MAX SCHELER
A cura di Diego Fusaro
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Il metodo fenomenologico inaugurato
da Edmund Husserl incise molto sulla filosofia tedesca della prima fase del
Novecento: in particolare, si avvertiva l'esigenza di estendere l'applicazione
del metodo fenomenologico anche ad altri ambiti dell'esperienza umana oltre a
quello della conoscenza, in particolare alla vita emotiva e all'etica. E
proprio di questo ambito si interessò Scheler. Max Scheler nacque a Monaco nel
1874, da padre protestante e da madre ebrea; per ben due volte si convertì al
cattolicesimo e altrettante volte se ne discostò. Nel 1911 fu a Gottinga, dove
insegnava Husserl, e nel 1912 dimorò a Berlino, dove legò amicizia con lo
storico del capitalismo Werner Sombart. In quello stesso anno pubblicò un
saggio Sul risentimento e l'anno successivo la prima parte della sua
opera Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori . Al
termine della guerra, nel 1919, divenne professore di filosofia all'università
di Colonia. Negli ultimi anni della sua vita, terminata nel 1928, Scheler
compose numerosi scritti: Essenza e forme della simpatia (1923), Problemi
di una sociologia del sapere (1924), Le forme del sapere e la società
(1926), La posizione dell'uomo nel cosmo (1927). Scheler è convinto, con
Husserl, del carattere intenzionale della coscienza umana (la coscienza umana è
sempre coscienza di qualche cosa: non c’è coscienza senza oggetto): con Husserl
concorda anche nel sostenere che gli atti intenzionali della coscienza sono
sottoponibili ad un’analisi fenomenologia che riguardi le loro essenze, e
nell’ammettere l’irriducibilità reciproca degli atti intenzionali (da ciò
scaturisce l’autonomia dell’etica rispetto alla logica). Scheler era convinto
che il neokantismo della Scuola di Marburgo, trascurando l'esperienza vissuta,
non fosse in grado di cogliere la peculiarità della vita spirituale e culturale
dell'uomo. Per Scheler anche la sfera dei sentimenti, non solo quella
conoscitiva, è caratterizzata dall' intenzionalità
. Quello del sentimento costituisce un
ambitoautonomo dal conoscere, in quanto è dotato di contenuti originari propri,
dati a priori e non derivati dalle conoscenze di dati di fatto. Gli atti del
sentimento sono infatti correlati intenzionalmente ai valori,
che sono qualità inerenti alle cose e sono oggetto di un'intenzionalità conoscitiva,
distinta dalle forme di conoscenza proprie della percezione o dell'intelletto:
si tratta dell' intuizione emozionale, dotata
di un'evidenza, che non è minore dell'evidenza che gli atti del percepire o del
ricordare e così via hanno dei loro oggetti. I valori costituiscono dunque un
mondo oggettivo caratterizzato da proprie leggi a priori che è compito
dell'etica mettere in luce e descrivere. Con queste considerazioni Scheler
poneva fine al primato del problema della conoscenza sostenuto da alcuni
neokantiani e, in qualche modo, ancora condiviso da Husserl. Al problema della
fondazione dell'etica, Scheler dedicò una delle sue opere più importanti, Il
formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori . L'obiettivo polemico
di essa è costituito dal formalismo etico, proprio della teoria kantiana. Kant
aveva eliminato il sentimento e le emozioni dalla vita morale ed aveva scorto
il fondamento della morale in una legge universale della ragione, puramente
formale e priva di contenuti, la quale comanda incondizionatamente, a
prescindere da ogni esigenza di felicità. Secondo Scheler, invece, la vita
morale include costitutivamente sentimenti ed emozioni: soltanto essi, infatti,
ci consentono di accedere ai valori. L'etica dunque non è puramente formale ma
è dotata di un proprio contenuto a priori dato dall'intuizione dei valori: in
questo senso essa può essere definita come etica
materiale. I valori sono oggettivi e universali e non possono essere
derivati dall'esperienza che è sempre variabile e mutevole ma sono intuiti
direttamente. Detto altrimenti: in rottura col kantismo, per Scheler sono
possibili intuizioni a priori che siano universali e al tempo stesso materiali;
