TEODORICO DI CHARTRES

 

A cura di Diego Fusaro


 

 

Scarse sono le notizie che abbiamo circa Teodorico di Chartres. Fratello minore di quel Bernardo che aveva inteso i moderni come “nani sulle spalle di giganti”, Teodorico insegnò forse a Parigi: verso il 1140 divenne reggente a Chartres e successivamente si ritirò in un monastero. Qui morì all’incirca nel 1150.

Sappiamo con certezza che Teodorico difese strenuamente Abelardo al concilio di Soissons e che scrisse un manuale finalizzato all’insegnamento delle arti liberali. Intitolò questo manuale, secondo l’uso dell’epoca, Heptateuchon, cioè – tradotto alla lettera – “le sette mura”. Il riferimento è, chiaramente, alle sette arti necessarie per la comprensione della Scrittura: non è un caso che, nello stesso secolo, venissero raffigurate tali sette arti sul portale della cattedrale di Chartres.

Teodorico, oltre all’Heptateuchon, compose anche commenti all’opera di Boezio Sulla Trinità e alla Genesi, la quale dev’essere, ad avviso del nostro autore, interpretata anzitutto alla lettera e non in senso allegorico o simbolico.

Entrando nel vivo della sua riflessione filosofica, Teodorico distingue quattro diversi modi d’essere delle cose. Di questi quattro modi in cui sono le cose, due sono modalità della necessità e due della possibilità.

 

a)      La necessità assoluta è la forma in cui si danno le cose come “piegate” (complicatio) nella semplicità tipica di Dio.

b)     La necessità dell’ordine è quella secondo la quale si sviluppano (explicatio) le cose. Questa necessità viene dagli uomini chiamata “fato”.

c)      La possibilità assoluta è la modalità secondo la quale in cui le cose sussistono come meramente possibili (e dunque non ancora determinate) nella semplicità di Dio.

d)     La possibilità determinata è la modalità in cui le cose ci si danno abitualmente nella realtà sensibile: è, di fatto, il mondo che è in atto.

 

Teodorico si riallaccia poi alla dottrina aristotelica delle quattro cause, interpretandola in maniera compatibile con la verità cristiana: infatti, la causa materiale è rinvenuta nei quattro elementi, che sono stati creati da Dio; la causa efficiente è Dio padre; la causa formale è la Sapienza divina (Cristo), che conferisce ordine alla materia; e infine, la causa finale è lo Spirito Santo, che conferisce alla materia già allestita ordinatamente.     

Oltre che ad Aristotele, Teodorico si accosta anche a Platone, secondo l’usanza tipica della Scuola di Chartres, la quale, com’è noto, era caratterizzata dalla riscoperta del mondo naturale interpretato secondo le coordinate fissate dal Timeo platonico.

L’avvicinamento di Teodorico al platonismo risulta evidente nella misura in cui egli identifica lo Spirito Santo con l’anima del mondo su cui s’erano soffermati diffusamente Platone e i Neoplatonici.

Nella concezione fatta valere da Teodorico, la natura è ordinata e disciplinata da Dio e si sviluppa poi autonomamente, in virtù della rotazione dei cieli (da tale rotazione si generano il calore e la vita) e in virtù dell’azione delle cause seconde che Dio stesso ha immesso negli elementi. Teodorico compose anche un’opera intitolata De Sex Dierum Operibus.    

 


INDIETRO