SCHILLEBEECKX
A cura di Diego Fusaro
Nato nel 1914, il teologo
olandese Edward Schillebeeckx studia a Lovanio, a Le Saulchoir e alla Sorbona:
dapprima diviene docente nello Studentato teologico di Lovanio, poi alla
facoltà teologica dell’Università cattolica di Nimega. All’interno della sua riflessione
filosofica, si possono ravvisare due periodi ben distinti: nel primo periodo (1946-1967) Schillebeeckx fa proprio
una sorta di “tomismo aperto”, caratterizzato dall’assunzione di un metodo
storico in grado di ricostruire l’evoluzione storica delle affermazioni
dogmatiche. Rientrano in questo primo periodo interessanti studi di teologia
sacramentarla, come l’importante opera Cristo, sacramento dell’incontro
dell’uomo con Dio (1958). Il secondo periodo
(legato al post-Concilio) si apre con una ricca raccolta di conferenze
pubblicata nel 1968 e intitolata Dio, il futuro dell’uomo: quest’opera
segna una vera e propria svolta giacché Schillebeeckx, desiderando instaurare
un dialogo coi pensatori contemporanei, si confronta con le tesi dell’ermeneutica e le utilizza egli stesso. Schillebeeckx
si muove infatti nella convinzione che nella teologia cattolica sia assente una
chiara dottrina ermeneutica che consenta di superare definitivamente le diverse
posizioni inerenti all’evoluzione del dogma cristiano. La domanda su come si debba
interpretare e attualizzare il messaggio cristiano, essendo la precomprensione
moderna assai differente da quella dei tempi in cui il testo biblico venne
composto, deve essere seguita da interrogativi ancora più profondi, che sorgono
dalla consapevolezza che tutta la Bibbia è il prodotto di un processo ermeneutico.
Pertanto i testi rimandano a una duplice sfera di esperienza: da una parte, a
una storia vissuta, interpretata e fissata letterariamente; dall’altra parte,
rimandano all’esperienza di chi legge e interpreta alla comunità di
appartenenza. In questa prospettiva, si pone il problema
della secolarizzazione, che crea dilemmi di intelligibilità dei testi
biblici composti in realtà culturali assai differenti fra loro. Schillebeeckx è
convinto che anche nell’era della secolarizzazione affiori la radicale
problematicità dell’esistere e la domanda sul senso ultimo della realtà e della
vita. Le diverse antropologie sono in ogni caso
impegnate nella difesa dell’essere umano minacciato sotto vari aspetti: in esse
è possibile scorgere una precomprensione universale che induce il credente a
non identificare il suo messaggio con una particolare visione del mondo, ma a
offrire una risposta di tipo indiretto (nell’ambito della prassi) alle domande
capitali circa il vivere. A motivo della loro fede, i cristiani sono chiamati a
impegnarsi contro la disumanizzazione e l’alienazione
con un atteggiamento di solidarietà basato sulla promessa di Dio di una
liberazione definitiva e finale dalla morte, consapevoli del fatto che il
futuro escatologico ha comunque il carattere della gratuità e del dono divino. Quest’ultimo
aspetto mette in luce come ogni realizzazione e ogni conquista cozzino contro
un limite. Schillebeeckx ha inoltre composto una ricca serie di scritti nei
quali affronta il tema cristologico cercando di
risalire dai testi alle esperienze che li hanno originati, e in particolare
alla comprensione di Gesù dei primi cristiani e al nucleo più originario della
fede. Tra queste importanti opere, meritano di essere menzionate Gesù, la
storia di un vivente (1974), Cristo, la storia di una nuova prassi
(1977), La questione cristologica. Un bilancio (1978). Tratto comune di
questi scritti è l’esposizione di una cristologia di tipo narrativo in cui si delineano
due diversi livelli interpretativi: il primo è
contrassegnato dall’attribuzione di titoli funzionali (ad esempio
“Cristo-Messia”) ed esprime una teo-logìa di Gesù che può essere
sintetizzata nell’idea che in Lui sia donata la salvezza piena da parte di Dio.
Nel secondo livello interpretativo, viene tematizzata la personalità stessa di Gesù,
interrogandosi sulla Sua realtà ontologica e avviando in tal maniera la storia
dei dogmi. Quest’ultima è inevitabilmente connessa ad un orizzonte di comprensione
storicamente condizionato: perciò, essa deve essere aperta a nuove espressioni
e a nuove sintesi, in relazione alle diverse epoche e ai problemi che le
contraddistinguono. A caratterizzare la produzione di Schillebeeckx è una
prospettiva ecumenica, con la quale egli sottolinea come Dio agisca in tutta la
storia e in tutta l’umanità e non soltanto nelle tradizioni bibliche (ebraica e
cristiana). Le religioni e le Chiese debbono allora essere comprese nell’ordine
dei segni, coma sacramenti di salvezza. In questa cornice così
vasta, si colloca la storia di Gesù come espressione della divina volontà
salvifica universale. La prassi credente nella storia anticipa la realtà finale
di pienezza di vita che è biblicamente sintetizzata nella categoria del Regno.
Per Schillebeeckx, non si può concepire, in questa prospettiva, una situazione
eterna di infelicità o di dannazione, giacché il compimento escatologico è il
definitivo trionfo del Bene sul Male.