KARL POPPER

A cura di

AFORISMI

FILOSOFIA FILOSOFI FISICI FUTURO ARTE COMPUTER EPISTEMOLOGIA ESPERIENZA EVOLUZIONE/SELEZIONE NATURALE IDEE INTELLETTUALI/INTELLETTUALISMO LIBERTA' LIBRI LINGUAGGIO MARX/MARXISMO MEDICINA MITI CREDENZE PREGIUDIZI TABU' MODA MONDO MORALE/ETICA OTTIMISMO/PESSIMISMO PACE/GUERRA PARADOSSI PEDAGOGIA PEDAGOGIA DELL'ERRORE POLITICA DEMOCRAZIA ISTITUZIONI LIBERO MERCATO POTERE RAZIONALISMO CRITICO RELIGIONE SCIENZA/CONOSCENZA IGNORANZA OSSERVAZIONE SCOPERTE SCIENTIFICHE SOCIETA' SOCIETA' APERTA TEORIA SOCIALE DELLA COSPIRAZIONE STATO NAZIONALISMO STORIA STORICISMO EFFETTO DI EDIPO TELEVISIONE TRADIZIONE UOMO ANIMALI GENERAZIONI INDIVIDUALISMO VERITA' VIOLENZA ARGOMENTI VARI

FILOSOFIA

Lo sappiano o no, tutti gli uomini hanno una filosofia. Certo, può ben darsi che nessuna delle nostre filosofie valga un gran che, ma la loro influenza sui nostri pensieri e sulle nostre azioni è grande e spesso incalcolabile.

Io credo che tutti gli uomini siano filosofi, anche se alcuni lo sono più di altri.

Tutti gli uomini sono filosofi, perché in un modo o nell’altro assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte.

Una delle cose che possono capitare ad un filosofo e che questi può annoverare fra le sue più alte conquiste, è di scorgere un enigma, un problema, o un paradosso, non precedentemente rivelato da alcun altro.

La scoperta di un problema filosofico può essere, in qualche modo, definitiva, la si compie una volta e per sempre, ma la sua soluzione non è mai definitiva.

Ritengo che un filosofo dovrebbe innanzitutto filosofare: dovrebbe, cioè, cercare di risolvere problemi filosofici, piuttosto che parlare della filosofia.

Il potere politico delle idee filosofiche...è un fatto che potrebbe davvero scoraggiarci e persino terrorizzarci. Se sostenessimo che quasi tutte le nostre guerre sono...guerre di religione...o persecuzioni ideologico-religiose, non sbaglieremmo. Ma non dobbiamo essere eccessivamente pessimisti. Fortunatamente, sono state proposte anche idee filosofiche buone, umane e sagge.

Sostengo che, in alcune delle più ambiziose scienze sociali e filosofiche...il trucco tradizionale...diventato in buona misura l’inconsapevole ed indiscussa norma, consiste nell’esporre banalità estreme, in un linguaggio altisonante.

L’emergenza della filosofia può essere interpretata come una risposta alla dissoluzione della società chiusa e delle sue credenze magiche...è il tentativo di sostituire una fede razionale, alla fede magica; modifica la tradizione di tramandare una teoria o un mito, fondando...la tradizione di contestare le teorie ed i miti e di discuterli criticamente.

I filosofi hanno mantenuto attorno a sé stessi...una certa aura di magia. La filosofia è considerata come qualcosa di strano e di assurdo, che si occupa di quei misteri di cui si occupa la religione, ma non in modo tale da poter essere "rivelata ai bambini" o alla gente comune.

Io mi spazientisco troppo spesso quando leggo scritti filosofici. Sono dispostissimo ad ammettere che, molto di quanto vi è scritto, non è certo molto meglio di un vuoto balbettio: è un filosofare senza genuini problemi.

La storia dell’antica filosofia greca, specialmente da Talete a Platone, è uno splendido racconto, fin troppo bello per essere vero. In ogni generazione troviamo almeno una nuova filosofia, una nuova cosmologia di sorprendente originalità e profondità.

Non provo orgoglio alcuno di essere chiamato filosofo...(perché) nella lunga storia della filosofia, ci sono più discussioni filosofiche di cui provo vergogna, di quante non siano le trattazioni delle quali possa andare fiero.

Il filosofo...non affronta una struttura organizzata, ma piuttosto qualcosa che ha l’aspetto di un cumulo di macerie (sotto le quali è forse sepolto qualche tesoro).

Come filosofi non possiamo fare niente di meglio che applicare la critica razionale ai problemi che abbiamo di fronte e alle soluzioni avanzate dalle diverse parti.

Alcuni filosofi hanno fatto una virtù del parlare con sé stessi, forse perché si sono convinti che non ci fosse nessuno con cui parlare. Non c’è dubbio che Iddio parli quasi esclusivamente con sé stesso, ma i filosofi dovrebbero sapere che non sono più simili a Dio di quanto non lo siano gli altri uomini.

Basta che la cerchiamo, in una teoria filosofica che deve essere buttata via perché falsa, possiamo spesso trovare un’idea vera, degna di essere conservata.

I grandi filosofi non erano impegnati in una impresa estetica. Non cercavano di essere architetti di un brillante sistema: erano ricercatori di verità, di vere soluzioni di problemi genuini, al pari dei grandi scienziati.

Non sono un materialista, ma ammiro i filosofi materialisti, in particolare i grandi atomisti, Democrito, Epicuro e Lucrezio. Essi furono i grandi illuministi dell’antichità, gli antagonisti della fede nei demoni, i liberatori dell’umanità. Ma il materialismo ha superato sé stesso.

La filosofia, che per venti secoli si è preoccupata del significato dei suoi termini, è, non soltanto piena di verbalismo, ma anche terribilmente vaga e ambigua, mentre una scienza come la fisica, che non si preoccupa tanto dei termini, quanto piuttosto dei fatti, ha conseguito una grande precisione.

Quando uno studente arriva all’Università, non sa quale metro debba applicare, perciò assume il criterio che trova bell’è e pronto. Poiché i criteri intellettuali...autorizzano...la ridondanza e il presunto sapere, anche le teste valide vengono completamente confuse. E gli studenti, irritati dalle false pretensioni della filosofia "dominante", divengono, a ragione, avversari della filosofia.

Non importa quali metodi un filosofo possa usare, purché abbia un problema interessante e tenti sinceramente di risolverlo.

Come chiunque altro, i filosofi sono liberi di usare qualsiasi metodo per la ricerca della verità. Non esiste un metodo peculiare alla filosofia.

La negazione del realismo porta alla megalomania, la più diffusa malattia professionale del filosofo di professione.

La più grande malattia filosofica del nostro tempo è costituita dal relativismo intellettuale e dal relativismo morale, il secondo dei quali trova, almeno in parte, nel primo il proprio fondamento.

Rifiuto...il dogma che la metafisica debba essere priva di significato...alcune teorie come l’atomismo furono a lungo non controllabili ed inconfutabili e, fino a quel momento metafisiche. Ma, in seguito, divennero parte della scienza fisica.

È un fatto che idee puramente...filosofiche, hanno avuto una grandissima importanza per la cosmologia. Da Talete ad Einstein, dall’atomismo antico alle speculazioni di Descartes, dalle speculazioni di Gilbert, Newton, Leibniz e Boscovic sulle forze, a quelle di Faraday e Einstein sui campi di forze, sono state le idee metafisiche a indicare la strada.

Ritengo di aver confutato l’empirismo classico, la teoria che considera la mente come un secchio e che sostiene che raggiungiamo la conoscenza, aprendo semplicemente gli occhi e lasciando fluire la corrente dei dati, forniti dai sensi o da Dio, in un cervello che provvederà poi a digerirli.

L’empirismo cerca di descrivere la mente...come una tabula rasa, come una lavagna ben pulita o una lastra fotografica non esposta, da incidere con osservazioni. Questa teoria...vede la mente come un secchio ed i sensi come imbuti, attraverso i quali il secchio può venire riempito. Questa tesi è radicalmente errata.

Se i nostri sensi avessero intellettualmente un’importanza così cruciale...allora la mancanza di questi sensi produrrebbe la più grave insufficienza intellettuale. Ma, come dimostra il grande esempio di Helen Keller, non produce niente del genere.

Quanto ai nichilisti ed agli esistenzialisti, che hanno a noia sé stessi (e forse anche gli altri), posso soltanto averne compassione. Devono essere ciechi e sordi, giacché parlano come un cieco dei colori del Perugino, o come un sordo della musica di Mozart.

Non c’è alcun motivo per cui, alcuni intellettuali non debbano, alla fine, riuscire a diffondere la buona novella che il chiasso nichilista era semplicemente molto chiasso per nulla.

Colui che io reputo il miglior conoscitore...di Anassagora, il Professor Felix M. Cleve, è viennese e dovette fuggire a New York, nell’anno 1940, come Anassagora nell’anno 492 prima della nascita di Cristo. Come Anassagora fu spesso attaccato, ma di solito soltanto da altri studiosi. Ma non fu mai espulso da New York.

L’aristotelismo e le filosofie ad esso collegate, ci hanno ripetuto per così lungo tempo, quanto sia importante ottenere una conoscenza precisa del significato dei nostri termini, che siamo tutti inclini a crederci. E continuiamo ad aggrapparci a questa credenza.

 

 

FILOSOFI

Aristotele

Noi uomini siamo animali e gli animali non possono avere nessun sapere certo. Questo lo sapevano già i Greci (che dissero): "Gli dèi hanno un sapere certo, epistème; gli uomini hanno solo opinioni, dòxa". Fu Aristotele a rovinare questa giusta concezione (affermando) che pure noi abbiamo epistème...e, per conseguire tale sapere dimostrabile, egli ha inventato l’induzione. Ma siccome, sulla questione non si sentiva affatto tranquillo, ne ha dato la colpa a

Socrate.

Nell’ottimismo consiste l’unica, importante rettifica introdotta da Aristotele, nella sua sistematizzazione del platonismo.

Scolasticismo, misticismo e sfiducia nella ragione: ecco gli inevitabili risultati dell’essenzialismo...di Aristotele. L’aperta rivolta di Platone contro la libertà diventa, con Aristotele, una rivolta segreta contro la ragione.

Bacone

Quando Bacone cercava di rendere attraente la scienza, sostenendo che la conoscenza è potere...rasentava l’arroganza. Non che avesse una grande conoscenza o molto potere, ma aspirava alla prima, perché voleva il secondo, o almeno questa è l’impressione che dava.

Francesco Bacone si prendeva beffe di coloro che negavano la verità evidentissima che il sole e le stelle rotavano intorno alla terra, che era naturalmente immobile.

Non è affatto valida l’immagine della scienza che di continuo raccoglie osservazioni e da esse, per dirla con Bacone, spreme come dall’uva il vino. L’uva, i chicchi sono...le osservazioni e (quando) questi chicchi vengono pigiati, ecco venir fuori il vino, cioè...la teoria. Questa immagine della scienza è radicalmente falsa.

"Sapere è potere", diceva Bacone. La sua pericolosa idea dell’uomo che ottiene il potere sulla natura...è stata una di quelle idee, grazie alle quali, la religione della scienza ha trasformato il nostro mondo.

Datemi un paio d’anni liberi da altre incombenze, suggerì incautamente Bacone...e porterò a termine...il compito di copiare l’intero libro della Natura e di scrivere la nuova scienza. Sfortunatamente, Bacone non ottenne la borsa di studio che stava cercando. Le grandi fondazioni non esistevano ancora e la conseguenza fu che, triste a dirsi, la scienza della natura è ancora incompleta.

BaconeBerkeley credettero che la terra ruotasse, mentre oggi lo credono tutti, compresi i fisici.

Bacone e Descartes posero l’osservazione e la ragione come nuove autorità...ma, così facendo, spaccarono l’uomo in due parti: una parte superiore, che ha l’autorità rispetto alla verità, l’osservazione di Bacone, l’intelletto di Descartes ed una inferiore (che) costituisce il nostro io originario, il vecchio Adamo che è in noi.

Eraclito

Nella filosofia di Eraclito si manifesta una delle meno lodevoli caratteristiche dello storicismo, cioè un’insistenza eccessiva sul cambiamento, combinata con la credenza in una inesorabile ed immutabile legge del destino.

Eraclito aveva ragione: "Noi non siamo cose, ma fiamme"...noi siamo, come tutte le cellule, processi di metabolismo, reti di processi chimici, reazioni chimiche altamente attive, accoppiate all’energia.

Erasmo Da Rotterdam

Erasmo da Rotterdam tentò di far rivivere la dottrina socratica: "Conosci te stesso, ed ammetterai quanto poco conosci!"

Ma, questa dottrina, fu spazzata via dalla credenza che la verità è manifesta e dalla nuova confidenza di sé, esemplificata e insegnata, sia pure in modo diverso, da Lutero e Calvino, da Bacone e Descartes.

Fichte

È a Fichte, chiamato da Schopenhauer il parolaio, che deve essere fatta risalire la paternità dell’argomento anti-umanitario originario.

È stupefacente vedere che, grazie alla cospirazione degli schiamazzi, un uomo come Fichte, riuscì a pervertire l’insegnamento del suo maestro, nonostante le proteste di Kant e durante la vita stessa di Kant.

Non ho ancora visto alcuna storia della filosofia dichiarare...che, a giudizio di Kant, Fichte era un impostore disonesto e ciò, benché abbia visto che, molte storie della filosofia cercano di togliere valore alle accuse di Schopenhauer, per esempio insinuando che era invidioso.

Hegel

Hegel, la fonte di tutto lo storicismo contemporaneo, fu diretto seguace di Eraclito, Platone ed Aristotele...fu un gioco da bambini per i suoi efficacissimi metodi dialettici, estrarre veri conigli fisici da cappelli puramente metafisici.

Già da molto tempo ormai non leggo più Hegel, per la semplice ragione che non lo ritengo onesto. Non cerca la verità: vuole impressionare.

Sorge la domanda se Hegel abbia ingannato sé stesso, ipnotizzato dal suo stesso gergo ispirato, oppure se si sia audacemente proposto di ingannare ed incantare gli altri.

Non c’è nulla negli scritti di Hegel che non sia stato detto meglio, prima di lui. Non c’è nulla nel suo metodo apologetico, che non sia stato preso a prestito dai suoi predecessori. Questi pensieri e metodi...egli li consacrò...a combattere contro la società aperta e così, servire il suo datore di lavoro, Federico Guglielmo di Prussia.

Hegel riuscì a provare, mediante metodi puramente filosofici, che i pianeti devono muoversi, secondo le leggi di Keplero...provando che nessun pianeta poteva trovarsi tra Marte e Giove (disgraziatamente gli era sfuggita la notizia che un pianeta siffatto era stato scoperto pochi mesi prima).

Il metodo adottato da Hegel per superate Kant è efficace, ma sfortunatamente lo è troppo. Esso pone il suo sistema al riparo da qualsiasi critica ed è dunque dogmatico, in senso affatto peculiare, cosicché vorrei definirlo un consolidato dogmatismo.

Hegel segnò l’inizio dell’era della disonestà (come Schopenhauer qualificò l’idealismo tedesco) e dell’era della irresponsabilità (come Heiden qualificò l’era del totalitarismo moderno); prima di irresponsabilità intellettuale e poi di irresponsabilità morale.

L’influenza di Hegel...è ancora potentissima...ciò è confermato...dal fatto che l’estrema ala sinistra marxista, il centro conservatore e l’estrema destra fascista, fondano le loro filosofie politiche su Hegel. L’ala sinistra sostituisce alla guerra delle nazioni...la guerra delle classi. L’estrema destra le sostituisce la guerra di razze. Il centro conservatore è...meno consapevole del proprio debito nei confronti di Hegel.

Ai nostri tempi l’isterico storicismo di Hegel è ancora il fertilizzante al quale il totalitarismo deve la sua rapida crescita.

Ho cercato di dimostrare l’identità dello storicismo hegeliano con la filosofia del totalitarismo...lo storicismo di Hegel è diventato il linguaggio di larghe cerchie di intellettuali, anche di candidi antifascisti e uomini di sinistra.

Hegel...è uno scrittore indigeribile e, come anche i suoi più ardenti apologisti devono ammettere, il suo stile è assolutamente scandaloso. Per quanto riguarda il contenuto dei suoi scritti, egli è eccelso soltanto nella sua eccezionale mancanza di originalità.

La vicenda di Hegel non sarebbe certo degna di essere riferita, se non fosse per le sue più sinistre conseguenze, che mostrano quanto facilmente un clown possa diventare un creatore di storia.

Non sembra che sia soltanto un puro caso che Hegel, il quale fece propria tanta parte del pensiero di Eraclito e la trasmise a tutti i moderni movimento storicistici, sia stato un portavoce della reazione contro la Rivoluzione Francese.

La filosofia, che al tempo di Platone aveva rivendicato la propria supremazia sullo Stato, diventa con Hegel la (sua) più servile ancella.

La filosofia dell’identità...è un labirinto nel quale si colgono le ombre di filosofie del passato, di Eraclito, di Platone, di Aristotele, come pure di Rousseau e di Kant e nel quale essi celebrano una specie di sabba delle streghe, pazzamente tentando di confondere ed incantare lo spettatore ingenuo.

L’hegelismo sa tutto su tutto. Ha una risposta pronta per ogni domanda. E, del resto, chi può avere la certezza che la risposta non sia vera?

Molti dei miei amici mi hanno criticato per l’atteggiamento che ho assunto nei confronti di Hegel e per la mia incapacità di vederne la grandezza. Essi, naturalmente, avevano senz’altro ragione dato, che ero proprio incapace di vederla. (E lo sono tuttora).

Hume

Hume...predisse che, a causa dell’astrattezza, del carattere remoto e dell’irrilevanza pratica dei risultati da lui ottenuti, nessuno dei suoi lettori gli avrebbe creduto per più di un’ora.

Il filosofo che per primo scorge un nuovo problema, scuote la nostra pigrizia ed il nostro compiacimento. Egli fa per noi ciò che Hume fece per Kant: ci risveglia dal sonno dogmatico e apre davanti a noi un nuovo orizzonte.

Kant

Kant ci sfida ad usare la nostra intelligenza, anziché affidarci...all’autorità, di un altro. La si dovrebbe considerare una sfida a non accettare, come guida, neppure l’esperto scientifico, addirittura neppure la scienza stessa.

Sebbene fosse un grande ammiratore di Socrate, Kant non fu sufficientemente socratico. Non apprese, a sufficienza, che non sappiamo nulla.

Fu la critica di Kant a tutti i tentativi di provare l’esistenza di Dio che condusse alla reazione romantica di Fichte, Schelling e Hegel.

Kant fa dell’uomo, il legislatore della moralità, proprio come ne fa il legislatore della natura. In tal modo, gli restituisce il suo posto centrale, tanto nella morale, quanto nell’universo. Kant rese all’uomo la morale, così come gli aveva reso la scienza.

Kant credeva che il problema: "Che cosa posso sapere?" fosse una delle tre questioni più importanti che l’uomo potesse porre.

Kant ha mostrato che ogni uomo è libero, non in quanto nato libero, ma perché è nato con...il carico della responsabilità per la libertà della propria decisione.

Soltanto il Terrore di Robespierre insegnò a Kant...che, in nome della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità, si potevano commettere i più ripugnanti delitti...tanto ripugnanti, quanto quelli che si commisero all’epoca delle Crociate, dei processi alle streghe o della Guerra dei Trent’anni, in nome del Cristianesimo.

Kierkegaard

Kierkegaard, il grande riformatore dell’etica cristiana...denunciò la moralità ufficiale cristiana del suo tempo, come ipocrisia anti-cristiana ed anti-umanitaria

Platone

Platone era figlio di un’epoca che è anche la nostra. Non dobbiamo dimenticare che è passato soltanto un secolo dall’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti ed ancora meno, dall’abolizione della servitù nell’Europa Centrale.

Platone riconosce soltanto un criterio supremo di giudizio, l’interesse dello Stato. Ogni cosa che lo rafforza è buona...ogni cosa che lo minaccia è cattiva...Le azioni che servono ad esso sono morali, (quelle) che lo mettono in pericolo, sono immorali. Il codice morale di Platone è strettamente utilitario...il criterio della moralità è l’interesse dello Stato...non è altro che igiene politica.

Platone chiede che i filosofi diventino re e che, viceversa, i re...siano filosofi...non penso si tratti di un suggerimento convincente...i filosofi non mi sembrano particolarmente adatti a questo compito.

Contro Platone...si potrebbe sostenere che la sua richiesta è in realtà superflua, dal momento che i filosofi stanno già in ogni modo governando, non ufficialmente, è vero, ma proprio per questo, tanto più di fatto.

Credo che si debba ammettere che, dietro la sovranità del re filosofo, si cela la ricerca del potere. Il bel ritratto del sovrano è un autoritratto.

Il re filosofo è Platone stesso e la Repubblica è la rivendicazione di un potere regale...che pensava gli fosse dovuto, in quanto erede legittimo del martire Crodo, l’ultimo re di Atene, che, secondo Platone, si era sacrificato "per salvare il regno dei figli".

Quale monumento di umana piccolezza è quest’idea del re-filosofo! Quale contrasto fra essa e la semplicità di Socrate, che ammoniva l’uomo di Stato dal lasciarsi abbagliare dal proprio potere, dalla propria superiorità e dalla propria sapienza e che cercava di fargli capire ciò che conta più di tutto: che noi tutti siamo fragili esseri umani.

Platone tentò di coinvolgere Socrate nel suo grandioso tentativo di costruire la teoria della società bloccata e riuscì, senza difficoltà, nel suo intento, perché Socrate era morto.

Platone guarda alla storia, che è per lui una storia di decadenza sociale, come se fosse la storia di una malattia: il paziente è la società e...l’uomo di Stato...un medico, un guaritore, un salvatore.

Platone ha in mente...qualcosa di assolutamente diverso quando usa il termine di filosofo...il suo filosofo non è il devoto ricercatore della sapienza, ma l’orgoglioso possessore di questa: è un uomo colto, un competente.

Platone ed il suo discepolo Aristotele, proposero la teoria dell’ineguaglianza biologica e morale dell’uomo. I greci ed i barbari sono diseguali per natura, l’opposizione tra essi corrisponde a quella tra padroni naturali e schiavi.

Quando leggo il resoconto col quale Platone, nella sua famosa lezione "Sul Bene", sconcertò un uditorio incolto, definendo il bene come "la classe del determinato concepita come unità", ebbene, la mia simpatia è tutta per l’uditorio.

Protagora

Protagora, il primo dualista critico, affermò che la natura non conosce norme e che l’introduzione delle norme è dovuta all’uomo ed è la più importante delle conquiste umane.

