Friedrich
Schlegel e Novalis (pseudonimo di
Georg
Philipp Friedrich von Hardenberg) nascono entrambi
nel 1772: dei due, il primo è meno geniale ma sicuramente più inventivo sul
piano teorico; il secondo, invece, è il poeta per antonomasia. Schlegel è
figlio di un pastore protestante e di un’insegnante di matematica: la sua è una
famiglia assai colta, che lo indirizza alla carriera di commercio. Ma, come
spesso accade nelle biografie dei grandi personaggi, egli non è soddisfatto di
tale carriera e decide perciò di cambiare rotta: si prepara da solo
all’Università, percorrendo in pochi anni il percorso del Liceo. A diciassette
anni assimila interamente, nell’arco di soli tre anni, la letteratura e la
filosofia greca. Nel 1790, a Gottinga, si iscrive alla facoltà di
Giurisprudenza, per poi trasferirsi a Lipsia, dove intrattiene i suoi primi
contatti col mondo e inizia, per così dire, a mondanizzarsi. Due anni dopo, nel
1792, egli formula il proponimento di diventare “uomo di mondo” e incontra lì,
per la prima volta, Novalis, anch’egli studente. I due stringono un legame di amicizia
molto forte e, quando si separano per le vacanze estive, Novalis scrive una
lettera – nell’agosto dello stesso 1792 – a Schlegel, in cui afferma: “grazie
a te ho imparato a conoscere il cielo e l’inferno”. Questa frase, che a
prima vista parrebbe un’espressione di gratitudine per esperienze conoscitive e
culturali condivise con l’amico, allude invece ad esperienze di tutt’altro
genere, in particolare ad avventure amorose con due ragazze sorelle di cui i
due, all’epoca ventenni, avevano fatto conoscenza. Il che peraltro conferma
come perfino l’emancipazione sessuale costituisca un momento fondamentale della
generale emancipazione fatta valere dai giovani Romantici. Una delle due
sorelle, quella a cui si era legato Schlegel, aveva ventiquattro anni; l’altra,
quella di Novalis, ne aveva appena diciassette e l’amore per donne giovanissime
resterà una costante nella vita di Novalis. Nel 1793 abbandonano entrambi la
facoltà di Giurisprudenza: Schlegel si trasferisce a Dresda, ove a soli
ventidue anni compone le sue opere più famose, che lo consacreranno ad una fama
imperitura; esse saranno poi pubblicate qualche anno più avanti, nel 1797.
Nell’estate del 1796, egli si sposta a Jena, dove ritrova l’amico Novalis:
entrambi subiscono l’influsso decisivo di Fichte, che teneva le sue lezioni
presso l’ateneo di Jena. La prima grande opera di Schlegel a vedere la luce è I
Greci e i Romani; il secondo capolavoro si intitola Sullo studio della
poesia greca. Entrambe testimoniano dell’attenzione riservata al mondo greco.
Prima della rivoluzione romantica, il giovane Schlegel è un fervido seguace di
Winckelmann ed è un neoclassico dichiarato: ma già nel 1797 egli cambia rotta
e, sulle pagine della rivista Liceo, pubblica frammenti che annunciano
la svolta romantica. La formulazione compiuta della nuova e dirompente dottrina
arriverà tra il 1798 e il 1800, gli anni in cui vede la luce la celebre rivista
Ateneum, sulla quale Schlegel e Novalis pubblicano una nutrita serie di
frammenti che danno una compiuta formulazione della teoria romantica. Inoltre
Schlegel vi pubblica il Dialogo sulla poesia, che contiene
l’importantissima Lettera sul romanzo, in cui è esposta la tesi del
Romanticismo come teoria del romanzo. Nel 1798, ha luogo a Dresda il primo incontro dei Romantici: vi prendono parte Novalis, i due fratelli
Schlegel (Friedrich e Wilhelm), Schelling e Fichte. Ma sarà a Jena che la
cerchia romantica giungerà al completo. Al 1799 risale il più grande romanzo di
Schlegel, intitolato Lucinde e fortemente autobiografico: esso desterà
grande scalpore perché si presenta come un romanzo erotico, che racconta la
convivenza intrattenuta da Schlegel con Dorothea Mendelssohn, la divorziata
nipote, nota per la sua immensa cultura, di quel Moses Mendelssohn fondatore
della “filosofia popolare tedesca”. Nel 1801 si trasferisce a Berlino, ma il 25
marzo di quello stesso anno muore Novalis, all’epoca appena ventinovenne: ciò
segna la fine del primo romanticismo. Scomparso il suo amico, la storia del
pensiero di Schlegel è la storia di un progressivo allontanamento dal
Romanticismo, processo che giungerà al culmine nel 1808, quand’egli scriverà Sulla
lingua e sulla saggezza degli Indù, opera che testimonia del suo nuovo
interessamento orientalistico. Sempre nel 1808, egli si converte al Cattolicesimo.
Nel 1814 pubblica un’interessante storia della letteratura antica ed è al
servizio di Metternich a Vienna: ormai lontanissimo dal suo romanticismo
iniziale, Schlegel è ora un cattolico tradizionalista. Così, nel 1829, si
chiude il suo itinerario biografico e intellettuale. Sull’altro versante,
Novalis, nato anch’egli nel 1772, è di famiglia nobile. Nel 1781 è soggetto a
una malattia che, in breve tempo, lo trasforma in genio precoce; egli studia a
Jena, dove segue i corsi di Schiller. Nel 1794 consegue la laurea in Diritto ed
è amministratore delle miniere in Sassonia: l’attività del minatore che si cala
negli abissi della terra per estrarne i diamanti come metafora del poeta che
scava in sé per portare alla luce i suoi sentimenti sarà a lui particolarmente
cara. Nel 1794, incontra Sofia, una ragazza che aveva all’epoca appena dodici
anni. Nel 1795, studia la filosofia con dedizione, viene a conoscenza della
dottrina della scienza di Fichte e, nel marzo di quello stesso 1795, si fidanza
con Sofia. Quest’ultima, però, a novembre contrae la tisi, che la porterà a
morire nel 1797: dalla morte della donna amata, Novalis prenderà spunto per
tratteggiare il celebre nesso romantico tra amore e morte. Col titolo Polline,
egli pubblica nel 1798 sulla rivista Ateneum un pulviscolo di frammenti
e, nello stesso anno, esce il suo romanzo, intitolato I discepoli di Sais:
questa traduzione italiana rende in maniera poco corretta quella tedesca, che
suona Die Lehrlinge zu Sais, dove il termine “Lehrlinge” andrebbe tradotto,
più che con “discepoli”, con “apprendisti”, in riferimento alla massoneria –
con cui il Romanticismo ha forti legami – e alla sua gerarchia di iniziazione. Continua
a studiare filosofia e, nel dicembre del 1798, si fidanza di nuovo, pur
giurando eterna fedeltà alla defunta Sofia, che per lui svolge le stesse
funzioni della Beatrice di Dante o della Laura di Petrarca e che,
pertanto, incarna in pieno l’eros platonico. Nel 1799 pubblica Cristianità
o Europa e nel 1800 – su Ateneum – gli Inni alla notte (toccando
il tema, squisitamente romantico, della notte contrapposta ai Lumi dell’Età
della Ragione) e il suo romanzo più celebre: Enrico di Ofterdingen.
Ammalatosi di tisi, termina la sua esistenza nel 1801, quando aveva soltanto
ventinove anni.