FRANCESCO D’ASSISI

 

 

A cura di Alessandro Sangalli



SAN FRANCESCO DA ASSISI

 

 

 

Santo protettore dell’Italia, figura rivoluzionaria della Chiesa cristiana, messaggero ed ambasciatore di pace in Oriente: tutte descrizioni che si possono attribuire a San Francesco, il “poverello d’Assisi”. E perché non aggiungere, in fondo, anche quella di filosofo? Ha vissuto da anticonformista, ha predicato e messo per iscritto le sue idee, ha avuto numerosi discepoli… La sua concezione della vita va al di là di un semplice atteggiamento religioso, si può tranquillamente definire una vera e propria filosofia.

 

1. La vita

Nasce ad Assisi nel 1181/1182 col nome di Giovanni, figlio di Pietro di Bernardone e di Giovanna, detta donna Pica. Il padre, ricco mercante di stoffe, al momento della nascita del figlio si trova in Francia, ma, al suo ritorno, deciderà di chiamarlo Francesco.

Di Francesco, si può dire che abbia vissuto due vite, una l’opposto dell’altra. Il giovane Francesco era un ragazzo vivace, amante delle feste, dei banchetti e del lusso: amava mangiare e bere con gli amici, indossare vestiti eleganti e preziosi gioielli. È Francesco stesso a presentarsi, in apertura del suo Testamento, come uno che viveva nei peccati e nella dissoluzione morale. Nel 1202 partecipò, come molti altri suoi coetanei, alla guerra contro Perugina: fatto prigioniero, fu riscattato dopo un anno grazie alle risorse economiche del padre.

Circa due anni più tardi, inizia la sua conversione e la sua trasformazione. Il padre la racconta così: “All’inizio Francesco sembrava uguale a tutti gli altri bambini: era allegro, voleva sempre giocare e gli piaceva cantare. Poi accadde quello che accadde: un giorno incontrò un lebbroso e, invece di fuggire al suono della campanella, scese da cavallo e lo abbracciò. E non basta, un’altra volta si intrufolò nel mio magazzino e si prese tutte le stoffe preziose che c’erano negli scaffali per poi vendersele sottoprezzo, il tutto per pagare i restauri della chiesa di San Damiano”. Per quest’ultimo episodio, Francesco viene denunciato dal padre al tribunale ecclesiastico: qui, davanti al vescovo e al popolo, il giovane rinuncia all’eredità e ai beni paterni, si spoglia anche degli abiti e fa pubblica professione di povertà. Afferma in seguito: <<D’ora in avanti voglio dire “Padre nostro che sei nei cieli”, non più “padre mio Pietro di Bernardone”>>.

Da qui in poi, Francesco inizia la sua nuova vita: il colloquio col crocefisso non fa che rassicurarlo della decisione da lui presa. Un giorno, infatti, mentre sta pregando davanti al crocefisso, sente dirsi: <<Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere>>. Inizia quindi a predicare l’amore, la pace e la povertà e a poco a poco si uniscono a lui alcuni compagni: Bernardo di Quintavalle, Pietro Cattani, Gaspare di Petrignano e altri ancora. Vivono tutti insieme nella Porziuncola, una chiesetta mezza diroccata che riparano essi stessi. In questo clima viene redatta la Regola del Primo Ordine Francescano, che contiene le norme e le regole di vita della comunità. Francesco, con alcuni compagni, si reca a Roma per incontrare papa Innocenzo III e vedere riconosciuta la sua Regola. Le guardie, però, non lo fanno entrare a palazzo, scambiando lui e i compagni per dei guardiani di porci. Francesco e i suoi aspettano fuori dalle porte del Laterano per tre mesi, dormendo per strada e vivendo di elemosina, finché il papa, pare a causa di un sogno che lo aveva turbato, lo manda a prendere dalle guardie e accetta la Regola senza obiezioni, seppur solo oralmente. Fu il pontefice Onorio III, con la bolla Solet annuere Sedes Apostolica del 1223, a costituire definitivamente ed ufficialmente l’Ordine francescano.   

Intorno al 1211 alla piccola comunità di frati si aggiunge Chiara, figlia di Favarone degli Offreducci, una ragazza di ceto aristocratico che condivide la stessa fede ardente di Francesco: <<Da quando ho conosciuto la grazia del Signore nostro Gesù Cristo per mezzo di quel suo servo Francesco, nessuna pena mi è stata molesta, nessuna penitenza gravosa, nessuna infermità mi è stata dura>>. Chiara è seguita nella sua scelta di vita da numerose altre ragazze come lei, che insieme fondano l’Ordine delle Clarisse, redigendo con Francesco la Seconda Regola.

Tra il 1217 e il 1221 si svolge la quinta crociata: voluta da Papa Onorio III, è condotta da Andrea II re d’Ungheria e da Giovanni di Brienne. Il piano dei crociati è quello di arrivare in Terrasanta e attaccare gli infedeli sorprendendoli da sud, arrivando cioè dall’Egitto. Ed è proprio in Egitto che si reca nel 1219 Francesco, con intenti apostolici ed evangelici. Dopo la sconfitta cristiana sotto le mura di Damietta, si spinge disarmato tra le linee nemiche e, catturato, è portato dal sultano Malek-el-Kamel. Il sultano è ammirato dalla persona e dalla figura di Francesco, tanto da trattarlo con garbo e rispetto, consentendogli pure di visitare i luoghi sacri.