Rousseau

Platone...aveva...formulato il suo problema politico chiedendosi: "Chi deve governare? La volontà di chi deve essere legge?" Prima di Rousseau, la risposta era: il principe. Rousseau diede una nuova e più rivoluzionaria risposta. Non il principe, ma il popolo deve governare; non la volontà di un uomo, ma la volontà di tutti.

Russell

Russell (ha) ragione quando attribuisce all’epistemologia, conseguenze pratiche per la scienza, per l’etica e per la politica. Egli dice che il relativismo epistemologico (l’idea che non esiste verità obiettiva) e il pragmatismo epistemologico (l’idea che la verità è identica con l’utilità), sono strettamente connessi con idee autoritaristiche e totalitaristiche.

Senofane

L’intuizione che Senofane avesse anticipato di 2500 anni la teoria del sapere congetturale, mi insegnò ad essere modesto. Ma anche l’idea della modestia intellettuale era stata anticipata quasi altrettanto prima. Proviene da Socrate.

Schopenhauer

(Schopenhauer) scriveva con l’unico desiderio di essere capito e scrisse nel modo più lucido di qualsiasi altro filosofo tedesco. Lo sforzo di farsi comprendere ne fece uno dei pochi grandi maestri della lingua tedesca.

Schopenhauer non è più di moda: la grande moda della nostra epoca post-kantiana e post-razionalistica, è quel che Nietzsche definiva correttamente nichilismo europeo.

Socrate

Socrate era...pronto a criticare qualsiasi forma di governo, per le sue insufficienze...ma riconosce l’importanza dell’assoluta lealtà nei confronti delle leggi dello Stato.

La disponibilità a imparare prova il possesso della sapienza e questa era tutta la sapienza di cui Socrate si proclamava dotato; infatti colui che è pronto a imparare, è consapevole di quanto poco sa.

Socrate era convinto che si può insegnare a chiunque. Nel Menone...(spiega) ad un giovane schiavo una versione...del teorema di Pitagora, con il proposito di dimostrare che, qualsiasi schiavo ignorante, ha la capacità di intendere anche materie astratte.

Socrate non fu un leader della democrazia ateniese, come Pericle, né fu un teorico della società aperta, come Protagora. Egli fu, piuttosto, un critico di Atene e delle sue istituzioni.

La formula di Socrate: "abbiate cura della vostra anima" è un invito all’onestà intellettuale, allo stesso modo che la formula: "conosci te stesso" è da lui usata per suggerirci di tener conto delle nostre limitazioni intellettuali.

La morte di Socrate è l’estrema prova della sua sincerità. La sua impavidità, la sua semplicità, la sua modestia, il suo senso della misura, il suo humour, non lo abbandonarono mai.

(Socrate) dimostrò che un uomo poteva morire, non soltanto per il destino, per la gloria e per altre grandi cose, ma anche per la libertà di pensiero e per un amor proprio, che non ha niente a che fare con la presunzione o con la sentimentalità.

Socrate intravide che la sfiducia o l’odio per la discussione, è connesso con la sfiducia o con l’odio per l’uomo.

La mia teoria del pervertimento ad opera di Platone dell’insegnamento di Socrate, non è così fantastica come può sembrare ai platonici...se il confronto non rendesse troppo onore a Fichte ed a Hegel, si sarebbe tentati di dire: senza Platone non ci sarebbe stato nessun Aristotele e senza Fichte nessun Hegel.

L’atteggiamento critico dei Presocratici precorse e preparò il razionalismo etico di Socrate: la convinzione di questi che la ricerca della verità, attraverso la discussione critica è una condotta di vita, la migliore che conoscesse.

Il discorso di difesa e la morte di Socrate hanno fatto dell’idea di uomo libero, una realtà vivente. Socrate era libero perché il suo spirito non poteva essere soggiogato, era libero perché sapeva che non gli si poteva nuocere.

Wittgenstein

Vi sono (alcuni) che non hanno alcun problema serio, ma che producono...esercitazioni di eleganti metodi. Per loro, la filosofia è applicazione...piuttosto che ricerca. Essi attirano la filosofia nel pantano degli pseudoproblemi e degli intrighi verbali (il pericolo che vide Wittgenstein) o, inducendoci ad applicarci al compito inutile, di smascherare quelli che essi, a torto o a ragione, considerano psuedoproblemi (il tranello in cui Wittgenstein cadde).

Wittgenstein non mostrò alla mosca la strada per uscire dalla bottiglia. Piuttosto, vedo nella mosca, incapace di uscire dalla bottiglia, un impressionante autoritratto di Wittgenstein.

Wittgenstein era un caso wittgensteiniano, così come Freud era un caso freudiano.

 

FISICI

Copernico

Quel che i precursori di Copernico e poi lo stesso Copernico, affermarono fu che tutto ciò che si può spiegare nel sistema geocentrico, si può ugualmente spiegare nel sistema eliocentrico.

Einstein

Einstein non credeva che la relatività speciale fosse vera, indicò, fin dall’inizio, che poteva essere...soltanto un’approssimazione. Così...procedette ad una ulteriore approssimazione, la relatività generale. E sottolineò che nemmeno questa teoria poteva essere vera, ma che era soltanto un’approssimazione. Di fatto, cercò un’approssimazione migliore per quasi 40 anni, fino alla sua morte.

Io non so se Einstein abbia ragione di fronte a Newton: nessuno lo sa. La cosa sicura è che Einstein ci ha mostrato che Newton doveva possibilmente, o meglio presumibilmente, essere corretto.

La teoria di Einstein ha demolito l’autorità di quella di Newton e con questa, qualcosa di importanza maggiore, l’autoritarismo nella scienza.

(Einstein) criticava e verificava severamente le sue teorie. Diceva che produceva ed eliminava una teoria ogni pochi minuti.

Galilei

Galileo Galilei fu processato dall’Inquisizione e costretto a ritrattare i propri insegnamenti. Ciò causò grande agitazione, per ben duecentocinquanta anni e più. Il caso continuò a suscitare indignazione molto tempo dopo che l’opinione pubblica aveva vinto la sua battaglia e la Chiesa era diventata tollerante nei confronti della scienza.

Keplero

Keplero...non si stancava mai di sottoporre le sue ipotesi a controlli ingegnosi ed estremamente severi...il suo atteggiamento meravigliosamente autocritico ("Che sciocco sono stato", scrisse), gli permise di portare grandi contributi alla scienza, malgrado il carattere fantastico di alcune delle sue stupende ipotesi.

La confutazione, ad opera di Keplero, dell’ipotesi del moto circolare, sostenuta fino a quel momento (persino da Tycho e da Galileo), porta alle leggi di Keplero e quindi alla teoria di Newton.

Keplero...ha cercato di vedere e spiegare il mondo come un tutto. E questo ci riporta ad Anassimandro, e quindi al 500 a.C.

Newton

La scienza ha avuto inizio dal tentativo audace di comprendere criticamente il mondo in cui viviamo, un’aspirazione antica che si è realizzata con Newton. Si può sostenere che, l’umanità è divenuta pienamente consapevole della propria posizione nell’universo, soltanto a partire da questi.

Newton, che fu uno dei più grandi uomini e probabilmente il maggiore di tutti gli scienziati, ha descritto sé stesso come un ragazzino che raccoglie sassolini e conchiglie sulla spiaggia, mentre davanti a lui si estende una regione ignota: il mare.

Newton ci ha fatto capire per la prima volta, qualcosa dell’universo in cui viviamo. Per la prima volta abbiamo avuto buoni motivi per ritenere di possedere una teoria vera.

Newton...rimase un filosofo e, nonostante il perfezionismo che invade le sue opere, rimase un pensatore critico, un ricercatore che dubitò sempre delle proprie teorie.

FUTURO

Affermo che dobbiamo tracciare una separazione molto netta tra il passato, che noi possiamo e dobbiamo giudicare ed il futuro, che è decisamente aperto e può venir da noi influenzato.

Il futuro è aperto: oggettivamente aperto. Soltanto il passato è fisso. Esso è stato realizzato e pertanto è trascorso.

Il futuro è decisamente aperto. Esso dipende da noi; da tutti noi...da quello che facciamo e faremo, oggi e domani e dopodomani. Quello che facciamo e faremo dipende, a sua volta, dai nostri pensieri e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dalle nostre paure...da come vediamo le possibilità disponibili del futuro. Questo comporta una grande responsabilità.

Dobbiamo avere un atteggiamento completamente differente da quello consistente nel tentativo di fare estrapolazioni dalla storia e, per così dire, andare avanti nel futuro sui binari della storia.

Non dobbiamo atteggiarci a profeti, ma soltanto cercare di agire in modo moralmente giusto e responsabile...(dobbiamo) imparare a guardare il presente correttamente e non attraverso gli occhiali deformanti di una ideologia

Il futuro dipende da noi stessi e noi non dipendiamo da alcuna necessità storica.

Sul treno che mi portava a Londra, nel mio scompartimento, c’erano due studenti, seduti l’uno di fronte all’altro, un ragazzo che leggeva un libro ed una ragazza che leggeva un giornale di sinistra. All’improvviso la ragazza chiese: "Chi è questo Karl Popper?". E il ragazzo replicò: "Mai sentito nominare". Ecco la fama. (Poi venni a sapere che nel giornale c’era un attacco a La Società Aperta).

ARTE

Chiunque abbia visto le grandi opere del passato, per esempio quelle di Michelangelo, deve ammettere che vi è un declino dell’arte.

C’è un episodio toccante che riguarda il compositore Joseph Haydn. In età avanzata egli compose "La creazione"...eseguita, per la prima volta, nell’aula magna dell’antica Università di Vienna...dopo aver ascoltato il meraviglioso coro introduttivo, scoppiò in lacrime e disse: "Non sono stato io a scriverlo. Non potrei averlo fatto". Credo che ogni grande opera d’arte trascenda l’artista.

 

COMPUTER

I computers sono molto importanti...ma non dovrebbero essere sopravvalutati. Einstein, prima dell’era dei computer, disse: "La mia matita è più intelligente di me"...un computer non è altro che una matita sofisticata...valutiamo, dunque, nelle giuste proporzioni, non soltanto gli uomini, ma anche i computers.

Un computer non è altro che una matita glorificata: una matita più grande, più efficiente e...incredibilmente costosa. È ovvio che non produrremmo queste supermatite incredibilmente costose, se non fossero migliori delle matite ordinarie.

Io non credo che i computers saranno mai in grado di inventare nuovi, importanti problemi, o nuovi valori.

Nulla ci vieta di ammettere l’analogia tra cervello e computer, (ma) si può far notare come il computer sia impotente senza il programmatore.

Sono accadute tante cose incredibili...ma io prevedo che non saremo in grado di costruire computers elettronici, dotati di esperienza soggettiva cosciente.

 

EPISTEMOLOGIA

Confutazione/Falsificazione/Controllabilità

Il criterio dello stato scientifico di una teoria è la sua falsificabilità, confutabilità, o controllabilità.

Una teoria si dirà tanto meglio corroborata, quanto più severi sono i controlli che essa ha superato (e quanto meglio li ha superati).

Ogni confutazione dovrebbe essere considerata un grande successo, non soltanto per lo scienziato che ha condotto la critica, ma anche per quello che ha creato la teoria confutata.

Anch’io preferisco aver ragione ed è proprio (per questo) che preferisco correggermi o, se necessario, essere corretto da altri. Perciò, cerco sempre di scoprire i difetti nei miei stessi argomenti, vale a dire, di criticarli e di confutarli.

Quelli tra di noi che non espongono volentieri le loro idee al rischio della confutazione, non prendono parte al gioco della scienza.

Alcuni pensatori hanno creduto che la verità di una teoria potesse inferirsi dalla sua inconfutabilità. Si tratta però di un errore banale, se si considera che possono esservi due teorie incompatibili, egualmente inconfutabili.

Dato che due teorie incompatibili, non possono essere entrambe vere, dal fatto che entrambe sono inconfutabili, comprendiamo che l’inconfutabilità non comporta la verità.

Giunsi sul finire del 1919, alla conclusione che l’atteggiamento scientifico era l’atteggiamento critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di prove cruciali...che avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente.

L’autocontraddizione è...il principale criterio di falsità, poiché nella critica cerchiamo sempre di scoprire se ciò che viene sottoposto a critica è in contraddizione con qualcos’altro.

Gli esempi classici di come aspettative inconsce possano diventare consce sono: inciampare in un gradino (Pensavo che qui non ci fosse niente), sentire che l’orologio si ferma (Non ero consapevole del suo ticchettio, ma ho sentito quando si è fermato) .Il nostro organismo stava anticipando, inconsciamente, certi eventi, ci siamo resi conto del fatto, soltanto dopo che le nostre aspettative erano state deluse, o falsificate.

Nonostante...io non creda nella possibilità di un criterio di verità, ne ho proposto uno di demarcazione - il criterio di falsificabilità.

Il tentativo è sempre una congettura e...l’errore è sempre una selezione e dunque una falsificazione.

Gli astrologi si (vantano) del fatto che le loro teorie si basano su un enorme numero di verifiche. Questa affermazione non è mai stata seriamente indagata e non vedo motivo per cui non dovrebbe essere vera. Tuttavia, non è affatto interessante sapere quanto spesso l’astrologia sia stata verificata. La questione è se sia mai stata seriamente controllata, mediante sinceri tentativi di falsificarla.

È un tipico trucco degli indovini predire gli eventi in modo così vago che difficilmente le predizioni possono risultare false ed esse diventano perciò inconfutabili.

La psicanalisi non esclude nessun possibile comportamento umano...non afferma che è impossibile...che un uomo faccia una cosa o un’altra, di conseguenza, qualsiasi cosa un uomo faccia, diviene una conferma della teoria psicanalitica.

Se un uomo getta in acqua un bambino e con ciò mette a repentaglio la sua vita....è (un fatto) psicanaliticamente spiegabile quanto...il fatto che quest’uomo getta in acqua un bambino per ucciderlo.

La psicoanalisi può di principio spiegare ogni insolito comportamento umano. Essa, pertanto, non è empiricamente falsificabile, non è controllabile.

Ciò che trovai sorprendente (nella psicanalisi e nell’interpretazione materialistica della storia di Marx), era l’affermazione che esse erano "verificate" o "confermate" da un flusso incessante di evidenza osservativa...Un marxista non poteva guardare un giornale senza trovare...testimonianze che verificavano la lotta di classe e le trovava anche...in ciò che il giornale non diceva. E uno psicanalista...avrebbe detto che trovava le sue teorie verificate ogni giorno...dalle sue osservazioni cliniche.

Induzione

L’idea dell’induzione è legata ad un pregiudizio molto diffuso. "Come sappiamo?": questo è il problema. La risposta consueta è: "Ebbene, apro gli occhi, mi guardo attorno e quindi so".

Due dei maggiori scienziati che compresero chiaramente che non esisteva nulla di simile a un procedimento induttivo e che intesero, con chiarezza, la teoria della conoscenza da me ritenuta vera, furono Galileo e Einstein.

Credo che l’asserzione che noi precediamo per induzione sia un vero e proprio mito e che le presunte prove, a favore di questo presunto fatto siano, in parte inesistenti e in parte ottenute interpretando erroneamente i fatti.

Il positivismo non è nient’altro che un’estesa generalizzazione dell’idea di induzione, dal particolare al generale.

La credenza che noi facciamo uso dell’induzione è semplicemente un errore. È una specie di illusione ottica.

Ipotesi ad hoc

Alcune teorie genuinamente controllabili, dopo che si sono rivelate false, continuano ad essere sostenute dai loro fautori...con l’introduzione, ad hoc, di qualche assunzione ausiliare, o con la reinterpretazione ad hoc della teoria, in modo da sottrarla alla confutazione.

(L’ipotesi ad hoc) è sempre possibile, ma essa può salvare la teoria scientifica dalla confutazione, soltanto al prezzo di distruggere, o almeno pregiudicare, il suo stato scientifico. Ho descritto...una tale operazione di salvataggio come una mossa o stratagemma convenzionalistico.

È sempre possibile trovare qualche scappatoia per sfuggire alla falsificazione: per esempio introducendo ad hoc un’ipotesi ausiliaria, oppure trasformando, ad hoc, una definizione.

Teorie/Congetture

Una storia che racconto spesso è quella di una comunità indiana che riteneva la vita sacra, anche quella delle tigri. Di conseguenza, la comunità scomparve ed insieme ad essa, la teoria che la vita delle tigri è sacra. Ma la conoscenza oggettiva è diversa: possiamo sacrificare le nostre teorie al nostro posto.

Lasciamo che le nostre congetture e le nostre teorie muoiano al posto nostro! Dobbiamo ancora imparare ad uccidere le nostre teorie invece di ucciderci l’un l’altro.

Non abbiamo alcun motivo per ritenere la nuova teoria migliore dell’antica...fino a che non abbiamo derivato dalla nuova teoria nuove previsioni, che non potevano ottenersi dalla vecchia.

Una teoria può essere vera anche se nessuno vi crede ed anche se non abbiamo ragioni di pensare che sia vera. Un’altra teoria può essere falsa, anche se abbiamo ragioni comparativamente valide per accettarla.

È sempre difficile interpretare le teorie più recenti, le quali lasciano talora perplessi i loro stessi ideatori, come capitò a Newton.

Tutte le teorie, restano essenzialmente provvisorie, congetturali, o ipotetiche, anche quando non ci sentiamo più in grado di dubitare di esse.

Non vi è dose di ingegnosità che possa assicurare la costruzione di una teoria efficace. Occorre anche la fortuna, come pure un mondo, la cui struttura matematica non sia a tal punto intricata da rendere impossibile qualsiasi progresso.

Si potrebbe dire che è soltanto un accidente storico che una teoria sia confutata dopo sei mesi, anziché dopo sei, o seicento anni.

Una teoria falsa può rappresentare una grande conquista, quanto una vera. Molte teorie false hanno giovato alla ricerca della verità più di altre, meno interessanti, ancor oggi accettate.

Ogni teoria razionale, non importa se scientifica o filosofica, è tale nella misura in cui cerca di risolvere determinati problemi.

Una teoria è comprensibile e ragionevole soltanto in rapporto a una data situazione problematica e può essere discussa razionalmente soltanto discutendo tale rapporto.

Leucippo considera l’esistenza del moto come una parziale confutazione della teoria di Parmenide che il mondo sia pieno e privo di moto. Questo porta alla teoria degli "atomi e del vuoto" (ed) è la base della teoria atomica.

Le teorie scientifiche si distinguono dai miti soltanto in quanto criticabili e suscettibili di modifiche alla luce della critica. Non possono venir né verificate né rese più probabili.

Le teorie sono reti gettate per catturare quello che noi chiamiamo il "mondo", per razionalizzarlo, per spiegarlo, per dominarlo. Ci sforziamo di rendere la trama sempre più sottile.

Non accade mai che un bel giorno vecchi esperimenti diano risultati nuovi. Ciò che accade è che nuovi esperimenti fanno cadere una vecchia teoria.

Possiamo riassumere l’evoluzione delle teorie col seguente diagramma: P1 TT EE P2. Un problema (P1) dà origine a tentativi per risolverlo con teorie provvisorie (TT). Queste sono sottoposte a un processo critico di eliminazione dell’errore (EE). Gli errori...danno origine a nuovi problemi (P2). La distanza tra il vecchio ed il nuovo problema è spesso molto grande: essa indica il progresso fatto.

Un vecchio paesano delle montagne tirolesi (riteneva) che il tuono fosse il rumore provocato dalla collisione di nuvole e il fulmine, una scintilla molto calda, dovuta alla loro frizione. Non ho dubbi che...questa teoria...debba essere meno sospetta...di quella più sofisticata, adottata dai meteorologi moderni.

Noi non conosciamo, congetturiamo soltanto.

ESPERIENZA

L’esperienza consiste sostanzialmente in questo: che uno ha fatto molti errori e li ha superati

L’esperienza è ciò che dice "no"...i tentativi che non hanno successo e che quindi sono errori, vengono eliminati. Siffatta eliminazione porta, in qualche maniera, a nuovi tentativi.

È l’unicità delle nostre esperienze che...rende le nostre vite degne di essere vissute.

L’esperienza si acquisisce imparando dai nostri errori, piuttosto che accumulando o associando osservazioni.

Non per caso andiamo a inciampare nelle nostre esperienze e neppure le lasciamo scorrere su di noi, come una corrente. Invece, dobbiamo essere attivi: dobbiamo fare le nostre esperienze.

Tramite l’esperienza di gioia e dolore la coscienza viene in aiuto all’organismo nei suoi viaggi di esplorazione, nei suoi processi vitali di apprendimento.

EVOLUZIONE/SELEZIONE NATURALE

Non esiste niente altro, in tutta l’evoluzione animale a noi nota, che si sia trasformato più velocemente del cervello umano.

L’origine e l’evoluzione della conoscenza coincidono con l’origine e con l’evoluzione della vita, entrambe strettamente correlate con l’origine e l’evoluzione della terra.

La teoria dell’evoluzione collega la conoscenza e con essa, noi uomini, col cosmo. Così il problema della conoscenza diventa un problema cosmologico.

L’evoluzione è il prodotto del passato, ma con lo sguardo puntato sull’anticipazione del futuro.

La natura ha lavorato alla vita con uno scalpello tremendamente crudele...ha scolpito tutte le cose che noi ammiriamo nella vita, sotto forma di adattamenti.

La cellula primitiva esiste ancora. Tutti noi siamo la cellula originaria, non si tratta di un’immagine, di una metafora, ma di una verità che va presa alla lettera.

Suppongo che la vita e più tardi la mente...siano apparse in un universo che fino a quel punto ne era privo. La vita...emerse dalla materia inanimata e non sembra del tutto impossibile che un giorno, sapremo come ciò sia avvenuto.

Non abbiamo la più pallida idea del livello evolutivo in cui comparve la mente.

Io considero l’apparizione della mente un evento importantissimo nell’evoluzione della vita. È la mente che illumina l’universo e ritengo importante l’opera di grandi scienziati, come Darwin, proprio perché essa contribuisce molto a questa illuminazione.

IDEE

Le idee sono ciò che l’uomo possiede di più prezioso.

Non abbiamo mai abbastanza idee. Ciò di cui soffriamo è la povertà di idee.

Abbiamo troppo poche idee per la critica delle idee. La critica stessa ha bisogno sempre e di continuo di nuove idee critiche.

Le nuove idee dovrebbero essere considerate preziose e coltivate con attenzione, in particolare, se appaiono...temerarie. Non intendo sostenere che dovremmo accettarle entusiasticamente, soltanto per amore della novità, ma dovremmo guardarci dal sopprimerle, persino nei casi in cui non ci convincano troppo.

