L’uomo
come possibilità e scelta tra valori e disvalori. La
categoria ontologica del singolo
Di
Antonietta
Pistone
Incessante
fonte di disorientamento per l’uomo contemporaneo, sono l’attuale carenza, in ambito filosofico, di un sistema organicistico e razionale, in grado di infondere certezze, e
parallelamente il progredire accelerato delle acquisizioni in ambito scientifico
e tecnologico, insieme al nichilismo dei valori in sede morale e politica.
Quanto più cresce la richiesta di evidenze, traducibile
per l’intellettuale come nostalgia delle passate filosofie rassicuranti, ed
insieme come constatazione dell’assenza di una nuova sintesi del pensiero
occidentale, tanto più l’individuo prende atto del limite insito nella sua
esistenza, che si fa precaria e vuota. Si sente, oggi, il peso di questa
solitudine, di questo abbandono a se stessi, in
mancanza di punti solidi di riferimento, fosse anche nell’aggancio ai motivi
religiosi di una trascendenza attualmente dissacrata per la constatazione amara
che anche le istituzioni ecclesiastiche sono state travolte in questa crisi dei
valori, quanto più si sperimenta un bisogno forte di avvicinamento all’altro, e
dunque a Dio. Il parallelo riscontro dei limiti
dell’esistenza, chiusa nella sua misera solitudine e finitezza, impotente ad
uscire dai confini della precarietà temporale, ma con grandi aspirazioni
romantico-idealistiche nei più intimi meandri della coscienza e del sogno, fanno
dell’uomo un individuo unico e irripetibile, nei confronti degli altri viventi,
ed univocamente di ogni uomo verso i suoi propri simili. Emerge dal fondo della
realtà umana la categoria sostanziale dell’uomo contemporaneo, che è l’uomo
della solitudine, dell’incertezza, del disorientamento e della precarietà, ma è
anche il singolo, colui che si costruisce, si progetta
in modo assolutamente autentico nei confronti di se stesso, alla continua
ricerca di risposte mai definitive. L’uomo che rientra continuamente in gioco,
perché ha la capacità di rimettersi sempre in discussione: in
relazione alle sue acquisizioni, alla sua sussistenza ed al suo posto nel
mondo. Mettersi in discussione equivale a dire che non
vi è certezza assoluta di essere, ma significa anche esaltare la valenza
positiva di tale carenza ontologica, per conferirle un senso. Ciascuno è un
singolo, perché le esperienze di ognuno sono differenti da quelle di chiunque
altro, a cominciare dal nascere e dal morire. L’attimo del venire al mondo è un
momento di grande dolore e fatica per il piccolo che si
trova ad affrontare, così giovane, una prova tanto grande: è però un’esperienza
di solitudine perché nessuno, per quanto lo ami, potrà mai sostituirsi al
nascituro nell’attimo doloroso del distacco tra sé e la madre, del giungere alla
luce. Ugualmente è momento di solitudine quello della morte, perché per quanto
si possa essere vicini a colui che muore, ciononostante
l’esperienza del morire può farla solo il morente. Ogni attimo di gioia e di
dolore è del tutto singolare e irripetibile, come lo
sono l’ambiente in cui l’uomo vive, la storia della sua famiglia e quella del
suo paese, il livello culturale emergente nel suo status sociale. E tutto ciò lo
formerà e condizionerà inequivocabilmente, perché chiunque non voglia sottrarsi
a se stesso, non potrà sottrarsi nemmeno alla sua
propria storia. La categoria del singolo è perciò categoria della
storicità dell’essere, del limite, della precarietà e della finitezza dell’uomo,
così come è categoria del dolore e della solitudine, ma
al tempo stesso è spiraglio di luce che si getta nel buio dell’incertezza,
dell’indecisione, dell’approssimazione di ciascuno al suo essere più proprio, al
suo poter essere.