Al ritorno dal pesante viaggio la sua salute, già precaria, è molto peggiorata. Francesco si dedica alla stesura della Regola del Terzo Ordine e rielabora quella del Primo.

È in questo periodo che si verificano gli episodi miracolosi della vita di Francesco: al 1223 risale l’apparizione del Gesù Bambino nel presepio vivente che era stato allestito da Francesco e compagni a Greccio, presso Rieti; l’anno successivo riceve le stigmate sul monte Verna; si moltiplicano le voci sulla sua abilità di parlare agli animali e si diffonde, in particolare, la storia del lupo di Gubbio.

I confratelli di Francesco, preoccupati per la sua salute che peggiora sempre più, gli consigliano di riposarsi ritirandosi e curandosi presso Siena: è proprio qui che nel 1226 detta il suo Testamento, forse sentendo vicina la morte. Con le ultime forze decide di tornare ad Assisi, dove, dopo aver scritto il Testamento finale, muore nella sua Porziuncola: è il 3 ottobre 1226. Fu fatto santo da Gregorio IX il 16 luglio 1228.

 

2. Le opere

Il messaggio e l’insegnamento di Francesco stanno forse più nella sua esperienza di vita che nei suoi scritti, tanto più che egli era solito definirsi “semplice e illetterato”. Non si può negare, tuttavia, la sua attenzione per la predicazione e per la parola, strumenti necessari per illuminare la vita e dare senso all’esistenza, per esprimere l’amore per la Natura e la lode a Dio. La distinzione consueta delle sue opere proposta dagli editori moderni è la seguente:

 

- Regole ed esortazioni

Regola non bollata (comprende scritti fino al 1221)

Regola bollata (approvata da Onorio III nel 1223)

Regola di vita negli eremi

Ammonizioni (raccolta di riflessioni spirituali)

Testamento di Siena (maggio 1226)

Testamento finale (autoritratto e spaccato della sua vita)

 

- Lettere (Ai fedeli; Ai chierici; Ai reggitori di popoli; A tutto l’Ordine; etc.)

 

- Laudi e preghiere

Lodi di Dio Altissimo

Cantico di Frate Sole (o delle Creature)

Preghiera davanti al crocefisso

Ufficio della Passione del Signore

 

Come nota Carlo Paolazzi in Lettura degli “Scritti” di Francesco d’Assisi, queste opere <<non nascono da motivazioni culturali e letterarie, ma da esigenze di vita comunitaria e personale>>.

 

3. La figura e il messaggio

“Vivere secondo la forma del Vangelo” è la grande svolta che trasforma definitivamente la vita del giovane Francesco, un ragazzo che viveva nella ricchezza e sceglie la povertà, che sognava la gloria delle armi e si fa ambasciatore di pace e amore. La sfida di Francesco è quella di mostrare agli uomini del suo tempo come l’insegnamento del Vangelo possa essere vissuto da tutti, sempre, senza mezze misure, come ha detto Gesù: <<Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi>> (Gv, 13,15). “Io ho fatto la mia parte; quanto spetta a voi, ve lo insegni Cristo”, diceva Francesco.

Al centro del suo messaggio sta il mistero di Dio e l’amore con cui Francesco lo vive: è proprio Dio, Padre amorevole, sommo bene dal quale proviene ogni altro bene che egli intravede in tutte le cose, in tutte le creature: <<Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le tue creature>> (Cantico di Frate Sole). L’amore e la gratitudine di Francesco aumentano di fronte a Gesù, figlio di Dio, nato e morto per noi. L’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione di Gesù non soltanto testimoniano il suo amore per noi, ma sollecitano una risposta: seguire le orme di Gesù è rispondere a quest’amore: “Dobbiamo amare molto l’amore di colui che ci ha molto amati”.

Il pensiero e il messaggio di Francesco ebbero rapidissima diffusione e notevole influenza sulla cultura europea. Tra le più importanti figure francescane si ricordano anche parecchi filosofi: tra gli altri Bonaventura, Ruggero Bacone, Duns Scoto, Guglielmo d’Ockham. 