Le idee, specialmente le nuove idee, possono essere soltanto l’opera di singoli individui, anche se possono essere chiarite e perfezionate in collaborazione con pochi altri.

Troppi dollari possono dare la caccia a troppo poche idee. Certo il progresso resta possibile, anche in queste sfavorevoli circostanze. Tuttavia, lo spirito della scienza è in pericolo...l’esplosione delle pubblicazioni (può) uccidere le idee, che già troppo rare, vengono sommerse dalla piena

Io penso che le idee siano cose pericolose e potenti e che anche i filosofi abbiano, talora, prodotto idee.

Il mondo è governato dalle idee, idee sia buone che cattive e perciò da chi le idee le produce, vale a dire dai filosofi, per quanto raramente da filosofi professionisti.

La maggior parte delle idee creative sono raggiunte per via intuitiva e quelle che non lo sono, sono il risultato della confutazione critica di idee intuitive.

Credo nel potere delle idee...anche (in quello) delle idee false e pericolose. E credo (nella) battaglia delle idee. È questa una scoperta dei Greci...una delle più importanti invenzioni mai compiute...la possibilità di combattere con le parole, invece che con le armi, è la base stessa della nostra civiltà e di tutte le sue istituzioni legali e parlamentari.

Profeti e anche falsi profeti, possono muovere le montagne; la stessa cosa possono fare le idee, anche se erronee. Fortunatamente, vi sono occasioni in cui è possibile combattere le idee erronee con quelle giuste.

A causa della sua teoria eliocentrica, Aristarco fu accusato di empietà da Cleante. Ma questo non basta a spiegare l’obliterazione di quella teoria. Sappiamo che...fu ripresa, un secolo dopo, da un autorevole astronomo, Seleuco. Eppure, per qualche oscura ragione, soltanto alcune brevi citazioni della teoria sono sopravvissute. Ecco un eclatante caso della nostra incapacità a mantenere vive le idee alternative.

 

INTELLETTUALI/INTELLETTUALISMO

Perché penso che noi, gli intellettuali, possiamo dare un aiuto? Semplicemente perché...abbiamo provocato i danni più terribili. Lo sterminio di massa in nome di un’idea, di una dottrina, di una teoria. Questa è la nostra opera, la nostra invenzione: invenzione di intellettuali.

Quando dico noi, intendo parlare degli intellettuali, cioè di uomini che sono interessati alle idee, quindi, in particolare, coloro che leggono e forse anche scrivono.

La cosa peggiore è quando gli intellettuali tentano di atteggiarsi a grandi profeti agli occhi dei loro simili e di impressionarli con filosofie oracolari.

Gli intellettuali, ivi compresi gli scienziati, sono soggetti a cadere bocconi davanti alle ideologie e alle mode intellettuali.

Gli intellettuali non sanno niente. La loro immodestia, la loro presunzione è il più grande ostacolo alla pace sulla terra. La speranza più grande è che essi, pur essendo arroganti, non siano così stupidi da non capirlo.

Sono dell’avviso che sia particolarmente importante che gli intellettuali abbandonino ogni tipo di arroganza intellettuale.

La realtà, purtroppo, è che, tra gli intellettuali, è ampiamente diffuso il desiderio di imporsi agli altri e, come dice Schopenhauer, non di istruirli, ma di ingannarli.

Mirare alla semplicità ed alla chiarezza è un dovere morale degli intellettuali: la mancanza di chiarezza è un peccato e la pretenziosità è un delitto.

Ogni intellettuale ha una responsabilità del tutto particolare. Ha il privilegio e la possibilità di studiare. Per questo egli ha contratto il debito, nei confronti dei propri simili, di presentare il frutto del suo studio, nella forma più chiara, più semplice e più dimessa possibile.

Sotto l’idea di ortodossia e di eresia, si celano i vizi più meschini, quei vizi cui gli intellettuali sono particolarmente inclini: arroganza, prepotenza, vanità intellettuale, saccenteria. Sono questi vizi meschini, non grandi vizi, come la crudeltà.

Il dovere di ogni intellettuale...è di non atteggiarsi a profeta.

Vedo nell’intellettualismo, irrazionale e mistico...la sottile malattia intellettuale del nostro tempo...ma, nonostante la sua superficialità, è una malattia pericolosa, a causa dell’influenza che esercita nel campo del pensiero sociale e politico.

Nel 1930, mi divertivo scherzando sul fatto che, molti studenti vanno all’Università, non con la speranza di trovarvi un grande regno del sapere...ma per imparare come si parla in modo incomprensibile e pomposo. Questa è la tradizione dell’intellettualismo.

Non tengo in alcun conto i quozienti intellettuali...questa (è) una delle grandi assurdità del nostro tempo ed è molto probabile che...porterà l’America a perdere la prossima guerra, giacché i generali americani sono scelti in base al quoziente intellettuale.

 

LIBERTÁ

È chiaro che la mia libertà deve avere dei limiti. Come disse una volta un giudice americano: "Il limite della tua libertà di muovere i tuoi pugni come ti pare e piace è il naso del tuo vicino".

La compatibilità della mia libertà con la tua, dipende dal fatto che entrambi...rinunciamo ad usare la violenza, l’uno nei confronti dell’altro. Io non ti colpirò con un pugno e tu non colpirai me. Vedi dunque che la nostra libertà è limitata.

Abbiamo bisogno dello Stato e delle sue leggi, per far sì che gli inevitabili limiti della libertà dei cittadini siano uguali per tutti. In tal modo l’idea della libertà conduce inevitabilmente all’idea di uguaglianza.

Il desiderio di libertà è qualcosa di originario...che troviamo già negli animali...e nei bambini piccoli...In campo politico, però, la libertà diventa un problema (perché) la libertà illimitata di ogni singolo, rende impossibile la convivenza umana. Quando sono libero di fare tutto ciò che voglio, allora sono anche libero di derubare gli altri della loro libertà.

Gli uomini considerano (la libertà) come qualcosa di scontato e perdono la vigilanza contro i pericoli che (la) minacciano.

La lotta per la libertà può fallire in molti modi: può degenerare in terrorismo, come accadde nella Rivoluzione Francese e in quella Russa. Può condurre alla più dura schiavitù...la libertà non garantisce il millennio.

Noi non scegliamo la libertà politica perché ci promette questo o quello...(ma) perché rende possibile l’unica forma di convivenza umana...in cui noi possiamo essere pienamente responsabili di noi stessi. Se realizziamo le sue possibilità, ciò dipende da parecchie cose messe insieme e, prima di tutto, anche da noi stessi.

Se allentiamo la vigilanza e se non rafforziamo le istituzioni democratiche, nel momento stesso in cui conferiamo maggior potere alla Stato, mediante la pianificazione interventista, possiamo perdere la nostra libertà e, se la libertà è perduta, tutto è perduto, compresa la pianificazione.

La decisione di opporsi alla schiavitù, non dipende dal fatto che tutti gli uomini sono nati liberi ed uguali...anche se tutti nascessero liberi, alcuni potrebbero tentare di mettere altri in catene. Inversamente, anche se gli uomini nascessero in catene, molti di noi potrebbero invocare la soppressione di queste catene.

L’anarchismo è un’esagerazione dell’idea di libertà.

L’idea di libertà esige che si deve dominare e governare il meno possibile...e tanto poco, quanto ciò è compatibile con le nostre idee di giustizia, di uguaglianza e libertà.

Un male ancora peggiore della contrapposizione tra ricchezza e povertà è la contrapposizione tra illibertà e libertà, tra una nuova classe, cioè la dittatura al potere ed i concittadini sgraditi, messi al bando nei campi di concentramento o altrove.

Quella vaga e non ben afferrabile essenza, chiamata opinione pubblica, è molto spesso più illuminata e saggia dei governi, ma senza i freni di una forte tradizione liberale, rappresenta un pericolo per la libertà.

Non può esservi alcuno sviluppo scientifico senza una libera competizione del pensiero...e non può esservi libera competizione nel pensiero scientifico, senza che vi sia libertà per ogni pensiero.

Non potrebbe esserci niente di meglio che vivere una vita modesta, semplice e libera, in una società egualitaria. Mi ci volle un po’ di tempo per riconoscere che...la libertà è più importante dell’uguaglianza, che il tentativo di attuare l’uguaglianza è di pregiudizio alla libertà e che, se va perduta la libertà, tra non liberi, non c’è nemmeno uguaglianza.

 

LIBRI

La scoperta di Gutenberg, nel XV secolo ed il grande allargamento del mercato librario, prodotto dalla stampa, portarono ad una analoga rivoluzione culturale: l’Umanesimo.

Nessun libro può essere mai compiuto. Mentre lavoriamo attorno ad esso, impariamo abbastanza da trovarlo immaturo nel momento in cui ce ne distacchiamo.

Ritengo il libro il più importante bene culturale dell’Europa e forse dell’umanità...anche per il ruolo predominante che hanno avuto ed hanno, tuttora, i libri nella mia vita.

La cultura europea vera e propria ebbe inizio con la prima pubblicazione, in forma di libro, delle opere di Omero, che esistevano già da circa trecento anni, ma che, nella loro totalità, erano note soltanto ai declamatori di professione, ai rapsodi omerici.

Atene imparò a leggere, libri vennero ricopiati e pubblicati...immediatamente dopo, Atene divenne la guida delle popolazioni greche nelle guerre di liberazione contro i Persiani. Questa fu, in breve, la nascita dell’idea della libertà e della civiltà europea.

Quel prodigio culturale che fu l’Atene del V secolo a. C. è spiegabile, in gran parte, con la scoperta ateniese del mercato librario e questa scoperta spiega anche la democrazia ateniese.

Ad Atene sorse il primo mercato librario d’Europa. Tutti ad Atene leggevano Omero. Fu il primo sillabario e la prima Bibbia d’Europa. Vennero poi Esiodo, Pindaro, Eschilo ed altri poeti. Atene imparò a leggere e a scrivere. E diventò democratica.

Il ritratto che di me il professor Levinson ha dipinto, mi ha indotto a dubitare della verità del mio stesso ritratto di Platone. Se è possibile ricavare dal libro di un autore vivente, una immagine così distorta delle sue dottrine, che speranza possiamo avere di fare qualcosa che assomigli a un ritratto vero di un autore nato ventiquattro secoli fa?

 

 

LINGUAGGIO

Il nostro linguaggio è lungi dall’essere perfetto, ma è straordinariamente efficace. Straordinariamente potente.

Il linguaggio ci permette di dissociarci dalle nostre stesse ipotesi e di valutarle criticamente. Mentre un animale non critico può essere eliminato, assieme con le sue ipotesi, conservate in modo dogmatico, noi siamo in grado di formularle e di criticarle.

La lingua funziona come un riflettore che pone, nel centro del cono di luce, i fatti che descrive. Pertanto, la lingua non soltanto interagisce con la nostra mente, ma ci aiuta anche a vedere cose che mai avremmo visto senza di essa.

Un Robinson Crosue (abbandonato in pieno deserto fin dalla prima infanzia), può essere ingegnoso abbastanza da padroneggiare molte situazioni difficili, ma non saprebbe inventare né il linguaggio né l’arte dell’argomentazione.

Noi stessi e il nostro linguaggio abituale siamo più emotivi che razionali, ma possiamo cercare di diventare un po’ più razionali ed avvezzarci ad usare il linguaggio come uno strumento, non di autoespressione...ma di comunicazione razionale.

Il linguaggio umano ci dà la possibilità di essere non soltanto soggetti, ma anche oggetti del nostro stesso pensiero critico...ciò è reso possibile dal carattere sociale del linguaggio, dal fatto che noi possiamo parlare degli altri e possiamo capirli quando parlano di loro stessi.

La lingua è una delle più importanti istituzioni della vita sociale...come mezzo di comunicazione razionale. L’uso per la comunicazione di emozioni è molto meno importante, perché possiamo comunicare una grande quantità di emozioni, senza dire una parola.

Una delle caratteristiche del linguaggio umano è che noi produciamo costantemente frasi nuove, mai formulate prima e le comprendiamo.

Il progresso più grande e più importante che è stato raggiunto nello sviluppo dell’uomo e che ha fatto dell’uomo l’uomo, è lo sviluppo del linguaggio.

Nostro orgoglio dovrebbe essere l’insegnare a noi stessi, meglio che possiamo, a parlare sempre nel modo più semplice, chiaro e meno pretenzioso possibile ed evitare, come la peste, l’aria di chi possiede una conoscenza troppo profonda, per poter essere espressa con semplicità e chiarezza.

La precisione e l’esattezza non sono valori intellettuali in sé stessi e non dovremmo cercare di essere più precisi o esatti di quanto non sia richiesto dal problema in questione.

Chi non è capace di enunciare qualcosa con chiarezza e semplicità, deve tacere e continuare il proprio lavoro, finché non sarà pervenuto ad una chiara enunciazione.

Ciò che ho chiamato peccato contro il Sacro Spirito è la verbosità, la simulazione di una saggezza che non possediamo. La ricetta: tautologie e banalità condite di assurdità paradossali.

Scrivi ampollosità ardue da capire e aggiungi qua e là banalità. Questo piace al lettore, che è lusingato di ritrovare in un libro tanto profondo pensieri che egli ha già avuto in passato.

Mai litigare sulle parole. I problemi verbali non sono importanti e dovrebbero sempre essere evitati, anche se, sfortunatamente, raramente vengono evitati dai filosofi.

Dovremmo ridurre al minimo il gergo scientifico, quel gergo di cui ciascuno di noi si inorgoglisce come di un’armatura.

Credo che la semplicità e la chiarezza siano valori in sé stesse, ma non che lo siano la precisione o l’esattezza. La chiarezza e la precisione sono obiettivi diversi e, a volte, persino incompatibili.

Dobbiamo smetterla di preoccuparci delle parole e dei loro significati, per preoccuparci invece delle teorie criticabili, dei ragionamenti e della loro validità.

Lo stile delle parole altisonanti, oscure, d’effetto ed incomprensibili, non dovrebbe più essere ammirato, addirittura non dovrebbe più essere tollerato dall’intelletto. Dal punto di vista intellettuale, è irresponsabile.

Chi ha da dire qualcosa di nuovo e di importante, ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile.

Non possiamo parlare, senza manifestare i nostri sentimenti. Non possiamo comunicare, senza suscitare dei sentimenti nelle altre persone. Pertanto, non possiamo descrivere, senza esprimere noi stessi e senza suscitare sentimenti.

Ricorda che è impossibile parlare in modo tale che tu non possa essere frainteso: ci sarà sempre qualcuno che ti fraintenderà.

Non sono le parole che contano, ma ciò che intendiamo dire per mezzo di esse.

Si comincia a scrivere quando si ritiene di avere la cosa completamente nella mente. Ma quando essa sta lì dopo molte e molte correzioni, è qualcosa di molto diverso da ciò che avevo in mente, e ho imparato molto cercando di scriverla, di correggerla e di migliorarla.

 

MARX/MARXISMO

La speranza di ridurre la miseria e la violenza e di aumentare la libertà, fu tra i motivi ispiratori di Marx...tuttavia, questi obiettivi non possono essere realizzati con metodi rivoluzionari...(che) possono soltanto...aumentare le sofferenze, generando una più diffusa violenza e distruggendo, inevitabilmente la libertà.

Marx...ci aperse gli occhi e ce li rese più acuti in molti modi. Un ritorno alla scienza sociale pre-marxiana è inconcepibile. Tutti...hanno un debito nei confronti di Marx, anche se non lo sanno. Ciò è particolarmente vero nel caso di coloro (e questo è anche il mio caso) che dissentono dalle sue dottrine.

Marx fece un onesto tentativo di applicare metodi razionali ai più urgenti problemi della vita sociale. Il valore di questo tentativo non risulta compromesso dal fatto che...è, per larga parte, fallito.

Ritengo ciò che ha fatto Marx interessante ed importante. Ma, come tante altre cose, ha avuto conseguenze infelici.

Sono convinto che l’economismo di Marx è sbagliato ed insostenibile. Ritengo che l’esperienza della realtà sociale mostri che l’influenza delle idee può superare in importanza e sostituirsi alle forze economiche.

La sua sincerità nella ricerca della verità e la sua onestà intellettuale distinguono (Marx), a mio giudizio, da molti dei suoi seguaci.

Marx fu...un falso profeta...del corso della storia e le sue profezie non sono risultate vere, ma questa non è la mia accusa maggiore. È molto più importante il fatto che egli sviò un gran numero di persone intelligenti, portandole a credere che la profezia storica sia il modo scientifico di approccio ai problemi sociali.

Marx è responsabile della rovinosa influenza del metodo di pensiero storicista, nelle file di coloro che vogliono far avanzare la causa della società aperta.

Le ricerche economiche di Marx non sfiorano neppure i problemi di una politica economica costruttiva, per esempio della pianificazione economica. Come Lenin riconosce, non si trova neppure una parola sull’economia del socialismo, nell’opera di Marx.

La scena della storia (affermò Marx), è inquadrata in un sistema sociale che ci vincola tutti: è inquadrata nel regno della necessità. (Ma un giorno le marionette distruggeranno questo sistema e realizzeranno il regno della libertà).

Marx fu indotto a ritenere che i lavoratori non possono sperare molto dal miglioramento di un sistema legale che...assicura, parimenti ai ricchi ed ai poveri, la libertà di dormire sulle panchine dei giardini e che minaccia, parimenti agli uni ed agli altri, la condanna, qualora tentino di vivere senza mezzi visibili di sussistenza.

L’ingenua convinzione (di Marx) che, in una società senza classi, il potere dello Stato perda la sua funzione ed "si estingua", dimostra che egli non ebbe coscienza del paradosso della libertà e che, non comprese mai la funzione che...lo Stato può e deve svolgere, al servizio della libertà e dell’umanità.

Ciò che Marx tenta di dimostrare è che ci sono soltanto due possibilità: che un mondo terribile debba continuare per sempre o che un mondo migliore debba alla fine emergere e non val certo la pena di considerare seriamente la prima alternativa.

Marx visse abbastanza a lungo da vedere realizzate riforme che, secondo la sua teoria, sarebbero state impossibili. Ma egli non riconobbe mai che, questi miglioramenti nella sorte dei lavoratori, erano, nello stesso tempo, confutazione della sua teoria.

Marx parlò di guerra. I suoi avversari lo ascoltarono attentamente, poi cominciarono a parlare di pace e ad accusare i lavoratori di bellicismo. Questa accusa i marxisti non poterono respingerla, dal momento che la guerra di classe era il loro slogan.

Marx vide molte cose nella giusta luce. Se consideriamo la sua profezia che il sistema di capitalismo sfrenato...non sarebbe durato molto a lungo...dobbiamo senz’altro dire che aveva ragione.

Marx aveva ragione quando sosteneva che sarebbe stata la lotta di classe a trasformare (il capitalismo sfrenato) in un sistema economico nuovo. Ma noi dobbiamo...dire che Marx predisse questo nuovo sistema, cioè l’interventismo, sotto il diverso nome di socialismo. La verità è che egli non ebbe il minimo sospetto di quello che stava per avvenire.

La condanna di Marx del capitalismo è una condanna morale....per la crudele ingiustizia ad esso inerente...che si combina con una completa giustizia e correttezza "formale". Il sistema è condannato perché, costringendo lo sfruttatore a schiavizzare lo sfruttato, li priva entrambi della loro libertà.

Marx evitò di esporre una teoria morale esplicita, perché odiava il predicozzo. Nutrendo un profondo disprezzo per il moralista, che di solito predica bene e razzola male, riluttava a formulare esplicitamente le sue convinzioni etiche.

L’influenza (di Marx) sul Cristianesimo può essere paragonata all’influenza di Lutero sulla Chiesa Romana. Entrambe furono una sfida e portarono ad una controriforma nel campo dei loro avversari, ad una revisione e rivalutazione dei loro criteri etici.

(Marx) era uno di coloro che avevano preso sul serio gli ideali del 1789 ed aveva anche visto quanto spudoratamente poteva essere distorto un concetto come libertà.

Marx...aveva bisogno di una filosofia su cui fondare le proprie opinioni politiche. Possiamo comprendere la sua esultanza nello scoprire che la filosofia dialettica di Hegel poteva essere rivoltata contro il suo stesso ideatore, che la dialettica era propizia ad una teoria politica rivoluzionaria piuttosto che ad una conservatrice ed apologetica.

Tutto quello che è rimasto dell’insegnamento di Marx, fu la filosofia oracolare di Hegel che, nei suoi travestimenti marxisti, minaccia di paralizzare la lotta per la società aperta.

Marx era un razionalista. Come Socrate e come Kant egli credeva nella ragione come base dell’unità del genere umano. Ma la sua dottrina, che le nostre opinioni sono determinate dall’interesse di classe, accelerò il declino di questa fede.

Sia Platone che Marx sognano la rivoluzione apocalittica che trasfigurerà radicalmente il mondo sociale nella sua interezza.

La formula marxiana: "La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classi" si adatta allo storicismo di Platone, quasi altrettanto bene che a quello di Marx.

Engels (qualifica) l’Inghilterra, che si era comportata così sconsideratamente da smentire le profezie marxiste, come "la più borghese di tutte le nazioni".

Il marxismo ha conservato, nel corso dei decenni, il suo atteggiamento dogmatico, ripetendo contro gli oppositori, esattamente gli stessi argomenti originariamente usati dai suoi fondatori.

Si è pensato che i marxisti ragionassero, non in termini di istituzioni, ma di classi. Queste, comunque, non governano mai, non più dei popoli. I governanti sono sempre persone e, a qualsiasi classe appartenessero un tempo, quando sono governanti, appartengono alla classe di governo.

Uno dei punti che condivido...(nel) marxismo è l’insistenza sul fatto che i problemi sociali del nostro tempo sono urgenti ed i filosofi dovrebbero affrontarli, cosicché non dovremmo accontentarci di interpretare il mondo, ma contribuire a cambiarlo.

L’assurdità nella fede comunista è manifesta. Appellandosi alla credenza nella libertà umana, essa ha prodotto un sistema di oppressione senza pari nella storia.

L’incontro col marxismo...mi insegnò tante di quelle lezioni che non ho mai più dimenticato. Mi insegnò la sapienza del detto socratico: "Io so di non sapere". Mi rese fallibilista ed impresse in me il valore della modestia intellettuale...mi fece consapevole delle differenze esistenti tra pensiero dogmatico e pensiero critico.

Per diversi anni rimasi socialista, anche dopo il mio ripudio del marxismo e se ci fosse stato qualcosa come un socialismo combinato con la libertà individuale, sarei ancor oggi un socialista.

