In questo piccolo lavoro, si ha
intenzione di analizzare la posizione che ha la tecnica in un determinato campo
dell’agire umano.
Partendo dalle riflessioni sul
referendum del giugno dell’anno passato, sulla procreazione assistita (omologa
ed eterologa), in cui la tecnica ha un ruolo chiave nel processo di
inseminazione e nella fecondazione dell’ovulo (omologa ed eterologa in vitro),
si ha intenzione di indagare se l’intervento tecnico, nello specifico della questione,
sia un entità negativa o positiva.
Si ha intenzione di condurre questa
analisi partendo dal presupposto, che l’inseminazione artificiale sia un mezzo
utile e positivo per l’uomo, in quanto permette la nascita di un figlio, che
solitamente è sempre una gioia per i genitori, essendo loro stessi a volerlo, a
maggior ragione cercandolo con l’ausilio della medicina.
La questione specifica è se la
tecnica in questa determinata situazione sia un mezzo positivo o negativo, nel
caso specifico della procreazione assistita in vitro, in cui tutto il processo
di fecondazione e inseminazione è realizzato in modo “non naturale”.
Dove per naturale si intende tramite un rapporto sessuale tra i due “genitori”.
Ora si tratterà in breve cosa si
intende per fecondazione assistita in vitro. Va premesso che la fecondazione in
vitro (o Fivet) oltre alla sostituzione del rapporto sessuale avviene
totalmente in provetta, ovvero viene realizzata unicamente tramite il mezzo
tecnico. Essa può essere omologa oppure eterologa, per omologa si intende che
il corredo genetico proviene interamente dai genitori naturali e legali del
bambino, mentre nel caso dell’ eterologa proviene solo da uno dei due genitori
legali del bambino e da una terza persona.
La fecondazione è un processo che
interviene a sostituire alcune parti del processo procreativo, nei casi in cui
la procreazione naturale è manchevole per taluni aspetti.
Originariamente la fecondazione
assistita era definita fecondazione artificiale in quanto si credeva che il
mezzo artificiale sostituisse completamente alcune parti della procreazione,
oggi essa ha assunto il nome di assistita , in quanto si è arrivati alla
conclusione che gli elementi del processo di procreazione restano naturali e il
mezzo tecnico fornisce solo una semplice assistenza al intero processo.
La tecnica come abbiamo visto poco
fa, nella procreazione assistita assolve al ruolo di mezzo che assiste il
processo naturale, la questione che mi ero posto all’inizio era se la tecnica
fosse , in questo specifico caso, un entità positiva o negativa.
La prima risposta che posso dare alla
domanda è certamente positiva, partendo infatti dalla considerazione che la
gioia di avere un figlio anche per coppie sterili è certamente un avvenimento
oltremodo felice. La tecnica che permette questo avvenimento non può che essere
anch’essa una cosa positiva, in quanto produce felicità.
La questione però non è cosi semplice,
si potrebbe infatti obbiettare che la tecnica snaturalizza un processo sacro e
inviolabile come la procreazione (posizione cristiano cattolica) , oppure che
la tecnica è la scienza senza controllo possano riportare in vita partendo dal
loro DNA personaggi negativi del passato come ad esempio Hitler (eugenetica).
La prima obiezione, può essere
articolate in questo modo, si ritiene infatti che l’attività procreativa non
sia uno strumento unicamente umano, ma altresì sia un dono divino, che viene
fatto all’uomo e di cui l’uomo non può avere il libero uso; da qui la posizione
cattolica dell’ ”inscindibilità” che ha come imperativo categorico la sacralità
della vita umana.
Questa posizione obbiettivamente va
ha posizionare la tecnica nel suo significato più negativo, senza considerare
quali potrebbero essere i risvolti positivi che producano felicità nel suo
utilizzo. Infatti partendo dal pregiudizio che ogni procreazione diversa da
quella naturale sia negativa non si considera minimamente quale sia il risvolto
pratico ed empirico e la felicita che potrebbe produrre l’assistenza tecnica.
A questa concezione della sacralità
della vita, vorrei contrapporre l’utilitarismo.
L’utilitarismo, é un etica
sviluppatasi nell’ottocento da Jeremy Bentham in un opera intitolata Introduzione
hai principi della morale e della legislazione del 1789, poi sviluppata da
John Stuard Mill in un opera del 1863 intitolata con l’omonimo titolo Utilitarismo.
L’utilitarismo è un etica conseguenzialista che prescrive di agire (ovvero
compiere una determinata AZIONE) in modo da massimizzare il bene risultante
dalla suddetta azione. Quest’etica tende ad operare su un piano distaccato da
quello fede, perché si occupa principalmente solo dei risvolti pratici delle
azioni umane. Quindi rispetto alla dottrina cattolica non è legata a nessun
“pregiudizio culturale”. Come mostra la definizione, per un utitalitarista la
nascita prodotta da Fivet non può che essere una cosa moralmente corretta in
quanto anche se non è un procedimento completamente naturale si compie un
AZIONE(assistenza tecnica) che porta come fine un incremento della felicità,
almeno nel caso della famiglia del bambino.
Per quanto invece riguarda la seconda
obbiezione, ovvero la possibilità di una perdita di controllo sul mezzo
tecnico, essa non ha ragione di essere considerata nella misura della mai
presente analisi , ovvero va ad entrare in una serie di problemi relativi al
controllo della ricerca. L’unica osservazione possibile che si potrebbe fare è
relativa al fatto che finché la tecnica assolve unicamente al ruolo di
“assistente” al processo naturale essa non può che avere un risvolto positivo,
mentre in tutti i casi in cui questa assistenza si modifica in qualcosa di
artificiale o artificioso ritengo che la validità e positività dovrebbe essere
controllata empiricamente caso per caso da apposite commissioni.
In conclusione, non si può che
osservare che il mezzo tecnico, almeno rispetto all’elementare analisi che ho
compiuto in questo lavoro, assolve ha un ruolo positivo , anche perché resta
rilegato alla natura di semplice mezzo, ovvero semplice assistente al processo
naturale. Le riflessione lascia alcuni punti aperti ovvero la tecnica e
positiva anche quando essa diventa il fine e non solo più il mezzo, o altresì è
lecito porre come fine la tecnica? Tutti questi interrogativi non possono avere
una semplice risposta, in quanto le variabili in gioco non riguardano solo più
la semplice felicita di una famiglia, ma si spostano su un piano molto ampio,
in cui scienza, sociologia ,religione, cultura e filosofia dibattono ancora
tutt’oggi. La tecnica non ha una valenza ne positiva ne negativa, il suo valore
credo, sia subordinato hai microscopici casi in cui è considerata, come appunto
può avere un valore positivo nella procreazione assistita.