Schema
della categoria ontologica del “singolo”
singolo
libertà
possibilità = angoscia del
nulla
scelta
valori
nessuna scelta
disvalori
disperazione
Il
singolo come possibilità
Aristotele
aveva definito l’uomo animale razionale, cioè sinolo di materia e forma, spiegando che la materia è in
atto e la forma in potenza. Ciò significa che ogni materia, dotata di forma in
atto, può sempre assumere un’altra forma in potenza. Cioè ogni realtà materiale è soggetta a modifiche ed è in
evoluzione. Poiché l’uomo è anche realtà materiale, in quanto corpo e spirito,
anche l’uomo potrà acquisire una forma diversa da quella
attuale, ed è una realtà in evoluzione e in movimento. Inoltre se l’uomo
è realtà materiale è anche finito. Tutte le modificazioni del suo stato sono
possibili a partire dal presupposto che esse si
svolgano nell’arco della sua esistenza. Altrettanto sottolineava Heidegger sostenendo
che l’uomo fosse poter essere in quanto essere per la morte. In questa
definizione, infatti, è implicita l’idea evolutiva dell’uomo che cambia, ma
anche la sua finitezza. Dove l’idea del finito conduce agli
a-priori kantiani dello spazio e del tempo. Max Scheler definisce l’uomo «essere illimitatamente aperto al
mondo», e Arnold Gehlen
parla di «poter essere». L’uomo è dotato di intelletto
finito e razionale, in un carpo caduco, cioè mortale, e tutte le sue esperienze
si muovono nello spazio e nel tempo. Tutte le forme di conoscenza umana sono storiche e, proprio per questo, hanno il carattere della
possibilità. Tale possibilità acquisisce perciò valenza storica e filosofica ma
anche biologica, oltre che scientifico-conoscitiva, nel lavoro che Gehlen pubblica nel 1940, titolandolo L’uomo. La sua natura e il
suo posto nel mondo. Nel trattato antropologico in questione egli
asseconda, in contrapposizione a quanto sosteneva Darwin nella sua teoria
dell’evoluzione, l’idea che l’uomo, derivando dalla scimmia, avesse perso tutte
le specializzazioni proprie del mondo naturale, e che tale perdita potesse essere definita in termini scientifici condizione e
presupposto di ritardo, da parte dell’uomo, ad acquisire una sua propria e
specifica forma mentale. Tale ritardo egli chiamava neotenia. Si può allora
concludere che se la categoria ontologica
dell’esistenza è il singolo, il singolo è tale in quanto possibilità e poter
essere, cioè capace in potenza di realizzare il suo proprio se stesso senza
alcun limite derivante da specializzazione, dunque in libertà. Caratterizzato da
un certo ritardo nell’acquisire una forma specifica, e dunque neotenico.
Schema
di definizione del singolo come possibilità
Aristotele
Animale
razionale = sinolo di materia e forma
Max
Scheler
Essere
illimitatamente aperto al mondo
Arnold
Gehlen
Poter
essere
Heidegger
Essere
per la morte = finito
UOMO
intelletto
finito
corpo caduco
razionale
animale
spazio-tempo
mortale
(elementi
kantiani a-priori
della
conoscenza)
poter essere = storicità = conoscenza limitata
a-priori
spazio
tempo
Categoria
della possibilità
Se
l’uomo è poter essere, cioè possibilità di realizzare
il se stesso più proprio in una forma non prestabilita, importa dare conto
dell’emergere, nel pensiero filosofico occidentale, della categoria della
possibilità. Tale categoria, che sottolinea la
dispersione e l’incertezza umana, anche in ambito etico, è propria
dell’esistenzialismo, ma i suoi inizi sono già rintracciabili nella rivoluzione
copernicana che Kant affronta in ambito gnoseologico,
per culminare, dal positivismo, nella filosofia evoluzionistica di Darwin, e
perciò nell’esistenzialismo filosofico. Kant, infatti,
con la scoperta delle categorie dello spazio e del tempo, abbatte le certezze
della gnoseologia aristotelica. Pensare non è più cogliere la realtà oggettiva,
ma interpretarla attraverso il giudizio. E ciò significa storicizzare le
conoscenze per metterle in relazione all’ambiente, alle
circostanze e ai vissuti del soggetto conoscente. E mentre Bacone e Galilei sovvertivano
l’universo scientifico di Aristotele, Bacone sostituendo l’induzione alla deduzione sillogistica
attraverso la sperimentazione empirica, Galilei
ponendo al centro della conoscenza scientifica le sensate esperienze e le
necessarie dimostrazioni, i Positivisti esaltavano l’idea perfettibile dell’uomo
con la loro fede nel progresso scientifico, attraverso il verificazionismo. Così la comparsa dell’evoluzionismo darwiniano rappresentò la rivalsa scientifica di un’idea
di adattamento in progressivi accomodamenti osmotici
dell’individuo nei confronti dell’ambiente verso il fissismo di Linneo, mutuato
dal creazionismo biblico. Ancora oggi è accettato
l’approccio darwiniano al mondo, tanto che
l’epistemologo Piaget parla di
equilibrio osmotico dell’uomo, cioè di un equilibrio sempre precario e
comunque mai definitivo. L’ambito del possibile, interpretato con questa valenza
di instabilità e incertezza, si apre come categoria
principe nell’esistenzialismo filosofico.
