose, o semplicemente scritte alla lavagna. L’esercitazione degli allievi contemplerà la produzione di mappe concettuali, con o senza parole chiave fornite dall’insegnante, ed il successivo sviluppo di argomentazioni verbali o di dissertazioni scritte sui temi logici fondamentali affrontati durante l’anno scolastico.
Antonietta Pistone
Docente di storia e filosofia
BIBLIOGRAFIA
1. Cultura pedagogica, Avalle, Maranzana; Paravia 2000
2. Itinerari pedagogici, Renzo Tassi; Zanichelli 2002; I, II, III volume
3. Questioni di storiografia filosofica, Vittorio Mathieu; La Scuola, Lucerini 1978
4. Psicologia, Ferrarsi , Oliverio; Zanichelli 2002
5. La ricerca socio-psico-pedagogica, Bianchi, Di Giovanni; Paravia 2000
6. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Gardner 1983
7. Itinerari di filosofia, Abbagnano, Fornero; Paravia 2002; I, II, III volume
8. La comunicazione filosofica, Massaro, Paravia 2002; I, II, III
SITOGRAFIA
- Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche http://www.emsf.rai.it/gadamer/index.htm
- Psicologia http://guide.supereva.com/psicologiaepsichiatria/interventi/2003/11/144700.shtml
- Il giardino dei pensieri http://www.ilgiardinodeipensieri.com/
- Il costruttivismo e la didattica http://www.costruttivismoedidattica.it/didattica/didatticapresentazione.htm