Gli sbagli (del marxismo)...vennero coperti da una quantità enorme di menzogne...supportata dalla violenza e dall’esercizio brutale del potere...accettati come normale regola intellettuale dalla classe comunista russa...Questo universo di menzogne si è compattato in una specie di buco nero intellettuale...(che) possiede la sconfinata forza di inghiottire e distruggere tutto. Scomparve la differenza tra verità e menzogna. Il vuoto spirituale alla fine divorò sé stesso

"Proletari di tutti i paesi unitevi!": in questa formula si esauriva il programma pratico (dei leaders marxisti). Quando i lavoratori si unirono e si presentò loro l’occasione di assumere la responsabilità di governo e di gettare le fondamenta di un mondo migliore, quando suonò la loro ora, essi lasciarono in secca i lavoratori. I leaders non sapevano cosa fare. Aspettavano l’atteso suicidio del capitalismo.

Nel marxismo l’elemento religioso è inequivocabile. Nell’ora della più profonda miseria, la profezia di Marx diede ai lavoratori un’ispirata fede nella missione e nel grandioso futuro che il loro movimento avrebbe preparato per l’intero genere umano.

(Il marxismo) consiste in una profezia storica, combinata con un appello implicito alla seguente legge morale: Aiuta a provocare l’inevitabile.

Il marxismo (è) la più pura, la più elaborata e la più pericolosa forma di storicismo.

Definendo il marxismo come la più pura forma di storicismo, ho implicitamente affermato che ritengo il metodo marxista estremamente povero.

(Il marxismo) non è una scienza, perché ha infranto la regola metodologica per la quale dobbiamo accettare la falsificazione e si è autoimmunizzato contro le più clamorose confutazioni delle proprie predizioni. Può venire descritto soltanto come un sogno metafisico, congiunto a una realtà crudele.

I marxisti hanno immunizzato il marxismo dalla confutazione fattuale. Hanno trasformato la teoria in dogma. E così proibirono al marxismo di crescere come scienza.

Il marxismo scientifico è morto, ma il suo senso di responsabilità sociale ed il suo amore per la libertà debbono seguitare a vivere.

Il marxismo è morto di marxismo. O, per essere più esatti: il potere marxista è morto a causa dell’infecondità della teoria marxista..

Secondo Marx, tutte le accumulazioni di mezzi di produzione possono essere chiamate capitale, possiamo anche dire che capitalismo è sinonimo di industrialismo. Possiamo, in questo senso, legittimamente definire come capitalismo di Stato, una società comunista nella quale lo Stato è proprietario di tutto il capitale.

Il marxismo è solo un episodio, uno dei tanti errori che abbiamo commesso, nella perenne e pericolosa lotta per costruire un mondo migliore e più libero.

La presa del potere del marxismo per opera di Lenin, trentaquattro anni dopo la morte di Marx, è una ripetizione, quasi puntuale, della conquista del potere di Rousseau, sedici anni dopo la propria morte, per mano di Robespierre.

Dopo un lungo periodo di esperimenti falliti...Lenin decise di adottare misure che significavano, di fatto, un limitato e temporaneo ritorno all’impresa privata.

Dobbiamo sempre tenere presente il fatto che il successo dei comunisti in Russia fu indubbiamente reso possibile, in parte, dalle cose terribili che erano accadute prima della loro salita al potere.

Si consideri...la storia della Russia a partire dal 1917. Ciò che per prima cosa lì è accaduto è la presa del potere, vale a dire, ciò che, secondo la teoria di Marx, sarebbe dovuto accadere per ultimo.

In un’epoca più vicina a noi, quella di Kruscev, alla quale faccio risalire l’inizio del declino sovietico, penso che già più nessuno, all’interno del gruppo dirigente comunista, prendesse la dottrina marxista sul serio, se non come un mezzo per tenere insieme le cose e tirare avanti.

Ci vorranno anni per instaurare un sistema legale nell’ex Unione Sovietica, anni prima che si possa stabilire qualcosa di simile a un mercato libero. E prima di allora vedremo ogni sorta di avventure.

È Gorbaciov che giunge ad una affermazione importante, quando dice: "Voglio fare del popolo dell’Unione Sovietica un popolo normale".

Eltsin appare dominato, oltre che dall’idea che ha di se stesso, dalla sola preoccupazione di vendicarsi di Gorbaciov.

 

MEDICINA

I medici fanno continuamente grandi sbagli ed hanno motivi particolari per nasconderlo. Si avanza la pretesa che non lo possano dire perché i pazienti perderebbero la fiducia...Lo ritengo falso. I pazienti sanno benissimo che i medici sbagliano ed avranno maggiore fiducia se i medici lo ammettono apertamente.

Anche se la medicina risulta essere un’arte, è un errore ritenere che possa essere presa come esempio delle scienze naturali, poiché essa è una scienza applicata, piuttosto che una scienza pura.

Il medico ha imparato una sorta di programma delle domande da porre...alcune del tutto generali e (altre) specifiche sulla localizzazione dei dolori e su che cosa non va bene e così via...alcune possibilità vengono escluse...Si tratta di un processo di eliminazione dell’errore...(finché) si arriva ad un piccolo numero di possibilità (e) alla fine rimane la diagnosi.

Vi sono alcuni medici che, entrando in una stanza, possono annusare una diagnosi: hanno una sorta di sesto senso per questo tipo di cose. Ma questo non è così importante. La cosa veramente importante è che la diagnosi consiste, quasi interamente, in un abile processo di prova ed errore

Le persone che assistono un malato, spesso invocano la presenza di un’autorità medica. Ma questa non esiste, per la ragione che il sapere, il sapere certo, è una parla vuota.

Temo che anche i dottori soccombano spesso alla tentazione di far percepire ai propri pazienti il potere che detengono.

La lotta contro la povertà ha prodotto in alcuni paesi uno Stato assistenziale, con una mostruosa burocrazia ed una burocratizzazione quasi grottesca della natura dei medici e degli ospedali, con il risultato che, soltanto parti infinitesimali delle somme spese per l’assistenza, vanno a vantaggio di coloro che ne avevano bisogno.

 

MITI

I filosofi greci inventarono una nuova tradizione, consistente nell’assumere un atteggiamento critico nei confronti dei miti, nel discuterli, nel non limitarsi a raccontare un mito, ma nell’accettare anche il confronto con colui al quale è stato esposto.

I miti si trasformano e cambiano, nel senso che ci offrono una descrizione sempre migliore del mondo, dei molteplici oggetti osservabili. Essi ci spingono ad osservare fenomeni che non avremmo mai indagato.

Sotto lo stimolo della critica, i miti sono costretti a conformarsi al compito di fornirci un disegno adeguato e più dettagliato, del mondo in cui viviamo.

Gli scienziati (fin dai tempi di Talete, di Democrito, del Timaeus platonico e di Aristarco), hanno osato creare miti che, pur essendo in netto contrasto con il mondo quotidiano dell’esperienza comune, sono tuttavia capaci di spiegare alcuni aspetti di tale mondo.

Secondo (il mito della cornice), tutti gli argomenti devono procedere all’interno di una cornice di assunzioni, così che la cornice stessa resta al di fuori dell’argomentazione razionale. Si potrebbe chiamare questa visione relativismo, poiché implica che, ogni asserzione deve essere considerata relativa a una data cornice di assunzioni.

Il mito della cornice è semplicemente sbagliato. Si può ammettere che la discussione fra persone che condividono posizioni identiche...procederà più facilmente che non (quella) fra persone che hanno posizioni opposte...ma soltanto in quest’ultimo caso la discussione avrà la possibilità di produrre qualcosa di interessante.

In ogni momento ci troviamo imprigionati in una cornice e in un linguaggio...che limitano il nostro pensiero...(ma), in ogni momento, siamo liberi di uscire dalla prigione, criticando il nostro contesto e adottandone uno più ampio e più vero ed un linguaggio più ricco e meno carico di pregiudizi.

Non credo (che), per rendere feconda una discussione, coloro che vi partecipano, debbano avere molto in comune. Al contrario, più diverso è il loro retroterra, più feconda sarà la discussione. Non c’è neppure bisogno di un linguaggio comune per iniziare: se non ci fosse stata la torre di Babele avremmo dovuto costruirne una.

CREDENZE/PREGIUDIZI

Credenze erronee possono avere uno stupefacente potere di sopravvivere per migliaia di anni, a dispetto dell’esperienza.

Dalla ricerca scientifica impariamo che alcune delle nostre idee, l’idea che la terra è piatta e che il sole si muove, sono pregiudizi.

Scopriamo che una delle nostre credenze è un pregiudizio soltanto dopo che il progresso della scienza ci ha portati ad abbandonarla. Non esiste infatti nessun criterio, in grazia del quale potremmo riconoscere i pregiudizi in anticipo, rispetto a questo progresso.

Prendiamo un uomo che creda nella teoria secondo cui la storia è storia della lotta di classe tra proletari virtuosi e capitalisti cattivi. Se crede in questa teoria, allora tutto ciò che osserva od esperisce e tutto ciò che i giornali riportano (o mancano di riportare), sarà da lui interpretato nei termini di questa credenza.

La credenza non è mai razionale: razionale è il sospendere la credenza.

TABU’

Il collasso del tribalismo magico è strettamente connesso con la constatazione che i tabù sono diversi nelle varie tribù, imposti e fatti rispettare dall’uomo e che possono essere violati senza conseguenze spiacevoli, a patto che si riesca a sottrarsi alle sanzioni imposte dagli altri membri della comunità.

Ci liberiamo da un tabù se vi riflettiamo e ci domandiamo consapevolmente se dobbiamo accettarlo o rifiutarlo.

I nostri stessi modi di vita sono ancora condizionati dalla pressione di tabù; tabù alimentari, tabù di belle maniere e molti altri.

Le decisioni personali possono portare all’alterazione dei tabù e anche delle leggi politiche che non sono più tabù.

MODA

Per molti anni ho cercato di contestare le mode intellettuali nella scienza e ancor più in filosofia. Il pensatore alla moda è per lo più prigioniero del proprio conformismo, mentre io considero la libertà...uno dei principali valori che la vita può offrirci, se non il principale.

Le mode sono stupide e cieche, specialmente le mode filosofiche, in esse è inclusa la credenza che la storia sarà il nostro giudice.

Proprio come il pensatore alla moda è prigioniero del suo mondo, l’esperto è schiavo della sua specializzazione, laddove è la libertà dalle mode intellettuali e dalle specializzazioni a rendere possibile la scienza e la razionalità.

L’appello all’autorità degli esperti non dovrebbe essere né giustificato né difeso. Lo si dovrebbe riconoscere, al contrario, per quello che è: una moda intellettuale.

Il senso represso della nostra fallibilità (è) responsabile della deprecabile tendenza a raggrupparci in conventicole ed a marciare dietro a tutto ciò che sembra una moda: ciò fa sì che molti di noi ululino, assieme con i lupi.

Non credo in mode, orientamenti, tendenze, o scuole...penso che la storia dell’umanità si potrebbe descrivere come la storia delle esplosioni di malattie filosofiche e religiose alla moda. Queste mode possono avere un’unica funzione seria: quella di attirare la critica.

Vorrei introdurre la moda della modestia intellettuale, il pensare continuamente a ciò che non sappiamo.

Vi sono mode in filosofia, così come ve ne sono nella scienza. Ma un autentico ricercatore di verità non seguirà le mode, diffiderà di esse e le saprà anche combattere, se necessario.

Resistere a una nuova moda richiede forse tanto coraggio, quanto è stato necessario per crearla.

 

 

MONDO

Se i giovani guardano al mondo con la convinzione che sia miserabile ed orribile, diventano infelici, in un mondo che è meraviglioso, ma vivono anche da ingrati, in un mondo in cui avrebbero grandi compiti, in cui ci sono grandi cose da migliorare.

Continuare a dire ai giovani che viviamo in un inferno può rovinare la loro vita per sempre, li si può addirittura uccidere. I sovietici non lo fanno (e questa è forse l’unica cosa che possiamo imparare da loro).

In Occidente viviamo in un mondo che è il migliore, il più giusto, il più assistenziale che ci sia mai stato nella storia. Viviamo nel mondo libero in cui abbiamo le maggiori possibilità, in cui possiamo parlare liberamente. Questo è un mondo che in passato non ci fu mai.

(Cerchiamo) di vedere il mondo...come un luogo meraviglioso che noi giardinieri, possiamo ancora migliorare e coltivare (e cerchiamo) di usare la modestia di un giardiniere esperto, il quale sa che molti dei suoi tentativi falliranno.

C’è almeno un problema cui sono interessati tutti gli uomini che pensano: quello di comprendere il mondo in cui viviamo e quindi noi stessi (che siamo parte di quel mondo) e la conoscenza che ne abbiamo.

Ad uno degli astronauti che partecipò alla prima visita sulla luna, è attribuita una semplice, saggia e bella osservazione..."Ho visto alcuni pianeti nella mia vita, ma datemi sempre la Terra". Penso che questa non sia soltanto saggezza, ma sapienza filosofica.

Finché viviamo, riceviamo sempre più di quanto ci è dovuto. Per rendercene conto, dobbiamo imparare che il mondo non ci deve nulla.

Io credo che molte cose possono venir spiegate, se ammettiamo che oggi ha preso piede una falsa religione...per cui il nostro mondo...è un inferno.

Il mondo è creativo. E questo risulta palese dal fatto che esso ha creato un Mozart, capace di creare le opere di Mozart.

Non sappiamo come mai siamo vivi su questo meraviglioso, piccolo pianeta e neppure perché dovrebbe esistervi qualcosa come la vita. Ma eccoci qui e abbiamo ogni ragione per stupircene ed esserne grati.

Troppi riformatori si ripropongono di ripulire la tela del mondo sociale (come la chiamò Platone), cancellando tutto e partendo da capo...Se si costruisce da capo un mondo razionale, non c’è ragione di credere che si tratterà di un mondo felice e, neppure che, poiché è progettato, sarà migliore di quello in cui viviamo.

Otto Lilienthal e i fratelli Wright e molti altri hanno sognato di volare e hanno messo in gioco consapevolmente la loro vita, per il loro sogno. Non era la speranza di guadagno che li ispirava, bensì il sogno di una nuova libertà...Era la ricerca di un mondo migliore nella quale Otto Lilienthal perse la vita.

Tutto ciò che vive, ricerca un mondo migliore.

 

MORALE/ETICA

Il principio di tutta la morale è che nessuno debba ritenere di valere più di qualsiasi altra persona. Sostengo che questo è l’unico principio accettabile, considerando la notoria impossibilità di giudicare imparzialmente sé stessi.

La sofferenza umana propone una sollecitazione morale diretta, cioè la richiesta di aiuto, mentre non c’è alcun invito simile ad accrescere la felicità di un uomo che sta comunque bene.

È nostro dovere aiutare quelli che hanno bisogno, ma non può essere nostro dovere rendere gli altri felici, perché ciò non dipende da noi e troppo spesso significherebbe intrusione nella privacy di coloro per i quali nutriamo così amabili intenzioni.

Il dolore di un uomo non può essere controbilanciato dal piacere di un altro.

Invece della massima felicità per il massimo numero possibile, si dovrebbe chiedere, più modestamente, la minor quantità di sofferenza evitabile per tutti e che la sofferenza inevitabile, come per esempio la fame, sia ripartita il più equamente possibile.

Per fortuna sembra che sia in declino la moralità storicistica romantica della fama. Il milite ignoto lo dimostra. Cominciamo a renderci conto che, il sacrificio può avere un alto e superiore, significato, quando è fatto in maniera anonima.

L’etica si può insegnare ai bambini soltanto fornendo loro un ambiente attraente e buono e, soprattutto, buoni esempi.

Credo...che la verità oggettiva sia un valore...etico, forse addirittura il più alto valore e che la malvagità sia il massimo non-valore.

La natura consiste di fatti e di regolarità e non è né morale né immorale. Siamo noi che imponiamo i nostri standard alla natura e che introduciamo la morale nel mondo naturale, nonostante il fatto che siamo parte di questo mondo.

Una persona agisce razionalmente nella misura in cui è responsabile delle sue azioni (e) ne risponde di fronte agli altri ed a sé stesso. In tal caso la si potrà descrivere come un agente morale ed un io morale.

Il fatto che i valori...morali possano entrare in conflitto, non li invalida. In una situazione possono essere rilevanti, in altre irrilevanti. Possono essere accessibili a certe persone ed inaccessibili ad altre. Ma tutto ciò è diverso dal relativismo, secondo il quale si può difendere qualsiasi complesso di valori.

Non mi chiedo chi fu il primo legislatore etico: sostengo soltanto che siamo noi e noi soli, i responsabili di approvare o respingere certe leggi morali che ci sono proposte; siamo noi che dobbiamo distinguere fra i veri ed i falsi profeti.

(È) moralmente sbagliato non credere alla realtà ed all’infinita importanza della sofferenza umana ed animale ed alla realtà ed all’importanza della speranza umana e dell’umana bontà.

Il campo dell’etica ne guadagna in chiarezza se formuliamo le nostre domande negativamente, cioè se domandiamo l’eliminazione della sofferenza, piuttosto che la promozione della felicità.

Dobbiamo imparare a fare il nostro lavoro ed a compiere i nostri sacrifici per amore di questo lavoro e non per amore della gloria o per evitare il biasimo.

Aiutate i vostri nemici, assistete quanti sono in difficoltà, anche se vi odiano, ma amate soltanto i vostri amici.

 

OTTIMISMO/PESSIMISMO

Tutto quello che il mio ottimismo, in relazione al presente, può dare per il futuro, è speranza.

Io sono un ottimista, il quale non sa niente del futuro e che pertanto non fa alcuna previsione.

Non dobbiamo essere pessimisti. Non ha alcun senso dire: tutto va male. Il vero problema è: cosa possiamo fare perché le cose vadano un poco meglio? Forse possiamo fare molto poco. Ma ciò che possiamo fare, dobbiamo farlo!

Non so cosa porterà il futuro e non credo a quelli che credono di saperlo. Il mio ottimismo si riferisce a quanto si può imparare dal passato o dal presente. Molte cose furono e sono possibili, nel bene e nel male e noi non abbiamo motivo di abbandonare la speranza per un mondo migliore.

Gli arcigni profeti del pessimismo sono, tra gli intellettuali, quelli che esercitano l’influsso più forte.

Sono un ottimista...in un mondo in cui, tra gli intellettuali, essere pessimisti è diventata la moda imperante.

Ritengo che il nostro tempo non sia così negativo come generalmente si dice, che sia migliore e più bello della sua fama.

Scorgo nel pessimismo, il pericolo più grande e vedo questo pericolo nel continuo tentativo di dire ai giovani che vivono in un mondo cattivo...Guardando alla storia, viviamo nel miglior mondo che si sia fino ad oggi avuto.

Alcuni pessimisti mi hanno fatto notare che Otto Lilienthal, il cultore tedesco del deltaplano, sognò, come Leonardo, un modo di volare affine al volo degli uccelli. Sarebbero certo inorriditi se vedessero il nostro Airbus.

 

PACE/GUERRA

Ci sono state anche troppe guerre aggressive di religione, sia prima che dopo le Crociate, ma non mi risulta che si sia combattuto una sola guerra per scopi scientifici e ispirata da scienziati.

Quasi tutte le guerre più distruttive sono state guerre di religione o ideologiche, con l’importante eccezione, forse, di quelle di Gengis Khan, a quanto pare sostenitore esemplare della tolleranza religiosa.

Non si può fare una rivoluzione senza causare una reazione.

Il più grande passo verso un mondo migliore e più pacifico è stato compiuto nel momento in cui la guerra delle armi ha cominciato ad essere...sostituita dalla guerra delle parole.

Io vedo unicamente una via alla pace...La via consiste nel far sì che gli intellettuali...diventino più modesti e non tentino di giocare il ruolo di grandi duci. Nessuna nuova ideologia, nessuna nuova fondazione di religioni. E al posto di tutto ciò: "Un po’ di modestia intellettuale".

Voglio...portare l’attenzione sul fatto che il grande problema di creare la pace perpetua sulla terra, non è un problema irrisolvibile.

Ossessionati dal ricordo delle due guerre mondiali e dalla minaccia di una terza, siamo tutti inclini a sottovalutare qualcosa di importante, il fatto che a partire dal 1918, tutta l’Europa ha riconosciuto l’idea di pace come fondamentale.

Allo stato attuale il disarmo unilaterale è ancora una follia...Penso che, il disarmo unilaterale e tutti gli atti in suo favore, abbiano favorito lo scoppio di tutte e due le guerre mondiali.

Hiroshima e Nagasaki hanno mostrato che, se soltanto una delle due parti in conflitto, possiede bombe atomiche, può darsi che questa parte, decida di usarle per porre termine al conflitto (se possibile, prima che l’altra parte decida di costruire, o di ricostruire, un arsenale atomico).

La bomba nucleare ci ha dimostrato la futilità del culto della scienza, intesa come strumento di dominio sulla natura...ha dimostrato che questo dominio...può autodistruggerci, renderci schiavi anziché liberi, se non addirittura annientarci tutti quanti.

La bomba atomica ha conseguito qualcosa di buono: per la prima volta nella storia dell’umanità nessuno più vuole la guerra, né in Occidente né in Russia.

Non c’è nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato. Anche l’amore può diventare strumento di assassinio e del pacifismo si può fare una delle armi di una guerra aggressiva.

Non sono contrario, in tutti i casi e in tutte le circostanze, alla rivoluzione violenta. Credo...che, sotto una tirannide, può davvero non esserci altra...ma anche che, qualsiasi rivoluzione del genere, debba avere come scopo soltanto l’instaurazione di una democrazia.

Una rivoluzione violenta che cerchi di ottenere più che la distruzione della tirannide ha almeno altrettante probabilità di dar vita a un’altra tirannide che di raggiungere i suoi reali obiettivi.

Le rivoluzioni violente uccidono i rivoluzionari e corrompono i loro ideali. I sopravvissuti sono soltanto i più abili specialisti dell’arte di sopravvivere.

Trovo tragico che l’Europa abbia posto attenzione quasi sempre all’esempio malriuscito della Rivoluzione Francese...mentre non ha affatto preso in considerazione...il grandioso esempio della Rivoluzione Americana.

Il fatto che siamo in grado di prevedere le eclissi, non è una buona ragione per aspettarci di poter prevedere le rivoluzioni.

 

PARADOSSI

Un paradosso poco preso in considerazione è il paradosso della democrazia o, più precisamente, del governo maggioritario, cioè la possibilità che la maggioranza decida che il governo venga affidato ad un tiranno.