Rivoluzione
scientifica post-rinascimentale e suoi effetti sulla gnoseologia kantiana e sul
positivismo
La
categoria della possibilità nasce dalla rivoluzione scientifica copernicana e
dalla caduta del sistema di pensiero filosofico basato sull’Ipse dixit di
aristotelica memoria. L’universo aristotelico, sia filosofico che scientifico, aveva origine dalla concezione che il posto
dell’uomo fosse di assoluta centralità, non solo sulla terra ma anche
nell’intero universo. Conseguenza di tale credenza era il ritenere l’uomo capace
di acquisire conoscenze del tutto vere ed, in quanto
tali, completamente conformi alla realtà, dunque oggettive. La scienza era
perciò parimenti in grado di produrre teorie vere in assoluto, una volta per tutte, dunque non oggetto di errore, la
presenza del quale avrebbe inficiato del tutto la valenza scientifica di ogni
teoria come tale accreditata. Una tale concezione dell’uomo e
della scienza come suo prodotto induce a pensare ad un’idea di conoscenza
oggettiva, incontrovertibilmente vera, assoluta,
dunque eterna. Nell’universo aristotelico, sia esso filosofico o
scientifico che si voglia, manca del tutto la nozione
ed il concetto di storicità, nozione che si andrà a scoprire attraverso la
demolizione del suo sistema di pensiero nel corso di tutta la rivoluzione
scientifica post-rinascimentale, che ha inizio con Copernico. Tale rivoluzione spazzerà via d’un sol colpo non
solo il pensiero concettuale di Aristotele, ma anche e
soprattutto le sue svariate interpretazioni rinascimentali. Copernico pone al centro del sistema solare il sole e non
più la terra come voleva il sistema aristotelico-tolemaico, mentre Brahe sostituisce le orbite al
posto delle sfere celesti materiali di Aristotele e, successivamente Keplero scopre la loro ellitticità
contrapponendola alla circolarità delle sfere aristoteliche. Ma l’impulso alla svolta definitiva arriverà con Galilei, in ambito scientifico, e da Bacone, in ambito filosofico. Sia Galilei che Bacone, infatti, tra
loro contemporanei, spostano l’attenzione sull’esperimento scientifico e
sull’osservazione del fenomeno nella successiva ricostruzione in laboratorio,
puntando all’uso di una logica di tipo induttivo, piuttosto che su deduzioni
sillogistiche, con l’ausilio delle matematiche. Lo studio del particolare e la
sua osservazione artificialmente riprodotta al fine di ricavarne una teoria
scientifica, sostituiscono l’analisi deduttiva alla sintesi sperimentale. L’idea
di Bacone espressa dal detto “scire est posse”, sapere è potere
e dominio dell’uomo sulla natura, è di notevole impulso all’introduzione degli
strumenti idonei e qualificati ad ottenere un risultato scientifico. L’uso delle
tecniche e delle tecnologie come strumento ausiliario di ricerca sarà
un’innovazione introdotta dal pensiero baconiano e da
Galilei, che per primo utilizza il telescopio per i
suoi studi sui corpi celesti. L’effetto di tale rivoluzione scientifica, oltre
che di pensiero, determina in ambito squisitamente filosofico,
da un lato l’emergere di costruzioni razionali e di sintesi sistematiche, come
quelle del dubbio metodico di Cartesio, del panteismo monistico e deterministico di
Spinoza o del finalismo monadico ed ottimistico di Leibniz, dall’altra favorisce il sorgere di uno
scetticismo empirico e nominalistico alla Locke, Berkeley ed Hume. Il punto di incontro tra razionalismo e scetticismo empirico è proprio
il criticismo kantiano. Ormai era già emersa una rinnovata fede per il progresso
scientifico, e tale fede per tutto l’uomo e per le sue capacità conoscitive si
sarebbe trasmessa globalmente nel positivismo di Comte
e di Spencer, che guardavano alla storia dell’uomo come
ad un incessante progredire delle acquisizioni scientifico-conoscitive,
interpretando tutto ciò come evoluzione e sviluppo dell’umanità in crescita.
