SENOCRATE
A cura di Daniele Lo Giudice
LA VITA
Senocrate succedette a Speusippo
nella conduzione dell'Accademia, si dice a seguito di un'elezione. Ma fu votato
da una maggioranza risicata, dopo un probabile scontro politico-ideologico di
cui possiamo immaginare i contorni, ma del quale non abbiamo versioni realmente
attendibili. C'entrava anche la politica, ovviamente, e l'oggetto del
contendere era l'atteggiamento degli ateniesi nei confronti dell'espansione
macedone.
Come Speusippo era stato compagno di Aristotele, e lo aveva seguito anche nella
permanenza ad Asso. Con lo stagirita, quindi, condivise molte vicessitudini,
studi, ricerche ed infinite discussioni. I due si separarono quando Aristotele venne
chiamato alla corte di Filippo per educare l'allora tredicenne Alessandro Magno.
Tornato ad Atene, Senocrate diresse l'istituzione per 25 anni, dal 339 al 314 a.C..
Fu stimato dagli ateniesi, a differenza di Aristotele filomacedone, per avere
resistito alla tentazione di accettare un cospicuo finanziamento da parte di
Alessandro Magno. La fonte della notizia è in Cicerone (Tusc. 5. 32).
«Senocrate, dopo che i legati gli avevano portato, da parte di Alessandro,
cinquanta talenti, che costituivano una cospicua somma di denaro per quei
tempi, soprattutto ad Atene, condusse i legati a cena nell'Accademia. » Ed
accettò solo una piccola parte della donazione, più per probità che per
orgoglio personale o nazionale. Non riteneva che l'Accademia necessitasse di
tanto denaro e non credeva che i regali fossero realmente a fondo perduto. Senocrate,
insomma, sospettava che dietro alla generosità di Alessandro si nascondesse
qualche disegno politico di strumentalizzazione dell'Accademia.
Basta questo per accreditare l'immagine di uno Senocrate onestissimo e tutto
d'un pezzo? Forse no, ma la saggezza del comportamento è fuori questione. Non
rifiutando del tutto, non si fece nemici astiosi. Non accettando del tutto,
evitò di avere grossi debiti di riconoscenza, salvando quindi l'autonomia
dell'istituzione.
IL PENSIERO
Senocrate aveva una teoria
della conoscenza che in qualche modo rispecchiava quella platonica,
distinguendo tra vero sapere, opinione e sensazione. Il primo aveva per oggetto
l'intelligibilità della sostanza nella sua vera essenza. L'opinione era
mescolanza di sapere e sensibilità inferiori, mentre la sensazione aveva tanto
di verità quanto di falsità. Pertanto sia l'opinione che la sensazione non andavano
respinte, ma attentamente vagliate.
Riteneva che la filosofia si potesse organizzare attorno a tre fondamentali
campi di ricerca: dialettica, fisica ed etica.
Un'illuminante testimonianza di Cicerone restituisce profondità alla capacità
speculativa di Senocrate, spesso trattato dagli storici della filosofia come un'onestuomo
privo di grandi doti intellettuali: «Quin etiam Xenocraten ferunt, nobilem
in primis philosophum, cum quaereretur ex eo quid adsequerentur eius discipuli,
respondisse ut id sua sponte facerent quod cogerentur facere legibus.» (Cicerone,
De republica 1. 2)
Tradotto in maniera approssimativa: "asseriva Senocrate,
filosofo assai nobile, che i suoi allievi imparavano a fare spontaneamente
tutto ciò che gli altri facevano perchè costretti dalle leggi". In altre
parole, aveva ben chiara la distinzione tra quello che si fa solo per timore di
una punizione e quello che si fa per amore della verità e della giustizia.
L'Abbagnano, senza purtroppo citare la fonte, riporta in chiusura del paragrafo
un detto riferito a Senocrate che sembra anticipare lo stesso insegnamento
cristiano: « il semplice desiderio equivale già al compimento del'azione
cattiva.» Il che, tradotto in un linguaggio più comprensibile a noi, significa:
si possono provare desideri momentanei, ma guai a struggersi in essi, e non
realizzarli solo per timore o per incapacità. Bisogna condannarli severamente
se essi portano a danneggiare qualcuno.
Bisogna trovare la forza per realizzarli, se essi producono buone cose.
Nel campo etico, quindi, Senocrate rimase ben fedele a Platone e a Socrate: il
possesso della virtù e dei mezzi per conseguirla è l'unica via per essere
felici.
Sul piano della ricerca fisica Senocrate accentuò il rapporto tra il
platonismo, il pitagorismo ed altre dottrine non propriamente filosofiche, a
mezza via tra le teorie mediche e pretesi insegnamenti religiosi.
Convinto come Speusippo della verità dei numeri come principi delle cose,
asserì che il principio dell'unità è la divinità primordiale maschile, mentre
quello della dualità risponde alla divinità primordiale femminile. Riprendendo
alcuni concetti mitologici, non tutti di schietta origine greca, riconobbe
l'esistenza dei demoni quali intermediari tra l'umano ed il divino.
Non sappiamo fino a che punto il nome della dea Ecate rispondesse al principio
primordiale della dualità, o non fosse da considerarsi un demone, tuttavia il
suo nome ricorreva in associazione alla Luna ed alla funzione di mediazione che
l'astro notturno avrebbe tra il mondo sensibile ed il mondo intellegibile.
Questa teoria trovava certamente ripondenza negli antichi insegnamenti ippocratici
sulla corrispondenza tra la Luna ed il diaframma, una linea fisica di
separazione nella parte mediana del corpo tra il superiore e l'inferiore.
Sempre seguendo il principio delle idee-numeri, Senocrate definì l'anima come
"un numero che si muove da sé". I numeri erano dunque l'essenza del
mondo. Ma essi andavano distinti in numeri "ideali" e numeri reali,
quelli con cui si fanno le operazioni. I numeri ideali, elementi primordiali di
ogni cosa esistente erano solo dieci. E tra questi l'uno ed il due rivestivano
un'importanza capitale in quanto espressione dei principi dell'indivisibilità e
della divisibilità.
Dall'unione dell'uno con il due scaturiva il numero propriamente dettoe quindi
tutta la sequenza dei numeri ideali.
Trasponendo questa dottrina alla sfera della conoscenza, Senocrate asseriva una
sostanziale coincidenza tra l'unità, da intendersi come un punto geometrico, ed
il logos. La conoscenza vera e propria coincideva con la linea, mentre
l'opinione era derivata dalla somma di punto e linea nella figura della triade,
dove gli estremi sono i punti che segnano il limite. Analagomente, la percezione sensibile era coincidente con la tetrade.