Il paradosso della libertà può essere espresso affermando che la libertà illimitata porta al suo contrario, dato che, senza la sua protezione mediante la legge, la libertà finisce col portare ad una tirannide dei forti sui deboli.

La libertà, nel senso dell’assenza di qualsiasi controllo restrittivo, deve portare ad un’enorme restrizione, perché rende i prepotenti liberi di schiavizzare i mansueti. Questa idea, in una forma un po’ diversa e con una tendenza del tutto diversa, è chiaramente espressa da Platone.

La tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza, anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante, contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi (Paradosso della tolleranza).

Supponiamo che qualcuno un giorno dica: "Tutto quello che dico oggi è una menzogna" o, più precisamente: "Tutte le affermazioni che faccio oggi sono false" e che non dica nient’altro per tutto il resto della giornata. Se ci chiediamo se ha detto la verità, ecco che cosa troviamo. Se partiamo dalla supposizione che quanto ha detto è vero, allora arriviamo, considerando quanto ha detto, al risultato che deve essere falso. Se partiamo invece dalla supposizione che quanto ha detto è falso, allora dobbiamo concludere, considerando quanto ha detto, che è vero (Paradosso del mentitore)

Non c’è soltanto un paradosso della libertà, ma anche un paradosso della pianificazione dello Stato. Se pianifichiamo troppo, se diamo troppo potere allo Stato, allora la libertà andrà perduta e ciò significherà la fine della pianificazione.

 

PEDAGOGIA

La nostra pedagogia consiste nel riversare nei fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande e alle domande che pongono, non si dà ascolto.

Risposte senza domande e domande senza risposte. In ciò consiste essenzialmente la nostra pedagogia.

Il nostro mondo è minacciato da un’educazione folle. Su di essa dobbiamo davvero agire e, una volta che avremo proceduto a realizzare un’educazione molto responsabile, potremo tornare ai giorni in cui la violenza era un fatto raro.

Fino a quando molti insegnanti sono insegnanti amareggiati, amareggeranno i bambini e li renderanno infelici.

Poiché riflettevo sulle mie esperienze come giovane insegnante in cattive scuole, sono arrivato alla conclusione che, la cosa più importante sia di dare ai cattivi insegnati la possibilità di lasciare la scuola.

Molti insegnanti vengono fatti prigionieri dalla scuola, vi stanno dentro da infelici e non possono più uscirne...a queste persone bisogna costruire ponti d’oro, perché se ne possano andare, Al loro posto verranno giovani che, in parte, sono insegnanti nati.

Il principio che noi non dobbiamo danneggiare soprattutto coloro che ci sono stati affidati, dovrebbe essere nell’educazione tanto fondamentale quanto in medicina.

Stando alla mia esperienza, l’insegnamento dogmatico ed acritico e, in particolare, l’addestramento alla prolissità ed a qualche ideologia occidentale, rappresentano ostacoli alla discussione razionale, molto più seri di ogni distanza culturale o linguistica.

"Non arrecare danno" e pertanto "dà ai giovani ciò di cui essi hanno bisogno più urgente, per renderli indipendenti da noi e capaci di scegliere da sé stessi". Sarebbe un validissimo obiettivo, la cui realizzazione è alquanto lontana, pur se sembra tanto modesta.

Il vero maestro può mostrarsi tale soltanto dando prova di quell’atteggiamento autocritico che invece manca nelle persone non educate.

Lungi dal costituire luoghi di discussione critica, (le scuole) assolvono al compito di impartire una determinata dottrina e di conservarla pura ed immutata...le concezioni nuove sono eresie e portano agli scismi.

Una certa quantità di controllo statale nell’educazione...è necessaria...ma un eccessivo controllo statale è un fatale pericolo per la libertà, dato che porta fatalmente all’indottrinamento.

Le scuole hanno conservato...certi aspetti di tribalismo. Ma noi non dobbiamo pensare soltanto ai loro emblemi...ma anche al carattere patriarcale ed autoritario di tante scuole...Non è certo un caso se le scuole sono così spesso bastioni della reazione ed i maestri di scuola dittatori in edizione tascabile.

I cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma di un processo educativo.

Nel corso della mia lunga vita non mi sono mai annoiato, eccetto che alle conferenze e specialmente durante le lezioni a scuola, che mi causavano un dolorosissimo torpore cerebrale.

Io credo...che tutto l’insegnamento a livello universitario (e, se possibile, a livello inferiore) dovrebbe essere esercizio ed incoraggiamento al pensiero critico.

Ci sono due modi diversi di imparare. Il primo è imparare qualcosa di nuovo; l’altro consiste nello spingere al di sotto della coscienza, quanto si è imparato...Al pianoforte, all’inizio, è terribilmente difficile coordinare le dita con la note, giacché si tratta di imparare qualcosa di nuovo, in seguito...uno cerca di dedicarsi alla cosa più importante: l’idea del compositore.

 

PEDAGOGIA DELL’ERRORE

Il metodo per prova ed errore non viene applicato soltanto da Einstein, ma anche, in maniera più dogmatica, dall’ameba. La differenza non sta tanto nelle prove, quanto in un atteggiamento critico e costruttivo di fronte agli errori.

Tra l’ameba e Einstein c’è un solo scalino. Entrambi lavorano col metodo di tentativi ed errore. L’ameba deve odiare i propri errori, perché quando sbaglia, muore. Ma Einstein, sa che noi impariamo soltanto dai nostri errori e non risparmia...tentativi, tesi a scoprire nuovi errori, per eliminarli dalle teorie.

Impariamo dai nostri sbagli, per via di tentativi ed errori...(e) ci rendiamo conto di quanto poco sappiamo, come quando, scalando un monte, ogni passo in su, ci apre nuove prospettive nell’ignoto e nuovi mondi si svelano della cui esistenza nulla sapevamo, quando abbiamo cominciato la scalata.

Anche se il mondo che ci appare, è davvero un mondo di mere ombre, proiettate sul muro della nostra caverna, noi ci spingiamo costantemente oltre esso...e, quando li abbiamo individuati, sono i nostri stessi errori a fornirci i deboli segnali rossi che ci aiutano a trovare, a tentoni, la via d’uscita dalla oscurità della caverna.

Nessuno è esente dal commettere errori. La cosa importante è riuscire ad imparare da essi. E questo lo si fa con la critica e scoprendo i problemi nuovi che questa porta alla luce.

Invece di posare a profeti, dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Dobbiamo imparare a fare le cose nel miglior modo che ci è possibile e ad andare alla ricerca dei nostri errori.

Dissimulare gli sbagli è il più grave peccato intellettuale.

Ci sono ben pochi campi del comportamento umano, per non dire nessuno, che siano indenni dalla fallibilità umana. Ciò che ritenevamo ben fondato o addirittura certo, può, successivamente, risultare non del tutto corretto (il che significa falso) e bisognevole di correzione.

Non conosco scienziato che non abbia commesso errori e sto pensando a scienziati sommi come Galileo, Keplero, Newton, Einstein, Darwin, Mendel, Pasteur, Koch, Crick, e anche Hilbert e Gödel. Non soltanto tutti gli animali sono fallibili, ma anche tutti gli uomini

A livello prescientifico ci ripugna l’idea di poter sbagliare e perciò, ci aggrappiamo dogmaticamente alle nostre congetture il più a lungo possibile, mentre a livello scientifico siamo noi stessi ad andare sistematicamente alla ricerca dei nostri errori.

Possiamo imparare dai nostri errori, a meno che non ci leghiamo ad una ideologia e quindi, ci persuadiamo che sappiamo e che, poiché sappiamo, non dobbiamo imparare più niente. Questo naturalmente è il più dannoso di tutti gli errori possibili.

Che errare sia umano significa che dobbiamo sempre lottare contro l’errore, ma nemmeno operando con la massima meticolosità, potremo mai essere del tutto sicuri di non aver mai commesso uno sbaglio.

La certezza non può ragionevolmente essere la nostra meta. Se ammettiamo la fallibilità della conoscenza umana, ne consegue che non potremo mai essere sicuri di non aver commesso errori.

POLITICA

Il problema più urgente di una politica razionale è la miseria umana, mentre la felicità non va posta sullo stesso piano. L’attingimento della felicità dovrebbe essere lasciato agli sforzi dei singoli.

Dovremmo soppiantare questo orribile sistema dei partiti, in base al quale la gente che sta nel Parlamento è, prima di tutto, dipendente da un partito e, soltanto in seconda istanza, sta lì per usare il proprio cervello, per il bene della popolazione che rappresenta.

Questo sistema deve essere sostituito. Dobbiamo ritornare, se possibile, ad uno stato in cui gli eletti vadano in Parlamento e dicano: io sono il vostro rappresentante e non appartengo a nessun partito.

Il metodo scientifico nella politica significa che, alla grande arte con cui ci autopersuadiamo di non aver fatto sbagli, o facciamo finta di non vederli, o li nascondiamo, o ne diamo la colpa ad altri, sostituiamo l’altra di accettare la responsabilità dei nostri sbagli e di cercare di trarne una lezione.

In politica (è) ragionevole adottare il principio di essere pronti al peggio, nella misura del possibile, anche se, dobbiamo, nello stesso tempo, cercare di ottenere il meglio.

Tutti i problemi politici sono...istituzionali, di struttura legale, piuttosto che di persone e che il progresso verso una maggiore uguaglianza, può essere salvaguardato soltanto mediante il controllo istituzionale del potere.

L’opposizione parlamentare deve impedire alla maggioranza di rubare il denaro dei contribuenti. Ma io ricordo un piccolo scandalo, avvenuto in un paese dell’Europa sudorientale...fu il caso in cui maggioranza ed opposizione si fecero corrompere da una forte somma di denaro, che spartirono fra di loro.

L’opinione pubblica, quale che sia la sua natura, è assai potente. Può cambiare i governi, anche quelli non democratici.

I movimenti religiosi e gli individui singoli possono influenzare grandemente l’opinione pubblica. Henry Ford scoperse, con stupore di tutti i marxisti e di molti capitalisti, che un aumento dei salari può rivolgersi in un vantaggio per l’imprenditore.

Una minoranza, che è economicamente forte, può...sfruttare la maggioranza di coloro che sono economicamente deboli.

DEMOCRAZIA

La possibilità di deporre un governo, senza colpi di fucile, è la cosa più importante della democrazia. Tutto il resto dipende dai cittadini, dai democratici.

La democrazia non può essere migliore dei democratici.

Non ha senso fare lamenti sulla democrazia. La risposta a questi lamenti è: che cosa hai fatto per migliorare la democrazia.

Se tenti di arrivare ad una società perfetta, sarai di certo contro la democrazia. Ma non realizzerai nulla di migliore. La politica significa scegliere il male minore.

Platone formulava il problema in questo modo: "Chi deve comandare? I pochi o i molti?". La sua risposta era: deve comandare il migliore. Marx si chiese: "Chi deve comandare? I capitalisti o i lavoratori? Ma la domanda...è mal riposta. Ho proposto di sostituirla con un’altra, e cioè: "Come possiamo organizzare lo Stato e i governo in modo che, anche i governanti cattivi, non possano provocare danni troppo grandi?" La risposta a questa domanda è la democrazia che ci permette di deporre un governo, senza spargimento di sangue.

Preferisco chiamare democrazia il tipo di reggimento politico che può essere sostituito, senza l’uso della violenza, e tirannide l’altro.

Il pensiero che, dall’idea di democrazia, possa venir logicamente dedotta la superiorità morale del sistema proporzionale e che, i sistemi continentali, a causa della proporzionale, siano...più democratici, rispetto a quelli anglosassoni, è ingenuo e non regge a una riflessione appena più approfondita.

La democrazia non costituisce più che un’intelaiatura nel cui ambito i cittadini possono agire in forme più o meno organizzate e coerenti.

Noi siamo democratici, non perché la maggioranza ha sempre ragione, ma perché le tradizioni democratiche rappresentano il male minore rispetto ad altre.

Le democrazie non sono...sovranità popolari, ma...istituzioni attrezzate per difendersi dalle dittature.

Non c’è in democrazia il principio che la maggioranza ha ragione, perché la maggioranza può commettere i più gravi errori, può introdurre un tiranno, come è accaduto piuttosto spesso. In Germania, Hitler non ha mai avuto la maggioranza, ma in Austria fu votato da più del novanta per cento degli elettori.

Sappiamo da Tucidide che la democrazia ateniese...ha anche preso decisioni criminali. Attaccò...la neutrale città insulare di Melos, uccise tutti gli uomini e vendette le donne ed i bambini sui grandi mercati degli schiavi. La democrazia ateniese fu capace di questo.

Senza controllo democratico, non ci può essere alcuna ragione al mondo per cui qualsiasi governo non debba usare il suo potere politico ed economico a finalità molto diverse dalla protezione della libertà dei suoi cittadini.

La difesa della democrazia consistere nel rendere gli esperimenti antidemocratici troppo onerosi per coloro che li tentano, molto più onerosi di un compromesso democratico.

So naturalmente che molte cose dovrebbero essere migliorate. La più importante è che le nostre democrazie non sono abbastanza chiaramente distinguibili dalle dittature della maggioranza.

La maggioranza di coloro che hanno una statura inferiore a 6 piedi, può decidere che sia la minoranza di coloro che hanno statura superiore a 6 piedi, a pagare tutte le tasse.

Per il governo la democrazia è la forma di gran lunga più scomoda e difficile, perché i governi sono sempre minacciati di destituzione. Devono rendere conto a me e a voi.

L’egualitarismo è la richiesta che i cittadini dello Stato siano trattati imparzialmente e che la nascita, i rapporti familiari o la ricchezza non intervengano a influenzare...la giustizia. Esso non riconosce alcun privilegio naturale, benché certi privilegi possano essere conferiti dai cittadini a coloro nei quali hanno fiducia.

L’uguaglianza davanti alla legge non è un fatto, ma una rivendicazione politica, fondata su una decisione morale ed è assolutamente indipendente dalla teoria, probabilmente falsa, che tutti gli uomini nascono uguali.

Gli uomini non sono uguali, ma noi possiamo decidere di batterci per l’uguaglianza dei diritti.

Governo

Ciò che importa...non è tanto chi governa, ma in che modo coloro che governano possono essere influenzati e controllati.

Si dice che un governo ha il diritto di comandare, quando è legittimo...ma non dobbiamo dimenticare che Hitler giunse al potere legittimamente e che la legge sui pieni poteri, che lo rese un dittatore, fu decisa da una maggioranza parlamentare. Il principio di legittimità non è sufficiente. È una risposta alla domanda platonica "Chi deve comandare?". Dobbiamo cambiare la domanda stessa.

Sono portato a ritenere che i governanti sono stati raramente, sia moralmente che intellettualmente, al di sopra della media e spesso al di sotto di essa.

Nonostante le limitate informazioni di cui dispongono, numerosi uomini semplici sono più saggi dei loro governanti, se non proprio più saggi, sono ispirati da intenzioni migliori e più generose.

Considero una disgrazia la proliferazione dei partiti e quindi anche la legge elettorale proporzionale. La frammentazione dei partiti, infatti, porta a governi di coalizione in cui nessuno si assume la responsabilità di fronte al tribunale del popolo, perché tutto è inevitabilmente un compromesso.

Il giorno delle elezioni, non è un giorno che legittima il nuovo governo, ma un giorno in cui noi sediamo a giudizio sul vecchio governo. Il giorno in cui il governo deve rendere conto del suo operato.

ISTITUZIONI

Le istituzioni democratiche non possono migliorare sé stesse. Il problema del loro miglioramento...riguarda le persone, piuttosto che le istituzioni.

Il funzionamento delle istituzioni, come quello delle fortezze, dipende dalle persone che le presidiano. Il meglio che si possa fare...è dare maggiori possibilità alle persone (se ve ne sono) che intendono usare le istituzioni, secondo il loro fine sociale "peculiare".

Vi sono soltanto due tipi fondamentali di istituzioni: quelle che consentono un mutamento del governo, senza spargimento di sangue e quelle che non lo consentono. Ma se il governo non può essere cambiato senza spargimento di sangue, nella maggioranza dei casi, non può essere rimosso per nulla.

Dobbiamo costruire istituzioni sociali, imposte dalla forza dello Stato, per la protezione degli economicamente deboli, nei confronti degli economicamente forti.

Soltanto pianificando, grado a grado, le istituzioni atte a salvaguardare la libertà, specialmente la libertà dallo sfruttamento, possiamo sperare di realizzare un mondo migliore.

La teoria della rivoluzione trascura l’aspetto più importante della vita sociale, cioè che abbiamo bisogno, non tanto di uomini validi, quanto di buone istituzioni.

Le istituzioni, come le leve, sono necessarie se vogliamo conseguire qualcosa che vada oltre la forza dei nostri muscoli.

Le istituzioni...come le macchine, hanno bisogno di una intelligente supervisione da parte di qualcuno che ne conosce il modo di funzionamento e, soprattutto, il fine, dal momento che non possiamo costruirle in maniera che operino con automatismo integrale.

Le istituzioni non agiscono, agiscono soltanto gli individui nelle o per le istituzioni.

Soltanto una minoranza delle istituzioni sociali sono volutamente progettate, mentre la gran maggioranza di esse sono semplicemente venute su, cresciute come risultato non premeditato di azioni umane

Liberalismo

Per liberale, non intendo una persona che simpatizza per un partito politico, ma un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità.

Liberalismo ed intervento statale non sono tra loro in antitesi. Al contrario, qualsiasi genere di libertà è chiaramente impossibile se non è garantito dallo Stato.

Il liberalismo crede nell’evoluzione, piuttosto che nella rivoluzione (a meno che non si sia posti di fronte a una tirannide).

Io non (sono) soltanto un empirista e un razionalista...ma anche un liberale, nel senso inglese del termine, ma proprio perché sono un liberale, credo che...poche cose siano più importanti del sottoporre le varie teorie del liberalismo ad un esame critico approfondito.

LIBERO MERCATO

Se prima non si è instaurato un sistema legale, non si può avere un mercato libero. Ci deve pur essere una differenza tra comprare e vendere, da una parte, e derubare dall’altra.

Un libero mercato...non c’è e non può esserci, senza l’intervento dello Stato. La libertà del mercato è fondamentale, ma non può essere una libertà assoluta. Questo è vero per il mercato, come per qualunque altra cosa. La libertà assoluta è un non senso.

L’illimitata libertà economica può essere autodistruttiva (come) la illimitata libertà fisica ed il potere economico può essere quasi altrettanto pericoloso che la violenza fisica. Infatti, coloro che dispongono di un’eccedenza di derrate, possono costringere coloro che hanno penuria, ad una servitù liberamente accettata, senza usare violenza.

 

POTERE

Finché un uomo non accumula abbastanza forza fisica da dominare tutti gli altri, deve dipendere dai suoi aiutanti. Anche il più potente tiranno dipende dalla sua polizia segreta (e) dai suoi carnefici. Questa dipendenza significa che il suo potere, per quanto grande sia, non è affatto incondizionato e che deve fare concessioni, opponendo un gruppo all’altro.

Non si può dare ad un uomo il potere sopra gli altri uomini, senza che egli abbia la tentazione di abusarne, tentazione che aumenta...in ragione del potere esercitato ed a cui pochissimi sono capaci di resistere.

L’idea del dominio sulla natura contiene...la volontà di potere come tale...L’idea di dominio non la posso vedere di buon occhio. È blasfema, sacrilega, tracotante. Gli uomini non sono dèi e dovrebbero saperlo: non domineranno mai la natura.

Il potere è sempre tentazione...ciò che Sherpa Tenzing provò sulla vetta di Chomo Lungma, ossia sul monte Everest, era qualcosa di meglio: "Ti sono grato, Chomo Lungma", egli disse.

Se vale la pena di morire per la conoscenza, non vale la pena di morire per il potere. La conoscenza, con la libertà, l’amore, l’umanità e l’aiuto alle persone che ne hanno bisogno, è una delle poche cose per cui può valere la pena di morire.

Il culto del potere è uno dei peggiori generi di idolatrie umane, un relitto del tempo della gabbia, della servitù umana. Il culto del potere è figlio della paura, emozione che è giustamente disprezzata.

Il potere genera ancora corruzione, anche nel nostro mondo. Gli impiegati statali si comportano ancora come padroni incivili. I dittatori tascabili abbondano ancora e una persona intelligente, deve essere pronta a sentissi trattata come un imbecille, se tradisce un interessamento critico, nei confronti della propria condizione fisica.

Cesare fu aiutato a conquistare il potere dai suoi creditori i quali, non vedevano speranza di ricuperare i loro prestiti, se non procurandogli il successo, ma quando egli raggiunse il successo, la sua potenza gli permise di disilluderli.

In virtù del suo anonimato, l’opinione pubblica è un potere senza responsabilità e perciò, particolarmente pericoloso.

Autoritarismo

L’autoritario tende a scegliere coloro che obbediscono, che credono e soggiacciono alla sua influenza. Ma per fare ciò, è costretto a scegliere i mediocri. Infatti, egli esclude coloro che si ribellano, che dubitano ed osano resistere alla sua influenza.

Un’autorità non può mai ammettere che gli intellettualmente coraggiosi, cioè coloro che osano sfidare la sua autorità, possano essere gli individui più degni.

Esistono esperti, ma non autorità assolute, un fatto di cui non si tiene ancora sufficientemente conto.

Qualunque sia l’autorità che possiamo accettare, siamo sempre noi ad accettarla. Non facciamo altro che ingannarci, se non ci rendiamo conto di questa semplice verità.

Se ammettiamo che...non è possibile trovare un’autorità che sia al di là della portata delle nostre critiche...allora possiamo ritenere che...la verità è al di là dell’autorità umana.

Mi sembra che ci sia una straordinaria somiglianza fra il carattere di Crizia, soldato, esteta, poeta e scettico compagno di Socrate e il carattere di Federico II di Prussia, anche lui soldato, esteta, poeta e scettico discepolo di Voltaire ed anche uno dei peggiori tiranni e dei più spietati oppressori della storia moderna.

Nulla è meno vero dell’idea che, coloro che sono buoni nell’obbedire, saranno anche buoni nel comandare.

Denaro

Il denaro in quanto tale, non è particolarmente pericoloso...(lo) diventa soltanto se può acquistare il potere, o direttamente, o soggiogando gli economicamente deboli, che devono vendere sé stessi al fine di vivere.

Il denaro è uno dei simboli, come pure una delle difficoltà della società aperta. Noi non abbiamo ancora saputo padroneggiare il controllo razionale del suo uso. Il più grave abuso al quale dà luogo, è quello di poter acquistare il potere politico.

