HIPPOLYTE  TAINE

 

A cura di Gigliana Maestri

 

 

TAINE


Nato  a  Vouziers  nel  1828,  Hippolyte Taine  studia  all'Ecole  Normale. Dopo  un  periodo  d'insegnamento  trascorso  in  provincia, egli raggiunge  la  notorietà  con  una  serie  di  saggi, grazie  ai  quali  ottiene  la  cattedra  di  Estetica  e  di  Storia  dell'arte  nella  Scuola  delle  Belle  Arti  a  Parigi, città  dove  muore  nel  1893.
I  saggi  precedentemente  citati  sono: Saggio  sulle  favole  di  La  Fontaine (1853), Saggio  su  Tito  Livio (1856), Saggi  di  critica  e  storia (1856); a  questi  si  deve  aggiungere  una  Storia  della  letteratura  inglese, del  1863. Si  devono  poi  ricordare  un  libro  sui  Filosofi  francesi  del  XIX  secolo (1857) e il  trattato  Sull'intelligenza (1870); Le  origini  della  Francia  contemporanea (6  voll., 1875-93) e  Il  positivismo  inglese. Studi  su  J. S. Mill (1864); Nuovi  saggi  di  critica  e  di  storia (1892)  e Epistolario (1904-07, postumo). Le  sue  opere  più  originali  riguardano  però  l'estetica: Filosofia  dell'arte (1865), Viaggio  ai  Pirenei (1855), Viaggio  in  Italia (1866) e Note  sull'Inghilterra (1872).
La  riflessione  filosofica  di  Taine, il  quale  contribuisce  notevolmente  alla  diffusione  del  Positivismo  in  Francia, si  configura  come  una  critica  molto  circostanziata  dello  Spiritualismo: egli  auspica, infatti,  un  ritorno  della  cultura  francese  alla  tradizione  illuministica, in  modo  particolare  all'insegnamento  di  Voltaire  e  degli  enciclopedisti, e  ritiene  che  l'unico  progresso  possibile  per la  scienza  consista  nell'analisi  dei  fatti  positivi, e  nello  spiegare  un  fatto  con  l'altro. Nel  suo  trattato  Sull'intelligenza, Taine  cerca  di  ridurre  la  vita  spirituale  a  un  meccanismo  rigorosamente  sorretto  da  leggi  necessarie, simili  a  quelle  naturali. In  modo  particolare, egli  esamina  e  critica  le  dottrine  psicologiche  dei  suoi  tempi, entrando  così  nel  vivo  di  un  dibattito  culturale  di  grande  rilievo  in  questo  periodo: il  dibattito  riguardante  la  fondazione  della  psicologia  sperimentale, intesa  come  disciplina  completamente  autonoma. Taine  sottolinea  i  denominatori  comuni  che  indiscutibilmente  legano  filosofia, biologia  e  psicologia: l'idea  del  retroterra  inconscio  dei  fenomeni  coscienti  ed  il  collegamento  fra  mondo  mentale  e  mondo  fisiologico, che  s'identificano. Dopo  queste  premesse, egli  si  concentra  a  studiare  i  fatti  psichici  per  tentare  d'individuarne  le  leggi, evitando  così  le    questioni, tipiche  della  psicologia  tradizionale, a  proposito  della  natura  e  della  sostanza  dell'anima.

Contro  lo  spiritualismo  ordinario, egli  rifiuta  l'idea  di  una  sostanza  permanente  nascosta, che  sostenga  le  singole  qualità  e  sopravviva  agli  avvenimenti  passeggeri, e respinge  il  concetto  di  un'unità  originaria  dell'io  in  favore  di  uno  studio  analitico  dei  fenomeni  di  coscienza. A  suo  parere, l'osservazione  psicologica  scopre  solo  sensazioni  e  immagini  di  diverse  specie, tanto  che  l'intera  vita  psichica  si  riduce  allo  scontro, al  contrasto  e  all'equilibrio  delle  immagini  derivate  dalle  sensazioni. In  ultima  analisi, coscienza  e  sensazione  si  configurano  come  movimento, essendo questo la  minima  oggettività  comune  che  possiedono. Taine  considera  poi  i  concetti  come  "suoni  significativi", in  origine  prodotti  dagli  oggetti  e  in  seguito  usati  indipendentemente  da  essi, in  base  a  somiglianze  ed  analogie. Infine, ritiene  che  la  cosiddetta  "conoscenza  razionale"  sia  costituita  da  giudizi  generali, che  possono  essere  considerati  coppie  di  segni  o  suoni  di  questo  genere.
Per  quanto  riguarda  la  riflessione  estetica, che, come  si  è  detto, costituisce  la  parte  più  originale  e  significativa  della  sua  speculazione, Taine  sostiene  che  un'opera  d'arte  non  nasce  mai  a  caso, ma, in  quanto  fatto  storico, si  configura  come  il  risultato  di  una  serie  di  circostanze  fisico-ambientali  ben  determinate, quali  il  clima, le  situazioni  economico-geografiche  e  quelle socio-politiche. In  altri  termini, tutti  gli  individui, e  quindi  anche  gli  artisti, nel  loro  operare, sono  necessariamente  influenzati da  un  insieme  di  forze  naturali  e  storiche  cui  non  possono  sottrarsi. Da  queste  imprescindibili  "condizioni"  derivano  le  leggi  che spiegano, in  ambito  artistico, le  variazioni  stilistiche, le  differenze  esistenti  fra  le  scuole  nazionali, e  persino  i  caratteri  originali  delle  singole opere  individuali.

Taine  cerca  di  stabilire  dei  criteri  che  consentano  di  disporre  le  opere  d'arte  in  una  sorta  di  "scala  di  valore": si  tratta  di   criteri  come  la  "generalità  dell'idea", il  "valore  morale", la  "pienezza  dell'espressione"; inoltre, tenta  di  dividere  le  epoche  della  storia  dell'arte  in  base  alle  categorie  della dialettica hegeliana: tesi, antitesi  e  sintesi. Tali  analisi  costituiscono  i  limiti  della  sua  riflessione, soprattutto  perché  lasciano  irrisolto  il  problema   schiettamente  filosofico  dell'essenza  dell'opera  d'arte; in  ogni  caso, lo stesso  Taine  non  si  sente  di  ridurre  tale  essenza  ai  soli  elementi  critico-genetici  sui  quali  si  è  soffermato. Al  di  là  di  questo, il  merito  del  filosofo  consiste  nell'aver  cercato  di  conferire  alla  critica  estetica  un'autentica  dignità  scientifica. Nella prospettiva di Taine, l'opera d'arte è il risultato necessario delle sue condizioni esterne e interne: e, in base allo studio di tali condizioni, si possono determinare sia le leggi dello sviluppo dell'immaginazione umana sia, in particolare, le differenze tra gli stili artistici e tra le singole creazioni individuali. Grazie a Taine, il Positivismo inaugurato da Auguste Comte trovava un suo sviluppo nel campo dell'estetica.  

 

INDIETRO