sicchè i contenuti materiali dell’etica, cioè i valori, vengono ad essere il
frutto di un’intuizione a priori. Se per Kant il discorso morale era universale
proprio in quanto formale, in Scheler diventa universale in quanto materiale. I
valori sono dunque essenze che vengono colte a priori da un sentire che nulla
ha a che vedere col sapere discorsivo. Scheler distingue tra valori e beni:
mentre i primi sono qualità assiologiche, i secondi sono le singole cose
concrete mediante le quali vengono veicolati i valori (ad esempio: l’amicizia è
un valore; l’amico è un bene). E mentre i valori sono assolutamente universali,
i beni sono contingenti: se infatti l’amicizia è e resta tale, l’amico può
tradire. A Kant Scheler imputa l’aver confuso indebitamente beni e valori. Il
sentire intenzionale rivela inoltre l'esistenza di leggi a priori che determinano
una gerarchia oggettiva tra i valori, appresa
attraverso l'atto del preferire, sul quale si fondano le scelte e correlata a
gradi diversi del sentimento. Scheler scrive espressamente che “il regno dei
valori, tutt’intero, è sottomesso a un ordine che gli è costitutivo”. I v,alori
sono più alti quanto più si allontanano dal sensibile: il che implica che, non
di rado, essi comportino sacrificio e rinuncia ai valori utilitari e sensoriali
(nell’avversione all’eudemonismo Scheler può concordare con Kant, e anzi si
rivela ancora più radicale rispetto a lui rigettando il valore della felicità,
poiché troppo imparentata col sensibile). Esaminiamo in concreto la gerarchia
dei valori: 1) i sentimenti sensibili o della
sensazione, a cui sono correlati i valori sensibili compresi nella gamma tra
gradevole e sgradevole; 2) i sentimenti
corporei, legati allo stato del corpo, correlati ai valori del nobile e del
volgare, dell'utile e del dannoso, su cui si fonda anche la vita associata, e i
sentimenti vitali, legati alle funzioni del corpo, ai quali sono correlati i
valori vitali come la generosità, il coraggio e così via; 3) i sentimenti legati all'anima o all'io, a cui sono
correlati i valori spirituali e conoscitivi del vero e del falso, del bello e
del brutto, del giusto e dell'ingiusto; 4) i
sentimenti propri della persona ai quali sono correlati i valori religiosi del
sacro. Questi sono i valori più alti e appaiono soltanto “in oggetti dati
intenzionalmente come oggetti assoluti”: si tratta quindi di valori assoluti
intuibili soltanto attraverso un atto di amore.
Gli atti di amore hanno infatti la prerogativa, stando a Scheler, di essere
intenzionalmente diretti sempre verso persone, e la persona si colloca ad un
livello superiore rispetto all'io ed è legata alla sfera del sacro; in questa
sfera il valore è fondamentalmente personale. La gerarchia dei valori è
disposta secondo strati che vanno dal livello corporeo a quello spiritualmente
più puro della persona. Su questa base Scheler può criticare Husserl per aver
posto al vertice l'io trascendentale che è una funzione universale puramente
conoscitiva e impersonale: ciò significa, per Scheler, non riconoscere il
primato della persona, ridotta a pura esemplificazione empirica di questa
funzione conoscitiva universale. La vita morale consiste, invece, nella piena
realizzazione della persona umana e, quindi, include costitutivamente
sentimenti ed emozioni, in particolare la simpatia e l'amore. La persona è, per usare le parole di Scheler, “l’unità
immediata del vivere per l’esperienza vissuta”: è, detto altrimenti, una “unità
immediata covissuta”, ossia un’immediatezza unitaria avvertita tramite le
molteplici esperienze che il soggetto vive rapportandosi agli altri. Anche
nella definizione del concetto di persona, Scheler si oppone a Kant, per il
quale la persona era riducibile all’Io ed era contraddistinta da una totale
aseità trascendentale. Per Scheler, al contrario, il concetto di persona
dev’essere distinto da quello di anima, la quale implica il dualismo anima/corpo:
la persona è una “unità bio-psichica”, dice Scheler, ma poi finisce
inavvertitamente per far prevalere il momento spirituale su quello fisico.