Ciononostante la rivoluzione scientifica aveva anche sconvolto profondamente la
pretesa di assolutismo ed oggettività in ambito
gnoseologico, avendo scardinato del tutto il sistema filosofico di Aristotele.
Kant,
perciò, si trovò a fare i conti con una concezione della scienza radicalmente
mutata: una scienza bisognosa di sostegni filosofici che compendiassero la
caduta di paradigmi certi, assoluti, oggettivi ed eterni: il venir meno dei
quali era già schietta dimostrazione della loro vacuità. La scienza
sperimentale di Galilei e Bacone era saldamente radicata all’osservazione in un
preciso momento, in un dato luogo, in condizioni particolari: era perciò
strettamente connessa all’attimo specifico della riproduzione artificiale del
fenomeno studiato in natura; il suo paradigma non poteva che essere storico.
Come tale era la negazione dell’eternità, della
oggettività, dell’assoluto. Ma se il paradigma della scienza sperimentale
era la storicità, allora le strutture mentali sottostanti tale paradigma erano di necessità gli a-priori spazio-tempo. Da Kant in poi, infatti, lo spazio ed il tempo saranno
considerati condizione imprescindibile per l’osservazione del fenomeno, ed ogni
acquisizione scientifica sarà sempre inquadrata nel suo ambiente e nella sua storia, denotandosi con la valenza della possibilità,
come valenza intrinsecamente connessa alle strutture conoscitive proprie
dell’uomo.
Tavola
storico-filosofica del periodo post-rinascimentale
Rivoluzione
scientifica post-rinascimentale
Bacone
Empirismo
Razionalismo
(Locke-Berkeley-Hume)
(Cartesio-Spinoza-Leibniz)
convenzionalismo
nominalismo scetticismo
meccanicismo monismo
finalismo
criticismo
kantiano (a-priori spazio-tempo)
Illuminismo
(ragione)
Idealismo (spirito) (Fichte-Schelling-Hegel)
Positivismo (razionalità positiva) (Comte e Spencer)
Evoluzionismo (progresso) (Darwin)
Esistenzialismo (esistenza come apertura) (Kierkegaard)
Possibilità
Singolo
scelta o
angoscia
Schema
della Rivoluzione scientifica post-rinascimentale
Copernico De
revolutionibus 1543
Il
sole è al centro del sistema solare
Brahe
Sostituisce
le orbite alle sfere materiali; la terra è al centro del sistema solare
Keplero
Le
orbite sono ellittiche e non circolari
Galilei Sidereus
nuncius 1610;
Dialogo sopra i due massimi sistemi del
mondo 1632
Uso
del telescopio. Cade l’aristotelismo. Non c’è distinzione tra la costituzione
naturale del mondo celeste e del mondo terrestre. Ogni
moto è relativo: non esiste un motore immobile. Lo
stato di quiete e di moto sono persistenti (vedi leggi sul pendolo). La forza
non produce moto ma accelerazione (principio di
inerzia). Il moto è possibile nel vuoto. Il sapere scientifico parte
dall’esperimento e dalla sua osservazione. La scienza descrive la realtà.
Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni.
Newton
Principia
mathematica 1687
Teoria
corpuscolare della luce contro teoria ondulatoria di
Huygens (1629-1695). Semplicità ed uniformità
ontologica della natura. Il mondo è una macchina. Tempo e spazio sono assoluti.
Legge di gravitazione universale: la forza gravitazionale è direttamente
proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al quadrato
delle loro distanze. Nasce la meccanica classica: legge di
inerzia – cambiamento di stato (velocità ed accelerazione) – azione e
reazione. Calcolo infinitesimale: piccole variazioni di grandezza – rapporti =
derivate; somme = integrali. La retta è la traiettoria di un
punto.
Schema
dell’evoluzionismo darwiniano
Darwin L’origine
della specie 1859
Evoluzionismo
Organismi
unicellulari (procarioti)
Organismo
pluricellulari
(eucarioti: ameba e paramecio)
Esseri
viventi (flora-fauna-uomo)
Scimmia
Uomo
Selezione
naturale
Sopravvivono
le specie viventi che hanno accumulato, nel tempo, tutte le mutazioni genetiche
necessarie a quell’ambiente.
