RICCARDO DI SAN VITTORE
A cura di Claudia Fazio
Continuatore della riflessione sull’esperienza mistica avviata da Ugo di San Vittore, Riccardo di San Vittore fu un teologo nativo della Scozia, del quale non si conoscono con esattezza la città e la data di nascita, che dev’essere comunque collocata intorno al 1100; morto nel 1173 a Parigi, fu commemorato il 10 Marzo nel necrologio dell’abbazia. Fu educato presso il monastero di San Vittore sotto il primo Abate Gilduin (morto nel 1155) e fu discepolo del grande mistico Ugo di San Vittore, di cui adottò ed elaborò i principi ed i metodi. La sua carriera fu rigorosamente monastica, e le sue relazioni con il mondo esterno furono molto limitate. Fu sotto-priore del monastero nel 1159, e successivamente ne divenne priore. Durante il suo compito, in quest’ ultimo incarico, sorsero seri problemi nella comunità di San Vittore a causa della cattiva condotta dell’abate inglese Ervisius, la cui vita irregolare lo portò ad un’ammonizione personale da parte di Alessandro III, e fu, successivamente, chiamato ad appello dal papa presso una commissione di inquisizione sotto l’autorità reale; dopo vari ritardi e resistenze da parte dell’abate, le sue dimissione furono ottenute e si ritirò dal monastero. Una lettera di esortazioni fu inviata dal papa a “Riccardo, il priore” e alla comunità nel 1170. Sembra che Riccardo non prese parte attiva durante queste procedure, ma le condizioni contrastanti dell’ambiente potrebbero aver accelerato il suo desiderio di ritiro interiore alla contemplazione mistica. Le dimissioni di Ervisius arrivarono nel 1172. Nel 1165 San Vittore ricevette la visita di San Tommaso di Canterbury, in ritorno dal suo viaggio da Northampton; Riccardo fu, senza dubbio, uno degli uditori del discorso emanato dall’arcivescovo in quell’occasione. Una lettera ad Alessandro III, che tratta gli affari dell’arcivescovo, firmata da Riccardo, è pubblicata dal Migne. Come il suo maestro Ugo, anche Riccardo potrebbe avere avuto dei rapporti con San Bernardo, ritenuto il Bernardo a cui è indirizzato il trattato De tribus appropriatis personis in Trinitate. La sua fama di teologo si spinse ben oltre i confini dei recinti monastici e copie dei suoi scritti vennero, a gran richiesta, ricercati da altre case religiose. Esclusivamente teologo, come Ugo, sembrava non avere interesse per la filosofia e non prese mai parte alle acute controversie filosofiche di quel tempo, ma, come tutta la scuola di San Vittore, era disposto a servirsi, in teologia, del metodo didattico e costruttivo introdotto da Abelardo. Nonostante ciò, Riccardo osservò il secolare insegnamento con qualche sospetto, ritenendolo inutile come fine in sè e ritenendolo solo motivo di orgoglio a livello mondiale e ricerca introspettiva quando ci si separa dagli argomenti divini. Egli chiama tale insegnamento, nello stile antitetico che caratterizza tutti i suoi scritti, “sapentia insipida et doctrina indocta”; e il professore di tale insegnamento è “captator famae, neglector conscientiae”. Personaggi così dotati, dovrebbero stimolare lo studioso di argomenti sacri a maggiori sforzi per raggiungere più alte sfere. “Quando noi consideriamo quanto i filosofi di questo mondo hanno lavorato, noi dovremmo vergognarci dell’essere inferiori a loro”. Scrive ancora Riccardo: “noi dovremmo cercare sempre di capire tramite la ragione quello che sosteniamo con la fede”.
Le sue opere rientrano nelle tre classi di dogmatica, mistica ed esegetica. Prima di tutto ricordiamo il trattato in sei libri sulla Trinità, con il supplemento sugli attributi delle Tre Persone e il trattato del VerboIncarnato. Ma di maggior interesse è la sua teologia mistica, che è principalmente contenuta nei due libri sulla contemplazione mistica, intitolati rispettivamente Benjamin Minor e Benjamin Major e l’allegorico trattato sul Tabernacolo.
Come abbiamo detto, Riccardo diede nuovo sviluppo alla dottrina mistica di Ugo, con uno schema maggiormente dettagliato in cui vengono descritti anche i passi successivi della contemplazione. Questi sono in tutto sei, suddivisi nei tre che riguardano i poteri dell’anima - l’immaginazione, la ragione e l’intelligenza -ascendendo dalla contemplazione delle cose visibili della creazione fino all’estasi nella quale l’anima è trasportata “oltre se stessa” alla Presenza Divina, attraverso gli ultimi tre passi finali della “Dilatio, sublevatio, alienatio”. Questi i titoli (Benjamin Major e Minor) si riferiscono a Ps. 1xvii, “Benjamin in mentis excessu”. Rachel rappresenta la ragione, Lia rappresenta la carità; il tabernacolo rappresenta lo stato di perfezione nel quale l’anima alloggia presso Dio. In un certo senso, il punto di vista mistico o devozionale predomina nei trattati esegetici; anche l’esposizione critica e dottrinale del testo riceve attenzione. I quattro libri intitolati Tractatus exceptionum e attribuiti a Riccardo trattano tematiche di insegnamento secolare. Otto titoli di opere gli sono attribuiti dal Trithemius e si riferiscono, probabilmente, a frammenti manoscritti di sue opere conosciute. Un Liber Penitentialis è menzionato da Montfaucon come attribuibile a “Ricardus Secundus a Sancto Victore”, e potrebbe, probabilmente, essere identificato con il trattato De protestate solvendi et ligandi sopra menzionato. Null’altro si conosce di un secondo Riccardo di San Vittore. Si dice che esistano altri quindici manoscritti, opere attribuite a Riccardo che non sono apparse in nessuna delle edizioni pubblicate e sono probabilmente false. Otto edizioni di queste opere sono state pubblicate: Venezia, 1506 (incompleta) e 1592; Parigi, 1518 e 1550; Lione, 1534; Cologna, 1621; Rouen, 1650, presso i Canonici di San Vittore; e presso Migne. Oltre a un’opera Sulla trinità e a un manuale di scienze profane, Riccardo compose vari scritti mistici, tra cui sulla preparazione alla contemplazione, sulla grazia della contemplazione e sullo stato interiore dell’uomo. Secondo Riccardo, tre sono le vie attraverso le quali l’uomo perviene alle verità relative alle cose terrene ed eterne: l’esperienza, la ragione e la fede. Egli ravvisa il fondamento dei tre momenti della via mistica, gia descritti da Ugo, in tre facoltà dell’anima umana. E precisamente la cogitatio ha la sua base nell’immaginazione, la meditatio nella ragione e la contemplatio nell’intelligenza, una sorta di vista spirituale che vede le cose invisibili come realmente presenti. Condizioni imprescindibili per la contemplazione, poi, Riccardo distingue sei grandi successivi, che vanno dalla considerazione del mondo sensibile a quella degli attributi di Dio che trascendono la piena comprensione umana, come la Trinità. Questi vari gradi si distinguono anche per una diversa condizione della mente in ciascuno di essi; Riccardo ne distingue tre livelli: la dilatatio, ossia l’espansione e l’acutizzarsi della mente; la sublevatio, ossia il sollevarsi di essi oltre i limiti umani grazie all’illuminazione divina e, infine, l’alienatio, il diventare altro e trasfigurarsi in una condizione non più umana. Qui si ha allora il momento culminante dell’ estasi o uscita della mente da sé (excessus mentis).