Penso, dunque sono. (Cartesio)
Compito per le vacanze. Tutti gli studenti che, approfittando dell’estate, si dedicheranno alla stesura della tesi di laurea (in materie umanistiche o, magari, in filosofia) potrebbero trarre vantaggio dal leggere e meditare alcune dissertazioni universitarie di alcuni prestigiosi colleghi: tipo Karl Marx, tipo Carlo Michelstaedter, tipo Giorgio Manganelli. Sul primo diremo tra breve, sul secondo e sul terzo diremo velocemente subito. Manganelli si laureò nel 1945 con una tesi folle e insaziabile: Contributo critico allo studio delle dottrine politiche del Seicento italiano (pubblicato nel 1999 da Quodlibet), un centinaio di pagine barocche e densissime su quanto gli «stomachi cupi» della politica abbiano cercato di occultare le mani insanguinate della guerra «con guanti gradevolmente odorosi di ambra». Manganelli se ne infischia dello stile accademico e ce la mette tutta per scrivere una tesi alla sua maniera. Michelstaedter nel 1910 ha scritto invece il suo capolavoro La persuasione e la rettorica (Adelphi) ma siamo incerti se suggerire agli studenti di percorrere fino in fondo la sua strada: Michelstaedter giunse a un vertice così alto di speculazione filosofica che non arrivò neppure a discutere la sua tesi; dopo aver infatti completato le appendici critiche non trovò altra soluzione che uccidersi con un colpo di rivoltella, esausto ed esasperato da un lavoro così definitivo. Più modestamente proponiamo di seguire l’esempio di Karl Marx che, il 15 aprile 1841, si laureò a Jena con una tesi davvero incendiaria, Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro (il testo, con tedesco a fronte, è stato pubblicato recentissimamente da Bompiani in un’ottima edizione a cura di Diego Fusaro).
[di Edoardo Camurri, Il Riformista, 13 luglio 2004]
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