Carlo V prese in prestito dai Fugger il denaro necessario per comprare il titolo imperiale, ma quando fu imperatore, rise loro in faccia e quelli perdettero ciò che avevano prestato.

Dittatura

Il "non è possibile che questo accada qui" è sempre sbagliato: una dittatura può aver luogo dappertutto.

La dittatura è moralmente cattiva perché condanna i cittadini dello Stato, contro la loro migliore coscienza, contro il loro convincimento morale, a collaborare col male, se non altro col silenzio.

Totalitarismo

Il totalitarismo moderno non è che un episodio della perenne rivolta contro la libertà e la ragione.

I totalitarismi moderni sono assolutamente ignari del fatto che le loro idee possono essere fatte risalire a Platone. Ma molti sono consapevoli del loro debito verso Hegel...ad essi è stato insegnato di venerare lo Stato, la storia e la nazione.

Se il mio proposito fosse quello di scrivere una storia del totalitarismo, dovrei, prima di tutto occuparmi, del marxismo, infatti, il fascismo emerse, in parte, dal collasso spirituale e politico del marxismo.

(Il totalitarismo) fu possibile soltanto dal crollo...di un altro movimento popolare, la democrazia sociale o versione democratica del marxismo che, nella mente della classe lavoratrice, rappresentava le idee di libertà e uguaglianza.

(Il totalitarismo) si distingue dagli episodi più antichi, non per la sua ideologia...(ma) per il fatto che i suoi leaders sono riusciti a realizzare uno dei più audaci sogni dei loro predecessori: hanno fatto della rivolta contro la libertà un movimento popolare.

RAZIONALISMO CRITICO

Prima di dare origine alla scienza moderna, il razionalismo critico ha creato, innanzitutto, la filosofia europea. O più precisamente, la filosofia europea è tanto vecchia quanto il razionalismo critico. Entrambi sono stati fondati da Talete e Anassimandro di Mileto.

Uso la parola razionalismo per indicare un atteggiamento che cerca di risolvere il maggior numero possibile di problemi, mediante un appello alla ragione...piuttosto che mediante l’appello alle emozioni ed alle passioni.

Un razionalista...è una persona che cerca di giungere alle risoluzioni, mediante la discussione e, in determinati casi, ricorrendo al compromesso, piuttosto che mediante la violenza.

Sono un razionalista perché vedo la sola alternativa alla violenza in un atteggiamento di ragionevolezza.

(Il razionalista) preferirebbe fallire nel convincere l’altro attraverso la discussione, piuttosto che riuscirvi ricorrendo alla forza, all’intimidazione, alle minacce, o anche alla propaganda persuasiva.

Io sono, in primo luogo, indeterminista, in secondo luogo, realista, in terzo luogo, razionalista...e riconosco volentieri, con Kant e gli altri razionalisti critici, che non possiamo acquisire alcuna compiuta conoscenza del mondo reale, nella sua infinita ricchezza e bellezza.

Ogni razionalista deve dire con Kant: la filosofia non si può insegnare, al massimo si può insegnare a filosofare, cioè ad assumere un atteggiamento critico.

Il vero razionalista...sarà sempre consapevole di quanto poco sa...la ragione per lui è esattamente il contrario di uno strumento di potere e di violenza: egli vede in essa un mezzo con cui sottomettere il potere e la violenza.

La razionalità non è una proprietà degli uomini. È un compito che gli uomini debbono realizzare, un compito difficile e fortemente limitato.

Ho optato per il razionalismo perché odio la violenza e non mi illudo che tale odio abbia un qualsiasi fondamento razionale.

Il razionalismo vero...è la consapevolezza che non dobbiamo aspettarci troppo dalla ragione, che il dibattito raramente risolve un problema, benché sia il solo mezzo per imparare, non a vedere chiaramente, ma a vedere più chiaramente di prima.

Sono uno che cerca di sottolineare l’importanza della razionalità per l’essere umano. Tuttavia, come tutti i razionalisti pensanti, non asserisco che l’uomo sia razionale. Al contrario, è ovvio che anche i più razionali degli uomini sono, sotto molti rispetti, altamente irrazionali.

(Il razionalismo) è l’atteggiamento di chi è disposto ad ammettere che "Io posso avere torto e tu puoi aver ragione, ma per mezzo di uno sforzo comune possiamo avvicinarci alla verità".

Anche l’irrazionalismo fa uso della ragione, ma senza sentirsi obbligato: è pronto a usarla, a rifiutarla a suo piacimento.

La critica razionale è il mezzo attraverso il quale noi impariamo, accresciamo la nostra conoscenza e superiamo noi stessi.

La discussione razionale ed il pensiero critico non sono una struttura alla quale siamo vincolati e legati. Al contrario, sono i mezzi per evadere dalla prigione, per liberarci.

Il culto dell’oscuro...il nebuloso e l’apparentemente profondo, devono essere abbandonati: in loro luogo dobbiamo adottare un atteggiamento razionale, cioè un atteggiamento critico.

La critica non ci procura nuove idee, ma può aiutarci a separare il grano dalla pula.

Tutta la conoscenza prescientifica, sia essa animale o umana, è dogmatica e con la scoperta del metodo non dogmatico, cioè del metodo critico, comincia la scienza.

Critico è il miglior sinonimo di razionale.

Ogni volta che puoi essere critico, sii critico!

La critica ...è un tentativo di trovare i punti deboli di una teoria e questi, generalmente, si trovano soltanto nelle conseguenze logiche più remote che ne possono derivare.

Se due parti si trovano in disaccordo, ciò può significare che l’una o l’altra o entrambe sono in errore: questa è la posizione di chi adotta un atteggiamento critico.

Considero l’approccio critico come un dovere. Ogni altro atteggiamento è megalomane ed irresponsabile, anche se ispirato dalle migliori intenzioni.

L’atteggiamento critico può considerarsi il consapevole tentativo di far sì che siano le nostre teorie e congetture a subire, al posto nostro, le conseguenze della lotta per la sopravvivenza del più adatto.

 

RELIGIONE

Non le imprese storiche dei potenti conquistatori romani sono decisive per il Cristianesimo, ma (per usare un’espressione di Kierkegaard) è decisivo "ciò che pochi pescatori hanno dato al mondo".

Non c’è dubbio che la forza dei primi cristiani sta nel loro coraggio morale...essi rifiutarono di accettare la pretesa di Roma "di avere il diritto di costringere i suoi sudditi ad operare contro la loro coscienza".

I martiri cristiani, che si opposero alle pretese della forza, per affermare i principi del diritto, soffrirono per la stessa causa per la quale era morto Socrate.

Noi abbiamo bisogno di un’etica che disprezzi il successo ed il compenso. Un’etica siffatta non bisogna inventarla e non è neppure nuova: è stata insegnata dal Cristianesimo, almeno ai suoi inizi.

Ai suoi inizi, il Cristianesimo...si oppose all’idealismo platonico...fu una protesta contro il platonismo giudaico...contro il suo esclusivismo tribale, che si esprimeva nella dottrina del popolo eletto, cioè in una interpretazione della divinità, come dio tribale.

La dottrina che la religione è l’oppio del popolo, benché non in questa particolare formulazione, costituisce uno dei dogmi di Platone e dei platonici.

Sebbene la ricerca scientifica della verità sia una parte della mia religione, le grandiose ipotesi scientifiche non sono affatto una religione. Non devono esserlo.

Io non so se il Cristianesimo "non sia di questo mondo"; ma una cosa è certa: esso insegna che, il solo modo in cui noi possiamo mostrare la nostra fede, consiste nel fatto che dobbiamo portare aiuto pratico ai sofferenti ed ai bisognosi.

La religione non dovrebbe essere un surrogato dei sogni e dei desideri. Non dovrebbe somigliare, né al possesso di un biglietto in una lotteria né al possesso di una polizza di assicurazioni.

La teoria dell’Inquisizione può definirsi platonica...Platone (dice) che è dovere dei governanti pastori proteggere le loro pecore, anche se devono uccidere il lupo, il quale può anche essere un uomo onesto, ma la cui coscienza "malata", disgraziatamente, non gli permette di piegarsi davanti alle minacce dei potenti.

Tutti ricordiamo quante guerre religiose furono combattute in nome di una religione, che predicava l’amore e la dolcezza, quanti corpi furono arsi vivi, per il sincero proposito di salvare le anime dal fuoco eterno dell’inferno.

SCIENZA/CONOSCENZA

La mia concezione del metodo scientifico può essere sintetizzata... nei tre passi seguenti. Per dirla in tre parole: problemi-teorie-critica.

1. Inciampiamo in qualche problema.

2. Tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria.

3. Impariamo dai nostri errori, in particolare da quelli su cui ci richiama la discussione critica dei nostri tentativi di soluzione, una discussione che tende a condurci a nuovi problemi.

Se la vediamo come il risultato dello sforzo umano, dei sogni, delle speranze, delle passioni e, soprattutto, come la più mirabile unione di immaginazione creativa e di pensiero critico razionale, mi piacerebbe scrivere la parola Scienza con la S maiuscola più grande che si possa trovare nella cassetta dei caratteri tipografici.

La scienza...dopo la musica e l’arte, è la conquista più grande, più bella e più illuminante della spirito umano.

Sono dalla parte della scienza...ma contro le (sue) pretese eccessive...sono dalla parte della ricerca della verità e del coraggio intellettuale, ma contro l’arroganza intellettuale e contro la pretesa erronea di avere la verità in tasca, o quella di poter raggiungere la certezza.

È la consapevolezza della fallibilità della scienza che distingue lo scienziato dallo scientista. Se lo scientismo è qualcosa, esso è la fede cieca e dogmatica nella scienza.

La scienza...rappresenta il desiderio di sapere, la speranza di liberarci dall’ignoranza e dalla grettezza mentale, dalla paura e della superstizione, ivi inclusa l’ignoranza dell’esperto, la grettezza mentale dello specialista, la paura di scoprire che siamo in errore, o di non essere riusciti a dimostrare la nostra tesi.

La conoscenza scientifica e la razionalità umana che la produce, sono sempre fallibili...ma poiché l’uomo è il solo essere dell’universo che cerchi di capire ciò che lo circonda, esse rappresentano anche l’orgoglio dell’umanità.

La scienza non ha alcuna autorità. Non è il magico prodotto del dato, dei fatti, delle osservazioni, non è una verità di Vangelo. È il risultato dei nostri tentativi ed errori.

La scienza è una delle pochissime attività umane, se non l’unica, in cui gli errori vengono sistematicamente sottoposti a critica e, sovente, corretti con l’andar del tempo. Per questo possiamo dire che, nella scienza, spesso impariamo dagli errori e possiamo, in questo ambito, parlare chiaramente e razionalmente di progresso.

Credo che tutti gli scienziati autentici abbiano considerato sé stessi come Newton: sapevano che non sappiamo nulla e che...tutto è incerto....la teoria di Newton è stata sostituita da quella di Einstein. É appunto così che le cose vanno nella scienza.

La scienza è fallibile perché la scienza è umana.

Ciascuno di noi fa scienza, per quanto gli è possibile e ciascuno di noi ne è responsabile.

La scienza trova la sua origine nel mito. Ciò è constatabile presso i primi scienziati, cioè i filosofi presocratici, che sono ancora molto influenzati dalle formazioni mitiche. Ma i problemi che costoro pongono, sono completamente razionali. Per problemi razionali intendo: domande di verità.

La scienza comincia con teorie, pregiudizi, superstizioni e miti. O, piuttosto, con l’abbattimento di un mito, cioè, quando alcune delle nostre aspettative vengono deluse. Ma ciò significa che la scienza comincia con problemi, pratici o teorici.

(La scienza) non può cominciare con osservazioni...come pensano alcuni studiosi del metodo. Prima di poter raccogliere dati, è necessario che sorga un nostro interesse: prima di tutto si presenta sempre il problema.

Ciò che chiamiamo scienza differisce dai più antichi miti, non perché sia qualcosa di sostanzialmente diverso, ma perché va congiunta ad un tradizione...che fa propria la discussione critica dei miti.

Al pari dei grandi poeti, la grande scienza ed i grandi scienziati, sono spesso ispirati da intuizioni non razionali.

Le nostre procedure scientifiche non si basano mai interamente su regole, vi sono sempre coinvolte congetture e sensazioni intuitive: non possiamo eliminare dalla scienza l’elemento di congettura e di rischio.

Il sapere scientifico non è conoscenza certa: è soltanto sapere congetturale.

Si può pensare alla conoscenza accumulata dall’uomo in analogia al miele prodotto dalle api. Il miele è elaborato dalle api, immagazzinato e da queste consumato. La singola ape che si ciba di miele, non consumerà soltanto quello da lei elaborato. Di miele si nutrono anche i fuchi, che non ne producono affatto.

Il punto è che, mentre tutti risentono del progredire della conoscenza, relativamente pochi vi contribuiscono.

La mia teoria della scienza è estremamente semplice. Siamo noi che produciamo le teorie scientifiche, noi (le) critichiamo, noi (le) inventiamo e noi (le) uccidiamo, questa è in breve la scienza e la storia della scienza.

Nella scienza le cose vanno sempre in questo modo. Non sappiamo in quale luogo arrivi la rivoluzione, la scoperta. Non lo possiamo prevedere.

I risultati della scienza rimangono ipotesi che possono essere state verificate, ma non confermate. Esse possono essere vere, ma non si può dimostrare che lo siano. Ma anche se non sono vere, rimangono splendide ipotesi che aprono la strada ad altre ipotesi, ancora migliori.

Guardare (alla scienza) come a un mezzo per accrescere il nostro potere, è un peccato contro lo Spirito Santo. Il migliore antidoto consiste nella consapevolezza di quanto poco sappiamo e che, i più interessanti tra i nostri lenti progressi...hanno rivelato la loro importanza, proprio in quanto hanno dischiuso nuovi continenti della nostra ignoranza.

La conoscenza, quella fondamentale, è simile alle antenne che noi tendiamo in tutte le direzioni.

Per coloro che hanno assaggiato il frutto dell’albero della conoscenza, il paradiso è perduto.

Bisogna sottolineare che sarebbe quanto mai anti-scientifico chiudere gli occhi di fronte a certe possibilità, semplicemente perché non ci piacciono.

Se la scienza potesse accrescersi per accumulazione, non importerebbe molto la perdita di una tradizione, perché potremmo cominciare da capo. Se, viceversa, la scienza avanza attraverso la modificazione dei miti, occorre sempre qualcosa da cui partire. Per la scienza sono quindi necessari due punti di avvio: dei nuovi miti e una tradizione per cambiarli criticamente.

Il credere vero qualcosa perché lo si desidera intensamente, è un atto che, evidentemente, l’uomo non può evitare. Ma non dev’essere scambiato per pensiero scientifico.

Nessun uomo dovrebbe essere considerato colto, se non ha interesse per la scienza.

Penso...che vi sia una sola via d’accesso alla scienza: incontrare un problema, vederne la bellezza ed innamorarsene; sposarlo e convivere felicemente con esso...a meno che non incontriate un ancor più affascinante problema, o che non ne otteniate la soluzione. Ma anche se riusciste a trovare una soluzione, potreste scoprire l’esistenza di un’intera famiglia di incantevoli figli del problema, per il cui benessere, potreste lavorare fino alla fine dei vostri giorni.

Nella scienza vogliamo progredire e ciò significa che dobbiamo poggiare sulle spalle dei nostri predecessori.

Se ripartissimo da dove cominciò Adamo, non vedo alcun motivo per cui dovremmo progredire più di quanto fu possibile a lui.

Come epistemologo, ho un solo interesse: cercare di scoprire la verità circa i problemi dell’epistemologia, sia che essa si adatti alle mie idee politiche sia che non vi si adatti. Ma non può darsi che, inconsapevolmente, io sia influenzato dalle mie credenze politiche?

La scienza è...un’avventura dello spirito umano, ma è forse la più umana delle arti creative: colma di errori e di miopie, mostra quelle illuminazioni improvvise che ci schiudono gli occhi sulle meraviglie del mondo e dello spirito umano.

Immaginiamo che il nostro sistema economico sia distrutto, ma sia preservata la conoscenza scientifica. In questo caso, è pensabile che tale sistema potrebbe essere ricostruito. Ma, immaginiamo che la conoscenza vada distrutta e siano preservate le cose materiali. (Ciò) sarebbe equivalente quel che potrebbe accadere se una tribù selvaggia occupasse un paese altamente industrializzato, ma abbandonato. Tale occupazione porterebbe alla completa scomparsa di ogni vestigio della civiltà.

Vedo nelle nuove gigantesche organizzazioni della ricerca scientifica un serio pericolo per la scienza. I grandi uomini di scienza erano solitari critici. Questo vale naturalmente per Schrödinger e Gödel, ed anche per Watson e Crick.

Lo spirito della scienza è mutato, come conseguenza della ricerca organizzata. Dobbiamo sperare che, nonostante tutto, continueranno ad esserci sempre grandi solitari.

La scienza è tenuta in gran pregio per la sua influenza liberatrice, come una delle forze più grandi che operino per la libertà umana.

Nella scienza dobbiamo usare l’immaginazione e idee ardite, anche se l’una e le altre devono sempre essere temprate dalla critica e dai controlli più severi.

La scienza pare essere l’unico campo delle attività umane del quale si possa dire tanto.

Ad ogni passo che facciamo, ad ogni nuovo problema che risolviamo, non soltanto scopriamo problemi nuovi ed irrisolti, ma scopriamo anche che, dove credevamo di poggiare su un terreno saldo e sicuro, tutto è compreso in modo incerto e oscillante.

Senza passione non si fa nulla, nella pura scienza meno che mai. L’espressione "amore della verità" non è una semplice metafora.

La scienza non poggia su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva sopra una palude. È come un edificio costruito su palafitte. Il fatto che desistiamo dal conficcare più a fondo le palafitte, non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che, almeno per il momento, i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura.

(La) teoria della scienza come faro, (è quella) concezione secondo la quale è la scienza stessa a gettare nuova luce sulle cose, per cui essa non soltanto risolve problemi, ma, nel farlo, molti di più ne crea, non limitandosi a trarre profitto dalle osservazioni, ma provocandone di nuove.

Di solito inizio le mie lezioni...dicendo che il metodo scientifico non esiste. Aggiungo che dovrei saperlo, visto che sono stato, almeno per un certo periodo, il solo professore di questa inesistente disciplina nell’ambito del Commonwealth britannico.

Non ci può essere alcuna spiegazione che non abbia bisogno di un’ulteriore spiegazione.

L’idea di permettere ad alcuni uomini di interferire con i destini dell’umanità, soltanto perché hanno un’infarinatura di genetica, è troppo stupida.

Il martirio di Giordano Bruno ed il processo di Galileo, hanno contribuito al progresso della scienza, più di quanto l’Inquisizione abbia potuto fare per arrestarlo.

Effetto del Millepiedi

Se abbiamo appreso alcuni movimenti...ed essi sono sprofondati al di sotto del livello conscio, allora, se cerchiamo di eseguirli in modo conscio, ci accade di interferire con essi in modo così preponderante, da causarne l’interruzione. Chiamo questo fenomeno effetto millepiedi.

Il violinista Adolph Busch...mi raccontò di aver suonato il "Concerto per violino" di Beethoven a Zurigo. Dopo l’esibizione il violinista Huberman gli chiese come aveva fatto a suonare un determinato passaggio. Busch gli rispose che era molto semplice e scoprì poi di non essere più in grado di suonare quel passaggio.

Il ragno dice al millepiedi: "Guarda, ho soltanto otto gambe. Io riesco a controllarne otto, ma tu ne hai un centinaio. Non riesco ad immaginare come tu possa fare a sapere, ad ogni movimento, quali delle tue cento gambe muovere". Al che il millepiedi risponde: "È molto semplice" e da quel giorno non fu più in grado di fare un movimento.

IGNORANZA

Noi non sappiamo niente, questo è il primo punto. Di conseguenza, dobbiamo essere molto modesti, questo è il secondo punto. Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo, questo è il terzo punto. Questa è all’incirca la concezione che vorrei volentieri rendere popolare. Ma non è che ci siano troppe speranze.

Non sappiamo, possiamo soltanto tirare ad indovinare. I nostri tentativi sono guidati dalla fede non-scientifica, metafisica, nelle leggi, nelle regolarità che possiamo svelare, scoprire.

La nostra situazione è sempre quella di un uomo nero, che in un sotterraneo buio cerca un cappello nero, che forse non è lì. Tale è la nostra situazione

Siamo degli eterni ignoranti e cerchiamo di continuo di esplorare la realtà con le mani, con i piedi, con le orecchie o con gli occhi, insomma con i nostri organi di senso, che utilizziamo attivamente al fine di accertarci della realtà che ci circonda.

Fu il mio maestro ad insegnarmi, non soltanto che era tanto poco quel che sapevo, ma anche che, ogni sapienza alla quale io potessi aspirare, sarebbe consistita nel prendere più coscienza dell’infinità della mia ignoranza.

So di sapere poco, e neppure ciò è una mia scoperta: l’ho imparato da Socrate.

La nostra conoscenza può essere soltanto finita, mentre la nostra ignoranza non può che essere, di necessità, infinita.

Quanto più la nostra conoscenza si accresce, tanto più comprendiamo la vastità della nostra ignoranza.

La nostra ignoranza è illimitata e tale da toglierci ogni illusione. L’irresistibile progresso delle scienze naturali...ci fa continuamente constatare la nostra ignoranza...In questo modo, l’idea socratica dell’ignoranza...ha assunto un nuovo significato.

Quanto più impariamo sul mondo e quanto più profondo è il nostro apprendimento, tanto più consapevole, specifica ed articolata sarà la conoscenza della nostra ignoranza.

Dobbiamo avere continuamente in chiaro quanto enorme sia quel che non sappiamo.

Possiamo intravedere un barlume della vastità della nostra ignoranza quando contempliamo la vastità dei cieli: la semplice vastità dei cieli non è la causa più profonda della nostra ignoranza, ma è certamente una delle sue cause.

Sarebbe bene se tutti noi ricordassimo che, mentre differiamo per le poche, piccole cose che sappiamo, di fronte alla nostra infinita ignoranza, siamo tutti eguali.

La causa principale della nostra ignoranza sta nel fatto che soltanto il nostro sapere può essere circoscritto, mentre la nostra ignoranza è necessariamente illimitata.

La tesi che noi non sappiamo niente, va presa sul serio. È importante non dimenticare mai la nostra ignoranza. Non dobbiamo mai perciò dare a intendere di sapere e non dobbiamo mai utilizzare paroloni.

Se Goethe dice: "Soltanto i pezzenti sono modesti", io vorrei rispondere: "Soltanto i pezzenti intellettuali sono immodesti".

