1) la fase europea dal 1923 al 1936, in quanto il Neopositivismo ha origine in Austria e Germania;
2) la fase americana in quanto soprattutto in America si rifugiano molti Neopositivisti dopo l'avvento del nazismo e l'avvio delle persecuzioni razziali.
Il Neopositivismo trova le radici nel Positivismo ottocentesco. Entrambi sono caratterizzati dall'esaltazione della scienza, dal metodo scientifico e dalla critica della metafisica. Il Positivismo considera scientifico il modello offerto dalla scienza sperimentale. Il Neopositivismo, particolarmente interessato alla matematica e alla fisica teorica, soprattutto in rapporto alla concezione di Einstein, critica la metafisica attraverso l'analisi del linguaggio che dimostra l'insensatezza delle tesi metafisiche. Il Positivismo condanna la metafisica perché opposta ai dati concreti dell'esperienza. Il Neopositivismo si preoccupa di distinguere tra scienza e non-scienza affrontando soprattutto le tematiche fondamentali relative alla critica della filosofia metafisica e alla verifica della sintassi logica del linguaggio della scienza precisando che le scienze naturali ed esatte sono scientificamente esprimibili mentre i valori etici, religiosi ed estetici sono trascendentali e quindi inesprimibili. I valori etici, religiosi ed estetici vanno testimoniati con la vita, non trattati teoricamente. I caratteri generali del Neopositivismo possono essere così sintetizzati:
Il principio di verificazione è un principio fatto
proprio dai Neopositivisti del Circolo di Vienna per separare gli asserti
sensati delle scienze empiriche dagli asserti insensati delle varie metafisiche
o anche delle fedi religiose. Schlick infatti considera dotate di significato
solo quelle proposizioni che possono essere controllate attraverso l'esperienza
sensibile, cioè attraverso la verificazione empirica. Una proposizione è
scientifica se è verificabile. Solo le proposizioni scientifiche, basate
sull'esperienza e quindi verificabili, sono dotate di senso. Le proposizioni
della metafisica, essendo inverificabili, non hanno senso. Il principio è,
dunque, un principio di significanza tendente a demarcare il linguaggio sensato
dal linguaggio insensato. Il senso di una proposizione è il metodo della sua
verifica. Ciò equivale a dire che hanno senso unicamente le proposizioni che
possono essere verificate mentre quelle che non possono essere verificate sono
prive di senso. E' opportuno chiarire che dichiarare una proposizione priva di
senso non significa affermare che essa è falsa, ma esattamente che è priva di
senso. Le proposizioni metafisiche Dio esiste, l'anima è immortale sono
proposizioni insensate, perché non verificabili. La Metafisica, l'Etica e la
Religione, non potendo essere verificate empiricamente nei propri asserti, sono
senza senso. La matematica e logica sono mute intorno al mondo, perché le loro
basi non sono empiricamente verificabili Il principio di verificazione non ebbe
vita facile già all'interno delle discussioni del Circolo di Vienna. Carnap, nel
suo periodo americano, smise di parlare di verificabilità proponendo i concetti
di controllabilità e confermabilità. Il "secondo" Wittgenstein andrà oltre il
principio di verificazione con il suo principio di uso e la teoria dei giochi di
lingua. Popper, da parte sua, criticò sin dall'inizio il principio di
verificazione; e, invece di demarcare linguaggio sensato e linguaggio insensato,
ha proposto, con il suo criterio di falsificabilità, una demarcazione tra
scienza e non scienza. Influenzato dalla lettura del "Tractatus" di
Wittgenstein, Schlick prende in esame le relazioni fra linguaggio e realtà e fa
notare come ogni processo conoscitivo avvenga attraverso il linguaggio: non
esiste conoscenza che non si presenti come un enunciato linguistico . Il
linguaggio è essenzialmente legato all'esperienza. Alla base della conoscenza ci
sono le proposizioni protocollari o protocolli, ossia le
singole registrazioni di un dato dell'esperienza personale, precedente ad ogni
elaborazione concettuale. Le proposizioni protocollari perciò costituiscono il
punto di partenza indubitabile di ogni conoscenza in quanto in tutta semplicità,
senza alcuna aggiunta o trasformazione o manipolazione, esprimono i fatti. Esse
hanno valore conoscitivo solo in quanto fondate su proposizioni di osservazione
empirica. E nell'uso che se ne fa, hanno esclusivamente valore ipotetico; cioè,
per essere valide, debbono esser verificate dall' esperienza personale. Nella "
Dottrina generale della conoscenza ", pubblicata nel 1918, Schlick
sostiene, in linea con Mach, che la conoscenza è una necessità
biologica , il cui soddisfacimento comporta piacere: una tesi che, per
molti aspetti, può rievocare alla mente quella aristotelica secondo cui tutti
gli uomini tendono naturalmente alla conoscenza. Poiché è impossibile
raggiungere una conoscenza assolutamente certa, il compito di una teoria della
conoscenza consiste non nel chiedersi in che consista la conoscenza certa, ma
nell'analizzare le teorie per eliminare le proposizioni false. Ai dati e alle
rappresentazioni meramente soggettive, la scienza sostituisce concetti , i quali sono segni di classi di oggetti
caratterizzati da poche proprietà significative e rigorosamente definibili. Il
concetto, dunque, conferisce rigore al sapere scientifico, ma al tempo stesso
rappresenta un impoverimento rispetto alla realtà: da ciò deriva il carattere
ipotetico e mai definitivo di tale sapere. Poiché il linguaggio è per sua
essenza in rapporto con l'esperienza, il significato di una
proposizione dipende dal suo esprimere o meno un dato di fatto. In
seguito Schlick preciserà che il significato di una proposizione è il metodo
della sua verifica , intendendo con ciò che la proposizione ha significato
quando è formulata in modo che i fatti espressi da essa siano verificabili,
almeno in linea di principio, ossia quando, anche se mancano i mezzi tecnici per
una verifica empirica, la verifica è tuttavia pensabile. L'impossibilità di
principio di una verifica, ossia la sua impossibilità logica, rende la
proposizione priva di senso. Non esistono problemi filosofici insolubili.
