ULRICO DI STRASBURGO
A cura di Elisa Chiti
Ulrico di Strasburgo, o di Engelbrect, (m. 1277), domenicano strasburghese autore di un’opera intitolata Summa de bono, attese all’elaborazione di un possibile sviluppo della filosofia di Alberto Magno (una sorta di contaminazione fra la concezione dell’universo di Dionigi l’Areopagita e la concezione di stampo neoplatonico rielaborata da Avicenna). Il De summo bono, o Summa de bono segue da vicino la struttura del commento albertino al De divinis nominibus dionisiano, almeno limitatamente ai primi due libri. Nell’opera teologica del domenicano strasburghese, tuttavia, è possibile rintracciare anche la presenza di certe argomentazioni di ascendenza aristotelica. L’intento dell’opera è quello, ispirato alla Elementatio theologica di Proclo, di rinnovare, o per meglio dire rifondare, le regole su cui si basano le dimostrazioni della scienza teologica, attraverso il successivo ricorso alla teologia assiomatica cui avevano dato vita due maestri del XII sec.: Alano di Lilla e Nicola di Amiens. La teologia per Ulrico deve muovere da principi del tutto auto evidenti e fondati essenzialmente sul ragionamento. Il principio su cui si può reggere la scientificità della teologia è l’identificazione della verità con la divinità. Ulrico fa propria la concezione avicenniana delle intelligenze separate e attribuisce alle intelligenze motrici delle sfere celesti il compito di comunicare alla materia le successive forme, in un fluxus che segue il movimento di derivazione degli esseri da Dio. L’influenza del Liber de causis e del Neoplatonismo è evidente, come nel più tardo Bertoldo di Moosburg, nell’equivalenza di creazione ed illuminazione della prima causa, pura luce formale ed intellettuale. Per Ulrico, che dichiara apertamente di conoscere il Liber de causis sotto tale rispetto, la prima delle cose create è l’essere. L’essere è diverso da quello puro di Dio, che lo precede ed è in niente mescolato al non-essere. L’essere creato è infinito in potenza rispetto alle altre cose, ma assolutamente finito rispetto a Dio, e reca in sé gli inizi della molteplicità, da riconoscersi nello scarto concettuale fra sostanza e accidente. L’essere creato è poi allo stesso tempo la forma prodotta dall’intelletto divino, e per questo motivo un’intelligenza, allo stesso tempo sostanza intellettuale e atto d’intelligenza, potenzialità infinita, nel mutuo coincidere di essere, forma e luce, che descrive nel fluxus un successivo movimento illuminativi della creazione del molteplice. La diffusione della prima luce è mediata dalle intelligenze o angeli. L’atto della creazione risulta in tal modo anche un processo illuminativo che può essere ripercorso nell’atto della conoscenza. I risultati speculativi raggiunti all’interno del pensiero di Ulrico anticipano in una certa misura quelli che saranno gli esiti ancora più radicali della mistica speculativa.