Adattamento
Teorie
concernenti l’idea di origine della
specie
Evoluzionismo
di Darwin
Concetto
di neotenia di Arnold Gehlen
(mitiga il
concetto di evoluzionismo di Darwin)
Creazionismo
biblico
(fissismo)
Linneo (1707-1778)
La
possibilità nell’esistenzialismo filosofico di Kierkegaard
Libertà
ed eticità del singolo nella scelta
L’emergere
della categoria della possibilità mutua la sua origine dalla rivoluzione
scientifico-copernicana, e dalla interpretazione che di
questa ne fa Kant, in ambito squisitamente filosofico-conoscitivo, storicizzando le acquisizioni umane;
ma deriva al contempo anche dalla nascita del positivismo e dell’evoluzionismo
darwiniano, che rappresentavano gli effetti a lungo
termine espressi da tale rivoluzione scientifica. Infatti, tra
la rivoluzione scientifico-copernicana e la sua interpretazione kantiana, ed il
positivismo filosofico come precondizione
dell’evoluzionismo darwiniano vi è, storicamente,
tutto il Romanticismo idealistico che condiziona l’interpretazione della
rivoluzione scientifica nel pensiero positivistico ed
evoluzionistico e, conseguentemente, in tutto l’esistenzialismo filosofico che
di tali precedenti filosofie è il prodotto storico. Culturalmente,
infatti, il Romanticismo rappresenta la caduta della concezione enciclopedica
del sapere, ancora di stampo aristotelico, insieme al crollo di una concezione
razionale ed organicistica della realtà, prima
ritenuta conoscibile in toto nella sua oggettività.
E tutto questo avviene sia attraverso la storicizzazione delle conoscenze, sia attraverso la
specializzazione delle varie branche del sapere che sempre più si andavano
emancipando dalla filosofia per ricercare un’impostazione metodologica del tutto
autonoma, nello statuto scientifico, da quella disciplina. Al tempo stesso
l’uomo del romanticismo è l’espressione più completa della contraddizione
esistente tra l’aspirazione a grandi ideali e la caduta di certezze, facendosi
perciò simbolo di uno smarrimento storico e nostalgico nei confronti del passato
e di illusori vagheggiamenti tanto più fallaci quanto
più aspro si faceva il confronto con la realtà. Questo concerto di sentimenti,
oltre che di conoscenze filosofiche e storico-scientifiche, eredita
completamente l’esistenzialismo, che interpreta la categoria della possibilità
come sua categoria per eccellenza. La
novità del pensiero di Kierkegaard, padre
dell’esistenzialismo filosofico, rispetto agli altri pensatori facenti parte
della stessa temperie culturale, è tutta nel recupero di un’immagine integrale
dell’uomo e del singolo, che muove da un’interpretazione etica e morale di
quella categoria del possibile, e che dirigendosi in tale direzione permea di sé
tutta la concezione umanistica che gli è propria e che, come tale, trasmette:
l’uomo, e tutte le forme di conoscenza che pretendano di tenere in
considerazione l’uomo, non possono più essere scisse dalla concezione del
singolo come soggetto morale ed etico, in funzione del fatto che agisce.
La possibilità viene allora interpretata come
caratteristica propria del singolo ed al tempo stesso come precondizione della sua libertà, cioè del suo agire morale.
Una concezione deterministica parmenidea dell’uomo, come era
quella espressa dall’idealismo hegeliano preclude, infatti, ogni possibilità
all’agire morale del singolo, i comportamenti del quale, perché possano essere
detti propri dell’agire etico, devono presupporre la libertà come libertà di
scelta. Ma la possibilità è fonte di vertigine e
smarrimento per l’uomo il quale, di fronte alla responsabilità della propria
coscienza nei confronti della sua libertà, dunque della sua possibilità, che in
quanto tale è anche possibilità del nulla, oltre che possibilità dell’essere
(come pienezza dell’agire morale, fonte di valori), genera il sentimento
dell’angoscia. L’angoscia, dunque, come possibilità del nulla se non si tramuta
in scelta, genera a sua volta un circolo vizioso che
porta l’individuo alla disperazione. Kierkegaard
propone, perciò, un antidoto alla disperazione nella decisione e nella scelta.