Essendo essenzialmente attività, la persona è soprattutto spiritualità: e tra
le varie persone sussistono differenze irriducibili le une alle altre. Ogni
persona ha il suo destino, il suo carattere, i suoi compiti. Scheler precisa
però che “lo spirito è impotente”, da solo non può creare alcunché: deve
penetrare la dimensione fisica e dominarla secondo la gerarchia dei valori.
Perché ciò possa avvenire, occorre appoggiarsi alla collaborazione delle altre
persone, alla luce del fatto che sussiste un’ineludibile comunanza spirituale
tra gli uomini. Sicché l’azione morale è tanto più facile quanto più si avverte
tale comunanza e c’è immedesimazione (Einfühlung): tale
immedesimazione simpatetica implica un “sentire dentro” e, al contempo, un
“sentire insieme”. La persona, come abbiamo visto, è l'uomo nella sua totalità
ed individualità, nell'unità di tutti i suoi atti ed ha per correlato
costitutivo il mondo e la partecipazione emotiva alla vita delle altre persone:
in questo consiste propriamente la simpatia. La
simpatia è un fenomeno originario, una funzione innata, grazie alla quale si va
oltre se stessi e si riconosce l'altro a partire da una partecipazione
affettiva. La partecipazione affettiva può assumere vari aspetti, che vanno dal
contagio o fusione emotiva all'identificazione o all'immedesimazione:
sull'immedesimazione intenzionale e cosciente si fonda la simpatia. La
simpatia, tuttavia, non deve essere confusa con l'amore, che rappresenta un
momento più avanzato: la simpatia, infatti, è meramente reattiva e cieca di
fronte al valore dell'altro e quindi si differenzia dall'amore, che è attivo e
poggia sul riconoscimento della persona altrui nella sua diversità e
irripetibilità. Senza amore la persona è soltanto un animale sociale, un'entità
oggettiva e sostituibile, mentre nell'amore ciascuno è veramente sé stesso e
l'io diventa propriamente persona. Essere persona comporta l'essere aperti alla
totalità delle cose e delle persone reali e possibili: in questo senso l'amore
è sempre amore della persona in quanto incarna un valore anche quando essa lo
nega. Ogni persona ha come correlato un mondo proprio che non coincide con
l'idea di un mondo unico e identico: questo rinvia all'idea di una persona
infinita e perfetta, della quale è a sua volta il correlato. Nel riconoscersi
come entità finita e nell'aprirsi alle altre persone l'uomo ritrova il proprio
fondamento in questa persona infinita e assoluta, ossia in Dio, concepito come
il luogo dei valori. In tal modo l'etica di Scheler trova il proprio compimento
in una forma di teismo, fondato sul riconoscimento di Dio come persona, oggetto
di amore da parte degli uomini. In L'eterno nell'uomo (1921), composto
da Scheler quando era vicino al cattolicesimo, l'esperienza religiosa è vista
come il luogo in cui si rivela il divino, cioè la persona di Dio nella sua
sacralità. Solo nel cristianesimo, secondo Scheler, ha fatto la sua comparsa
l'amore della persona spirituale di tutti i propri simili in Dio, ma il mondo
moderno ha dimenticato e nascosto la simpatia e l'amore. Scheler riprende da
Nietzsche il concetto di risentimento , ma, a
differenza del folgorante profeta del superuomo, lo considera il contrassegno
non della morale cristiana, bensì delle morali moderne: è il risentimento
infatti che porta a ritenere la natura soltanto come un ambito da dominare e
gli altri uomini soltanto come strumenti o addirittura ostacoli in vista del
raggiungimento del benessere economico. L'invidia, matrice del risentimento,