OSSERVAZIONE

Un’osservazione casuale è come un sasso imprevisto sul nostro sentiero: ci inciampiamo perché non ce l’aspettavamo...Quindi le cosiddette osservazioni casuali o scoperte accidentali, cioè scoperte in cui inciampiamo inaspettatamente, non sono così accidentali come si potrebbe credere a prima vista.

Il fatto che l’osservazione non può precedere i problemi, si può illustrare con un esperimento...prendendo voi stessi come cavie...(e) chiedendovi di osservare, qui ed ora. Spero che tutti voi stiate cooperando ed osserviate! Ma temo che qualcuno di voi, invece di osservare, provi il forte impulso a chiedermi: "Che cosa vuoi che osservi?" Se questa è la vostra risposta il mio esperimento è riuscito.

L’osservazione pura...non esiste. Tutte le osservazioni e, in particolare tutte quelle sperimentali, sono interpretazioni di fatti compiute alla luce di questa o quella teoria.

Non si può partire dall’osservazione: è necessario innanzitutto sapere che cosa osservare, si deve partire da un problema.

La funzione più importante dell’osservazione...è quella di aiutarci ad esaminare criticamente quelle congetture ardite che sono i mezzi con cui sondiamo l’ignoto.

L’osservazione è sempre selettiva, ha bisogno di un oggetto determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema.

Tutte le osservazioni sono impregnate di teoria: sono interpretazioni alla luce di teorie.

Le teorie vengono prima dell’osservazione, per cui non possono essere i risultati di osservazioni ripetute.

È necessario avere una domanda, prima di poter sperare che l’osservazione ci aiuti in qualche modo a trovare la risposta.

La teoria: "tutti i corvi sono neri" proibisce l’esistenza di corvi bianchi e l’osservazione di un corvo bianco contraddice la teoria.

Cosa impedì ad Anassimandro di pervenire alla teoria secondo cui la terra è un globo anziché un cilindro? Era l’esperienza osservativa ad insegnargli che la superficie della terra...è piatta. Fu quindi... l’astratta indagine critica della soluzione di Talete, ad avvicinarlo alla vera teoria...e fu l’esperienza osservativa a portarlo fuori strada.

La scienza prende avvio dai problemi, non dalle osservazioni, queste tuttavia possono dare origine a un problema, soprattutto se sono inattese (e) se si trovano in contrasto con le nostre aspettative o teorie.

Le osservazioni non assomigliano affatto all’uva di Bacone, dalla quale scorre il vino della conoscenza: non sono la materia prima della conoscenza. Al contrario, le osservazioni presuppongono sempre una precedente conoscenza disposizionale.

La tesi che la nostra conoscenza cresca per l’accumulazione di osservazioni è un puro e semplice mito...confutato dal fatto che, un uomo cieco e sordo, può sapere di più e può arrecare più grandi contributi alla conoscenza, di uno con vista e udito acuti.

Problema

Inciampiamo in qualche problema. Tentiamo di risolverlo, ponendo qualche nuova teoria. Impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di soluzione. O, per dirla in tre parole: problemi - teorie - critiche.

Nel momento in cui credi di essere venuto a capo di qualcosa, tutto è perduto. Non veniamo mai a capo di qualcosa, i nostri problemi si spostano di continuo, vanno sempre più lontano.

Tutti gli organismi sono solutori di problemi, pur non essendo consapevoli della maggior parte dei problemi che tentano di risolvere.

Accade spesso che la riformulazione di un problema ci riveli quasi l’intera soluzione.

Quel che conta non sono i metodi o le tecniche, ma una certa sensibilità ai problemi e un’ardente passione per essi o, come dicevano i Greci, la dote naturale di provare meraviglia.

È soltanto in presenza di un problema che acquistiamo la consapevolezza di essere in possesso di una teoria.

È il problema che ci stimola ad apprendere, a portare avanti la nostra conoscenza, a sperimentare e ad osservare.

Gli uomini sembrano portati a reagire di fronte a un problema proponendo qualche teoria e aderendovi il più a lungo possibile (se è erronea, possono anche perire con essa, piuttosto che disfarsene), oppure combattendola, una volta scoperte le deficienze.

Riconsiderando la mia lunga vita, trovo che, a partire dal mio diciassettesimo anno, sono stato attratto dai problemi teorici. Fra questi dominavano i problemi della scienza e della probabilità. Queste erano le preferenze. Le soluzioni erano gli accidenti.

Non siamo studiosi di certe materie, bensì di problemi e i problemi possono passare attraverso i confini di qualsiasi materia o disciplina.

Non ci sono discipline né rami del sapere o, piuttosto, di indagine: ci sono soltanto problemi e l’esigenza di risolverli.

Tutti gli organismi, non soltanto l’uomo, pongono continuamente domande al mondo e cercano continuamente di risolvere problemi.

È troppo semplice e troppo comodo dire che un problema non è un problema soltanto perché non sono capace di risolverlo.

(La scienza) dovrebbe intendersi come un progredire da problemi ad altri problemi, di profondità sempre crescente.

Sono convinto che esista almeno un problema al quale sono interessati tutti gli uomini dediti al pensiero. È il problema della cosmologia: il problema di comprendere il mondo, compresi noi stessi e la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo.

C’è soltanto un modo di imparare a comprendere un problema serio...tentare di risolverlo e non riuscirci.

Sostengo che, anche se i nostri tentativi di risolvere il problema falliscono continuamente, avremo imparato molto cimentandoci con esso. Quanto più tentiamo, tanto più impariamo, anche se falliamo ogni volta.

Per risolvere un problema difficile, non abbiamo soltanto bisogno di comprenderlo, ma abbiamo anche bisogno di un po’ di fortuna.

Il fatto che per ogni problema esista sempre un’infinità di soluzioni logicamente possibili, è uno dei fatti decisivi di tutta la scienza, è una delle cose che fanno della scienza un’avventura così eccitante.

SCOPERTE SCIENTIFICHE

Le scoperte di Oersted, Röntgen, Becquerel e Fleming, non furono davvero accidentali, anche se vi intervennero dei fattori casuali. Ognuno di essi stava cercando un effetto del tipo che effettivamente trovò.

Roentgen, interrogato sulla sua scoperta dei raggi X, spiegò: "Stavo cercando dei raggi invisibili", raggi che sperava di scoprire...avvalendosi di uno schermo fluorescente (Ecco perché c’era lo schermo).

Anche la scoperta della penicillina non fu una scoperta casuale, poiché l’effetto battericida, osservato da Fleming, era ben noto e, quindi, non era neppure inaspettato. Inoltre Fleming era estremamente consapevole, anche prima della sua scoperta, della possibile importanza di questo tipo di effetto per scopi terapeutici.

La scoperta di Fleming non fu accidentale: fu il lavoro di un grande ricercatore che sapeva molto bene cosa stava facendo e che cosa valesse la pena di descrivere, anche se fu un fatto casuale che la muffa si rivelasse non tossica.

Fleming non fu l’osservatore passivo di un accadimento accidentale. Se si trattò di un caso accidentale, (fu un caso) che accadde ad una mente ben preparata e consapevole del possibile significato e della desiderabilità di "accidenti" di questo genere.

Alcune scoperte, come quella dell’America da parte di Colombo, corroborano una teoria (la sfericità della terra) e, contemporaneamente, ne confutano un’altra (le dimensioni della terra e la via più breve per l’India).

Le congetture di Colombo circa quello che aveva scoperto, erano di fatto sbagliate e così, Peary potè solamente congetturare, sulla base di teorie, di aver raggiunto il Polo. Ma tali elementi congetturali non rendono meno reali o meno significative le loro scoperte.

È un fatto strabiliante e poco conosciuto, che la prima macchina copiatrice è opera di quello stesso James Watt che ha inventato la macchina a vapore.

Ogni scoperta contiene un elemento irrazionale o un’intuizione creativa.

Sebbene non possa mai raggiungere né la verità né la probabilità, lo sforzo per ottenere la conoscenza, e la ricerca della verità, sono ancora i motivi più forti della scoperta scientifica.

Si è affermato che la storia delle scoperte scientifiche dipende dalle invenzioni...tecniche di nuovo strumenti. Al contrario, io ritengo che la storia della scienza sia, essenzialmente, una storia di idee.

Le lenti di ingrandimento erano già note da tempo, quando Galilei ebbe l’idea di applicarle ad un cannocchiale astronomico. La radiotelegrafia è, come noto, un’applicazione della teoria di Maxwell, che rimonta a Heinrich Hertz.

Giulio Cesare avrebbe detto che non può esistere qualcosa come un "Ave Caesar", disegnato dalla scia di un aereo a reazione.

Specializzazione

Non credo nella specializzazione e negli specialisti. Tributando un eccessivo rispetto allo specialista, noi stiamo distruggendo la comunità del sapere, la tradizione razionalista e la scienza stessa.

Tanto la filosofia che la scienza perdono ogni attrattiva quando...diventano specialistiche e cessano di osservare ed interrogare gli enigmi del mondo.

La specializzazione può essere una tentazione per lo scienziato; per il filosofo è un peccato mortale.

SOCIETÀ

Bisogna riconoscere che la struttura del nostro ambiente sociale è...fatta dall’uomo, che le sue istituzioni e tradizioni non sono il lavoro né di Dio né della natura, ma i risultati di azioni e decisioni umane ed alterabili da azioni e decisioni umane.

Si è sempre tentato di tenere insieme gli uomini con la forza o con le minacce. La minaccia dell’inferno era un tentativo di questo tipo. Più attuali sono le varie forme di terrorismo.

Una delle singolari circostanze della vita sociale è che mai nulla riesce precisamente nel modo prestabilito.

Gli ordini sociali non possono essere migliori dei loro membri.

Affermare che la nostra società non è giusta, è banale. La giustizia è un ideale. Ma ci siamo avvicinati alla giustizia più di ogni altra società che ci ha preceduto.

Alcuni critici rinfacciano alla nostra società la sua corruzione, benché ammettano che essa viene talvolta punita (Watergate). Forse non vedono qual è l’alternativa. Noi preferiamo quest’ordinamento ad un altro, nel quale nemmeno coloro che non si macchiano di delitti trovano protezione giuridica alcuna e vengono puniti anche quando non è contestata la loro innocenza (Sacharov).

Il sognare una società perfetta è pernicioso: i Puritani speravano di fondarla ed altrettanto fece Robespierre, ma quel che essi realizzarono non fu il cielo in terra, ma l’inferno di una spietata tirannide.

Scienza sociale

Agiamo con certi scopi in mente ma, oltre a questi, vi sono sempre altre conseguenze non desiderate delle nostre azioni che, in genere, non possono essere eliminate. Spiegare perché ciò non sia possibile, è il compito principale della teoria sociale.

Non c’è alcuna ragione per cui si debba credere che la scienza sociale sia capace di realizzare l’antichissimo sogno di svelare che cosa il futuro ha in serbo per noi.

Ciò che hanno in mente certe persone che parlano del nostro sistema sociale e della necessità di sostituire ad esso un altro sistema, è molto simile a un quadro dipinto su una tela, che deve essere completamente ripulita, prima che si possa dipingere un nuovo quadro.

Con Galileo e Newton, la fisica cominciò ad ottenere successi al di là di ogni attesa, lasciando indietro tutte le altre scienze e, dal tempo di Pasteur, il Galileo della biologia, anche le scienze biologiche si sono messe su una via analoga. Le scienze sociali, invece, non hanno ancora trovato il loro Galileo.

SOCIETA’ APERTA

Nel 1935-36 mi recai per la prima volta in Inghilterra. Io venivo dall’Austria, dove era al potere una dittatura relativamente mite, (ma) minacciata dal vicino paese nazionalsocialista. Nella libera atmosfera dell’Inghilterra potevo tirare un sospiro di sollievo. Era come se fossero state aperte le finestre. L’espressione Società Aperta trae origine da questa esperienza.

Con l’espressione Società Aperta designo, non tanto un tipo di Stato o una forma di governo, quanto un modo di convivenza umana, in cui la libertà degli individui, la non-violenza, la protezione delle minoranze, la difesa dei deboli, sono valori importanti.

Io sono stato in molti paesi, ma in nessun altro posto come gli Stati Uniti d’America ho respirato un’aria tanto libera. In nessun altro posto ho trovato così tanto idealismo, unito a tolleranza e desiderio di aiutare ed imparare...e una grande disponibilità nei confronti degli altri.

Le forme di vita e le convenzioni mutano in America con grande rapidità: le Società Aperte non sono molto stabili, proprio perché sono esposte alla discussione critica.

Questa civiltà non si è ancora totalmente ripresa dallo shock della sua nascita: il passaggio dalla società tribale o società chiusa, con la sua sottomissione alle forze magiche, alla Società Aperta, che libera le capacità critiche dell’uomo.

Il passaggio dalla società chiusa alla Società Aperta può essere considerato come una delle più profonde rivoluzioni, attraverso le quali è passato il genere umano.

La nostra civiltà occidentale ebbe origine dai Greci. Essi furono, a quanto ne sappiamo, i primi a compiere il passaggio dal tribalismo all’umanitarismo.

Una Società Aperta (basata sulla tolleranza e sul rispetto delle opinioni altrui) e una democrazia (una forma di governo consacrata alla protezione di una Società Aperta), non possono sopravvivere, se la scienza diventa proprietà esclusiva di un gruppo di specialisti.

La lotta per la Società Aperta cominciò di nuovo con le idee del 1789. Quando nel 1815, in Prussia, il partito reazionario cominciò a riprendere il potere, avvertì l’assoluta necessità...di un’ideologia. Hegel fu designato a soddisfare questa esigenza...rilanciando le idee dei primi grandi nemici della Società Aperta, Eraclito, Platone e Aristotele.

Soltanto nella nostra civiltà occidentale è stata riconosciuta e, addirittura, soddisfatta l’esigenza morale della libertà della persona...di uguaglianza di fronte alla legge, di pace, di evitare quanto più possibile l’uso della violenza. È questo il motivo per il quale reputo la civiltà occidentale la migliore che vi sia stata finora.

Se vogliamo restare umani, ebbene, allora, c’è una strada sola da percorrere: la via che porta alla Società Aperta.

La società chiusa è caratterizzata dalla fede nei tabù magici, mentre (nella) Società Aperta...gli uomini hanno imparato ad assumere un atteggiamento critico nei confronti dei tabù e a basare le loro decisioni sull’autorità della propria intelligenza.

Vorrei indicare due aspetti (della Società Aperta): in primo luogo, in una Società Aperta è possibile la libera discussione e questa discussione esercita un’influenza sulla politica. In secondo luogo, esistono istituzioni per la protezione della libertà e degli svantaggiati.

Soltanto in una Società Aperta le idee hanno l’opportunità di affermarsi.

Ingegneria Sociale

Come Socrate, (l’ingegnere sociale graduale) sa quanto poco sappia...perciò avanza un passo alla volta, confrontando i risultati previsti con quelli effettivamente raggiunti...ed evita di intraprendere riforme, di una complessità e di una gravità tali, che sia impossibile per lui districare le cause dagli effetti e sapere che cosa veramente stia accadendo.

L’approccio platonico...(è) tipico dell’ingegneria utopica, in contrapposizione ad un altro genere di ingegneria sociale, che ritengo il solo veramente razionale, definito ingegneria gradualistica.

L’ingegneria utopica è la pretesa di una ricostruzione globale della società, cioè di cambiamenti di immensa portata, le cui conseguenze pratiche è impossibile prevedere, data la limitatezza delle nostre esperienze.

(L’ingegneria utopica) pretende di pianificare razionalmente la società nella sua interezza, benché non si disponga, neanche in minima parte, della conoscenza fattuale, necessaria per legittimare una pretesa così ambiziosa.

L’ingegneria sociale utopistica è un fuoco fatuo (che) ci fa affondare (nella) palude estremamente pericolosa dell’illimitata burocrazia e dell’illimitato potere dello Stato. Se tentiamo, superbamente, di portare il paradiso sulla terra, riusciamo soltanto a trasformare la terra in un inferno.

TEORIA SOCIALE DELLA COSPIRAZIONE

La teoria sociale della cospirazione...è simile a quella rilevabile in Omero. Questi concepiva il potere degli dèi in modo che, tutto ciò che accadeva nella pianura davanti a Troia, costituiva soltanto un riflesso delle molteplici cospirazioni tramate nell’Olimpo.

La credenza negli dèi omerici, le cui cospirazioni erano responsabili delle vicissitudini della guerra troiana, è venuta meno, ma il posto degli dèi nell’Olimpo omerico è ora occupato dai Vecchi Saggi di Sion, dai monopolisti, dai capitalisti o dagli imperialisti.

La teoria sociale della cospirazione è una versione della credenza in divinità, i cui capricci reggono ogni cosa...è una conseguenza del venir meno del riferimento a Dio e della conseguente domanda "Chi c’è al suo posto?". Quest’ultimo è ora occupato da diversi uomini e gruppi potenti...cui si può imputare di aver organizzato la grande depressione e tutti i mali di cui soffriamo.

L’adozione della teoria della cospirazione difficilmente può essere evitata da quanti credono di sapere come realizzare il cielo sulla terra. La sola spiegazione dell’impossibilità di realizzare questo paradiso è la malvagità del demonio, che ha un interesse acquisto per l’inferno.

La teoria cospirativa della società...consiste nella convinzione che la spiegazione di un fenomeno sociale sta nella scoperta degli uomini o dei gruppi che sono interessati al verificarsi di tale fenomeno...e che hanno progettato e congiurato per promuoverlo.

Io non intendo affermare che di cospirazioni non ne avvengano mai. Al contrario, esse sono tipici fenomeni sociali (che) diventano importanti tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione.

Cospirazioni avvengono, bisogna ammetterlo. Ma il fatto notevole che, nonostante la loro presenza, smentisce la teoria della cospirazione, è che poche di queste cospirazioni, alla fin fine, hanno successo.

I cospiratori raramente riescono ad attuare la loro cospirazione.

Una cospirazione, mai, o quasi mai, si realizza nella maniera prestabilita.

STATO

Ciò che richiedo allo Stato è protezione, non soltanto per me stesso, ma anche per gli altri...per la mia propria libertà e per quella degli altri. Non desidero vivere alla mercé di qualcuno che ha pugni più grossi o armi potenti.

Un punto importante in qualsiasi teoria dello Stato non tirannico (quindi democratico), è il problema della burocrazia, perché le nostre burocrazie sono antidemocratiche. Contengono numerosi piccoli dittatori, che non vengono mai costretti a rendere conto delle loro azioni o omissioni.

Abbiamo bisogno della libertà per impedire che lo Stato abusi del suo potere e abbiamo bisogno dello Stato per impedire l’abuso della libertà.

Nessuno deve essere alla mercé di altri, ma a tutti si deve riconoscere il diritto di essere protetti dallo Stato.

L’interesse dello Stato non dev’essere invocato a cuor leggero per difendere misure che possono mettere in pericolo la più preziosa di tutte le forme di libertà, cioè la libertà intellettuale.

Io sono pronto ad accettare che la mia propria libertà di azione sia in qualche misura limitata dallo Stato, purché possa ottenere la protezione di quella libertà che mi resta.

So che alcune limitazioni della mia libertà sono necessarie, per esempio devo rinunciare alla mia libertà di attaccare, se voglio che lo Stato assicuri la difesa contro ogni attacco.

Non c’è libertà, se non è garantita dallo Stato e, inversamente, soltanto uno Stato che è controllato da cittadini liberi, può offrire loro una qualche ragionevole sicurezza.

Io sono per la libertà individuale e odio, come pochi, la strapotenza dello Stato e l’arroganza delle burocrazie. Ma purtroppo lo Stato è un male necessario, è impossibile farne completamente a meno.

Lo Stato dovrebbe anche provvedere a che le insufficienti disponibilità finanziarie dei singoli non impediscano loro l’accesso agli studi superiori.

Possiamo essere ridotti alla schiavitù, non soltanto da un dittatore...ma anche dallo stesso Stato, da una burocrazia anonima.

Lo Stato deve vigilare a che nessuno sia costretto dalla paura della fame o della rovina economica ad assoggettarsi ad una transazione iniqua.

Purtroppo è vero: più sono gli uomini e più c’è bisogno dello Stato.

È facile constatare che lo Stato è necessariamente un pericolo costante, o un male (come ho osato affermare), quantunque necessario.

La libertà dei miei pugni è limitata dal diritto degli altri di difendere il loro naso. Questa è l’idea fondamentale dello Stato di diritto.

Ciò che si può fare dall’alto e che si dovrebbe fare in ogni circostanza, ciò che è il dovere di ogni governo, è di cercare di instaurare lo Stato di diritto.

Ci serve una legge contro la violenza, contro l’omicidio. Questo non è altro che la regola, la norma, lo Stato di diritto.

Lo Stato di diritto consiste prima di tutto nell’eliminare la violenza.

È necessaria una Corte Costituzionale e, più di ogni altra cosa, una buona volontà.

Lo Stato è un male necessario: i suoi poteri non devono essere moltiplicati oltre necessità. Si potrebbe definire questo principio il rasoio liberale (per analogia col rasoio di Ockham, cioè, con il principio, secondo cui, gli enti non devono essere moltiplicati, oltre necessità).

NAZIONALISMO

L’orgoglio razziale non è soltanto una cosa stupida, ma anche sbagliata, anche nel caso in cui sia provocato dall’odio razziale. Ogni nazionalismo o razzismo è un male e il nazionalismo ebraico non rappresenta un’eccezione.

Il principio dello stato nazionale non è soltanto inapplicabile, ma non è stato mai neppure chiaramente concepito. Esso è un mito, è un sogno irrazionale, romantico ed utopistico, un sogno del naturalismo e del collettivismo tribale.

Poche fedi hanno generato più odio, crudeltà ed inutili sofferenze, della credenza nella validità del principio di nazionalità.

 

STORIA

Non c’è nessuna storia dell’umanità, c’è soltanto un numero illimitato di storie che riguardano tutti i possibili aspetti della vita umana. Uno di questi, è la storia del potere politico. Questa è elevata a storia del mondo, ma si tratta di un affronto contro l’umanità e la moralità

Quando si parla di storia dell’umanità si pensa alla storia degli imperi egiziano, babilonese, persiano, macedone e romano. In altri termini: si parla di storia dell’umanità e ciò a cui si pensa è ciò che a scuola si è imparato, è la storia del potere politico.

La storia della politica del potere non è che la storia del crimine nazionale ed internazionale e dell’assassinio di massa. Questa storia viene insegnata a scuola ed alcuni dei più grandi criminali vengono esaltati come suoi eroi.