Egli intravede tre possibili stili di vita: quello estetico del Don Giovanni che
vive alla giornata, quello etico di chi predilige la progettualità morale propria della scelta
matrimoniale, ed infine quello religioso di Abramo, il quale è disposto a
sacrificare il figlio, dunque a ribellarsi alla legge etica, pur di non
disobbedire al suo Dio. Tra i tre possibili stili di vita, dice Kierkegaard, bisogna operare una
scelta, e tale scelta è portata a termine con il criterio della selezione
dello stile a ciascuno più confacente: la dialettica della scelta è, perciò,
quella dell’aut-aut, perché un tipo di vita esclude automaticamente un altro.
Ma il recupero integrale dell’uomo è, nell’umanesimo di
Kierkegaard, nella scelta che egli propone
imprescindibilmente per salvare il singolo dalla disperazione. Tale scelta è
quella dell’ideale di vita religiosa, che Kierkegaard
interpreta come la vera scelta radicale e rischiosa per l’uomo: scelta che lo
rimette sempre in discussione come singolo davanti alla possibilità del peccato
e della caduta. La radicalità dell’umanesimo di Kierkegaard, rispetto a tutti gli altri pensatori
esistenzialisti è tutta in questa riscoperta integrale
dell’uomo come singolo davanti a Dio, proprio perché espressione di tale
possibilità di caduta e di ripresa, che si realizzano costantemente nella
concezione etica e morale della vita umana, libera di scegliere tra valori e
disvalori, o addirittura di non scegliere, nella
paralisi prodotta dalla vertigine della propria umanità come fragile e finita
possibilità di potere. La morale che ne deriva non è quindi un
intellettualismo socratico, fatto dai razionalisti alla Spinoza; né una morale di tipo formale, come quella di Kant; ma è una morale in cui tutte le potenzialità
filosofiche e di pensiero sono espresse nella considerazione per quel recupero
dell’integralità umana come corpo e spirito, più vicina all’umanesimo sofferto e
profondo delle Confessioni di S.
Agostino, e proprio per questo tanto più intimamente ispirata alla lettera
dell’insegnamento evangelico.
Schema
della possibilità nell’esistenzialismo di Kierkegaard
(1813-1855)
singolo
libertà
possibilità =
angoscia
disperazione
(peccato –
caduta)
scelta
vita estetica
Aut
vita etica
dialettica della
responsabilità
vita religiosa
Aut
rischio di
rimettersi sempre in discussione
Categoria
della scelta nella morale cattolica
Opzione
fondamentale e scelta deliberata
«La
riflessione razionale e l’esperienza quotidiana dimostrano le debolezze da cui è
segnata la libertà dell’uomo. È libertà reale, ma
finita: non ha il suo punto di partenza assoluto e incondizionato in se stessa,
ma nell’esistenza dentro cui si trova e che rappresenta per essa, nello stesso
tempo, un limite ed una possibilità. È la libertà di una creatura, ossia una
libertà donata, da accogliere come un germe e da far
maturare con responsabilità. È parte costitutiva di quell’immagine creaturale, che
fonda la dignità della persona…È insieme inalienabile auto possesso e apertura
universale ad ogni esistente, nell’uscita da sé verso la conoscenza e l’amore
dell’altro…Ragione ed esperienza dicono non solo la
debolezza della libertà umana, ma anche il suo dramma. L’uomo scopre che la sua
libertà è misteriosamente inclinata a tradire questa
apertura al Vero e al Bene e che troppo spesso, di fatto, egli preferisce
scegliere beni finiti, limitati ed effimeri. Ancor più, dentro gli errori e le
scelte negative, l’uomo avverte l’origine di una ribellione radicale, che lo
porta a rifiutare
Solitudine
dell’uomo e scelta dei disvalori
Si
è visto come il progredire della scienza, in quanto
investigazione sperimentale del fenomeno, abbia avvalorato anche
l’introduzione delle tecnologie come strumenti idonei a facilitare lo studio
della natura. Purtroppo, l’uso indiscriminato ed irrazionale di tali ritrovati
della tecnica, ha finito con l’accrescere il disordine esistenziale dell’uomo,
anziché diminuirlo. L’idea di sapere come potere dell’uomo
sulla natura è diventata tutt’uno con la presunzione
di dominare e di creare una natura artificiosa da parte dell’uomo stesso.