Secondo il principio della verificabilità di principio, infatti, una risposta è
logicamente impossibile se la domanda che viene posta è priva di senso.
Compito della filosofia sarà quindi quello di chiarire il senso delle
asserzioni e delle questioni . La metafisica rimane
al di fuori della sfera del verificabile: è quindi priva di senso. Secondo
Schlick, la metafisica è l'espressione di atteggiamenti emotivi, di sentimenti;
essa ha tuttavia il ruolo positivo di dar voce all'ispirazione e di arricchire
l'orizzonte della vita umana. Compito fondamentale della filosofia è quello di
chiarire le proposizioni del linguaggio, in particolare del linguaggio
scientifico, e di analizzare i problemi posti da esso per vedere se tali
proposizioni abbiano senso oppure no. Nell'articolo " La svolta della
filosofia ", pubblicato sulla rivista "Erkenntnis" nel 1930, Schlick
chiarisce apertamente quali sono le relazioni fra filosofia e
scienza . La filosofia non è scienza, ma è l'attività con cui si
chiarisce il senso degli enunciati: essa non è in grado di decidere se qualcosa
sia reale o no, ma può solamente stabilire quale sia il significato
dell'affermazione che tale cosa è o no reale. Che essa sia o no reale può essere
deciso solamente dall'esperienza, che è il metodo consueto a cui si fa appello
sia nella vita quotidiana sia nella scienza. Le circostanze empiriche, dice
Schlick, sono rilevanti per sapere se una proposizione è vera, e ciò interessa
allo scienziato, mentre non sono rilevanti per il significato di tale
proposizione, che invece interessa al filosofo. E' la scienza, dunque, che è in
grado di verificare le proposizioni, ovvero di accertare la loro verità o
falsità in base a dati di fatto: infatti, asserisce Schlick, " la gioia di
conoscere è la gioia della verificazione, l'entusiasmo di aver colto nel
segno ". Ma se non sappiamo come procedere alla verificazione di una
proposizione, ciò è segno del fatto che non sappiamo che cosa significhi tale
proposizione. In alcuni saggi successivi, Schlick chiarisce che il criterio del
significato è da ravvisare nella "verificabilità", la quale non va confusa con
la "verificazione di fatto", né con una singola verificazione: essa consiste
piuttosto nel rinvio ad esperienze possibili, in virtù delle quali la
proposizione può risultare vera o falsa. Così, ad esempio, la proposizione
"esistono montagne sull'altra faccia della luna" è verificabile, anche se di
fatto all'epoca di Schlick non è verificata. Schlick respinge, pertanto, ogni
concezione della verità come semplice coerenza interna tra le proposizioni di
una teoria scientifica, qual era sostenuta da Neurath, in quanto la scienza è
uno strumento per orientarsi tra i fatti. Nel saggio " Significato e
verificazione ", pubblicato nel 1936 sulla rivista statunitense "The
Philosophical Review", egli identifica l'esperienza con la possibilità di
verificazione e definisce oggetto di esperimentazione possibile qualsiasi cosa
non contraddica le leggi di natura . Così, ad esempio,
la proposizione "i fiumi scorrono verso l'alto" ha un senso, in quanto è
conforme alla grammatica ed è logicamente possibile, ma è falsa perché è
fisicamente impossibile, cioè contrastata con le leggi di natura. Per "legge di
natura", Schlick intende " una formula che ci consente di prevedere gli
eventi ". La teoria dei quanti limita, a suo avviso,
le possibilità di previsione, nel senso che restringe l'ambito di applicazione
del principio della causalità e impone l'uso del calcolo della probabilità, ma
la considerazione probabilistica non significa una rinuncia a conoscere: essa è
invece il metodo adeguato per descrivere tutto ciò che si può dire del mondo. Le
leggi di natura non sono dunque oggetto di una conoscenza assolutamente certa,
ma in linea di principio, secondo Schlick, nulla nel mondo è inconoscibile.
Certo esistono domande per le quali è logicamente impossibile trovare una
risposta, ma ciò è segno che non si è propriamente formulata una domanda e si
sono soltanto combinate parole senza senso, che originano pseudo-problemi,
mentre nessun problema che abbia significato è in teoria insolubile.