SAMUEL PUFENDORF

 

A cura di Diego Fusaro

 

 

"Ciascuno, per quanto dipende da lui, deve promuovere e mantenere coi suoi simili uno stato di socievolezza pacifico, conforme in generale all’indole e alla finalità del genere umano" (De Jure naturae et gentium II, 3, 10).


 

PUFENDORFIl giurista tedesco Samuel Pufendorf (1632-1694) diede importanti contributi agli studi della legge, alla luce delle realtà politiche affiorate dalla Guerra dei Trent’anni. Quand’era ancora studente di etica e di politica, egli rimase impressionato dalla teoria giusnaturalistica elaborata da Ugo Grozio; ma su di lui influirono molto anche le teorie di Francisco Suarez.

Sempre fedele ai principi della religione luterana, Pufendorf si propone l’ambizioso obiettivo di armonizzare i primi nuclei del pensiero politico pre-illuministico con la teologia cristiana. Nel 1660, egli fu nominato docente presso l’università di Heidelberg e nel 1667 si trasferì presso l’università di Lund, dove vide la luce il suo importantissimo scritto del 1672 De Jure naturae et gentium (La legge di natura e degli Stati), in otto libri. L’opera si pone come una vera e propria giustificazione dell’assolutismo. In opposizione alle tesi propugnate da Hobbes, Pufendorf è convinto della naturale socievolezza dell’uomo: essa, a suo avviso, sta alla base della fondazione della legge di natura. Ma questa originaria disposizione alla socievolezza è stata corrotta dalle condizioni successive in cui l’uomo si è trovato a vivere: in chiave religiosa, si può dire che la caduta coincida col peccato originale commesso dal primo uomo. Alla domanda “che cosa ne sarebbe della vita umana se non ci fosse una legge a regolarla?” Pufendorf risponde senza esitazione: “un branco di lupi, di leoni o di cani che combattono fino alla morte”. Il richiamo ai lupi è, naturalmente, di forte sapore hobbesiano. Proprio per scongiurare un tale rischio, Dio, il legislatore sovraumano, ha imposto agli uomini delle leggi naturali alle quali essi sono tenuti ad adeguarsi, senza mai perderle di vista. Queste leggi divine sono poi state ereditate e codificate dagli uomini nelle loro costituzioni. Sicché, se dopo il peccato originale Dio non avesse dato agli uomini le leggi di natura, essi si troverebbero oggi nella condizione delle belve, che configgono tra loro fino alla morte. La legge di natura è per l’appunto basata sul principio per cui si deve sempre e comunque preservare la vita in società dell’uomo, senza mai allontanarsene, pena una ricaduta alla ferina lotta di tutti contro tutti. Ma, concretamente, da cosa nasce il diritto naturale? Pufendorf risponde sostenendo che esso trae origine da due fattori: in primis, dall’amor proprio, che induce l’uomo a sforzarsi di conservar se stesso e a cercare senza sosta il proprio benessere; in secundis, dallo stato di indigenza in cui l’uomo si trova a vivere nella natura. Poiché la caratteristica peculiare dell’uomo sta nella razionalità, che lo distingue dalle bestie, il diritto naturale viene a porsi come la risposta che la ragione umana fornisce al problema posto all’uomo dall’amor proprio e dall’indigenza. Il principio fondamentale della legge di natura può essere formulato in questi termini: “ciascuno, per quanto dipende da lui, deve promuovere e mantenere coi suoi simili uno stato di socievolezza pacifico, conforme in generale all’indole e alla finalità del genere umano” (II, 3, 10). Dopo che fu stipulata la pace di Westfalia, si cercò di rimuovere dalla sfera pubblica ogni controversia religiosa: dal canto suo, Pufendorf andò un po’ modificando la sua teoria e si sforzò di desacralizzare la politica privatizzando la religione, aprendo di fatto la via alla filosofia del deismo che tanto successo avrebbe avuto nell’Età dell’Illuminismo.

 

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