In conclusione, soffermiamoci sulla figura di Francesco così come la delinea un suo discepolo, fra Gaspare da Petrignano:

“Conobbi Francesco un giorno mentre stavo tornando dal mercato: lo vedo e ne resto affascinato. Ha come vestito un sacco di iuta e siamo in pieno inverno. […] Lo invito a casa mia: mangiamo insieme e resto tutta la notte in piedi per parlare con lui. Non capisco bene quello che dice ma lo ascolto. Ho l’impressione di vivere per la prima volta. […] Gli chiedo dove abita e mi porta in una chiesetta mezza diroccata chiamata la Porziuncola. Senza pensarci troppo decido di vivere lì anch’io. […] Oggi ci hanno raggiunto altri tre fratelli: si chiamano Bernardo, Pietro ed Egidio. Li abbiamo sistemati tutti e tre dietro l’altare. […] Noi seguiamo Francesco, felici come non lo siamo mai stati nella vita. Le nostre regole sono: l’umiltà, la carità, l’obbedienza, la povertà, la serenità, la pazienza, il lavoro e la gioia. Ieri Francesco ha detto ad un contadino: <<Non coltivare tutto il tuo terreno. Lasciane un po’ alle erbacce, così vedrai spuntare anche i fratelli fiori>>. […] La cosa più bella che ho fatto grazie a Francesco è stato il presepio. Eravamo a Greccio, dalle parti di Rieti, quando lui ci parlò di Betlemme e della nascita di Gesù Bambino. Era il giorno di Natale. Francesco andò in paese e si fece prestare un bue e un asinello, poi convinse alcuni paesani a travestirsi da pastori e uno di loro venne con la moglie, una brava donna. Li nominammo subito Giuseppe e Maria. Insomma, mettemmo in piedi un presepe vivente. Il bambino ovviamente non c’era, eppure, roba da non credere, quando scoccò la mezzanotte tutti, ma proprio tutti, lo vedemmo sgambettare nella paglia. Impossibile raccontare fino a che punto siamo stati felici!”

 

4. Il Cantico delle Creature

Se esiste un componimento o uno scritto di Francesco che possa essere considerato il manifesto del suo pensiero e delle sue idee, è senz’altro il Cantico di Frate Sole, anche noto come Cantico delle Creature. In esso troviamo il grande amore di Francesco per Dio e per tutto il creato: è in tutte le creature che Francesco vede Dio, è amando tutto il creato che Francesco ama Dio. L’uomo è esso stesso una creatura, fratello di tutte le cose che esistono.

 

 

Altissimu, onnipotente, bon Signore,

Tue so’ le laude, la gloria, l’honore et onne benedizione.

Ad te solo, Altissimo, se konfane,

e nullu homo ène dignu te mentovare.

 

Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature,

spezialmente messor lo frate Sole,

lo quale è iorno et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de Te, Altissimo, porta significazione.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le Stelle:

in celu l’ài formate clarite e preziose e belle.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento

E per aere e nubilo e sereno et onne tempo,

per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,

la quale è multo utile et humile e pretiosa e casta.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,

per lo quale ennallumini la notte:

et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,

la quale ne sustenta e governa,

e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore

e sostengo infirmitate e tribulazione.

Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,

ka da Te, Altissimo sirano incoronati.

 

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,

da la quale nullu homo vivente po’ skappare:

guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,

ka la morte seconda no ‘l farrà male.

 

Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate

e serviateli cum grande humiltate.

                    

5. S. Francesco e Dante

Dante Alighieri dedica non pochi versi alla figura di Francesco: siamo nel Canto XI del Paradiso, Dante si trova nel cerchio degli spiriti sapienti dove, tra gli altri, è presente anche Tommaso d’Aquino. È proprio a quest’ultimo che Dante fa proferire l’elogio di Francesco, elogio profondo, allegorico e ricco di suggestioni (vv. 43-117).

L’elogio non si riduce ad una semplice biografia, né ricalca la ricca aneddotica, colorita ed incantevole, già solida e conosciuta ai tempi di Dante. Anzi, a onor del vero, la biografia si riduce all’essenziale: la nascita è raccontata con una complessa indicazione geografica, è seguita poi da pochi accenni alla conversione, dalla “guerra” col padre, e subito si arriva alle nozze con la Povertà. I versi proseguono narrando del formarsi dell’originario gruppo di discepoli, delle udienze ottenute da Francesco, prima con papa Innocenzo e poi con Onofrio, che diedero <<sigillo a sua religïone>> e <<corona>> alla sua <<santa voglia>>. Il racconto prosegue con cenni al viaggio in Oriente, all’eremitaggio e alle stigmate ricevute sul monte Verna, per chiudersi col ritorno di quest’<<anima preclara>> a Dio, con la morte in umiltà e la sepoltura nella nuda terra.

Centrale in questo canto, come nella vita di Francesco, è l’immagine dell’amore tra il giovane e la Povertà, con le loro “nozze mistiche” dinanzi alla <<spiritual corte et coram patre>>, l’immagine dell’amore per una tale donna <<a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra>>. Morte che, in quanto creatura di Dio, Francesco amava e rispettava come fosse sua sorella.

Come nota Auerbach: <<a questo per l’appunto serve l’allegoria della povertà: essa fa un tutto unico della missione del santo e dell’atmosfera particolare alla sua persona. […] In quanto donna di Francesco, la povertà possiede una realtà concreta, ma poiché Cristo fu il suo primo sposo, così la realtà concreta, di cui si tratta, è nello stesso tempo parte d’una grande concezione storica e dogmatica. Paupertas unisce Francesco con Cristo, stabilisce la posizione del santo quale imitator Christi>>.         


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