genera lo spirito di concorrenza, che è alla base dell'economia moderna e del
mondo borghese. Come rimedio alla lotta e alla competizione, la morale borghese
ha elaborato, in sostituzione dell'amore cristiano, l'umanitarismo, che però
isola l'umanità da Dio, riguarda soltanto i contemporanei e continua a
fondarsi, in ultima analisi, sul risentimento stesso. A questa situazione
storica e sociale corrisponde una precisa teoria della conoscenza che
privilegia la materia rispetto alla vita e allo spirito e adotta come modelli
di spiegazione della natura e dello stesso mondo spirituale il meccanicismo e
l'evoluzionismo. Il presupposto di queste considerazioni di Scheler è che le teorie
della conoscenza sono espressioni delle trasformazioni sociali, culturali,
politiche ed economiche di un'epoca; su questa base egli elaborò una sociologia della conoscenza alla quale dedica molte
indagini nei suoi ultimi anni. Per un verso, essa richiama la teoria marxista
secondo la quale le produzioni ideologiche e intellettuali dipendono, anche per
via mediata, dalla struttura economica, ma per un altro se ne allontana in
quanto, sulla scia di Weber, riconosce il peso determinante del fattore religioso
nella formazione dello spirito del capitalismo e più in generale la funzione
che le trasformazioni dei sentimenti e delle preferenze emozionali per i valori
svolgono nei mutamenti sociali. Gli eventi storici nascono infatti
dall'incontro e dallo scontro tra fattori ideali, cioè tra le forze della
creatività artistica, filosofica e religiosa, e fattori reali, cioè gli
interessi economici e politici: i primi sono propri della sfera spirituale
della persona umana, mentre i secondi rientrano nelle potenze biologiche e
vitali. Contrariamente a Karl Marx, Scheler ritiene
che il proletariato non sia la forza destinata ad abbattere il capitalismo
, dal momento che esso condivide gli stessi valori materialistici, propri della
mentalità borghese. Durante il conflitto mondiale, pur indicando nella guerra
lo strumento capace di rivitalizzare la nazione e quindi di contribuire al suo
miglioramento morale, Scheler aveva invitato a sostituire l'idea della comunità
cristiana, fondata sull'amore, alla società borghese capitalistica. Nel saggio Socialismo
profetico o socialismo marxista? (1919), egli auspicava una forma di socialismo cristiano , capace di superare sia
l'individualismo, sia il collettivismo. In questa prospettiva il lavoro veniva
interpretato non solo come castigo inflitto da Dio all'uomo a causa del peccato
originale, ma anche come un mezzo con il quale l'uomo stesso collabora alla
creatività divina. Nell'ultima fase della sua attività, dopo essersi di nuovo
allontanato dal cattolicesimo, Scheler elaborerà, soprattutto in La
posizione dell'uomo nel cosmo, una specie di antropologia dualistica,
fondata sulla polarità fra spirito e impulso irrazionale e concepirà una forma
di panteismo dinamico, in cui il cosmo è interpretato come la divinità stessa
che aspira progressivamente a diventare la divinità. Con la sua concezione dei
valori, Scheler ha inoltre dato l’abbrivio all’antropologia
filosofica: egli infatti chiarisce come la tavola dei valori abbia una
precisa data di nascita e resti costantemente legata allo sviluppo storico.
Dapprima i valori più alti erano quelli vitali e utilitari, poi, poco alla
volta, la gerarchia è andata sempre più raffinandosi, in uno sviluppo che però
Scheler non considera come lineare e irenico.