La storia dei Grandi e dei Potenti, è nel migliore dei casi una commedia superficiale, un’opera buffa...Quello che è uno dei nostri peggiori istinti, la venerazione idolatrica del potere, ci ha spinto a ritenere reale proprio questa superficiale commedia.

Gli stessi storici, che ammirano Roma per la sua massima realizzazione, la fondazione di un impero universale, condannano invece Atene, per il suo tentativo di fare qualcosa di meglio.

Il fatto che Roma sia riuscita, mentre Atene è andata incontro all’insuccesso, non è una spiegazione sufficiente di questo atteggiamento.

Non ci può essere nessuna storia del "passato come è effettivamente avvenuto"; ci possono essere soltanto interpretazioni storiche e nessuna conclusiva; ogni generazione ha diritto di elaborare la propria.

Una storia concreta del genere umano, se ce ne potesse essere una, dovrebbe essere la storia di tutti gli uomini...di tutte le speranze, lotte e sofferenze umane. Infatti, non esiste uomo, che sia più importante di un altro uomo. Evidentemente, questa storia concreta non può essere scritta.

La vita dell’uomo singolo, dimenticato, ignoto, le sue pene e le sue gioie, la sua sofferenza e la sua morte, questo è il contenuto effettivo dell’esperienza umana attraverso i secoli.

Molti storici scrissero sotto il controllo di imperatori, generali e dittatori.

I fatti, sia quelli della natura sia quelli della storia, non possono decidere per noi, non possono determinare i fini che ci proporremo di perseguire. Siamo noi che introduciamo finalità e significato nella natura e nella storia.

Il pericolo del fanatismo e l’obbligo di contrapporsi ad esso senza tregua, è certo uno degli insegnamenti principali che possiamo trarre dalla storia.

Dalla storia si impara, ma la storia finisce oggi e ora.

STORICISMO

È la teoria, secondo la quale la storia ha un disegno...che ho chiamato "storicista".

Per storicismo intendo una interpretazione del metodo delle scienze sociali, che aspira alla previsione storica, mediante la scoperta dei ritmi, o dei patterns, delle leggi, delle tendenze che sottostanno all’evoluzione storica.

(Lo storicismo è) il residuo di un’antica superstizione, anche se chi vi crede, è normalmente convinto che si tratti di una teoria assai moderna, progressista, rivoluzionaria e scientifica.

Il corso della storia umana è influenzato dal sorgere della conoscenza umana...noi non possiamo predire, mediante metodi scientifici, lo sviluppo futuro della conoscenza scientifica...perciò non possiamo predire il corso futuro della storia umana.

L’idea di una legge che determini la direzione e le caratteristiche dell’evoluzione, è un tipico errore del XIX secolo, derivante dalla diffusa tendenza ad attribuire alla legge naturale, le funzioni tradizionalmente attribuite a Dio.

Lo storicismo è tutto un errore. Lo storicista vede la storia come una specie di corrente d’acqua, come un fiume che scende e crede di poter prevedere dove passerà l’acqua, a partire da quel momento.

Si può studiare quel che è stato, ma quel che è stato è finito e da adesso in avanti non siamo in condizione di anticipare un bel niente, non siamo in grado di seguire la corrente, dobbiamo semplicemente agire e cercare di rendere le cose migliori.

Lo storicista non vede che siamo noi che scegliamo o ordiniamo i fatti della storia, egli crede, piuttosto, che la "storia stessa" determini, per mezzo delle sue leggi immanenti, noi stessi, i nostri problemi, il nostro futuro e persino il nostro punto di vista.

Lo storicismo non si oppone all’attivismo, anzi una sociologia storicistica può anche essere intesa come una specie di tecnologia atta (secondo la frase di Marx) a "rendere più brevi e meno dolorose le doglie del parto" di un nuovo periodo storico.

Lo storicismo è alla ricerca della via sulla quale è destinata a marciare l’umanità, vuole scoprire la chiave della storia...o il senso della storia.

La storia non è studiata per sé stessa, ma serve come il metodo delle scienze sociali. Questa è la metodologia storicistica.

Come il gioco d’azzardo, lo storicismo è figlio della nostra sfiducia nella razionalità e responsabilità delle nostre azioni.

EFFETTO DI EDIPO

Edipo uccise suo padre che non aveva mai veduto, ma questa azione, era il risultato diretto della profezia che aveva spinto suo padre ad abbandonarlo. Per questo motivo suggerirei di denominare effetto di Edipo l’influenza della previsione sull’effetto predetto.

Basta che un numero sufficiente di uomini creda al tramonto dell’Occidente, perché l’Occidente tramonti; persino quando, senza una simile propaganda, avrebbe proseguito la sua ascesa.

 

TELEVISIONE

Se a scuola un professore vi insegna quello che bisogna fare per introdursi illecitamente in una banca o per avvelenare un genitore, se vi dà tutte le informazioni utili per diventare un criminale, voi direte che quel professore deve essere rimosso...la stessa cosa dovrebbe valere per i professionisti della televisione.

La televisione è diventata davvero un grande orrore, anche se avrebbe potuto essere una benedizione.

Si offrono all’audience livelli di produzione sempre peggiori e...l’audience li accetta, purché ci si metta sopra del pepe, delle spezie, dei sapori forti, rappresentati dalla violenza, dal sesso e dal sensazionalismo...spezie sempre più forti sul cibo preparato, perché il cibo è cattivo e con più sale e più pepe si cerca di passar sopra anche a un sapore disgustoso.

Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita, qualora agisca in contrasto con certi principi. Questa è la via attraverso la quale io vorrei che si introducesse finalmente una disciplina in questo campo.

Colui che si candida a produrre televisione...gli piaccia o no, sarà coinvolto nell’educazione di massa, in un tipo di educazione che è terribilmente potente e importante.

Tutti coloro che sono coinvolti nel fare televisione agiscono come educatori, perché la televisione porta le sue immagini sia davanti ai bambini e ai giovani, che agli adulti. Chi fa televisione deve sapere di aver parte nell’educazione degli uni e degli altri.

La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe.

Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente, non può esistere a lungo, fino a quando il potere della televisione non sarà stato pienamente scoperto.

Noi oggi stiamo educando i nostri bambini alla violenza attraverso la televisione e gli altri mezzi di comunicazione....Penso tuttora che purtroppo noi abbiamo bisogno della censura.

TOLLERANZA

Quando, in un congresso che si teneva ad Hannover, difesi l’America, si ebbero tumulti ed urla di protesta e venni accompagnato da un’orchestra di fischi. Valutai questo fatto come segno che i miei ascoltatori non si fossero annoiati ed ero felice, giacché potetti credere, o illudermi, di stare spezzando una lancia per la libertà e la tolleranza.

L’atteggiamento di ragionevolezza ha dei limiti. Lo stesso vale per la tolleranza. Non si deve accettare incondizionatamente il principio di tollerare tutti gli intolleranti: se lo fate, sacrificate, insieme a voi, l’atteggiamento di tolleranza.

Se riconosciamo all’intolleranza il diritto di essere tollerata, allora noi distruggiamo la tolleranza e lo stato di diritto. Fu questo il destino della Repubblica di Weimar.

Tommaso Moro e John Fisher, entrambi compagni di Erasmo, morirono, non come martiri del Cattolicesimo Romano, ma come martiri dell’idea di umanesimo, come oppositori della barbarie, del dominio arbitrario e della violenza. Se oggi guardiamo al Cristianesimo come ad una forza a sostegno della pace e della tolleranza, testimoniamo la vittoria spirituale di Erasmo.

Noi dobbiamo essere tolleranti, tolleranti specialmente nei confronti delle idee etiche e religiose.

Socrate e Democrito, fecero la medesima scoperta etica...entrambi asserivano, quasi con le stesse parole: "Patire un’ingiustizia è meglio che fare un’ingiustizia". Si può dire che questa convinzione porti alla tolleranza; come in seguito insegnò Voltaire.

Dobbiamo aver ben chiaro che necessitiamo degli altri per scoprire e correggere gli errori (e loro hanno bisogno di noi), in particolare di uomini cresciuti con altre idee e in una diversa atmosfera. Anche questo porta alla tolleranza.

 

TRADIZIONE

Alcuni tipi di tradizione sono propri di un luogo e non possono essere facilmente trapiantati. Mi riferisco alla tradizione scientifica...ho constatato che è difficilissimo trapiantarla dai pochi luoghi in cui è ben radicata. Essa fu distrutta in Grecia duemila anni fa e non si riaffermò per un tempo assai lungo.

Quand’ero in Nuova Zelanda acquistai una serie di dischi americani con il Requiem di Mozart. Quand’ebbe ascoltato quei dischi, capii cosa significava la mancanza di una tradizione musicale. Erano stati incisi sotto la direzione di un musicista che non era mai venuto a contatto con la tradizione che discende da Mozart. Il risultato era rovinoso.

I primi filosofi greci...cominciarono a discutere...invece di accettare la tradizione religiosa acriticamente, come se fosse inalterabile. Invece di tramandare una tradizione, la respinsero e, qualche volta, inventarono perfino un nuovo mito, per sostituirlo all’antico.

Non penso che possiamo mai liberarci completamente dai vincoli della tradizione. Il cosiddetto processo di liberazione è, in realtà, soltanto il passaggio da una tradizione a un’altra.

Siamo in grado...di liberarci dai tabù di una tradizione e possiamo farlo, non soltanto rifiutandola, ma anche accettandola criticamente.

Una delle componenti più importanti della civiltà occidentale è la cosiddetta tradizione razionalistica ereditata dai Greci. È la tradizione della discussione critica, non fine a sé stessa, ma volta alla ricerca della verità.

La filosofia greca era il prodotto di una tradizione e del bisogno imperioso di comprendere il mondo e così la tradizione fondata da Galileo ne rappresentava il rinascimento.

Se porto l’orologio al polso sinistro, non occorre che sia consapevole di accettare una tradizione. Ogni giorno facciamo centinaia di cose influenzati da tradizioni di cui non siamo coscienti.

Se non sappiamo di agire sotto l’influenza di una tradizione, non possiamo fare a meno di accettarla acriticamente.

La fonte di gran lunga più importante della nostra conoscenza è la tradizione. La maggior parte delle cose che conosciamo, le abbiamo imparate da esempi, o perché ci sono state dette, o perché le abbiamo lette nei libri, o imparando come criticare, come accogliere e accettare le critiche, come rispettare la verità.

UOMO

Ogni qualvolta muore un uomo, è un universo intero a venire distrutto. (Ce ne rendiamo conto non appena ci identifichiamo con quell’uomo).

L’uomo, si può dire, sembra essere non tanto un animale razionale, quanto un animale ideologico.

Abbiamo buone ragioni di credere che l’uomo, o meglio il suo antenato, fu sociale prima di essere umano.

Il genere umano non si è poi comportato tanto male. Nonostante il tradimento di alcuni dei suoi leaders intellettuali, nonostante gli effetti di istupidimento dei metodi platonici nell’educazione ed i risultati distruttivi della propaganda, ci sono stati sorprendenti successi. Molti uomini deboli sono stati aiutati e, da circa un centinaio d’anni, la schiavitù è stata praticamente abolita.

Quello che realmente conta è la piccola minoranza di uomini creatori...che creano opere d’arte o di pensiero, i fondatori di religioni e i grandi uomini di Stato. Sono questi pochi individui eccezionali che ci permettono di farci un’idea della vera grandezza dell’uomo.

Possiamo dire che dobbiamo la nostra ragione, come il nostro linguaggio, ai nostri rapporti con gli altri uomini.

Gli esseri umani sono insostituibili e, come tali, sono molto diversi dalle macchine. Sono capaci di gustare la gioia della vita, ma anche di soffrire e sanno affrontare la morte con piena consapevolezza. Sono degli io, dei fini a sé stessi, come diceva Kant.

Coloro che credono nell’uomo quale è e non hanno abbandonato la speranza di vincere la violenza e l’irrazionalità, devono esigere che ad ogni uomo sia dato il diritto di organizzare autonomamente la propria vita, nella misura in cui ciò è compatibile con gli eguali diritti degli altri.

Noi possiamo amare il genere umano soltanto in determinati individui concreti, ma mediante l’uso del pensiero e dell’immaginazione, possiamo renderci pronti ad aiutare coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.

ANIMALI

Invece di farci crescere una ghiandola sulla punta di un dito, una ghiandola ad inchiostro e scrivere con essa, creiamo una penna. È questo che differenzia gli uomini dagli animali.

Pure gli animali hanno aspettative che dipendono dalle esperienze fatte nel passato. Conoscete sicuramente la storia del ratto che dice ad un altro ratto: "Ho addestrato così bene l’uomo dal camice bianco che, ogni volta che premo questa leva, mi porta qualcosa da mangiare".

Ho ben pochi dubbi sul fatto che gli animali siano coscienti e che soprattutto sentano dolore e che un cane non stia in sé dalla gioia al ritorno del suo padrone. Congetturo però, che soltanto un essere umano, in grado di parlare, possa riflettere su sé stesso.

Il mio metodo di apprendimento per prova ed errore, mi sembra fondamentalmente lo stesso, tanto se praticato dagli animali inferiori, quanto da quelli superiori, dagli scimpanzé o dagli uomini di scienza.

GENERAZIONI

I nostri simili hanno il diritto ad essere aiutati; nessuna generazione dev’essere sacrificata per il bene di quelle future, in vista di un ideale di felicità che può non realizzarsi mai.

Tutte le generazioni sono transitorie. Tutte hanno eguale diritto ad essere prese in considerazione, ma i nostri doveri sono senz’altro vincolati alla generazione attuale e alla successiva.

INDIVIDUALISMO

L’emancipazione dell’individuo fu davvero la grande rivoluzione spirituale che ha portato alla disgregazione del tribalismo e all’emergenza della democrazia.

(Sono) individualista, nel senso che è tra i singoli individui che deve esistere un rapporto di giustizia e che, concetti come quello di umanità o persino di classe, sono astrazioni, talora assai pericolose.

L’individualismo...è la dottrina centrale del Cristianesimo ("ama il prossimo tuo", dice la Scrittura, non "ama la tua tribù") ed è il nucleo vivo di tutte le dottrine etiche che sono scaturite dalla nostra civiltà e l’hanno stimolata.

(L’individualismo) è anche la dottrina etica centrale di Kant ("devi sempre riconoscere che gli individui umani sono fini e non devi mai usarli come meri mezzi ai tuoi fini"). Non c’è alcun altro pensiero che abbia avuto tanta influenza nello sviluppo morale dell’uomo.

Vita

Vi sono (uomini) che pensano che la vita sia priva di valore perché ha fine. Non pensano che si potrebbe anche proporre l’argomento opposto: se non vi fosse fine alla vita, essa non avrebbe valore ed è il pericolo sempre presente di perderla che, in qualche misura, aiuta a renderci consapevoli del valore della vita.

La vita, l’universo stesso, prima che vi apparisse la vita, è creativo; ma la prova di questa creatività si ha prima ad opera della vita e la prova decisiva si ha attraverso Mozart.

Il senso della vita non è qualcosa di nascosto che possiamo trovare o scoprire, bensì qualcosa che noi stessi possiamo conferire alla vita stessa.

Possiamo conferire un senso alla nostra esistenza mediante il nostro fare e il nostro lasciar fare, il nostro lavoro e il nostro agire, con la nostra posizione rispetto alla vita, agli altri uomini e al mondo.

La vita ha, in ogni caso, un valore di rarità: è preziosa. Siamo inclini a dimenticarlo e a disprezzare la vita, forse per leggerezza, o forse perché la nostra bella terra e un po’ sovraffollata.

Con i miei ottantatré anni, sono oggi l’uomo più felice che conosca. Trovo la vita indescrivibilmente meravigliosa. Essa è sicuramente pure terribile...e, benché non di rado abbia attraversato momenti di disperazione e anche oggi abbia preoccupazioni più che pesanti, mi è capitato di essere "felice sino al cielo, triste sino alla morte" e sono felice.

VERITÀ

Lo status della verità, in senso oggettivo, come corrispondenza ai fatti, può paragonarsi a quello di una cima montuosa, normalmente avvolta fra le nuvole. Uno scalatore può, non soltanto avere difficoltà a raggiungerla, ma anche non accorgersene quando vi giunge, poiché può non riuscire a distinguere, nelle nuvole, fra la vetta principale e un picco secondario.

La scienza è ricerca della verità. Ma la verità non è verità certa.

La certezza non è un obiettivo degno di essere perseguito dalla scienza. La verità lo è.

Nella nostra ricerca della verità, abbiamo sostituito la certezza scientifica con il progresso scientifico.

Nella scienza possiamo tendere alla verità e lo facciamo. La verità è il valore fondamentale. Quel che non possiamo raggiungere è la certezza. Ad essa dobbiamo rinunciare.

Cerchiamo la verità, ma non possiamo sapere quando l’abbiamo trovata. Non abbiamo un criterio di verità e siamo tuttavia guidati dalla sua idea come principio regolativo.

L’idea stessa di errore e di fallibilità, comporta quella di una verità oggettiva, come modello che possiamo essere incapaci di raggiungere (in questo senso, l’idea di verità è regolativa).

Ho definito la verità un’idea "regolativa" perché, pur non avendo un criterio di verità, abbiamo molti criteri di falsità.

Non vogliamo semplicemente la verità, ma più verità e una verità nuova. Non ci accontentiamo di "due volte due fanno quattro", anche se questo è vero. La semplice verità non basta; quel che cerchiamo sono delle risposte ai nostri problemi.

Penso che dovremmo...ammettere che ogni conoscenza è umana ed è coinvolta nei nostri errori, pregiudizi, sogni e speranze e che non possiamo fare altro che cercare la verità a tentoni, anche se è situata al di là della nostra portata.

Se troviamo due banconote indistinguibili, abbiamo buone ragioni di credere che almeno una di esse è una contraffazione. Una banconota falsa non diventa autentica, se la falsificazione è perfetta o perché tutte le tracce storiche dell’operazione di contraffazione sono scomparse.

La critica e la discussione sono i soli mezzi di cui disponiamo per arrivare più vicini alla verità.

Non possiamo rendere vera una cosa con un tratto di penna, come cercano di fare talvolta i dittatori, per esempio facendo riscrivere la storia passata.

Sebbene esista la verità, non esiste alcun criterio di verità. Questo è molto importante perché molti filosofi confondono l’idea di verità con l’idea di criterio di verità.

Vi sono verità incerte...ma non esistono certezze incerte.

Un ricercatore di verità deve osare...di essere un rivoluzionario nel campo del pensiero.

(La ricerca della verità) è possibile soltanto se parliamo chiaramente e semplicemente ed evitiamo tecnicismi e complicazioni non necessari.

La verità...non è manifesta e d’altra parte sarebbe un errore credere, come credono Comte e Mill, che, rimossi gli ostacoli, la verità possa diventare visibile a quanti desiderano vederla.

La teoria che la verità è manifesta non soltanto educa fanatici, cioè uomini convinti che tutti coloro che non vedono la verità manifesta devono essere posseduti dal diavolo...ma può anche condurre all’autoritarismo.

Nella ricerca della verità sono necessari: a) fantasia; b) tentativo ed errore; c) la scoperta graduale dei nostri pregiudizi, con l’aiuto di a), b) e con l’aiuto della discussione critica.

La verità è qualcosa di oggettivo, la certezza qualcosa di soggettivo.

Non voglio affatto dire che gli individui non dicano mai il vero. Affermo soltanto che essi, nella misura in cui dicono talvolta qualcosa di comprensibile, dicono anche, con altrettanta frequenza, il falso.

Pizia di Marsiglia, il primo greco che raccontò di aver visto "il mare ghiacciato e il sole a mezzanotte", divenne, per i suoi contemporanei, la figura proverbiale del bugiardo.

 

VIOLENZA

Se un uomo è deciso ad usare violenza, al fine di raggiungere i suoi obiettivi, possiamo dire che egli adotta comunque un atteggiamento violento, sia o non sia la violenza effettivamente usata, in un determinato caso.

L’uso prolungato della violenza può portare alla perdita della libertà, dato che è destinato a portare con sé, non il governo spassionato della ragione, ma il governo dell’uomo forte.

C’è soltanto un altro caso di uso della violenza nei conflitti politici che sono disposto a ritenere giustificato. Intendo riferirmi alla resistenza, una volta instaurata la democrazia, a qualsiasi attacco contro la Costituzione e l’uso dei metodi democratici.

La violenza genera sempre maggiore violenza.

Quando due persone non sono d’accordo...vi sono due soli modi di giungere (ad una soluzione): la discussione e la violenza. Oppure, se si tratta di un contrasto di interessi, le due alternative sono un ragionevole compromesso o il tentativo di eliminare l’interesse opposto.

Non è possibile ragionare con uno che ammira la violenza. Egli può sempre rispondere ad un ragionamento, con una pallottola, se non è trattenuto dalla minaccia di una violenza contraria alla sua.

Non si uccide mai un uomo se si adotta l’atteggiamento di prestare orecchio, prima di tutto ai suoi argomenti.

Anche Mahatma Gandhi era un combattente: un combattente per la non violenza.

 

ARGOMENTI VARI

Mentre è vero che il dolore offre qualche vantaggio, nella misura in cui costituisce un avvertimento, difficilmente esiste un vantaggio nell’avere un mal di denti cosciente...prima dell’invenzione dei dentisti...non c’era alcun vantaggio ad avere un mal di denti cosciente. Del resto, l’invenzione dei dentisti è una conseguenza del mal di denti.

Voi tutti conoscerete la storia del soldato che scoprì che tutto il suo battaglione (a parte lui, naturalmente) non marciava al passo. Io mi trovo costantemente in questa piacevole posizione. E sono molto fortunato poiché, di regola, alcuni altri membri del battaglione sono piuttosto disponibili a rimettersi al passo.

Sono grato al professor Wilfrid Sellars...per la gentilezza con cui definisce (il mio saggio Language and The Body - Mind Problem) "stimolante, efficace, sebbene ineguale". Di tale limite, nessuno può essere più consapevole di me. Credo di essere sensibile al problema più di quanto la principessa di Andersen lo fosse al pisello.

Molti anni fa, quando vivevo in Nuova Zelanda, avevo un amico, il vecchio Dottor Farr, un professore emerito di fisica...sulla soglia degli ottant’anni, che manteneva interesse per gli studenti del suo vecchio dipartimento di fisica...Un giorno uno studente era chiaramente imbarazzato e, alla domanda "Cosa c’è che non va?", balbettò: "Mi scusi, dottor Farr, ma il suo cappello è girato dalla parte sbagliata!", Fulminea arrivò la risposta: "Come fai a sapere da che parte vado?".



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