L'uomo è completamente uomo solo quando gioca.
Figlio di Johann Kaspar Schiller (1733-1796), medico dell'esercito, ed Elisabeth Dorothea Kodweiß (1732-1802), Johann Christoph Friedrich Schiller nacque a Marbach, nel ducato di Württemberg. Trascorse l'infanzia e la giovinezza in ristrettezze economiche. Ciò non gli impedì di mettersi in luce negli studi, tanto da guadagnarsi i favori di Carlo II Eugenio, duca del Württemberg, che gli consentì di entrare alla Karlsschule nel 1773, dove seguì le orme paterne studiando medicina. Durante gli studi lesse Rousseau e Goethe e discusse gli ideali classici insieme ai compagni di corso. In quegli anni scrisse anche la sua prima opera teatrale I Masnadieri. Nel 1780 ottenne l'incarico di medico di reggimento a Stoccarda. Nel 1781 a Mannheim, in occasione di una rappresentazione dell'opera I Masnadieri, Schiller fu arrestato e gli venne intimato di non pubblicare più opere teatrali. Nel 1783 riuscì a fuggire da Mannheim per trasferirsi prima a Lipsia e Dresda e infine a Weimar. Durante questi viaggi iniziò a pensare al Don Carlos, opera informata di idee dello Sturm und Drang. Tuttavia, mentre nel 1785 era presso i Korner, la tranquillità gli permise di cambiare stile, ed iniziare la maturazione al Classico. Intanto scrisse Intrigo e amore e Fiesco o La Congiura di Fiesco a Genova. Nel 1789 gli venne affidata, per intercessione di Goethe, la cattedra di storia e filosofia di Jena. Nel 1791 inizia lo studio di Kant e dell'estetica. Nel 1793 scrive la Storia della guerra dei Trent'anni.Legata a questo argomento è la trilogia del Wallenstein (composta da Il Campo di Wallenstein, i Piccolomini, La morte di Wallenstein). Inizia la grande stagione dei capolavori di Schiller: nel 1800 scrive Maria Stuarda, nel 1801 La pulzella d'Orleans, nel 1803 La Sposa di Messina, nel 1804 il Guglielmo Tell. Questa prolifica attività letteraria fu interrotta solo dalla morte, avvenuta nel 1805 a causa della tubercolosi. L'autore che ebbe maggiore influenza sulla preparazione e formazione culturale di Schiller fu senz'ombra di dubbio Kant, da cui il poeta Schiller assimilò specialmente la Critica del giudizio , come del resto tendevano a fare molti degli esponenti del circolo romantico. Da Kant Schiller mutua la consapevolezza che nell'uomo vi è una doppia natura: da un lato, l'uomo sensibile, sottoposto a bisogni, impulsi e, in generale, alle esigenze del mondo fenomenico; dall'altro, l'uomo morale, il soggetto noumenico, espressione di ragione e libertà. In una lirica risalente al 1795, L'ideale e la vita , che compendia in forma poetica i convincimenti filosofici di Schiller, la prima di queste due dimensioni viene appunto denominata la vita , ossia l'insieme di rapporti che determinano necessariamente l'esistenza fenomenica dell'uomo, e la seconda l' ideale , il compito morale che deriva all'uomo dalla sua natura razionale. Ma tra sensibilità e ragione, tra vita e ideale, non intercorre un'opposizione assoluta, pretesa invece dal rigorismo etico di Kant, per il quale la repressione della sensibilità è condizione fondamentale per il compimento del dovere. In Grazia e dignità (1793), Schiller è del parere che una conciliazione dei due aspetti sia realizzabile nell' anima bella , in cui il dovere morale è compiuto in modo spontaneo e disinteressato, in piena armonia con l'inclinazione sensibile. Schiller asserisce: ' si dice anima bella, quando il sentimento morale è riuscito ad assicurarsi tutti i moti interiori dell'uomo, al punto da poter lasciare senza timore all'affetto la guida della volontà e da non correre mai il pericolo di essere in contraddizione con le decisioni di esso '. L'accordo spontaneo tra la sensibilità e la morale, attuato nell'anima bella, prende il nome di grazia . Ma, se per caso l'impulso sensibile torna ad essere in contrasto con la legge morale, l' anima bella deve diventare sublime e dominare con la forza la sensibilità tramite la ragione: la dignità prende così il posto della grazia. Nelle Lettere sull'educazione estetica dell'uomo (1793-1795), la conciliazione tra sensibilità e ragione viene affidata al sentimento del bello . Infatti, dato che la bellezza è data dall'equilibrio tra sensibile e sovrasensibile, tramite l'educazione estetica la natura umana realizza la propria completezza, secondo il modello greco kalos kai agaqos , insieme bello e buono. Il mezzo basilare di cui si deve avvalere l'educazione estetica è il gioco , ossia un'attività che ha per fine se stessa. Nelle operazioni ludiche, infatti, la componente sensibile non è subordinata ad uno scopo razionale, nè il momento intellettuale è sacrificato all'impulso sensibile: anzi, in esse sensibilità e intelletto, materia e forma, esteriorità ed interiorità, essendo i due aspetti inseparabili di una sola attività, sono sempre espressione di bellezza. Nel gioco, quindi, si realizzano in modo armonico ambo le componenti fondamentali dell'umanità, per cui ' l'uomo è completamente uomo solo quando gioca '. Il rapporto tra sensibilità e ragione viene riformulato da Schiller nella sua ultima opera esplicitamente filosofica, Della poesia ingenua e sentimentale (1795-1796). L' ingenuo e il sentimentale non sono per Schiller solamente due forme di espressione artistica, ma anche due condizioni indispensabili dell'umanità: il primo esprime l'unità spontanea tra l'elemento passivo della sensibilità e quello attivo della ragione e dell'intelletto; il secondo, invece, indica la divisione dei due elementi quando la riflessione si distingue e si rende autonoma dall'ambito sensibile ed emotivo. L'ingenuo rappresenta il momento della natura , il sentimentale quello della cultura . Ma, oltre ad esprimere due differenti tipi di umanità, l'ingenuo e il sentimentale indicano anche due diverse fasi dello sviluppo storico-artistico. L'ingenuo esprime il carattere della poesia antica e, più in generale, la condizione originaria dell'umanità; il sentimentale si riferisce più che altro alla poesia moderna e alla condizione dell'uomo storicamente avanzato. Schiller elabora così una filosofia della storia in cui l'umanità, perduta la propria ingenuità primiera per via del progresso culturale, deve riproporsi la restaurazione dell'unità fra sensibilità e ragione come un compito infinito, in cui si esprime una finalità storica mai completamente conseguibile e, però, indispensabile all'ulteriore progresso dell'umanità.