Inoltre, gli interventi dell’uomo sulla natura, posti al servizio di false idee
politiche ed economiche rivolte ad un capitalismo selvaggio, erroneamente, o in
mala fede, ritenuto fonte di benessere per tutti, ha
aumentato l’entropia del sistema ecologico, riversando tale disordine anche
sulla psicologia del sociale. La nobile idea di scienza come prodotto
dell’intelligenza umana nella tecnica, di cui però resta
sovrano e soggetto principe l’uomo, ha finito col soccombere dinanzi ad
un progresso tumultuoso e trascinante di cui l’uomo stesso è divenuto l’oggetto
passivo. L’evoluzione della storia è, così, diventata un accelerato susseguirsi
di eventi cui nessuno più riesce a darsi una
spiegazione razionale e serena, ma che tutti più o meno subiscono, come se fosse
prodotto di qualche esistenza sconosciuta e aliena. Questo aumento della
velocità delle informazioni e della produzione dell’uomo, a tutti i livelli,
siano essi politici, economici, culturali, ha
significato una progressiva perdita del senso dell’agire morale, intimamente
connesso ad ogni atto produttivo. Determinando, parimenti, una
perdita del senso della verità, significando, l’aumento di velocità, una
diminuzione accelerata della domanda sul senso. La ricerca della verità
dell’agire morale si è squalificata di pari passo con questa perdita del senso,
invischiata da una mole emergente di informazioni,
vuote di contenuti reali. La corsa accelerata di ognuno verso
mete non ben definite, in vista di un accrescimento delle risorse economiche
private, a discapito di qualsivoglia ordine e rispetto per se stessi prima che
per gli altri; lo smodato ravvolgersi nella quotidianità, in vista del successo
e della notorietà personale; il mito di un’America da raggiungere, sia pur
idealmente, svuotano di significato ogni domanda sul senso, mentre nessuno si
chiede più perché. Ed in tanto correre dispendioso di
energie, ma generoso e magnanimo di stress, depressione, ed angoscia, si
consumano giornalmente i delitti contro il rispetto della vita e l’alterità dell’altro. Quando poi ci si ferma un solo attimo non è difficile capire come un’esistenza così vuota e
superficiale sia destinata a consumarsi in solitudine. E le persone che ne soffrono di più non sono gli affaccendati
manager di successo, o l’uomo di mezza età. Le classi sociali costrette a subire
gli effetti di questa vergognosa parodia del progresso contemporaneo sono
quelle
che, per fascia di età, non sono in grado di tener testa a tanta
gloriosa avanzata di eroi in accelerazione. Sono, perciò, i bambini, con i loro
ritmi di crescita rallentati, e gli anziani, che quell’accelerazione hanno perso. Ma
sono anche i giovani, con le loro noiose domande sul senso, per capire la
contraddizione in cui si avviluppa la contemporaneità. Un progresso ignobile è
questo che non consente di capire, pretendendo di trascinare; un progresso di
cui diffidare perché si ammanta di facili sogni e di chimere, privando l’uomo di
valori di solidarietà, rubando alla scienza la sua verità, spezzando il circolo
della comprensione, per ottenere il consenso. Ma
soprattutto un falso progresso che, in nome di una falsa scienza asservita
all’uso immorale delle tecnologie, dimentica l’uomo come persona, l’uomo fonte
di valori; calpesta il rispetto per la vita e la dignità, esaltando del
poter-essere del singolo l’aspetto più deleterio della caduta di sé, della
perdita di sé come possibilità di agire per l’uomo e per la sua totalità. Questo è il mondo dei disvalori: il nulla
e la contraddizione senza giustificazione; svuotamento del senso e della domanda
fondante sul senso; corsa accelerata ed impazzita al profitto, al traguardo
sociale; noncuranza dimentica dell’altro. Il rappresentante di questa
categoria pensa «la vita vale nulla». L’aggancio all’infinito è stato spezzato,
l’uomo è precipitato nel suo abbandono, e la solitudine che ne discende è solo
un suo insignificante corollario.
Corso
di Scienze umane e sociologiche
Dispense
del corso monografico “L’uomo come possibilità e scelta tra valori e disvalori”, tenuto dalla Prof.ssa
Antonietta Pistone presso l’Università della terza età di Foggia, durante l’anno
accademico 1993-1994
BIBLIOGRAFIA
1.
Arnold
Gehlen, L’uomo,
Feltrinelli editore, Milano 1983
2.
Emanuele
Severino, La filosofia contemporanea,
Biblioteca universale Rizzoli S.P.A., Milano
1992
3.
Giovanni
Reale, Dario Antiseri, Il pensiero
occidentale dalle origini ad oggi, Editrice
4.
Lettera
Enciclica di S.S. Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL) 1993